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Autore: GReina    31/10/2023    1 recensioni
[sakuatsu: vampire!Sakusa - human!Atsumu]
L'eternità era noiosa e Sakusa Kiyoomi ne era consapevole, ma bastò scambiare un singolo sguardo con un umano combattivo per ribaltare il suo mondo.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Motoya Komori, Osamu Miya, Rintarō Suna
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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n.a. Dal momento che oggi è Halloween mi sembrava d'obbligo pubblicare un capitolo! Ma non abituatevi troppo... dalla prossima volta gli aggiornamenti saranno a cadenza settimanale...
Ci vediamo domenica!



Sakusa 

La sua prima impressione su Atsumu non si era rivelata essere errata. Erano anni che Sakusa non beveva il sangue da qualcuno di così appagante, il che lo aveva reso frenetico, finendo per fargli bere più sangue di quanto non fosse consigliabile se si voleva tenere l'umano in vita. Miya però era stato bravo. Il suo corpo si era istintivamente ribellato al suo attacco, tuttavia se qualcuno di più debole si sarebbe squarciato da solo il collo pur di sfuggirgli, la tempra di Atsumu era stata forte abbastanza da lasciare che Kiyoomi lo usasse come voleva il loro accordo. Era solo grazie a quello se il ragazzo non era morto, e sebbene Sakusa si ripromise di andarci più leggero, la prossima volta, comunque non poté impedirsi di provare gioia nell'appurare – un'ennesima volta nell'arco di poche ore – di aver finalmente trovato uno svago che allietasse le sue monotone giornate. 

Dopo che Kiyoomi ebbe finito di bere, Atsumu rimase a letto senza dar segno di volersi svegliare per quasi trenta ore. Il vampiro aveva ordinato ai propri attendenti di tenere d'occhio il suo stato e di assicurarsi che si rimettesse, e anche lui si ritrovò più spesso di quanto non avesse pensato a passare dalla camera dell'altro per controllare le sue condizioni. 

Quando infine il ragazzo si svegliò, parve sorpreso di trovare del cibo abbondante ad aspettarlo e non un vampiro affamato. Come tutti gli umani probabilmente era convinto che le creature della notte come lui non riuscissero a controllare la sete, eppure non c'era niente di vero. I vampiri erano già morti: non c'era modo che potessero morire di nuovo di stenti. I trucchi per porre fine alla loro esistenza erano pochi, ma nessuno di questi contemplava la mancanza di sangue. Invece, chiunque di loro avrebbe potuto resistere per sempre senza assaggiarne una sola goccia. Non per questo, certo, i vampiri erano intenzionati a farlo. Incapaci, ormai, di trovare appagamento nei rapporti carnali che potevano aver trovato soddisfacenti in vita, la specie di Kiyoomi aveva trovato un perfetto sostituto nel succhiare il sangue umano. Era difficile per loro – perlomeno per Sakusa – arrivare al punto più alto del piacere, perché molto spesso le vittime morivano prima. Atsumu non solo si era dimostrato adeguato esteticamente, ma anche compatibile fisicamente. Eccitato e a un passo dall'essere soddisfatto, non c'era stato modo per Kiyoomi di fermarsi nonostante il sangue di Miya fosse diventato più arduo da tirare. Se voleva ripetere l'esperienza (e voleva), doveva fare in modo che l'umano riprendesse le forze. Osservò quindi con minacciosa attenzione i suoi servitori aiutare il ragazzo ad alzarsi dal letto per sedersi al tavolo da pranzo. Gli servirono pietanze e bevande di ogni genere e poi rimasero lì ad assicurarsi che mangiasse. Atsumu – a fatica – ingerì tutto, poi si rimise a letto piombando ancora una volta in un sonno pesante. Solo a quel punto Kiyoomi andò via. Non appena si sarebbe svegliato avrebbero replicato il trattamento e in qualche giorno sarebbe stato nuovamente pronto per lui. Sakusa doveva solo aspettare. 
 

••• 
Miya 

Atsumu non capiva cosa trovasse più inquietante: se essere circondato da non-morti che si occupavano delle sue esigenze, la consapevolezza di essere stato messo all'ingrasso solo per essere nuovamente dissanguato, o la costante presenza degli occhi acuti di Sakusa su di lui. Anche quando non erano nella stessa stanza, Miya aveva come la sensazione che il padrone lo osservasse. Piano ma inesorabilmente si rimise in forze, e allo stesso modo da presenza distante e silenziosa Sakusa Kiyoomi iniziò ad avvicinarsi. Atsumu sospettava che spesso il vampiro gli rivolgesse degli ordini solo per il puro gusto di vederlo obbedire, ma tenendo a bada l'orgoglio il ragazzo – sebbene a testa alta – non si era mai tirato indietro. 

I giorni e le notti iniziarono a susseguirsi, ma Atsumu perse presto traccia del calendario. Sakusa gli impediva di uscire dal castello, che fuori ci fosse luce oppure oscurità, dunque – tentando di non impazzire – Miya iniziò a contare i giorni come se iniziassero e finissero con la sua routine quotidiana: veniva svegliato dai volti macabri dei servitori, veniva sfamato con vitto abbondante, veniva lavato con ossessiva attenzione, ed infine sui suoi capelli veniva applicato un prodotto di cui Atsumu ignorava l'origine. Riguardo a quest'ultimo sapeva solo che odorava di miele, fiori e muschio, quindi si disse che non poteva essere troppo male. Scoprì la sua funzione solo molti "giorni" più tardi, quando per la prima volta da quando era arrivato al castello poté riflettersi su uno specchio. Era stato Kiyoomi a farglielo portare in camera, e non un piccolo specchio da poter reggere in una mano, bensì uno grande, a figura intera. Gli attendenti lo scoprirono dal lenzuolo che lo proteggeva dalla polvere ed Atsumu poté osservarsi. La sua forma fisica era cambiata: aveva meno muscoli e più carne; era pallido per la carenza di luce solare, ma le sue guance erano ricche di colorito e appariva in salute; i suoi occhi erano cerchiati di nero per mancanza di un sonno tranquillo; infine, i suoi capelli erano più chiari. A quella vista, Atsumu improvvisamente si ricordò cosa avesse detto Sakusa poche ore dopo il loro primo incontro: "Mi piacciono più biondi". All'epoca Miya non ci aveva dato importanza, mentre ora il ricordo lo fece ridere: l'arroganza del vampiro era più grande della sua, tanto che non capiva come fosse possibile per le mura di quel castello contenere il suo ego. 

"Cosa ti diverte?" Atsumu sussultò a quelle parole non aspettandosi di sentire Sakusa così vicino vista la sua assenza nello specchio. Quando si voltò, il ragazzo scoprì l'altro a mezzo passo dalla sua schiena. Tornò a guardare davanti a sé, ma del vampiro – sulla lastra riflettente – non c'era traccia. 

"Ottieni sempre tutto quello che vuoi." Rispose alla sua domanda. "Volevi che i miei capelli fossero biondi, e ora lo sono." 

"Non dovresti esserne sorpreso."  

"Non lo sono." Disse. "È questo che mi fa ridere." Kiyoomi mormorò per dar segno di aver capito, poi poggiò una mano sul collo di Atsumu che – sussultando per il freddo – scostò il capo di lato. 

Erano passati dodici giorni, secondo i suoi calcoli, dalla prima e ultima volta che Sakusa lo aveva morso. Adesso il ragazzo si reggeva in piedi, sentiva gli arti più leggeri e le vertigini erano scomparse, ma ogni volta che il vampiro si avvicinava a lui la sua spina dorsale veniva attraversata da un forte brivido per la paura di dover ripetere la brutta esperienza. Quel giorno non fu diverso, quindi chiuse gli occhi e respirando affannatamente si impose di non muoversi. Eppure, ciò che si poggiò sul suo collo furono labbra morbide e non denti aguzzi. La reazione di Atsumu fu istintiva: aprì gli occhi e li alzò al cielo. Odiava essere trattato come un animaletto da viziare. Lui era un prigioniero, Sakusa il suo secondino. Avrebbe preferito essere dissanguato mille volte piuttosto che essere considerato un idiota. 

"Qualcosa non va?" Gli chiese il vampiro con voce infastidita. Doveva aver visto l'espressione di Atsumu attraverso lo specchio. 

"Sono obbligato a fare tutto ciò che mi dirai di fare." Rispose con rabbia. "Mi tieni in questo castello per bere il mio sangue. Quindi fallo, cazzo! Ma smettila di giocare con il bastone e la carota, perché tanto non--" la sua voce si spezzò non appena Kiyoomi lo morse. Miya spalancò gli occhi, sorpreso e in agonia, ma presto si riprese e strinse i denti per sopportare il dolore. 

Fu strano osservare la scena allo specchio: Sakusa non era presente, eppure lì dove lo stava mordendo il suo collo era infossato e sanguinava dai fori che vi erano stati scavati. Vide alcuni rivoli cremisi sfuggire alla ferita e colare lungo il suo corpo fino ai vestiti che vennero imbrattati. La sensazione dei denti del vampiro nella sua carne e del proprio sangue che risaliva le vene fu spiacevole come l'ultima volta, eppure gli sembrò di provare meno dolore. Prese alcuni respiri profondi, e non tardò ad aggrapparsi alle braccia di Sakusa quando questi gli circondò la vita con i suoi arti.  

"Preferisci che faccia così?" Il vampiro interruppe il pasto per chiedergli. 

"Sì." Rispose l'altro, a fatica, dopo un attimo. "Non ho bisogno di essere trattato come se fossi di porcellana."  

Kiyoomi mormorò un assenso, e con una lunga lappata gli tolse parte del sangue fuoriuscito sul collo. Il ragazzo grugnì schifato, anche se non poté negare che non avere più la sensazione del sangue che gli colava addosso fosse – nella sua tragica situazione – un miglioramento.  

"Credimi, non ho mai pensato che tu fossi fragile. Per essere un umano." Atsumu sbuffò. "Ma mi fa piacere sapere che la pensi in questo modo." Continuò il vampiro. "Vorrà dire che mi farò meno scrupoli da ora in poi." Il biondo ebbe giusto un momento per pentirsi (forse) di aver puntato i piedi; poi il vampiro tornò a bere e lui a stringere gli occhi. Aveva bisogno che Sakusa si dissetasse; poi – almeno per un po' di tempo – sarebbe finita. Il vampiro lo avrebbe morso di nuovo, questo lo sapeva, e poi ancora, ma decise di affrontare una cosa alla volta, quindi tentò di rilassarsi ed aspettò paziente.  
 

Dopo quel giorno, Kiyoomi non ne fece passare altri dieci come l'ultima volta prima di morderlo di nuovo, tuttavia era anche vero che ad Atsumu occorse meno tempo per riprendersi. Ogni pasto di Sakusa lo lasciava in uno stato confusionale che gli impediva di pensare con lucidità, eppure era chiaro che – almeno rispetto alla prima volta – il vampiro si stesse trattenendo pur di non ridurlo a uno straccio. In poco tempo il ragazzo imparò alcuni trucchi per rimettersi più in fretta e persino delle posizioni che rendevano i canini del vampiro meno pungenti quando gli scavavano la pelle. Con sua sorpresa, spesso fu Kiyoomi stesso ad istruirlo: un giorno gli suggerì di rilassare i muscoli e di lasciare il peso del proprio capo alle cure della sua mano, ed Atsumu eseguì. La sensazione del sangue che gli veniva succhiato via rimaneva spiacevole, ma doveva riconoscere che il suo corpo non veniva più attraversato dall'istinto di fuggire alla morsa del vampiro. Di solito in quei frangenti Atsumu si estraniava pensando ad altro: ad Osamu la maggior parte delle volte; a Suna che non aveva neanche potuto salutare; alla catapecchia che aveva condiviso con suo fratello e alle cose al suo interno che si era ripromesso di riparare ma che poi non aveva neanche toccato, e prima ancora che potesse accorgersene, Sakusa finiva e lo lasciava andare. Contro ogni logica e sicuramente contro ogni suo prognostico, alla fine non furono più i morsi del succhia-sangue a minacciare la sua salute fisica e mentale, ma la noia. Un'immensa, tremenda, mortale noia che lo portò spesso a domandarsi se non sarebbe stato meglio che Sakusa lo dissanguasse a morte per errore in un eccesso di sete. Atsumu non voleva morire, non davvero, e anche se avesse voluto, il suo patto con il vampiro gli impediva di prendere la decisione di porre fine alla sua vita. Ma se Kiyoomi l'avesse ucciso? Osamu sarebbe stato salvo e lui libero. 

I suoi erano pensieri macabri, Miya lo sapeva bene, eppure aveva tempo (e molto) per indugiare su quelli, così come su qualsiasi dannata altra cosa. Aveva esplorato ogni angolo del castello, mappando i suoi corridoi, i passaggi segreti, le stanze in uso piene di candele accese e quelle dimenticate, buie e infestate da polvere e ragnatele. Lo faceva tra un morso e l'altro, quando le sue forze erano tali da salire diverse rampe di scale, spostare pesi ingombranti e all'occorrenza arrampicarsi. Ad ogni sua esplorazione – puntuale – Sakusa arrivava per coglierlo con le mani nel sacco, e ogni volta Atsumu esclamava la stessa frase, che un giorno il corvino ebbe persino l'ardire di anticipargli: "Non stavo scappando! Mi annoiavo soltanto!". Il ragazzo aveva messo il muso dopo quell'imitazione poco lusinghiera e non aveva più aperto bocca per giorni, ma quando il vampiro ammise che si stava meglio senza la sua voce fastidiosa costantemente nelle orecchie, il biondo-tinto cambiò tattica iniziando a parlare più di prima. 

Forse fu proprio in quel modo che lui e il suo carceriere iniziarono ad interagire più spesso. Atsumu se ne rese conto tutt'a un tratto mentre si stavano sfidando a scacchi. Si chiese come fossero arrivati ad avere quella nuova dinamica, chi tra i due avesse approcciato per primo l'altro per combattere la noia insieme, ma soprattutto come avesse fatto ad abituarsi ad una normalità così tanto malata. Mentre la testa del ragazzo era impegnata in tutto quello, Kiyoomi dichiarò scacco matto, ma Atsumu non ci fece molto caso, e continuando a fissare senza davvero vedere la scacchiera che aveva davanti, sovrappensiero disse:  

"Sakusa, posso farti una domanda?" 

"Mh?" 

"Da quanti giorni sono rinchiuso in questo castello?"  

Atsumu non aveva idea di che espressione avesse in viso, ma il vampiro – già pronto a schernirlo – corrucciò la fronte prima di rispondere: "Cinque mesi, circa." Miya annuì soltanto, senza sapere davvero come reagire. Sebbene i primi giorni avesse provato a tenere conto del tempo che passava, ci aveva messo poco a rinunciare. I servitori di Kiyoomi continuavano a svegliarlo, lavarlo, nutrirlo, trattargli i capelli, ma il ragazzo non avrebbe mai potuto dire ogni quante ore la cosa si ripetesse. Senza contare i giorni in cui il vampiro esagerava nel togliergli il sangue facendolo rimanere a letto per un'eternità e quelli al contrario che passavano assurdamente veloci grazie ad attività tutte nuove che rompevano la monotonia delle altre. Per Atsumu potevano essere passate cinque settimane così come cinque anni. Invece erano cinque mesi. 

In cinque mesi aveva fatto pace con la propria situazione, trovando in Kiyoomi l'unico simil-umano con cui poter parlare e passare del tempo. Rimaneva un prigioniero e Sakusa il suo aguzzino. Atsumu lo odiava ancora con tutto se stesso, ma aveva compartimentato la cosa in un recesso buio del suo cervello. La sua preoccupazione principale, da alcune settimane a quella parte, era trovare un po' di svago, e stare con Kiyoomi – malauguratamente – era la cosa che più vi si avvicinava. I suoi denti e la sua prepotenza erano solo uno spiacevole inconveniente. 
 

••• 
Sakusa 

Se cinque mesi per un essere immortale non erano niente, Sakusa capì che per Atsumu doveva essere l'opposto quando, nello scoprire che tale era stato il tempo da lui trascorso in quel castello, il ragazzo aveva sgranato gli occhi perdendo quella scintilla di sfida nello sguardo che lo caratterizzava ogni volta che si ritrovava a poter sfidare Kiyoomi, che si trattasse di scacchi o di qualsiasi altra cosa. Sakusa – comunque – aveva appena posto fine alla partita, dunque Miya ebbe la scusa perfetta per ritirarsi nella sua camera ed il vampiro decise che fosse bene lasciargli i suoi spazi. Fu solo due giorni più tardi, infatti, che Kiyoomi tornò ad approcciarlo. Passare il tempo con lui si stava rivelando essere soddisfacente quasi quanto succhiargli il sangue dalle vene, portando la sua decisione di tenere l'umano con sé vantaggiosa non solo durante i pasti ma anche tra un morso e l'altro. 

Insieme si intrattenevano con scacchi, dama, senet, go, shoji, e talvolta anche con giochi più villani che Atsumu conosceva meglio di lui. I due si ritrovavano a parlare di romanzi (non il punto forte di Atsumu), sport, passioni, e presto il vampiro arrivò a conoscere Miya abbastanza da riuscire a distrarlo anche quando, traditrice, la sua mente si posava su cupi pensieri e ricordi nostalgici. 

Nonostante tutto quello, fu comunque sbalordente per Kiyoomi rendersi conto di cos'era disposto a concedere pur di fare passare del tempo di qualità a se stesso e ad Atsumu. Un giorno, infatti, decise che gli avrebbe insegnato a suonare il piano: lui ci aveva messo diversi anni a padroneggiare quell'arte e così sarebbe stato per l'umano. Quella nuova attività avrebbe sicuramente giovato a entrambi in intelletto e divertimento, ma se per chiunque altro Sakusa avrebbe preferito spendere capitali in nuovi pianoforti piuttosto che fare toccare il suo prezioso Cristofori, l'idea che Atsumu vi ci poggiasse le dita non lo infastidiva, anzi, forse persino lo deliziava. 

Miya si disse meno entusiasta di quanto il vampiro non avesse sperato quando gli propose quelle lezioni di musica, ma – anche lui succube della noia – accettò di buon grado. Seduti in due sullo sgabello imbottito, il corvino iniziò a tendere sempre più spesso a sfiorare Atsumu anche quando non avrebbe dovuto. L'umano non mancava mai di sussultare, ma per il vampiro la tentazione era troppo forte: osservava le dita di Miya danzare sui tasti bianchi e neri, i suoi occhi luccicare di sfida e ispirazione; sentiva il suo odore fragrante, tanto dolce e appetitoso, e ammirava il suo collo, pulsante, pieno di vita e sempre così pronto a tentarlo. Fu quando Atsumu smise si trasalire che Kiyoomi capì che l'amore per la musica l'aveva infine conquistato, aggiungendo una spunta in più alla lista di cose che potevano fare insieme con piacere. 

Ma se permettere ad Atsumu di usare ogni giorno il suo avere più caro era già stato sintomo di un rapporto che andava sospettosamente sempre più ad approfondirsi, fu nulla in confronto alle conversazioni di volta in volta più intime che iniziarono ad intrattenere.  

Un giorno – a quasi un anno e mezzo dall'inizio della sua convivenza forzata con il vampiro – Miya visitò la camera personale di Kiyoomi per la prima volta. 

"Era ora che io la vedessi." Annunciò entrandovi. "È l'unica sala del castello che non avevo ancora esplorato." 

"È solo una stanza come le altre." Gli rispose Sakusa senza entusiasmo, ma Atsumu era di un altro avviso, infatti fu una rivelazione per lui scoprire come poteva essere la camera da letto di un vampiro. 

"Manca il letto." Disse infatti subito dopo, con un'esclamazione sorpresa. Il corvino rise sotto i baffi. 

"Non me ne farei nulla."  

Atsumu si corrucciò guardandosi intorno visibilmente alla ricerca di qualcosa di fondamentale che mancava. 

"Non c'è neanche la bara." Disse, facendo ridere Sakusa appieno, questa volta. 

"Perché dovrei avere una bara? Nella vita servirà meno a me che a te."  

Atsumu mise il broncio, offeso per tutto e per niente. 

"Ma i vampiri dormono nelle bare, no?" Kiyoomi lo guardò con tenerezza.  

"Alcuni vampiri decidono di passare il giorno nelle bare perché sono casse sicure nelle quali i raggi del sole non possono arrivare. Ma si tratta solo di rimanere sdraiati finché non passa il tramonto. È tremendamente noioso, e certamente non avrebbe senso farlo con un castello a prova di sole come questo." Miya non rispose subito. Invece, sembrò soppesare quelle nuove informazioni. 

"I vampiri non dormono?" Chiese conferma. 

"Non dormono." Gliela diede Kiyoomi. Ci fu un'altra pausa prima che l'umano tornasse a parlare: 

"Dev'essere assurdamente noioso vivere in eterno giorno e notte, senza neanche potersi riposare dormendo un po'." Lo disse più a se stesso che a Sakusa, quasi stesse esplicando a voce alta l'ultima nozione di cultura generale appena appresa. Il vampiro soppesò se rispondere o meno, ma non riuscì a trovare nessuna ragione né la forza di non farlo: 

"Molto spesso è difficile, in effetti." Atsumu lo guardò negli occhi, e dalla sua espressione Kiyoomi seppe che per la prima volta nel corso della sua esistenza – e chissà forse persino della storia del mondo – un essere umano provò compianto per un vampiro immortale. 

   
 
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