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Autore: Severa Crouch    17/12/2023    1 recensioni
Prima della guerra, erano solo studenti della prestigiosa scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, una seconda casa per tutti loro.
L’inizio dell’anno scolastico 1974-1975 si apre con una minaccia: strani e pericolosi incidenti capitano agli studenti che si avventurano per i corridoi da soli. La preoccupazione inizia a crescere fino ad alimentare le voci su una possibile chiusura della scuola.
I fratelli Black, Sirius e Regulus, Robert Turner e i loro amici inizieranno a indagare su questo mistero, dimostrando che le Case di Hogwarts, a dispetto delle diverse vedute, possono unirsi quando c’è in gioco la sopravvivenza della scuola. Nel mezzo, l’amicizia, gli amori, le lezioni e il Quidditch.
Questa storia partecipa alla challenge “Gruppo di scrittura!” indetta da me sul forum “Writing Games - Ferisce più la penna” - aggiornamenti ogni 15 del mese.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo 11 - Ritorno a Hogwarts

 

King’s Cross, 1 novembre 1974

 

Robert camminava avanti al resto della famiglia approfittando della fretta dei suoi genitori nel ritornare al San Mungo. Benché lui e Alexandra avessero giurato che avrebbe potuti accompagnarli l’elfa Tocky e nulla sarebbe accaduto, ché loro sarebbero stati impeccabili. 

Darlene aveva sollevato un sopracciglio, segno del suo scetticismo e della diffidenza nei confronti dei figli. Inoltre, aveva aggiunto che “non esiste che i Turner vengano mandati in mezzo ai Babbani con la sola sorveglianza di un elfa domestica”, aveva continuando domandandosi “che razza di figura avrebbero fatto con gli altri genitori,” anche se tutti loro sapevano che il reale motivo di quel controllo risiedeva in quanto era accaduto la sera prima a Grimmauld Place. Robert ancora ripensava al momento in cui si era avventato su Mulciber, quel ghigno odioso di Jago si era tramutata in un’espressione di sorpresa e poi di paura quando era riuscito ad assestargli un colpo. Sirius gli aveva dato manforte, non lo aveva abbandonato in quel momento e Robert si domandava come stesse; sicuramente Walburga doveva averlo strigliato per bene una volta finita la festa. Dopotutto, anche lui si era dovuto sorbire una ramanzina da parte dei suoi genitori, ma ne era valsa la pena. 

Il papà camminava dietro di loro, stringeva la mano di Alexandra che cercava di non saltellare e dare a vedere quanto fosse felice di poter tornare nuovamente a Hogwarts. Dal modo in cui si guardava intorno impaziente, Robert poteva giurare che sua sorella stesse cercando i suoi amici. 

“Prima di andare, ho bisogno che tu faccia una cosa.” La mamma arpionò il suo braccio e iniziò a trascinarlo lungo la banchina del treno. Robert impiegò qualche istante prima di capire quale fosse la direzione di sua madre, lo capì quando sentì gridare: “Aline! Lenora!”

Le madri di Desmond e Jago erano lì, davanti a lui, strette nei loro mantelli di lana, con indosso dei cappelli da strega tradizionali e l’aria ancora oltraggiata. Dietro di loro, quei due idioti dei figli. 

“Robert desidera scusarsi ancora una volta con voi,” disse spingendolo in avanti. Dal modo in cui gli arpionava le spalle, Robert comprese che si trovava di fronte a un ordine. Ovviamente, non aveva alcuna intenzione di scusarsi, proprio come non aveva avuto nessuna intenzione di farlo la sera prima. Ciononostante, simulò un inchino e si esercitò nelle scuse meno sentite e più false della sua vita. “Ancora una volta, le mie più sentite scuse per il modo in cui la situazione è trascesa la sera prima.” In effetti, poteva dire che fosse sinceramente dispiaciuto per l’accaduto della sera prima, per non essere riuscito a rompere il naso di Jago che adesso lo osservava con un ghigno divertito e l’aria di chi si sarebbe vendicato una volta arrivato a Hogwarts.

“Grazie Robert, speriamo che non capiti più,” disse Lady Lenora Mulciber. “Darlene, apprezzo molto il tuo intervento, mi ha sorpreso che fosse proprio tuo figlio a lasciarsi andare.”

“Contro il povero Desmond, poi!” aggiunse lady Avery, “Il ragazzo si è appena ristabilito.” Robert alzò gli occhi al cielo e si impedì di mimare l’espressione nauseata che provava. Desmond Avery stava benissimo, eppure davanti alla madre continuava a recitare la parte del ragazzino convalescente. 

“Sei sicura che il figlio di Walburga non eserciti una brutta influenza sul tuo ragazzo?”

“Insomma, sappiamo che da quando è entrato a Hogwarts ha collezionato una quantità imbarazzante di punizioni, adesso istiga un ragazzo posato come Robert ad aggredire i nostri figli… Forse a Walburga sta sfuggendo di mano la situazione, dovrebbe usare il polso duro con il ragazzo.”

“Non posso rispondere per Walburga, ma come hai riconosciuto anche tu, Robert è un ragazzo posato ed educato. Vorrei che con queste scuse ci lasciassimo questo increscioso incidente da parte.”

“Sì, certo, scuse accettate, Darlene.” Le due signore spinsero i figli avanti a loro e Robert fu costretto a vedere il modo, altrettanto falso, con cui finsero di accettare le sue scuse. Solo dopo quella patetica pantomima, sua madre gli permise di salire sul treno. Per colpa di quei due idioti di Avery e Mulciber, Robert era rimasto da solo e senza baule e gufo. 

Aprì uno scompartimento e trovò sua sorella in compagnia di Barty e di altri compagni di classe: Ezra Travers, Elizabeth Nott, Aldous Yaxley e Irma Parkinson. “Il tuo baule è qui,” gli disse sua sorella indicando il portabagagli in cui, oltre i bauli pieni di adesivi di Serpeverde, spiccava il suo baule da Corvonero. Accanto, c’era la gabbia con il suo bellissimo gufo Robert eseguì un incantesimo di Levitazione e fece arrivare il suo baule al suo fianco. “Lo porto con me, dopo dovrò indossare l’uniforme, porto anche Nunki,” disse sistemando la gabbia del gufo sopra il baule.

Dovette superare un intero vagone prima di aprire la porta e sentire, finalmente, la voce di Xeno urlare: “Tutto occupato!”

Robert sorrise nel rivedere il suo amico: “Xeno!” Di fronte a lui, Giles Ollivander aveva alzato la testa dal libro che stava divorando. “Rob!” 

“Giles!” Robert entrò nello scompartimento. “Davvero è tutto occupato?” domandò perplesso.

“Nah, è solo un modo di Xeno per tenere lo scompartimento solo per noi,” disse Giles. “Naturalmente c’è posto per te!”

“Fantastico!” Sistemò la gabbia di Nunki, il baule nel portabagagli e prese posto accanto a Giles, in modo da poter guardare Xeno. “Allora, come sono andate queste settimane a casa?”

“Ho delle novità,” annunciò Xeno. “Sono convinto che ci siano delle creature magiche che confondono la mente delle persone nella Foresta Proibita.”

“Come fai a dire che non sia un incantesimo di protezione.”

“Perché non funzionano gli incantesimi difensivi né controincantesimi. Non c’è tecnica di difesa dalla confusione che si crea in testa e non può essere altro che una creatura magica.”

“Non credo che esistano creature magiche in grado di confondere in questo modo.”

“Solo perché non sono state scoperte, non vuol dire che non esistano, Rob. Hai idea di quante creature magiche non si conoscevano prima che Newt Scamander le classificasse nel suo manuale?”

“D’accordo, diciamo che sono aperto ad ammettere la possibilità che esista una creatura che confonde la mente. Perché lo fa?”

“Per paura di essere trovata, perché rischia di essere una preda facile. Una creatura così spaventata deve essere piccola e invisibile.”

“Come il Demiguise.”

“Il Demiguise si mimetizza, queste creature sono sempre invisibili, non è possibile vederle, ma si possono percepire. Il loro effetto è quello di stordire la mente.”

“Beh, sarà molto difficile riuscire a convincere la comunità di magi-zoologi,” osservò. C’erano mille domande che gli balzavano in mente, gli piaceva il modo in cui Xeno lo faceva sentire, come alimentasse la sua curiosità, al pari di Giles che era immerso nella lettura di un libro sui nuclei di bacchetta che aveva preso a casa.

“Hai elaborato un piano per vincere l’effetto di queste creature magiche?” domandò Robert. “Insomma, per riuscire a orientarci nella Foresta Proibita e raggiungere i Centauri.” 

“Quanto mi sei mancato, Rob! Ecco la domanda che attendevo da Gil, fin da quando siamo saliti sul treno.”

“Lo sai che puoi parlare anche senza che io ti faccia le domande, vero? Questa cosa che bisogna estrarti le parole di bocca è sciocca,” borbottò Giles. Xeno ignorò l’amico ed estrasse l’ennesima versione della mappa della Foresta proibita. Era un rotolo di pergamena notevole, su cui era stata tracciata la presenza del castello in un angolino in basso a sinistra, in alto a destra erano disegnate le casette di Hogsmeade, a sinistra si intravedeva la riva del Lago Nero, mentre tutto il resto del foglio era dedicato all’enorme foresta. Il lavoro che era stato fatto era piuttosto notevole: c’erano tutti i sentieri e i loro cambiamenti, le biforcazioni iniziali e quelle successive. Xeno aveva segnato tutto con inchiostri di colori diversi che si sovrapponevano disegnando una mappa piuttosto intricata. Giles si passò una mano tra i capelli castano chiari sempre più spettinati: “Gli incantesimi difensivi della foresta sono piuttosto evoluti.” 

“Sì, ma la buona notizia,” disse Xeno, “è che abbiamo sempre incontrato Fiorenzo sempre in questa zona.” Puntò la bacchetta in un luogo relativamente semplice da raggiungere. Robert domandò: “A questo punto, perché non entriamo nella Foresta dalle serre di Erbologia, invece che dal solito passaggio?”

“Le serre sono più sorvegliate del tragitto per il campo di Quidditch, ma possiamo fare un tentativo. Adesso, Hagrid pattuglierà l’altro tragitto, lasciando questo percorso a nostra disposizione.”

 

***

 

Sirius era stato costretto a viaggiare con Regulus e i suoi stupidi amici Serpeverde sotto il controllo di sua cugina Narcissa e di Lucius Malfoy. Aveva affrontato quel momento stoicamente, cercando di trattenere tutto il fastidio per quei discorsi noiosi e ripetendosi che molto presto sarebbe stato con gli altri nella sala comune di Grifondoro. 

Così, non appena aveva intravisto la chioma spettinata di James in compagnia di Remus e Peter, Sirius si era defilato dalla presa della cugina e aveva raggiunto i suoi amici. Alle sue spalle, Narcissa lo aveva richiamato, ma Lucius le aveva detto di lasciarlo andare, che il loro compito era finito. Probabilmente, quella frase era stata la cosa più intelligente che avesse detto Malfoy nella sua intera vita.

“Sirius!” l’esclamazione di James e il suo sorriso lo portarono a corrergli incontro. “Temevamo ti avessero lasciato a Londra!” 

“Lascia stare, ci è mancato poco,” ridacchiò mentre si univa ai Grifondoro e faceva il suo ingresso nella Sala Grande. Era così bello ascoltare Peter che gli raccontava tutto quello che si era perso nel viaggio. Si lasciò cadere sulla panca di legno con la sensazione di essere tornato finalmente al posto a cui apparteneva, quella scuola che, sempre di più, lo faceva sentire a casa. Persino il soffitto incantato sopra di sé con la volta piena di candele fluttuanti sembrava dargli il bentornato. 

“Black, come stai? Ti hanno lasciato tornare a scuola?” Malene aveva preso posto di fronte a lui e suscitato una serie di sguardi sorpresi da parte dei Grifondoro presenti. Quella pettegola aveva avuto appena la conferma che non avesse ancora raccontato nulla della sera precedente. Era così felice da volersi togliere di torno tutta la negatività che respirava a casa. “Non sanno niente?” domandò sorpresa.

“No, aspettavo di essere in sala comune per raccontare di quando ho perso le staffe e ho dato un pugno a Mulciber.”

“Cosa?” Remus saltò sulla panca di legno. 

“Sono certo che se l’è meritato,” disse James. “Dopo tutto, chi non sogna di dare una lezione a Mulciber?” Alzarono lo sguardo verso il tavolo di Serpeverde e Sirius sospirò nel vedere Regulus sedere vicino a quell’idiota e pendere dalle sue labbra. 

“Sì, dobbiamo dire però che non è partito tutto da Sirius, ma da Robert Turner…” aggiunse Marlene mentre si voltava con Lily Evans e Mary MacDonald verso il tavolo di Corvonero. “Ah, eccolo tornato con i suoi amici, anche lui è sopravvissuto.”

“Dovete capirmi,” disse Sirius, “ho fatto di tutto per trattenermi dal dare un pugno a Mulciber e sorvolare su ogni idiozia, ma quando ha iniziato ad accusare Robert e lui ha perso la pazienza, beh, non potevo rimanere a guardare.”

“Direi che hai fatto bene,” disse James. “Al tuo posto, probabilmente, io non avrei resistito nemmeno un istante.”

“Com’è stato?” domandò Peter, “Dare un pugno a Jago, intendo.”

“Estremamente soddisfacente, ma ho dato anche una bella gomitata ad Avery.”

“Stasera festeggiamo Sirius Black,” annunciò James allungando un braccio intorno alla sua spalla, “come un prode eroe, degno discepolo di Godric Grifondoro, ha dimostrato di saper scendere in battaglia senza paura!” L’ultima parola di James risuonò nella Sala Grande, improvvisamente diventata silenziosa. In piedi davanti al leggio, il preside Albus Silente era pronto per iniziare il suo discorso. Il preside era un mago sempre allegro, con due occhi azzurri penetranti e vispi. Sirius non sapeva se fosse la sua fama a renderlo autorevole, la consapevolezza che era il più forte mago vivente o se fosse la forza della sua magia ad essere percepita da tutti loro. Eppure, per quanto in molti temessero Albus Silente, soprattutto negli ambienti Purosangue che frequentava la sua famiglia, gli studenti lo rispettavano e il silenzio che calò nella Sala Grande era un misto di rispetto e di curiosità. Ciascuno di loro voleva sapere cosa era accaduto a scuola in quelle settimane.

“Bentornati a Hogwarts a ciascuno di voi. Nelle settimane passate, io e tutti i docenti abbiamo controllato ogni centimetro della scuola e possiamo dirvi che non esiste alcuna minaccia. Qualunque cosa sia che ha causato quegli incidenti, con ogni probabilità non esiste più. Se però dovesse essere qualcosa che appartiene a qualche studente, sappiate che la mia porta è sempre aperta. Venite e troveremo una soluzione per gestire in sicurezza ogni questione.”

Remus, seduto accanto a Sirius, sembrò farsi piccolo nel sentire quelle parole. “Lo sai che non si riferisce a te,” sussurrò all’amico.

“Ti sbagli, si riferisce proprio a me. Sta dicendo proprio questo, che se è in grado di gestire il mio problema, beh, può gestirne altri.” Non sapeva come ribattere all’osservazione di Remus, probabilmente aveva ragione. “Ne parliamo in dormitorio,” tagliò corto James. Aveva ragione, le ragazze erano troppo vicine e avrebbero potuto ascoltare i loro discorsi e intuire che Remus avesse un segreto.

La comparsa dei piatti calamitò le attenzioni di tutti loro che, finalmente, poterono rimpinzarsi di prelibatezze fino a sentirsi completamente sazi. Ogni discorso venne sospeso per tutta la durata della cena. Era come se i piatti fossero più buoni di ogni altro banchetto precedente e che nessuno non riuscisse a parlare di altro che della bontà delle preparazioni comparse sulla tavola. 

Solo nel dormitorio, dopo aver salutato le ragazze, Sirius restituì il Mantello dell’Invisibilità a James e distribuì i fumetti che aveva acquistato a Londra per Remus e Peter. Dal baule di Remus emerse un piccolo giradischi: “È di mia madre e mio padre lo ha incantato con la magia perché possa funzionare anche a scuola.”

“Meraviglioso!” Sirius rovistò all’interno del baule ed estrasse i vinili che aveva acquistato a Carnaby Street. Al tempo stesso, James distribuì alcune bottiglie di Burrobirra e dei dolcetti che aveva preparato sua mamma. Fu una vera e propria festa in cui si ritrovarono tutti loro.

“Grazie ancora, James,” disse Sirius mentre gustava il sapore dolce della Burrobirra, “mi hai salvato la vita.” Tirò fuori una rivista e la mostrò a Peter che scoppiò a ridere. “Sirius, ma questa non è una rivista di moto…”

“Come no?”

“No, le Babbane non vanno in giro sulle moto in questo modo…” un sorriso malizioso comparve sul volto di Peter. “Mio papà ha un sacco di riviste di questo tipo nascoste in cantina. Quando torniamo a Natale, provo a prendertene qualcuna.” 

“Ma a me non interessano le ragazze, a me interessano le moto.”

“Beh…” il commento di Remus attirò l’attenzione di tutti loro. Si voltarono di scatto e lo videro diventare rosso. “Insomma, ha un fascino… notevole,” balbettò imbarazzato. James scoppiò a ridere. “Già… un fascino…”

“Te lo presto,” disse Sirius. “Incanta le tende del baldacchino, però, non vogliamo sentire niente! E prometti di non sporcarlo!”

“Sirius!” Remus protestò completamente rosso. 

“Che succede?” L’ingresso di Tiberius McLaggen li interruppe. Il loro compagno di dormitorio si avvicinò alla rivista e iniziò a sfogliarla con interesse. Li osservò uno per uno e domandò: “Qualcuno vuole leggerla?” 

“No,” si affrettò a dire Remus. 

“Posso prenderla?”

“Solo se insonorizzi le tende e prometti di non rovinarla,” disse Sirius.

“Affare fatto.” Il sorriso che comparve sul volto di McLaggen fece scoppiare a ridere tutti loro. Lentamente, ognuno di loro iniziò a prepararsi per la notte e ritirarsi nel proprio baldacchino chiudendo le tende. Al buio, Sirius si ritrovò a pensare a Regulus e al clima che circondava suo fratello, lo immaginò nella sala comune, alle prese con i discorsi di Avery e Mulciber, con la propaganda di Malfoy e le conferme di Narcissa, senza nessuno che alzasse un sopracciglio per smentire o mettere in dubbio tutte quelle sciocchezze. 

La tenda del suo baldacchino si aprì e la chioma disordinata di James fece capolino. “Sei sveglio?” Sirius si spostò nel materasso per far posto all’amico. “Come sono stati questi giorni a casa?”

“Complessi,” sospirò. “Ho passato tutto il tempo con Robert, siamo riusciti a fare qualche giro, ma i discorsi che si fanno in casa mi piacciono sempre meno.” Sirius si lasciò andare contro il cuscino. “A volte ho la sensazione di non avere scampo…”

“Beh, ma tuo zio Alphard ha fatto un suo percorso, no? Puoi essere come lui…” James provava sempre a consolarlo, a cercare il buono in ogni situazione. “Non è detto che tu diventerai come vogliono loro, e nemmeno Regulus.”

“Lo spero…” Il ricordo delle settimane passate con suo fratello gli strappò un sorriso. “Sai che il mio comportamento irreprensibile a casa lo ha infastidito?”

“Era geloso?”

“No, diffidente, diceva che stavo ingannando tutti e voleva scoprire il motivo…” Lo stomaco di Sirius si strinse leggermente per il rimorso. “Io e Robert abbiamo fatto qualcosa di… ehm… non proprio corretto. Sono questi momenti in cui mi domando se non diventerò come loro.” James non disse nulla, si limitò a guardarlo in quel modo che, benché Sirius non riuscisse a vedere, si sentiva addosso. “La sorella di Robert ha scoperto il Mantello, ha scoperto che io e Rob uscivamo di nascosto e l’ho maledetta, le ho impedito di raccontare cosa avesse visto.” Un momento di silenzio carico di rimorso. “Avrei fatto qualsiasi cosa perché non raccontasse a mia madre del Mantello,” disse. “Mi fa paura questo aspetto, mi fa sentire come la mia famiglia, e non mi piace.”

“Non sei come loro, Sirius, io ti conosco. Volevi difendere il Mantello, la nostra possibilità di aiutare Remus, la nostra amicizia. Non sei come loro, non fai del male solo per sentirti superiore. Questo fa tutta la differenza di questo mondo.”

“Grazie, James.”

“Ma ti pare? Mi sei mancato. Più di Lily,” gli disse mentre si stendeva completamente sotto le coperte. Sirius lo seguì. “Anche tu.”

 

***

 

“Non mi ha salutato,” sospirò Regulus. “Abbiamo fatto il viaggio insieme e non ha speso una sola parola, dopo tutti questi i giorni, per salutarmi, è corso dai suoi amici.”

“Sirius è solo un idiota.” Alexandra era seduta al suo fianco, la sola persona che potesse capire come si sentisse. Nemmeno Narcissa era in grado di confortarlo come lei. “Robert nemmeno ha voluto viaggiare con me. Non mi ha nemmeno ringraziata per avergli portato il baule sul treno insieme al suo stupido gufo. La prossima volta li lascio sulla banchina.” Aveva incrociato le braccia e messo il suo broncio indispettito. “Robert è altrettanto idiota,” convenne Regulus, strappando un sorriso alla sua amica. 

Seduto sul divano accanto ad Alexandra, Barty commentò: “Quasi quasi sono felice di non avere fratelli e sorelle…” Era intento a scegliere una Tuttigusti + 1 dalla sua confezione. “Speriamo che sia limone…” L’espressione delusa che ne seguì, confermò che il gusto era diverso. “Cera, suppongo che potesse andarmi peggio…” La confezione finì tra le mani di Alexandra che ne pescò una con gli occhi chiusi. “Uh! Lampone!” 

“La solita fortunata!”

“Ma se sono perseguitata dal gusto caccola! Finalmente una gelatina mangiabile! Pensavo che avessero abolito tutti i gusti buoni!” Alexandra passò la confezione a Regulus che si limitò a posarla sul tavolino accanto al divano. Non si sentiva particolarmente fortunato, era certo che gli sarebbe toccata in sorte la gelatina al gusto più disgustoso di tutti quelli presenti, il gusto Superschifo; quindi, preferì soprassedere. Bisognava essere dell’umore giusto per divertirsi con le Tuttigusti + 1.

“Mi siete mancati, ve lo devo confessare,” disse Barty. “Stare a casa da solo non è per niente divertente. Avrei preferito finire in pasto al mostro invece di tornare a casa.” Li osservò incerto: “Secondo voi, la minaccia è davvero cessata?”

Regulus scosse la testa: “No, è evidente che questa chiusura era un contentino per i genitori. Il preside ha detto che non hanno trovato nessuna minaccia nella scuola.”

“Credete che sia vero quello che ha detto Mulciber? Che la minaccia l’ha portata uno studente?” Alexandra aveva dato voce alla domanda che tutti loro si stavano ponendo. “Spero proprio di no… Spero che nessuno voglia la chiusura della scuola.”

Rimasero per qualche istante a godersi il crepitio del fuoco nel camino della sala comune. Gran parte degli studenti si erano ritirati nei dormitori, stanchi dal viaggio, il chiacchiericcio che di solito riempiva le volte basse di pietra della sala comune era scomparso. “Dite che dobbiamo andare a dormire?” domandò Alexandra.

“Sei stanca?” Regulus non voleva separarsi dai suoi amici, non voleva tornare a rimanere da solo, a sentire il russare dei suoi compagni. “No, ma credo che presto diventeremo di troppo.” Seguì la direzione dello sguardo di Alexandra e intravide qualcuno seduto su una poltrona di pelle nera messa in disparte, vicino le ampie vetrate che affacciavano sulle profondità del Lago Nero. Regulus socchiuse gli occhi per osservare meglio, sembravano due studenti. Era un posto in cui le coppiette più grandi si sedevano per pomiciare. 

“Non credevo di piacerti…” La voce sottile di Eloise Rosier rivelò l’identità di uno dei due piccioncini. Conoscendo Eloise, Regulus si disse che il secondo non poteva essere altri che Jago Mulciber. A quanto pare, la sua compagna di scuola era ricambiata. “Ieri alla festa eri bellissima,” le disse. Sentirono un risolino. Barty rivolse loro un’espressione nauseata. “Io mi ritiro, preferisco sentire Travers che russa a questo schifo sdolcinato…”

“Anch’io vad-” 

TUM! TUM! TUM-TUM!

Non finirono la frase che le loro attenzioni vennero prese dai rumori. Dal fondo della sala comune, Eloise e Jago si alzarono immediatamente dalla poltrona, come se qualcosa li avesse punti sul sedere, proprio come avevano fatto loro. Regulus e Alexandra si scambiarono uno sguardo. Il ricordo di Alexandra chiusa nel laboratorio di Grimmauld Place tornò alla mente di Regulus. Fece segnoa  tutti di fare silenzio.

TUM! TUM! TUM-TUM!

Puntò la bacchetta contro il muro e urlò “Bombarda!” un colpo forte partito dalla sua bacchetta fece tremare il muro. Jago lo raggiunse. “Che fai Black, distruggi la scuola?” Regulus continuava ad osservare le pareti della sala comune. Puntò ancora una volta la bacchetta e pronunciò la formula. “C’è qualcosa nelle pareti, è bloccato e vuole uscire!” Perché non si creava nessun buco? Il muro era incantato? “Hai idea che potrebbe essere qualcosa di aggressivo?”

Barty li superò con gli occhi pieni di lacrime: “Io non voglio tornare a casa! Bombarda Maxima!” Il colpo fu potente, preciso e in grado di provocare un buco nel muro. Qualcosa si mosse, videro un occhio e trattennero il fiato. Poco dopo, il buco venne riempito da un uccello dalle piume di un azzurro brillante. Era lungo come un serpente e bellissimo mentre usciva da quella fessura nella parete. Non erano pronti, però, a vederlo ingrandirsi rapidamente fino a occupare l’intera sala comune di Serpeverde. Dietro di loro, Jago Mulciber esclamò: “È un Occamy!”

Eloise e Alexandra corsero fuori dalla sala comune, dirette verso le stanze del professor Lumacorno, le si sentivano gridare per i corridoi, visibilmente eccitate dall’idea di aver risolto il mistero. “Professore! Professore!”

La voce sconcertata di Lumacorno risuonò nel corridoio: “Rosier! Turner! Un po’ di contegno!”

“Un Occamy! Professore, c’è un Occamy in sala comune!” A Regulus veniva da ridere per il modo in cui le due ragazze parlavano in coro. Il professor Lumacorno arrivò trafelato, avvolto nella sua vestaglia di seta viola. “Per tutti i Fondatori, c’è davvero un Occamy in sala comune! Meglio chiudere la porta!” Il direttore di Serpeverde disse: “Venite qui vicino, ragazzi… Mulciber, rimani fermo… io avviso il preside.” Il professor Lumacorno camminò con la schiena contro la parete senza perdere di vista i suoi studenti e la creatura magica, arrivò fino al camino e infilò il volto dentro le fiamme: “Albus, cortesemente, vieni in sala comune di Serpeverde, i ragazzi hanno appena trovato il nostro inquilino!” 

Quando si sollevò dal camino, Regulus e Barty cercarono di non scoppiare a ridere in faccia al professore nel vedere il volto pieno di fuligine. Per fortuna, il direttore si ricompose con un gesto della bacchetta. Sicuramente non voleva farsi trovare in disordine dal preside. Attesero qualche minuto, mentre Regulus contemplava la bellezza di quella creatura. “Gli Occamy sono animali molto rari,” disse Mulciber, “hanno un corpo lungo come quello di un serpente, ma sono piumati. Sono famosi per essere Aggiustaspaziosi, ovvero possono adattare le loro dimensioni all’ambiente circostante e adattarsi ad ambienti molto piccoli o molto grandi. Una volta l’anno depongono delle uova di argento purissimo e per questo motivo sono cacciati dai collezionisti. La ricerca delle uova di Occamy ha messo a rischio di estinzione queste creature.”

“Noto che il professor Kettleburn ha fatto un ottimo lavoro con lei, signor Mulciber, dieci punti a Serpeverde per la completezza della risposta.” La porta della sala comune si aprì rivelando il Preside in compagnia della professoressa McGranitt, del professor Vitious e del professor Kettleburn che si illuminò non appena lo vide. “Ma che splendida creatura!”

Regulus osservò il professor Kettleburn mostrare un topolino all’Occamy, lo inserì in una scatola di legno lasciando aperto il coperchio. “Ecco, avrai fame,” disse mostrando la scatola. Non appena l’Occamy si sollevò in un volo spettacolare, Regulus spalancò la bocca incantato da tanta meraviglia. A dispetto delle volte basse della sala comune, la capacità di muoversi nello spazio adattando la propria forma era qualcosa di incantevole. La creatura magica si tuffò nella scatola di legno che teneva il professor Kettleburn, allo stesso modo in cui Regulus si tuffava in estate nel laghetto vicino la villa di zia Druella. Tutti loro erano rimasti ammirati dalla bellezza di quella creatura. Appena entrò del tutto, il professor Kettleburn chiuse la scatola di legno. “Ottimo lavoro, ragazzi,” disse, “credo che Serpeverde abbia guadagnato dei punti questa sera!”

“Per aver risolto brillantemente il mistero dei rumori, assegno a ciascuno di voi venti punti,” disse il preside, “e altri trenta per aver chiamato i professori e non aver provato a vedervela da sola con una creatura pericolosa che chiede l’intevento di un mago esperto!”

“Sono cinquanta punti a testa,” esclamò Mulciber sorpreso. “Proprio così, signor Mulciber.” Regulus non riusciva a credere alle proprie orecchie: Serpeverde aveva appena consolidato la propria posizione al vertice della classifica per la Coppa delle Case. “Molto bene,” disse Lumacorno che si avvicinò alla professoressa McGranitt che stava osservando l’apertura nella parete.

“Chi ha assestato un colpo così preciso?” 

Barty alzò la mano. “Notevole, Crouch, hai un grande talento con gli incantesimi. Da grande potrai iscriverti al Club dei Duellanti, è raro che un ragazzino del primo anno sia in grado di assestare colpi così precisi” disse. “Ora, però, è il caso di risistemare questo buco.”

“Aspetta, Minerva, aspetta un attimo.” Il professor Lumacorno si avvicinò al buco e osservò al suo interno facendosi luce con la bacchetta. “Forse dovremo verificare che non ci siano altri Occamy o che non abbia deposto le uova…”

A Regulus non sfuggì il modo in cui la professoressa McGranitt alzò gli occhi al cielo né lo sguardo che si scambiò con il professor Kettleburn. “Non preoccuparti, Horace, non c’è questo pericolo, era un esemplare maschile di Occamy piuttosto in là con l’età. Non era in grado di depositare uova.” Il professor Lumacorno sembrava deluso da quella notizia, si allontanò dalla fessura e la professoressa McGranitt non esitò a ripristinare la parete con un Reparo prima di spedire tutti loro nei rispettivi dormitori. L’indomani, l’intera scuola avrebbe saputo della loro impresa.


 
   
 
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