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Autore: Sunnyfox    06/11/2023    1 recensioni
Solo quando all'improvviso Rufy cacciò un urlo animalesco, si rese conto che la squadra di Kendo del loro liceo aveva fatto il suo trionfale ingresso.
«Eccoli che arrivano!» esclamò, agitando le braccia per catturare l'attenzione di Zoro che seguiva il capitano della squadra e andavano a posizionarsi accanto agli altri kendoka.
Nami lo vide alzare lo sguardo verso di loro, come se fosse davvero riuscito a sentire il richiamo dell'amico, in mezzo a tutto il fracasso esploso all'ingresso delle squadre. Rufy si agitava così tanto che dopotutto sarebbe stato impossibile non notarlo. Zoro non fece altro che alzare lo Shinai in segno di saluto. Una conferma che li aveva scorti e aveva, a modo suo, apprezzato la loro presenza. Se non fosse stato così distante, Nami avrebbe detto di averlo persino visto sorridere.
[High School AU]
Genere: Azione, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13.

 

Se da un lato Zoro era convinto di aver fatto la scelta giusta nel voler condividere con Nami le sue incertezze, dall'altro si chiese non si fosse esposto troppo.

Non era così stupido - non ancora almeno - da non essersi accorto dello smarrimento nello sguardo della ragazza. E tutto ciò che voleva evitare era che soffrisse. Per colpa sua, poi.

La verità era che si era imbarcato in qualcosa che al momento pareva più grande di lui, che sembrava risucchiargli il focus. Che lo confondeva, lo distraeva, lo rendeva più fragile di quanto non lo fosse mai stato. Voleva dare a quello la colpa di non saper gestire i nuovi allenamenti, ma inconsciamente, forse, avrebbe voluto prima esserne certo, invece di esprimerlo in modo tanto limpido e frettoloso.
La situazione con Koshiro era quella che era, quella con Nami anche. Ma se cercava di far collimare le cose, con gli allenamenti e tutto il resto, entrava in corto circuito.

Era vero che odiava i cambiamenti ma, se inarrestabili, doveva imparare a governarli ed era certo di non essere ancora in grado di farlo.

La paura di compromettere rapporti che secondo la sua percezione erano in bilico su un filo invisibile, era grande tanto quella di affrontarli e renderli stabili.

Koshiro era il suo maestro, il suo confidente, suo padre; aveva imparato a gestirlo nel dolore e nella solitudine, ed ora non sapeva davvero che pesci prendere, osservando con curiosità e malessere, questo suo rinnovato interesse per la vita.

Nami era sempre stata un'amica fedele, decisa e vivace e ora... ora qualcosa di più. Una persona per cui avvertiva un sentimento diverso da qualsiasi altra cosa avesse mai provato per qualcuno, e non sapeva come doveva comportarsi, non sapeva come accogliere con naturalezza quello che Nami gli stava offrendo.

Cosa si aspettavano da lui?

Questa era la domanda martellante che gli occupava la mente. Aveva davvero il diritto di seguire il flusso senza pensarci davvero o doveva capire come non deludere le aspettative di persone che per lui si erano esposte? Che per lui aveva cercato di aprirsi?

 

Aveva appoggiato a terra i pesi con cui si stava allenando quella mattina e con la testa colma di pensieri, era rimasto fermo a fissare le finestre fuori dalla palestra. I petali di ciliegio che vorticavano in una danza scomposta, in giardino.

Il caos.

Koshiro aveva detto di avergli portato Trafalgar Law perché rappresentava il caos.

Era questo ciò di cui Koshiro pensava avesse bisogno?

Se era così, allora non aveva capito un bel niente di lui in diciassette anni che lo conosceva. Il caos era ingestibile. Mentre per lui il controllo era essenziale.

Decise di prendersi una pausa, di uscire, di perdersi. L'unica eccezione che si azzardava a concedersi. Anche perché in quel caso era stata madre natura a prendersi gioco di lui. Era l'unica cosa che non poteva controllare ed era stato costretto ad accettarlo. Lui e quel matto di Rufy a dire il vero, le eccezioni cominciavano ad essere troppe.

Si cambiò rapidamente, deciso a dirigersi verso la spiaggia. L'unico luogo che, in qualche assurdo modo, riusciva sempre a dargli una parvenza di serenità. Aveva imparato a meditare al suono incostante delle onde.

Una volta Koshiro gli aveva confessato che sua madre non faceva altro che fare lunghe passeggiate sulla spiaggia, quando era incinta di lui. Non voleva che nessuno la seguisse, nemmeno suo marito. Quando tornava a casa sapeva sempre di vento e salsedine, i capelli vaporosi e fieri e lo sguardo acceso, felice.

Forse si era portato dietro questa eredità dalla madre che non aveva mai conosciuto. La connessione alle grandi distese d'acqua. E la tendenza a perdersi senza darsene tormento.

Sentì il profumo dell'oceano ancora prima di vederne il baluginio dietro le mura delle ultime abitazioni. La voce turbolenta delle sue onde, man mano che si avvicinava. Il cielo era terso, ma portava con sé il vento che spazzava le nuvole.

C'era alta marea. I flutti avevano quasi raggiunto il punto in cui d'estate sistemavano gli ombrelloni.

Stava passeggiando solo da qualche minuto quando gli arrivarono delle voci concitate, appena udibili fra lo sciabordio delle onde e il grido selvaggio dei gabbiani.

Intravide un gruppo di ragazzi poco distanti, nascosti dietro a uno dei bar in spiaggia, uno di quelli ancora chiusi. Il legnoso spettro sgangherato di una stagione che ancora doveva risvegliarsi dal letargo.

La discussione sembrava piuttosto accesa ma si sorprese di ritrovare un intero gruppo schierato di fronte a quella che gli apparve come l'unica vittima.

Si chiese se non fosse il caso di cambiare strada o osservare l'evolversi della situazione.

Uno dei tizi più grossi spintonò il ragazzo che stava da solo e Zoro agì d'istinto, senza nemmeno preoccuparsi del fatto che non fossero affari suoi.

«Ehi!» disse solo, un richiamo forte e severo.

I ragazzi si voltarono nella sua direzione e fu solo allora che riconobbe proprio Trafalgar Law, incastrato in quella che sembrava l'inizio di una rissa in grande stile.

Il tizio che lo aveva spintonato si era fatto da parte e lo stava osservando. Portava un gran paio di occhiali e l'aria truce e un po' rozza, era gigantesco. Di certo aveva più anni di quanti non ne avessero gli altri.

«Che vuoi, ragazzino?» lo apostrofò, una vaga minaccia nell'aria. Ma la sua voce era così sottile, in confronto al suo corpo mastodontico che a Zoro per poco non sfuggì una risata.

Scorse Law lanciargli uno sguardo allarmato ma cercò di non farci caso, non troppo almeno. L'atmosfera non era affatto rilassata, non avrebbe dovuto sottovalutarla.

«Niente, solo non sono cose che uno vorrebbe vedere mentre passeggia per una spiaggia pubblica», si limitò a commentare.

«Zoro...» la voce di Law era un soffio ma riuscì a percepirla ugualmente. Sapeva di monito, di rimprovero.

«E che diavolo hai in mente di fare a riguardo?» esclamò stridulo il tizio gigantesco, ma Zoro stavolta non riuscì a frenare quella risata incastrata in gola da prima. Il bestione, indignato, avanzò di mezzo passo, pronto all'attacco, prima che qualcuno alle sue spalle non lo afferrasse per un braccio, impedendogli di proseguire.

«Lascia stare, Pica» disse una voce melliflua alle sue spalle. Ne emerse un tizio piuttosto singolare. Alto, slanciato, biondo. Indossava un paio di occhiali dalla montatura obliqua e una felpa di ciniglia color rosa confetto. In qualche modo a Zoro ricordò un fenicottero.

«Questa spiaggia sta diventando troppo affollata...» proseguì, lasciando che il gruppo si rendesse conto del tizio con il cane che era appena comparso poco distante e di altre due persone che stavano scendendo giù per il sentiero cementato. Non erano più soli.

«Possiamo tranquillamente rimandare la nostra conversazione a un altro momento», scansò il tizio enorme, per andare incontro a Trafalgar che non si era mosso di un passo, «abbiamo così tanto di cui discutere», gli posò una mano sulla spalla, in quello che voleva sembrare un gesto fraterno ma che risultava una vera e propria minaccia.

Law si scansò, arretrando solo in quell'istante. Non rispose, ma si vedeva chiaramente dallo sguardo quanto quel contatto, quelle parole lo avessero disgustato.

«Andiamo» riprese il fenicottero, portandosi dietro la sua scia di scagnozzi. Gli passarono accanto, squadrandolo minacciosamente. Solo il tizio in rosa gli rivolse un sorriso, tanto ampio quanto ricco di promesse inespresse. Dopo qualche istante se ne furono andati.

Zoro se ne restò immobile a osservare Law che sembrava contenere a fatica una silenziosa rabbia.

«Che hai da guardare, ragazzino?» gli chiese all'improvviso, sentendosi evidentemente osservato. Si volse nella sua direzione, cercando di recuperare una postura insolente.

«Chi erano quei tipi?» gli chiese Zoro, più curioso che preoccupato.

«Non che siano affari tuoi» sibilò «Non c'era bisogno del tuo intervento»

A parlare sembrava più l'umiliazione che la rabbia.

«Probabilmente no. Ma non sapevo fossi tu» non aveva bisogno di giustificarsi ma non voleva che Law credesse che fosse intervenuto solo perché lo aveva riconosciuto. Non gliene importava un bel niente di chi fosse la persona presa di mira da quel gruppo di teppisti. Solo che qualcuno stava per prenderle e che cinque contro uno gli sembrava una grande esagerazione.

Law sembrò recuperare un po' del suo contegno.

«In ogni caso non mi metterei in mezzo a una discussione con Donquijote Doflamingo e i suoi. Questo te lo dico come monito per il futuro.»

«So badare a me stesso» gli rispose. Carino come si mettesse a rimproverarlo quando ci si era trovato proprio lui, in una discussione con quel gruppo.

«Sei peggio di come il maestro Shimotsuki ti ha descritto...»

Zoro inarcò un sopracciglio. Improvvisamente la conversazione sembrava essere scivolata sul personale.

«E come mi avrebbe descritto?» gli chiese.

Law si decide ad avanzare, finendogli praticamente di fronte. Nonostante tentasse di dissimulare, lo sguardo era ancora vigile, turbato.

«Segreto professionale» gli sorrise obliquamente.

«Quante cazzate...» Zoro sbuffò qualcosa, facendo per andarsene. Era già stufo di dover tener testa a una conversazione che si andava a schiantare contro a un muro. Nemmeno si rendeva conto di quanto l'atteggiamento di quel Law somigliasse al suo.

«Ehi...» si sentì richiamare, prima che avesse occasione di congedarsi «potresti tenere per te quello che hai visto oggi?» gli chiese, per la prima volta senza asprezza nei toni. Una richiesta amara, piuttosto.

«Ma per chi mi hai preso?» gli rispose con un'alzata di spalle.

Law sembrò capire che, con lui, il mistero di quella sceneggiata era al sicuro e sembrò rilassarsi.

«Ci vediamo sabato» disse.

Zoro gli fece un cenno con la mano, senza preoccuparsi di confermarlo.

 

Non aveva idea che quella storia non era affatto conclusa.

 

Era stata un'idea di Franky, quella di eseguire la tradizione dell'Hanami, quell'anno.

La primavera era esplosa in maniera definitiva e, complici i giorni di vacanza, aveva proposto un pomeriggio al parco cittadino.

Il gruppo aveva risposto con entusiasmo anche solo all'idea di ritrovarsi di nuovo tutti insieme, evitando così di passare le vacanze divisi. Sembrava che tutti si fossero presi più impegni di quanti potessero gestirne: Sanji era piuttosto impegnato al ristorante, Nami con gli straordinari alla libreria, Zoro con gli allenamenti e incastrare le giornate era sempre complicato. Perciò, trovata una data che fosse comoda a tutti, si erano radunati all'ombra degli alberi di ciliegio a consumare gli avanzi del ristorante di Sanji.

«Molto meglio questi che i panini raffermi di Arlong che ci ha portato Nami l'anno scorso» il commento di Rufy fece calare il gelo fra i presenti, mentre il pugno vendicativo della ragazza si abbatteva sulla testa del malcapitato chiacchierone.

«Dovresti lasciarlo senza pranzo, a questo qui!» fu il commento infastidito di Nami, che aveva allungato una mano per fregare, letteralmente, un sandwich dal piatto di Rufy.

Il Capitano si avventò sulla ragazza per riprenderselo e la cosa sarebbe andata avanti ad oltranza se Sanji non gli avesse letteralmente infilato un tortino di riso in bocca.

«Ce n'è abbastanza per tutti» cercò di sedare gli animi, alzandosi per cercare un pacchetto di sigarette, infilato nella giacca che aveva appeso a un basso ramo di un albero di ciliegio.

In realtà era una scusa come un'altra per avvicinare Zoro che se ne stava in disparte a sonnecchiare.

O con la scusa di farlo.

«Ehi, tu non mangi, testa di muffa?» gli disse a mezza bocca, calciandogli una scarpa.

«Lo farò dopo...» gli rispose, senza riaprire gli occhi.

«Se resterà qualcosa, dopo» esalò Sanji, lanciando un'occhiata al banchetto che si consumava rapidamente sotto le fauci fameliche del loro gruppo di amici.

«Vado a fumare, vieni con me?» gli disse a sorpresa.

Zoro riaprì un occhio, perché quella richiesta gli sembrava la più assurda che Sanji gli avesse mai fatto.

«No... ?» gli rispose, come se non ci fosse affatto bisogno di ribadirlo.

«Vieni con me», insistette Sanji.

In altre circostanze Zoro avrebbe rifiutato seccamente o messo in piedi il solito teatrino, ma la voce di Sanji sembrava in allerta.

Quando Zoro si levò in piedi capì, forse, perché gli sembrava così in apprensione. A pochi metri da loro, fra la folla, all'ombra di alcuni ciliegi, si era sistemato un gruppo di persone che li stavano osservando. Non faticò a riconoscere il gruppo che aveva provocato Law, solo qualche mattina fa sulla spiaggia.

«Ehi, dove andate voi due?» la voce di Rufy li raggiunse prima che riuscissero ad allontanarsi verso l'area fumatori.

«Testa d'alga mi ha chiesto un consiglio sui suoi problemi erettili!» improvvisò Sanji, beccandosi un pugno.

«Ciminiera del cazzo!»

Sanji gli sferrò un calcio negli stinchi, e via discorrendo, finché non si allontanarono definitivamente dal gruppo. Senza però perderli d'occhio.

Rufy si volse verso Nami con aria dispiaciuta.

«Zoro ha dei problemi erettili?» le chiese.

«E io che diavolo ne so?!»

Il Capitano raggiunse quota due bernoccoli nel giro di cinque minuti.

 

«È da almeno mezz'ora che quei tizi ci tengono sotto osservazione», Sanji confermò i sospetti sul perché lo avesse trascinato lontano da lì. L'area fumatori era pressoché deserta. Gli permetteva, se non altro, di chiacchierare tranquillamente.

«Sì, li ho visti»

«Li conosci?»

Zoro seguì con lo sguardo la scia di fumo che Sanji aveva appena soffiato via, arrivando a squadrare di nuovo il gruppetto sistemato di fronte ai loro amici. Sembravano divertirsi ma lo sguardo di quel fenicottero, sembrava vigile, predatorio.

«Non proprio» dovette ammettere «ci ho avuto a che fare solo una volta e non sembravano dei tipi pacifici»

«Eccola, lo sapevo!» allargò le braccia Sanji, esasperato «Li hai provocati, per caso?»

«Ma che cazzo dici?» si giustificò Zoro «ho solo assistito a un loro litigio»

«E ti sei messo in mezzo»

«No»

«Sì»

«No»

«Sì!»

«Non proprio!»

«Lo sapevo!»

Zoro si trattenne dal dargli del coglione, per l'ennesima volta. A prescindere dal fatto che non aveva voglia di condividere un bel niente, c'era in ballo anche la promessa fatta a Law.

«Se rompono le palle, lascerò che se la prendano solo con me, stai sereno»

«Sereno un corno»

«E comunque dovrebbero essere proprio dei coglioni per tentare qualcosa con tutta questa gente» cercò di essere razionale, anche se gli sguardi che ora stavano rivolgendo a Rufy e compagnia gli sembravano più preoccupanti che mai. Come se li avessero scelti. Gli sembrò perfino che uno di loro stesse fissando Nami e la cosa ebbe il potere di irritarlo.

«Teniamoli d'occhio. Finito il pranzo ce ne andiamo. E vediamo di chiuderla qui» decise Sanji, spegnendo la sigaretta. Si scambiarono uno sguardo d'intesa, prima di tornare al gruppo.

«Nami-san, hai già assaggiato i dolcetti alle fragole che ho fatto appositamente per te e Robin?!» esclamò, cercando di dare una parvenza di normalità a quel rientro.

Zoro decise di unirsi agli altri, fingendo interesse per delle polpette di riso.

«Ne vuoi uno?» si sentì chiedere da una voce accanto, mentre Usop catalizzava l'attenzione del gruppo, raccontando una storia pazzesca su un tizio che collezionava rane.

Nami gli si era avvicinata, porgendogli uno dei dolcetti di Sanji.

«Sono a posto...» le sorrise appena, spiluccando la sua polpetta, senza distogliere l'attenzione da quel fenicottero che stava ridendo ad una battuta, poco distante.

«È tutto okay?»

Fu costretto a voltarsi verso di lei, per non farle capire che non lo era affatto.

«Certo»

«Se lo dici tu...» si volse contrita, fingendo di prestare attenzione al racconto di Usop. Come aveva anche solo potuto pensare di darla a bere a una come lei?

D'accordo, aveva fatto una promessa a Law di non dire niente, ma non gli aveva promesso di non mettersi in mezzo se questo andava a minare la sua tranquillità o quella del suo gruppo.

Decise di fare un esperimento.

«Torno subito» disse solo, rimettendosi in piedi.

«Aspetta, non vuoi sentire come va a finire la storia?!» protestò Usop, al culmine del suo mirabolante racconto.

«Assolutamente sì. Franky, registramelo»

Si alzarono cori di protesta.

«Se la natura chiama, chiama!» si giustificò innervosito. Non si era però perso lo sguardo d'ammonimento che gli aveva lanciato Sanji. Se il suo esperimento non si fosse concretizzato, sperò che Sanji facesse del suo meglio per tenere sott'occhio la situazione.

Fece qualche passo in direzione dei bagni o di quella che gli era sembrata... la direzione dei bagni. Il cartello con il simbolo delle toilette parlava chiaro. O forse no. Forse doveva svoltare a destra e invece era andato a sinistra.

Non si sorprese di trovarsi sperso in un posto dove di bagni non ce n'era neanche l'ombra. E di persone nemmeno.

Si fermò per un istante e attese. Avrebbe aspettato qualche minuto; se non fosse successo nulla, al suo ritorno, avrebbe chiesto ai ragazzi di andarsene e portarsi a casa quella vittoria bianca.

Non si accorse che il suo cellulare stava suonando, ma si accorse dei passi di diverse scarpe, alle sue spalle.

«Hai deciso di giocare a nascondino?» la voce melliflua, inconfondibile del tizio fenicottero.

«Sembra più di giocare a ce l'hai» gli rispose Zoro, voltandosi. Era convinto che sarebbe stato seguito, ma non si aspettava di ritrovarsi tutta la squadra al completo. Un branco di vigliacchi.

«Che cosa vuoi?» intrecciò le braccia, a fargli capire che non era sua intenzione battersi o azzardare alcunché.

«Volevo solo fare due chiacchiere con te»

«E per farlo ti sei dovuto portare dietro le guardie del corpo?»

«Lasciali perdere, loro non contano»

Uno di loro sembrò voler alzare una protesta ma fenicottero alzò una mano e fu subito sedata.

Sembrava di assistere alla scena di un film di bassa lega.

«Dimmi quello che hai da dire e facciamola finita» decise di agevolare il momento in cui tutto sarebbe degenerato, perché sì, sapeva che, in qualche modo sarebbe successo. I suoi sensi erano vigili.

«Niente di che. Solo assicurarmi che terrai la bocca chiusa su quello che hai visto qualche giorno fa. Non gioverebbe né a me, né a te, se qualcuno venisse a sapere che abbiamo avuto una piccola discussione sulla spiaggia»

«Se è solo questo puoi star tranquillo, non me ne frega niente di quello che fate...» fenicottero sembrò quasi soddisfatto della risposta «ma non mi piace che vi mettiate a pedinare me o i miei amici»

Doflamingo o come diavolo si chiamava reclinò la testa di lato, lasciando cadere il sorriso.

«Non pediniamo nessuno... Zoro»

Come diavolo faceva a sapere il suo nome? Forse era stato proprio Law a tradirlo, a lasciarselo sfuggire, quando aveva cercato di sedare le sue risposte taglienti, sulla spiaggia.

«Sto solo cercando di assicurarmi che terrai la bocca chiusa e amici come prima»

«Non siamo amici» gli venne spontaneo ribadire «e facevi più bella figura a non farti rivedere, così sembra solo che tu abbia voglia di crearli i casini»

Nella mente di Zoro sembrò ricomporsi un puzzle, fu come se le informazioni che Tashigi era riuscita a racimolare su Law trovassero improvvisamente concretezza. Possibile che le persone che avevano causato la sua espulsione al torneo, la sua sospensione dal kendo, fossero proprio loro? Non era voluto entrare nei dettagli ma tutto sembrava incastrarsi alla perfezione. Che fosse quel Doflamingo il tizio che era finito in riformatorio? Che fosse per quello che farsi beccare a iniziare l'ennesima rissa, gli avrebbe procurato un viaggio per direttissima, di nuovo in quel posto, o peggio? Gli sembrava insensatamente recidivo.

Non fece in tempo a sentire la risposta del fenicottero, perché fu un'altra la voce che intervenne, imprevista e acuta come un fulmine a ciel sereno.

«Ohi, Zoro!» Rufy «Ecco dove ti eri cacciato! Sanji ha provato a chiamarti ed io-»

Si interruppe solo quando sembrò mettere a fuoco il quadro della situazione. Non poteva sfuggire, nemmeno a uno come lui, che l'aria era ben più pesante di quella che si respira dopo un'amichevole chiacchierata.

«Che cavolo sta succedendo?» disse solo, perdendo la sua solita baldanza, calcolando mentalmente, uno per uno, i ragazzi che stavano praticamente addosso a Zoro «Ti stanno dando fastidio?»

Dietro di lui si materializzò improvvisamente Sanji, sembrava sul piede di guerra, tanto quanto lo era Rufy.

«Dicevi, sul creare casini?» sussurrò Doflamingo, quel sorriso ferino a riscaldargli di nuovo i lineamenti.

Lo sguardo di Rufy sembrò chiedere tacitamente a Zoro una spiegazione e il permesso di intervenire.

Ma il pugno dell'energumeno dalla vocetta infantile arrivò prima di qualsiasi avvertimento.

Zoro osservò il suo Capitano crollare al suolo.

Rialzò lo sguardo sul bestione castrato, la rabbia che aveva preso a ribollirgli nello stomaco.

E fu allora che iniziò il caos.

 

 

Nota:

Capitolo incentrato più che altro su Zoro. No, non sto perdendo il focus del racconto ma ci ho voluto mettere un po' di pepe. E comunque non sarebbe One Piece senza una bella rissa, no? Ogni commento è sempre ben accetto. Alla prossima.

 

   
 
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