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Autore: MollyTheMole    16/11/2023    1 recensioni
La sostanza artificiale che assorbe il maggior spettro di luce - il 99,995% di tutta la radiazione luminosa - è la cosiddetta Blackest Black. Composta da nanotubi di carbonio, è stata progettata al MIT nel 2019 e ad oggi rappresenta il nero più nero che l’uomo abbia mai creato.
Ecco, qualche anno prima che fosse inventato la giovane agente speciale Jodie Starling si sentiva come se fosse sdraiata su quel famoso composto di nanotubi di carbonio.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jodie Starling, Shuichi Akai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4: LIQUID NITROGEN

 

Si grattò la testolina bionda mentre aspettava che Jenny finisse di prepararsi. Ormai era quasi l’ora di cena e le due avevano decisamente fame.

La sua scampagnata con la polizia locale non era stata molto redditizia, almeno non per i poveri poliziotti. Uno grosso come un armadio e con la voce da basso, l’altro mingherlino e con i denti da roditore, sembravano la classica coppia stereotipata da film. E come nei peggiori film sui grandi detective, non avevano la più pallida idea di quello che stavano facendo.

Quell’area delle Hawaii doveva davvero essere un paradiso se i due agenti erano andati nel panico in quel modo di fronte ad un crimine maggiore.

L’appartamento del giovane e sfortunato Leilani era tutto fuorché interessante. Quella mattina non c’era stato assolutamente bisogno di un’esperta di scienza forense, così come lei stessa si era definita. Tuttavia, aveva provato a fare del suo meglio, fosse anche solo per giustificare la sua presenza agli occhi dei due spaesati poliziotti. 

Jodie si era ritrovata immersa in un sacco di cianfrusaglie tipiche di chi ha la sua età. Non c’era molta differenza, infatti, tra lei e la vittima, forse giusto un paio di anni. La camera del giovane avrebbe potuto essere la sua. Come lei, aveva incorniciato alcuni poster e stampe che aveva trovato interessanti. Le fotografie con gli amici stipate nel Cloud - beh, no, lei era un’agente dell’FBI e un ex testimone di giustizia sotto protezione, col cavolo che teneva i propri dati sensibili in un Cloud! - e i biglietti di un qualche concerto sulla scrivania. Diversi libri di vario genere: dei gialli, molti classici della letteratura americana, diversa roba sul cambiamento climatico e sul rispetto dell’ambiente. C’erano delle magliette di ONG che si dedicavano alla salvaguardia dell’ambiente marino: qualcuna proteggeva le balene, qualcun’altra raccoglieva la plastica, una era contro le trivellazioni del fondale per l'estrazione di petrolio o gas naturale. 

Ninnoli vari.

La foto della mamma e della nonna incorniciata sul comodino.

Leilani era un giovanotto sulla ventina come molti altri, dunque, con una forte passione per l’ambiente. Riciclava, usava sapone di marsiglia ed altri detersivi green, tuttavia non sembrava un fanatico. Le pile della sveglia erano usa e getta e non ricaricabili. Le bollette indicavano un discreto consumo di elettricità e riscaldamento. La doccia profumava ancora di bagnoschiuma e Jodie ne aveva trovato una bottiglia vuota dentro il secchio del bagno.

Insomma, era un ragazzo attento, ma sapeva anche godersi la vita come era giusto che fosse alla sua età. 

Un ragazzo come tanti.

Sicuramente Jodie non lo vedeva a spedire lettere minatorie con i ritagli di giornale per difendere l’ambiente. No, Leilani era un giovanotto aitante, nativo digitale e tecnologico quanto bastava per evitare un trucchetto mediocre come quello usato per minacciare i titolari dell’albergo. Avrebbe mandato una mail da qualche indirizzo fasullo o avrebbe mandato dei messaggi da una SIM diversa dalla sua, ma delle lettere? No, non era nemmeno plausibile a giudicare dai gialli che leggeva.

Quello che però aveva dato una svolta alla giornata di Jodie era stato il contenuto di una busta da lettere bianca adagiata sulla scrivania del ragazzo, che la polizia aveva liquidato come “curiose analisi del sangue”.

Beh, altro che analisi.

 

Jodie si guardò allo specchio e si trovò carina. Decente. Passabile per una serata coi colleghi senza dare nell’occhio. 

- Un minuto!- sbraitò Jenny dal bagno.

Jodie rispose solo con un soffice “mmmh”, assorta. 

 

Analisi erano analisi. Fino a lì la polizia c’aveva preso. Solo che il contenuto non era un normale emocromo, bensì dell’acqua. Leilani aveva fatto analizzare dell’acqua di mare e i risultati dimostravano la presenza di numerosi batteri e sostanze tipiche delle contaminazioni.

La provenienza era chiara: Punalu’u Bay. Ricevute una settimana prima dell’omicidio.

Enterococchi, Escherichia Coli, azoto, tetracloroetilene, trielina, vanadio, persino del naftalene. 

 

Al contrario di lei, Jenny - a cui aveva affidato il compito di cercare gli indumenti insanguinati del povero Leilani - aveva fatto un clamoroso buco nell’acqua.

Dovunque fossero, l’assassino doveva aver nascosto bene le proprie tracce. 

Gli ingranaggi nel cervello di Jodie avevano cominciato a girare all’impazzata e un’idea aveva cominciato a farsi strada nella sua testolina bionda.

Forse sarebbe davvero riuscita a risolvere il caso prima di quel pallone gonfiato di Williamson.

In quel momento, Jenny uscì dal bagno con un bel vestitino floreale e i capelli rossi e vaporosi al vento.

- Sono pronta! Possiamo andare!-

 

Quella sera il ristorante era più affollato del solito.

I titolari avevano deciso di non chiudere, d’accordo con la polizia locale. Jodie l’aveva giudicato un azzardo. C’era il forte rischio di contaminazione delle prove che ancora non erano state rilevate, ma il sistema in quell’occasione era finito in un clamoroso corto circuito. Da una parte, la polizia locale non aveva nessuna familiarità con crimini come quello. Dall’altra, diamine, in quel posto c’era l’FBI. Se gli agenti dicevano che non c’erano prove, non c’erano prove. Quindi, si poteva tranquillamente riaprire tutto per non darla vinta agli ambientalisti che vogliono vederci fallire. Almeno, a detta del titolare.

Jodie era una ferma sostenitrice del principio di innocenza fino a prova contraria e non considerava l’assenza di prove come indice della tendenza a delinquere del sospettato. Il fatto, però, che le prove non siano ancora state ritrovate non è sintomo della loro assenza. Soprattutto a meno di ventiquattr’ore dal ritrovamento del cadavere.

A detta sua, sarebbe servito più tempo per fare un buon lavoro.

Prese posto con Jenny ad un tavolo centrale, da cui si godeva un’ottima vita sulla baia da un lato, circondata da fiori di ibisco, e una vista altrettanto interessante sul bancone del bar, dove le pietanze venivano esposte prima di essere servite. In quel momento, però, non c’erano ancora gamberi, aragoste e frutta esotica impiattati in modo stravagante: soltanto un nutrito gruppetto di agenti stava facendo aperitivo, sorseggiando cocktail colorati e, sicuramente, parlando del caso.

Un caso che Jodie credeva di avere risolto, e le sarebbe veramente saltata la mosca al naso se tutte le prove - che al momento non aveva ancora trovato - fossero andate perdute per le scelte scellerate di altri.

Osservò i due titolari sorridere di circostanza da dietro il bancone per poi scomparire nel retro verso le cucine e le venne la voglia di arrestarli lì, seduta stante.

Se soltanto avesse avuto uno straccio di prova tangibile!

 

Jenny aveva ordinato due analcolici che furono loro serviti su un vassoio pieno di invitanti stuzzichini. Jodie decise di approfittarne per fare due domande di circostanza al cameriere.

- Hai un minuto? Puoi sederti?-

Il ragazzo era giovane e prestante quasi quanto Leilani, ma non aveva origini native, anzi, parlava con un forte accento di Chicago. Si guardò attorno, notò alcuni colleghi sfaccendati e fece un’alzata di spalle.

- Sì, tanto non siamo messi male per ora, c’è chi può servire al posto mio. Se però il locale si fa più affollato, devo andare.- 

- Non preoccuparti, non ci metteremo molto.-

Il ragazzo si sedette e cominciò a giocherellare con i bottoni del polsino della camicia, evidentemente nervoso.

- Qualcosa non va?-

Il ragazzo si guardò intorno, come per cercare qualcuno, concentrandosi prevalentemente in direzione del bancone e del retro.

- Mi ammazzano se mi vedono qua seduto. Sembrano tanto carini ed affiatati, ma in verità sono molto duri con noi. Non mi posso lamentare, ma le regole sono regole. Stamani avevo una visita medica e sono entrato con qualche ora di ritardo, avevo avvisato ma sono stati molto bruschi con me, soprattutto ad un certo punto.-

- Stai parlando dei titolari?-

- Sì.-

- Quando sei arrivato stamattina?-

- Verso le dieci e mezza, quando ormai era già successo tutto. Ho trovato un disastro nel retro. C’è l’entrata di servizio per il personale, sa? Passiamo sempre di lì, in mezzo ai bidoni della spazzatura.-

Jodie ne approfittò.

- Immagino il disagio, soprattutto quando la donna delle pulizie vuota il secchio nel mezzo al cortile.-

Il ragazzo le parve perplesso.

- La donna delle pulizie? No, Sonia è una brava donna e tiene molto alla sua terra. Mai successa una cosa del genere. I detersivi che usa sono tossici, mica li può gettare così!-

Gli occhi della ragazza si illuminarono.

Finalmente un indizio concreto!

 - Mi stai dicendo che la signora non ha mai disperso gli scarti delle pulizie nel cortile sul retro?-

- Mai e poi mai. Mai vista né sentita una circostanza del genere.-

Jenny guardò Jodie e Jodie guardò Jenny.

- Hai detto che stamattina ti hanno ripreso. Per quale motivo?-

Il ragazzo fece spallucce e lanciò un’occhiata al bancone.

- Come ho detto, avevo una visita medica e sono arrivato in ritardo, verso le dieci e trenta. Avevo segnalato il tutto ai titolari, lo sapevano e mi avevano dato un paio di ore di permesso. Poi ho scoperto il disastro. Povero Leilani, era davvero un bravo ragazzo e un ottimo collega. Mai una virgola fuori posto. Su gente come lui puoi sempre fare affidamento. Insomma, stavo dicendo che sono arrivato tardi. Sicuramente era su di giri per la morte di Leilani, per questo è stato più duro del solito, e se me ne fossi stato zitto e non avessi sollevato l’argomento forse non sarebbe successo nulla. Sono stato io ad essere indelicato.-

- In che senso?-

- Ho fatto notare che c’era una terribile puzza di bruciato nell’aria e lui si è indispettito parecchio. In buona sostanza mi ha detto di farmi gli affari miei e di andare a lavorare, che ero un lavativo. Sicuramente era nervoso, ve l’ho detto…-

Fu come se Jodie si fosse svegliata di colpo. Era certa, infatti, di non aver sentito proprio nulla di simile sulla scena del delitto. Era proprio ciò che era stato strano di tutta la scena: una bomba, senza odore di bruciato. Solo ammoniaca.

- Hai trovato qualcosa che bruciava durante il tuo turno?-

- Sì, sono andato a vuotare i bidoni e mi sono reso conto che in quello blu c’era qualcosa che bruciava sul fondo. Non so cosa fosse, sembrava del tessuto. Quando mi hanno detto della bomba ho pensato che fosse l’avanzo di un altro ordigno, così l’ho messo da parte, ma non l’ha chiesto nessuno, quindi credo che a questo punto dovrei buttarlo via…-

- Te lo chiedo io!- fece Jodie, alzando la manina e dando un calcio sotto il tavolo a Jenny. - Consegnerai quella prova alla mia amica, qui. Jenny Kinnear, anche lei FBI.-

- Immaginavo. Siete tutti dell’FBI qui. -

- Touché. Hai parlato al singolare, però.-

- Sì, ce n’era solo uno, l’hawaiano. L’altro è arrivato dopo.-

Poi il giovane si fece circospetto e si avvicinò sul tavolo con fare guardingo. 

- Senta, potete rintracciare i telefoni, le chiamate, insomma, come in CSI?-

Jodie guardò Jenny. Jenny guardò Jodie.

- Beh, quella è un po’ fantascienza, non trovi?-

Il ragazzo divenne rosso e fece spallucce abbassando lo sguardo sulle scarpe.

Jodie ebbe pena per lui.

- Perché lo chiedi? Hai problemi?-

- No, è che forse sarebbe utile per il vostro caso. Ho visto Leilani discutere animatamente al telefono con qualcuno qualche giorno fa, ma non so chi fosse.-

- Ricordi che cosa ha detto?-

- Qualcosa tipo: “Se non lo farai tu lo farò io. Non puoi continuare così, come se niente fosse”. Ecco, mi ricordo bene questo: come se niente fosse. Non so che cosa volesse dire, però. Mi spiace.-

Lanciando un’ultima occhiata alle spalle, il giovane cameriere vide rientrare i titolari e balzò in piedi.

- Adesso devo proprio andare.-

- Va bene.- concluse Jodie stringendogli la mano. - Sei stato davvero molto utile, ti ringrazio. Ti chiedo soltanto qualche minuto del tuo tempo per consegnare quella cosa che hai trovato alla mia collega, ti dispiace?-

- Posso prendere un paio di ordini, poi ce la porto? Mi scusi, ma devo salvare almeno le apparenze.-

- Va bene, ma prima si fa, meglio è.-

 

Quando Jenny tornò dal retro, Jodie aveva appena riattaccato. 

James era stato il suo primo pensiero. Se c’era qualcuno che poteva farle avere un tabulato a tempo di record, quello era lui. E avrebbe potuto farlo avere a lei in anteprima, prima di girarlo come favore personale alla polizia locale.

Jenny non sapeva nulla della sua parentela allargata con James e così sarebbe dovuta restare: segreta. 

Non voleva perdere la sua amica per false storie di nepotismo.

False, sì, perché Jodie si era fatta un gran mazzo per entrare all’FBI. Aveva studiato moltissimo, sudato moltissimo, passato innumerevoli notti insonni e lasciato diversi strati di pelle - a volte anche qualche osso - in difesa personale. Si poteva dire che aveva votato la sua vita a quella carriera, lei più di altri. James era un ottimo aggancio, una benedizione che molti avrebbero voluto avere, ma no, i suoi voti e i suoi esami Jodie se li era abbondantemente guadagnati. 

Non  voleva che tutto andasse all’aria per così poco.

Gli aveva spiegato la situazione. Il suo vecchio si era detto fiero di lei e non aveva esitato a prometterle qualche prova in più.

Sperando che non ci fosse già arrivato qualcun altro.

Il contenuto della busta di plastica in cui il cameriere aveva raccolto i pezzi di tessuto bruciacchiati era indiscutibilmente assimilabile ad un indumento. A giudicare dal taglio, una camicia o forse più di una. Parte del tessuto era rimasta intatta, mentre altre fibre avevano preso fuoco più velocemente. Una notevole differenza se si considera la composizione di esse: quelle più a buon mercato fatte di fibre naturali miste a plastiche, quelle di maggior pregio in 100% fibra naturale. Una prende fuoco meglio, l’altra no.

Su alcune c’erano delle evidenti macchie brunastre, chiaramente sangue.

Certo Jodie avrebbe avuto bisogno di un’analisi completa per poter stabilire con certezza che fosse di Leilani, ma non aveva tempo per questo.

Doveva inchiodarli e doveva farlo presto.

Jenny, però, la distolse dai suoi pensieri.

- Oh, che bellezza! Guarda là!-

- Eh?-

Jodie si guardò in giro, ma non vide niente. Sorseggiò il suo cocktail analcolico e scosse il capo.

- Jenny, sto aspettando i tabulati telefonici dalla polizia per chiudere il caso, non ho voglia di leggerezze adesso…-

- Oh, no, fidati, di questa hai voglia. Guarda chi c’è, seduto al bancone?

- Jenny, c’è un mondo di gente…-

- Il nativo! Il nativo fighissimo che ti ha salvata in mare ieri mattina!-

Jodie osservò l’uomo che la sua amica le stava indicando e dovette ammettere che era effettivamente fighissimo, così come lo aveva descritto. Aveva sempre dubitato del concetto di bello di Jenny, che nella sua frivolezza si accontentava di una bellezza oggettiva, basata su una bella apparenza. Forse era per via degli studi sull’arte che la sua amica preferiva un’estetica michelangiolesca, mentre Jodie aveva sempre avuto un debole per il fascino, più che per la bellezza propriamente detta. 

Quell’uomo era bello e aveva fascino. Sulla sua struttura, alta, forte e longilinea, non c’era nulla da dire. Così come non c’era nulla da commentare sui lineamenti sottili del viso, forse fin troppo marcati per il suo fenotipo. Il profilo era disegnato, il naso era diritto, gli zigomi erano alti e gli occhi leggermente infossati a sottolineare la sua provenienza in parte occidentale. 

Niente da eccepire sulla camicia di lino bianca, sul colletto alla coreana sbottonato per il caldo, sulle maniche arrotolate casualmente fino ai gomiti e sulle lunghe dita da pianista avvolte attorno al bicchiere. Nemmeno sul pantalone morbido e sui mocassini da barca. 

Ciò che rappresentava una calamita per Jodie era il fatto che se ne stesse seduto da solo al bancone, senza fare comunella con nessuno, avvolto nei suoi abiti semplici, la testa ad inseguire chissà quale pensiero mentre rigirava il ghiaccio nel bicchiere, lo sguardo malinconico perso nel vuoto. 

Per non parlare della fulgida cascata di capelli scuri, di un bel mosso naturale, che gli cadeva sulle spalle e sulla schiena. 

Figo era figo, non c’era nulla da dire.

- Dai, approfittane!-

Jodie fece tanto d’occhi.

- Ma sei matta? Dopo la figura barbina dell’altro giorno? No no no no no, scordatelo.-

- E dai! Cogli l’occasione per andarlo a ringraziare, no? Offrigli un drink, chiacchierate del più e del meno e oltre al caso stasera ti porti a casa anche il fidanzato!-

Per poco Jodie non soffocò deglutendo il cocktail.

- Ma io…-

- Dai, su, su! Alzati e vai! Alle prove faccio la guardia io, non preoccuparti!-

- Ma, Jenny! Che vuoi che gli dica?-

- E che ne so io? Parlagli. Ringrazialo. Offrigli il drink. Insomma, abbordalo!-

E di cosa avrebbe mai dovuto parlargli? Della sua vita, che era top secret? Della sua vecchia identità fittizia? Di medicina legale?

- No, ecco, di questo no. Poi ogni argomento va bene. Musica, cinema, che devo dirtelo io? Qual è un argomento che ti fa sentire a tuo agio?-

- Scienza?-

Jenny alzò gli occhi al cielo.

- Sì, parlargli di scienza. Semmai presentamelo, ok? Se vuoi buttare via un’occasione fai come ti pare, ma io con uno così non la spreco di certo. Adesso vai!-

 

- Mi scusi, è libero?-

L’uomo parve tornare alla realtà ed alzò gli occhi dal drink. 

- Sì, certo.-

Jodie sorrise a stento e si sedette sullo sgabello accanto a lui, al bancone, mentre reggeva tra le dita il cocktail analcolico ormai a metà. 

La verità era che Jodie faceva schifo in quelle cose. Non che l’amore fosse secondario per lei, beninteso, ma le stesse circostanze della sua vita le avevano imposto di farlo passare in secondo piano. Come si fa a creare una relazione stabile quando persino la carta d’identità riporta il tuo nome falso?

Abbordalo, diceva Jenny.

La faceva facile, Jenny.

Tossicchiò, mentre nascondeva una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.

- Vuole prendere qualcos’altro?-

L’uomo la guardò assorto e solo in quel momento Jodie lo riconobbe come il suo salvatore.

Aveva gli occhi di un verde brillante, come i prati d’Irlanda.

- Questo mi basta, grazie.-

- Ha già pagato?-

Il tipo sembrava spaesato.

- Se permette vorrei pagarglielo io. Per ringraziarla di avermi salvato la vita giù in spiaggia. Sono quella che ha fatto la figura da scorfano ieri mattina…-

- Sì, so chi è lei. Si sente meglio?-

Questa volta fu il turno di Jodie di essere perplessa.

- Chi, io? Beh, sì, cioè, stavo bene anche prima, ma non so che è successo, forse è stata una corrente, insomma io so nuotare, come potrebbe essere altrimenti?-

Era giovane, molto giovane. Forse aveva solo tre, quattro anni più di lei. La guardava davvero come se stesse osservando uno strano pesce sul banco del mercato, con gli stessi occhi sorpresi.

Erano d’età e si stavano dando del lei.

Che imbarazzo.

Poi l’uomo si lasciò sfuggire un sorriso.

- Sì, quelle correnti sono molto insidiose. Mi sono accorto che sapeva nuotare e bene anche. Restare a galla là dentro non è facile. Ha fatto del suo meglio e fortunatamente è bastato. Meno male che non si è trattato di un malore.-

- No no, anzi, stavo benissimo, ero solo un po’ disorientata, mi dispiace di non averla ringraziata prima. Anche lei nuota molto bene sa? Voglio dire, lei è rimasto a galla, non è andato a fondo come ho fatto io, cioè…-

- Intende dire che non ho fatto, come ha detto? La figura dello scorfano?-

Jodie avrebbe soltanto voluto che una voragine le si aprisse sotto i piedi e la fagocitasse in un mare di magma rovente scuro come la spiaggia che aveva creato.

In tutta risposta l’uomo rise di una bella risata, cristallina e soffice come una piuma.

Aveva una bella voce profonda. Infondeva calma, pacatezza e armonia.

- Non si preoccupi. Non dovrebbe essere così dura con sé stessa. A me è andata bene perché lei è stata brava abbastanza da restare a galla. Mi ha dato il tempo di studiare il modo di entrare in acqua ed aiutarla senza essere travolto a mia volta dalla corrente. Cinquanta e cinquanta, quindi.-

Aveva i denti bianchissimi e gli occhi verdissimi nella luce soffusa del locale.

- Grazie. E’ l’unico ad essere stato gentile con me in questi giorni.-

- Non se ne faccia un cruccio. Il novanta per cento delle persone in questo ristorante è convinta di sapere tutto.-

- E il restante dieci per cento?-

- E’ convinta di essere Dio.-

- Non ha una grande opinione della forza pubblica americana, vero?-

- Diciamo che conosco l’ambiente.-

Era un agente anche lui, quindi. 

- Agente speciale Jodie Starling. Piacere di conoscerla.- 

- Agente speciale Shuichi Akai. Piacere mio. Smetta di darmi del lei, per favore. Mi fa sentire Matusalemme.-

Questa volta le strappò un sorriso e Jodie ebbe la sensazione di aver trovato se non un amico, almeno un alleato. Sembrava genuinamente gentile e convinto di quello che stava dicendo. Se lo fece bastare.

- E tu, quindi, a quale categoria appartieni? Al novanta per cento di tuttologi o al dieci per cento di divinità?-

- Non saprei. Non mi piacerebbe rientrare né nell’una, né nell’altra, ma sospetto che se tu chiedessi in giro troveresti opinioni contrastanti.-

- Gli altri pensano di te quello che tu pensi di loro. Ha senso.-

- Esattamente.-

Jodie sorseggiò il suo drink, a corto di idee. L’uomo seduto accanto a lei fece altrettanto, lo sguardo solo apparentemente perso nel vuoto.

Era certa che la stesse tenendo d’occhio.

- Giapponese, dunque? La mia amica credeva che tu fossi un nativo del posto.-

- Chi, la rossa?-

Chissà per quale motivo tutti si ricordavano sempre di Jenny.

- Jenny, sì. Lei è irlandese.-

- Dovresti insegnarle a non scambiare un segnale d’aiuto per un saluto.-

Jodie abbozzò un sorriso.

- Non è sempre così svampita. E’ al traffico d’arte.-

L’uomo - agente Akai, aveva detto - sorseggio ancora un po’ del suo drink ghiacciato.

- Mio padre era di Okinawa.-

Di nuovo silenzio.

Jodie notò l’uso dell’imperfetto.

- Starling invece è molto americano.-

Famiglia. Vita privata. Argomento top secret.

Si limitò ad un sorriso.

- Puoi condividere che cosa ti dà da pensare o si tratta di un caso segretissimo dell’FBI?-

- Con una collega potrei anche condividerlo.-

- Sono matricola.- 

- Lo sono stato anche io. Non significa niente.-

Il barista aveva cominciato a servire piattini, forchette e vassoi pieni di pesce e cibo da accompagnare agli alcolici dell’aperitivo. Abbandonata bruscamente una bottiglia di prosecco per servire un cliente, il tappo di sughero rotolò fino a Jodie. 

Nervosa, cominciò a giocherellare con il tappo e uno stuzzicadenti.

- Sto solo pensando agli straordinari che dovrò fare per recuperare gli arretrati accumulati in queste due settimane di ferie. Considerando anche l’ultima disgrazia, non so quanto sia stata una brillante idea venire qui… Che cos’è?-

Quando Jodie era nervosa e si permetteva di allentare i freni inibitori, non sentendosi a proprio agio nella compagnia in cui si trovava, giocherellava sempre con qualcosa. Carta, tovaglia, posate, capelli, lacci dei vestiti, bottoni, qualunque cosa le capitasse a tiro.

Pensò di aver fatto un passo falso mentre teneva in perfetto equilibrio sull’indice il tappo del prosecco infilzato su uno stuzzicadenti, e si stupì non poco quando notò sul viso del suo commensale una genuina aria di interesse.

- Oh, questo? Scusami, ma dopo l’incidente in mare non mi sento molto a mio agio con nessuno qua intorno. Mi sono messa a giocherellare… E’ una cosa stupida.-

L’uomo rimase in attesa, come se si aspettasse una spiegazione da Jodie.

Aveva gli occhi verdissimi nella luce soffusa del locale. 

Forse però l’aveva già notato prima.

- Non ho fatto altro che spostare il centro di gravità. Se infilzi il tappo sullo stuzzicadenti - ecco, così! - il tappo è molto più pesante. Quindi non può restare in equilibrio sul dito, anche perché lo stuzzicadenti non ha un punto d’appoggio valido. Soltanto se bilancio il peso del tappo riesco a farlo. Se ad esempio conficcassi nel sughero questa forchettina per le olive - ecco, così! - farei scivolare il peso dal tappo alla fine del manico della forchetta, che cade esattamente sotto l’indice. Così ho bilanciato tutto e posso tenerlo in equilibrio sul dito!- 

Le parve di cogliere un barlume di interesse negli occhi del bell’agente e si permise di sognare che la stesse trovando vagamente interessante.

Da uno così sarebbe stato un bel complimento.

- Fisica?-

- Eh? No, medico. Ma sono nerd abbastanza da divertirmi con queste cose.-

Questa volta l’agente Akai aveva l’ombra di un sorriso sul volto e Jodie si sentì vagamente esposta, come se fosse completamente nuda sotto il suo sguardo, analizzata con la lente d’ingrandimento. Non seppe che cosa le trasmise quella sensazione, visto che l’uomo era quanto di più composto ed educato avesse mai incontrato.

- Allora immagino che tu ti sia fatta un’idea del caso, giusto?-

Jodie annuì.

- Sì, credo di avere le idee chiare.-

- Peccato che non ci sia uno straccio di prova.-

- Mh.-

Fu l’unico commento che si lasciò sfuggire.

- Il simpaticone dell’antiterrorismo, quello col sorriso da pubblicità del dentifricio, è ancora convinto che si tratti di annegamento. Vuole la perizia del medico legale.-

- Sono io il medico legale. Per lui, però, sono uno zero.-

- Sai come si dice, più grossi sono…-

- … Più forti sono, sì, lo so…-

- … Più fessi, Starling. Più fessi.-

E sorseggiò il suo drink con nonchalance. 

Jodie si lasciò sfuggire una risata, mormorò che lo avrebbe tenuto a mente e si servì dal vassoio, riempiendosi il piatto di pesce. Chiese al suo compare se volesse favorire e lui le avvicinò il piatto per permetterle di riempirglielo. 

Mangiarono in silenzio, Jodie concentrata sulla sua cena senza sapere che altro dire, l’agente Akai apparentemente incurante di tutto ciò che non fosse il suo sushi. 

- Che c’è?- proruppe ad un certo punto, accantonando le bacchette e pulendosi la bocca nel tovagliolo di carta. - Niente più giochi di prestigio?-

Per un attimo Jodie si guardò intorno come se l’agente si fosse rivolto a qualcun altro.

- Io? Beh, non sono esattamente giochi di prestigio, anche se è scienza, quindi sì, si può dire che in un certo senso la scienza sia magia. Ne conosco altri ma non so, non mi sembra il caso, non vorrei annoiare…-

- Nessuna noia. Nulla di più noioso di questa cena in una scena del crimine, comunque. Senza offesa per la compagnia, si intende.- commentò Akai, allargando le braccia e indicando i dintorni. 

Sì, in effetti quella era una serata molto moscia. I camerieri erano provati dalla perdita, i titolari avevano i nervi a fior di pelle, alcuni agenti erano frustrati perché non avevano ancora risolto il caso, ad altri pareva che non potesse importar loro di meno, tranne per il fatto che l’aria nervosa e tesa avrebbe turbato la serata anche del più calmo e pacato degli spiriti.

Sì, decisamente sottotono, e la musica troppo alta non aiutava.

 Così, Jodie prese coraggio e rubò dal centrotavola un po’ di ghiaccio secco con delle bacchette che poi gettò nel cestino (non si può toccare il ghiaccio secco con le mani!). Fece cadere il ghiaccio in un bicchiere con poca acqua e quello cominciò a fumare in dense nuvole bianche. 

Poi, si pulì le mani con l’apposita salvietta profumata che il ristorante forniva a tutti per eliminare l’odore di pesce. Distese la salvietta e la passò sul bordo del bicchiere.

Incredibilmente, la nuvoletta di vapore smise di uscire. Sembrava compatta, tesa, condensata, mentre formava una grossa cupola sopra il bordo del bicchiere, come se fosse stata una soffice bolla bianca. 

Infine, la bolla esplose e il vapore bianco riprese a traboccare da tutte le parti in una massa informe. 

Notò che aveva catturato di nuovo l’interesse del suo commensale. Non seppe dire se fosse un bene o un male.

- Adesso come hai fatto? Immagino che abbia a che fare con l’acqua e il sapone.-

- Immagini bene. La tensione delle molecole d’acqua e sapone trattiene il vapore fino a che non riescono più a tollerare la pressione, si rompono e il gas va da tutte le parti.-

- Magic bubbles, quindi.-

- Sì. Ci sono molti modi per farlo. Ad esempio, se io soffiassi delle bolle di sapone su quel centrotavola, probabilmente non cadrebbero né volerebbero via. Potrei vincere la gravità.-

Il centrotavola era giusto a pochi passi da loro. Consisteva in niente meno che una vaschetta di plexiglas all’interno del quale c’erano rocce multicolori e strane piante - finte - dall’aspetto esotico. Un grosso sasso rotondeggiante vorticava su un meccanismo, come un vaso su un tornio, e il ghiaccio secco fumante attorno ad esso dava la sensazione di star osservando una enorme luna che spunta tra le nubi sopra una foresta.  

- Come?-

- Semplicemente una differenza di densità. A cose normali le bolle vengono attratte al suolo dalla forza di gravità. Con il ghiaccio secco, invece, le bolle galleggiano. Le bolle sono meno dense dell’anidride carbonica, che le spinge in alto.-

- La gravità però continuerà a spingerle in basso.-

- Se le due forze dovessero equivalersi, le bolle resterebbero in sospensione nell’aria. Probabilmente servirebbe un recipiente molto più alto di quel centrotavola, ma…-

Si fermò, come se avesse preso un’enorme botta in testa.

Il suo interlocutore intuì che Jodie aveva capito qualcosa e la guardò con sospetto.

- Starling? Tutto bene?-

La ragazza annuì, gli occhi brillanti. Stese il suo miglior sorriso da ebete e balzò in piedi.

- Sì, ho appena risolto il caso!-

L’agente Akai alzò le sopracciglia, perplesso.

- Davvero?-

- Sì, davvero! Grazie, grazie di tutto!-

L’uomo scosse il capo, spaesato, i lunghi capelli neri che ondeggiavano sulle sue spalle.

- Non capisco. Grazie di cosa?-

- Di avermi fatto fare le bolle! Diamine, era così ovvio! Grazie, grazie ancora!-

- Ovvio che cosa?-

- Science is magic! Senti, se dovessi avere bisogno all’FBI, dammi un colpo di telefono. A buon rendere!- disse, e scappò via in direzione di Jenny.

- Aspetta!- fece l’agente Akai, cercando di fermarla. - Come dovrei contattarti? Non ho il tuo recapito!-

- Sì che ce l’hai. Nel taschino della camicia!-

Il bel nativo - che poi nativo non era - la guardò quasi compatendola, ma per scrupolo portò una mano al petto, verso il taschino della camicia.

La sua espressione mutò da compatimento a stupore quando estrasse un bigliettino da visita.

Jodie se ne andò, facendogli l’occhiolino.

- Science is magic!- 

Se avesse avuto cura di voltarsi indietro, Jodie avrebbe potuto vedere il bel sorriso spensierato dell’agente mentre rigirava incantato il biglietto da visita tra le dita. 

Solo mesi dopo avrebbe compreso quanto fosse importante riuscire a far ridere Shuichi Akai.

  
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