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Autore: Mairyelf    05/12/2023    1 recensioni
"Crowley, niente dura per sempre..."
Queste erano le parole che il demone si portava dietro da quella che a lui pareva un'eternità - e ai comuni mortali pareva un anno. L'Innominato, così ora NON si riferiva un certo angelo, era asceso Quel giorno e non si era più fatto vedere. Non che gli importasse, ovviamente. Crowley era rimasto del tutto imperturbato. Aveva solo mandato tutti al diavolo, o all'angelo, in base alle non preferenze, e aveva cambiato stato. Il nord Italia, con tutto quel vino e quella gente blasfema, era diventato il suo posto preferito. E il demone Crowley ci stava pure abbastanza bene, nella sua villetta in mezzo ai vigneti, se non fosse stato per l'apparizione di quel maledetto libro che tanto gli ricordava un passato non troppo lontano: "Le Discrete e Aspecifiche Profezie di Sibilla Cumina, Strega Amatoriale".
*** NOTE: i personaggi citati avranno il proprio nome inglese. Lo stile narrativo è ispirato a quello del libro, mentre le vicende sono ambientate dopo la seconda stagione della serie TV. ***
Genere: Romantico, Satirico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Movieverse | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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Lo schermo del citofono mostrò a Crowley due macchiette di uomini, uno più largo che lungo e l’altro sottile come uno stecco. Osservavano l’interno della sua proprietà allungando il collo e bisbigliando tra loro così piano che solo il citofono di un demone avrebbe potuto recepire cosa stessero dicendo.

«Bele le vegne…» (Belle le vigne.)

«L’è vera. Ghema da dimandarghe cosa i ghe dà par tegnarle cosita ben.»  (È vero. Dobbiamo domandare loro cosa gli diano per tenerle così bene.)

«Eh, Giani, ma questi iè pieni de schei, miga come noialtri poareti.» (Eh, Gianni, ma questi sono pieni di soldi, mica come noi poveracci.)

«Cosa volete?» Latrò Crowley dal citofono. I due presero a guardarsi intorno sorpresi, come se fosse stato dio stesso a parlare con loro.

«Ehm… Buongiorno, son Bepi, el vicino.»
(Ehm... Buongiorno, sono Bepi, il vicino...)  Disse con una voce acuta quello tarchiatello, la cui panza da birra minacciava di abbattere la cancellata con un solo colpo. «Elo chi che s’ha fermà la nuvola?» (è qui che si è fermata la nuvola?)

Il demone ormai aveva imparato a non farsi domande riguardo il genere umano e i quesiti che partoriva. «No.» Rispose e premette il tasto per spegnere il citofono ma, come ogni tanto accadeva, quello rimase comunque acceso. Crowley sibilò. Le case italiane erano molto più indisciplinate di quelle inglesi, doveva essere una questione culturale.

Gianni sfogò un’esclamazione molto colorita, che tirava in ballo animali e i Piani Alti – e che questa autrice si riserverà di non ripetere. «Te l’avea dito mi che l’era ‘na casada.» (Te l'avevo detto che era una cazzata.)

Crowley ghignò; c’era qualcosa nella completa mancanza di Timor di Dio di quelle parti che lo intratteneva assai.[1]

«Go capio, Gianni, ma arda chi sa ghe scritto.» (Ho capito, Gianni, ma guarda qua cosa c'è scritto.)

Bepi sollevò un grosso volume dall’aria polverosa, che il demone notò solo in quel momento, e lo passò al compagno. Quest’ultimo aprì sulla prima pagina e iniziò a leggere con fare ottuso.

«Le Discrete e aaa- aspe-aaspe-aspecifote? vabbè, quello, profezie di…» 

«No quelo! Lezi chi!» Interruppe Bepi, indicando alcune righe con un dito cicciotto. (Non quello! Leggi qui!)

Crowley era rimasto fermo a “profezie”. Ebbe un brivido lungo la schiena, che si fermò nel punto esatto da cui di solito uscivano le sue ali. Non di nuovo.

Gianni andò avanti a leggere, ma poi alzò la testa. «Non go capio un casso, Bepi.» (Non ci ho capito un cazzo, Bepi.)

«Te si proprio stupido! Ghe scritto che mi, Bepi, nato a Pastrengo en provincia de Verona, go da portar sto libro ‘ndo ghe nuvolo par fermar l’Apocalisse.» (Sei proprio stupido! C'è scritto che io, Bepi, nato a Pastrengo in provincia di Verona, devo portare questo libro dove c'è nuvoloso per fermare l'Apocalisse.)


Apocalisse.

«Ma chi ghe scrito Giuseppe, miga Bepi» Osservò Gianni, che di tutte quelle righe aveva capito solo quella cosa. (Ma qui c'è scritto Giuseppe, mica Bepi.)

«Vedito alora che te si stupido? Son mi Giuseppe! I me amici i me ciama Bepi, ma mi son Giuseppe.» (Vedi allora che sei stupido? Sono io Giuseppe! I miei amici mi chiamano Bepi, ma io sono Giuseppe.)

«Ma dai! Nol saea mia!»
(Ma dai! Non lo sapevo!) Fece Giovanni, detto Gianni, rendendosi forse conto che anche i suoi amici lo chiamavano Gianni, ma lui era Giovanni. Poi indicò il libro e guardò l’altro con occhi sgranati. «E ti te capise sta roba?» (E tu capisci questa roba?) Chiese, con l’aria di chi aveva appena scoperto che il proprio amico era la reincarnazione di Dante Alighieri. Se solo avesse saputo chi fosse Dante Alighieri.[2]  

«Te sarè mia mato!» Si indignò quell’altro. «Me l’ha dito me fiola sa ghe scrito.» (Non sarai matto! Me l'ha detto mia figlia cosa c'è scritto.)

«Ah, ecco. E quindi sa fema?» (Ah, ecco. E quindi che facciamo?)

«Andate via.» Suggerì Crowley tramite il citofono. Non voleva saperne più nulla di profezie, di libri o di apocalissi. Per quanto lo riguardava, poteva pure andare tutto in malora. Una guerra nucleare? Prego, facessero pure, tanto se non ci pensava l’Apocalisse ci avrebbero comunque pensato gli umani a estinguersi da soli.

«Posso lasarghe chi el libro?» Provò Bepi con una certa reverenza. Doveva essersi reso conto che l’altoparlante da cui arrivava la voce del proprietario di casa aveva iniziato a fumare. (Posso lasciarle qui il libro?)

«No!»

I due uomini sobbalzarono. Bepi si strinse il libro al petto, mentre Gianni corse via. «Va ben, va ben. El ne scusa par el disturbo!» Balbettò il primo e si allontanò pure lui con la coda tra le gambe. (Va bene, va bene. Ci scusi per il disturbo!)

Crowley tornò in salotto, prese una bottiglia di vino dalla rastrelliera che copriva una parete intera e si gettò su una delle sue poltrone di pelle nera. Profezie. Ancora profezie. Scolò metà bottiglia con un sorso. Era la volta buona che si trasferiva su Alfa Centauri insieme a quei due ladri melensi di Gabriele e Belzebù. Aveva diritto di precedenza, lui; l’idea di occupare quel sistema era stata sua e non era giusto che un'altra coppia ci andasse. 

Un'altra… Ingollò l’altra metà di vino e scagliò la bottiglia contro la parete. «In malora!»


Tre o forse quattro, da ubriachi si tende a perdere il conto, litri di Merlot dopo e il demone era partito.

«La profezia! Certoh! Guarda come mi portano la profeziah…» Biascicò. «Crowleeey, ssalva la Terra, Crowleey.» Si alzò in piedi inciampando nel tavolino davanti al divano e per poco non fece volare la bottiglia che teneva in mano (che era la quarta, o forse la quinta…). «Stupida Terra. E io vado su Alfa Centaurr-auri. Ci pianto le piante. La ci cresce il vino, sì!» Rimase a fissare la parete di fronte, quella dove aveva fatto installare il televisore.

Era acceso ed emetteva un fastidiosissimo piiiiiiii.

Crowley pulì le orecchie con i mignoli, poi si cavò gli occhiali e strizzò le palpebre un paio di volte. «Seeeeh, ci cresce il vino su Alfa Centauri.» Concluse.

Ma la televisione non aveva finito.

Piiiiiiii. “Ehm, prova, prova... Come funziona questa cosa? O Cielo, è la prima volta che lo faccio. C’è nessuno? Demone Crowley?”

Il televisore parlava. E con l’accento di un macchiettistico poliziotto inglese.

Crowley guardò la bottiglia che teneva in mano, poi la televisione, poi di nuovo la bottiglia. Forse era lì che era finito il laudano. Nel dubbio, bevve un altro sorso.

“Mi sente?” Continuò la televisione. “Perbacco, devo aver sbagliato qualcosa.”

“Allora?” Si domandò la televisione cambiando voce.

Crowley si chiese se fosse il caso di tornare sobrio. «Naaaaaaah.»

“Sento qualcuno! Demone Crowley, sono Muriel, mi riceve?”

Il demone ruttò.

“Deve essere lui.”

Crowley decise di cambiare stanza. Prese un’altra bottiglia di vino, perché una per mano era meglio che una e basta, e si trasferì in camera propria, buttandosi di pancia sul grosso letto matrimoniale.

Peccato che anche lì ci fosse un televisore e anche quello iniziò a parlare.“Demone Crowley, so che mi aveva chiesto – con non troppa cortesia, mi permetterà di dire –  di lasciarla in pace, ma è davvero molto urgente e non sapevo chi altri chiamare e quindi…”

Crowley soffocò un grido frustrato in un cuscino. «Cosa deve fare un demone per ubriacarsi in pace?» E tutto il vino che aveva bevuto tornò lentamente da dov’era venuto. «Ascoltami bene, Muriel, perché non te lo ripeto più. Non hai bisogno di un travestimento da parrucchiere per parlare con la gente; se non paghi le bollette ti tolgono la luce e l’acqua; i fiammiferi sono nel secondo cassetto a destra della credenza nell’ingresso.» Biascicò mettendosi seduto. «E perché ora non usi il telefono?»

“Avevo paura che fosse tracciato”.

«Tracciato? Ma che- Muriel, quante serie TV poliziesche hai guardato? Non devi usare i tuoi miracoli per chiamare me

“I servizi segreti americani hanno orecchie ovunque” fece l’altra voce familiare dall’altro capo del televisore. 

«Anatema Device. Quale piacere.» Sbottò il demone, un po’ sorpreso, un po’ indifferente. Aveva iniziato a connettere un paio di puntini e le conclusioni a cui stava arrivando gli facevano venire voglia di ubriacarsi di nuovo. O di trasferirsi su Alfa Centauri. «Cosa ci fai alla libreria?»

“Non lo so, speravo me lo dicessi tu, Crowley. L’altro giorno ho trovato un foglio nella cesta dei panni sporchi e visto che il caso non esiste, quel foglio conteneva una profezia di Agnes.”

«Tsk.» Ti pareva. «Non erano finite con l’Armageddon le profezie? E tu non avevi un figlio o qualcosa del genere a cui badare?» Come Crowley facesse a sapere che lei e quel tecnico incapace avessero avuto un figlio era un segreto suo e della Bentley.

“Agnes ci aveva fatto recapitare altre profezie, ma io e Newt le abbiamo bruciate. Non tutte, a quanto pare. E Benedict è a casa con suo padre, grazie dell’interessamento.” Rispose spiccia Anatema. “Quindi, cosa sai della Seconda Venuta?” 
 

 
 
[1] Da qui la sua passione per fermarsi al bar più volte a settimana, tra le 17 e le 23, quando il grafico indicante questo tipo di esclamazioni per minuto raggiungeva il suo picco. Il tutto era ancor più divertente se per caso fuori dal bar c’era parcheggiata una Panda verde del ’99.
[2] Crowley lo conosceva. Lo aveva incontrato verso il 1312 in un bar a Verona. Non doveva essere un buon momento, perché appena aveva osato parlare di politica, quello si era alzato ed era corso via sbraitando qualcosa come “non donna di province, ma di bordello!”. Il demone non l’aveva più rivisto.
   
 
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