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Autore: Lilium125    18/12/2023    0 recensioni
E' la primissima volta che pubblico qualcosa di originale che non sia una poesia, ho molto timore di espormi da questo punto di vista, ma mi sono detta che è arrivato il momento di tentare...
Dal testo: “Dove credi di andare? Torna giù! Ti farò arrestare, razza di criminale!” urlò Jadeson,
scattando in avanti e riuscendo ad afferrare la caviglia della più giovane, che diede uno
strattone e riuscì a liberarsi, facendo un balzo. Si aggrappò ad una finestra e da lì saltò
ancora più in alto, con un’agilità che Callaghan non aveva mai visto, arrivando al tetto
dell’edificio.
La criminale rise di nuovo e il vento le scompigliò i capelli e fece svolazzare i vestiti.
“E per cosa esattamente?”.
Genere: Avventura, Dark, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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Atto I

Capitolo 1
 
Se la vita è fatta di cicli banali 
Se tutto si ripete, se tutto è già scritto 
Allora in cosa dovrei credere? 


Il sole stava tramontando, portando con sé tutto il suo calore. 
Il giovane dai capelli neri lo vedeva morire oltre l’immensa distesa d’acqua di fronte a sé, oltre il paesaggio di case, oltre la Torre, dipingendo tutto di rosa e oro. Aveva passato un’altra giornata a studiare, non se n’era neanche accorto. Si stiracchiò e si stropicciò gli occhi stanchi, posando la matita e il taccuino, richiudendo i pesanti libri dalle mille informazioni e chiudendo le tende. In fine, salì sulla stretta scala a chiocciola per andare sul soppalco di quella stanza, su cui c’era il suo letto. La sua stanza era piccola, ma era esattamente come la voleva lui: minimalista ma elegante.
Si raggomitolò sotto le coperte, nascondendo il viso sotto il cuscino per non essere disturbato dalla luce che penetrava rossiccia dalla finestra, sospirando profondamente, soddisfatto per aver concluso un’altra giornata. 
Gli sembrò di aver appena chiuso gli occhi, quando si sentì scuotere una spalla con delicatezza. 
« Milord, è ora di fare colazione ».
Jade aveva sempre odiato quella voce, ma mai come quella mattina. Intontito dal sonno, desiderando soltanto prendere a calci il servo dai capelli castani e ordinatamente acconciati in una stretta coda di cavallo, gli lanciò un’occhiata omicida – a cui il domestico era abituato – da sotto il cuscino, prima di uscire da sotto le coperte e passarsi una mano nei lunghi capelli neri. 
« Sparisci dalla mia vista » biascicò stropicciandosi gli occhi, ma non aveva fatto in tempo a finire la frase che Uriel aveva già sceso la scala a chiocciola, aprendo le finestre per far entrare meglio la luce del sole. Si era messo a rassettare la stanza come se il suo giovane padrone non fosse presente. 
Indispettito, Jadeson scese con un balzo dal soppalco, atterrando agilmente sul pavimento in legno, che cigolò appena sotto il suo peso. 
« Ho detto- ».
« Ho preparato i vestiti per l’occasione speciale, spero siano di tuo gradimento, Milord » continuò a raccogliere le penne e i fogli sparsi sul pavimento, muovendosi senza emettere alcun rumore, come se non avesse peso. Muoveva le sue mani nascoste da guanti bianchi con una delicatezza straordinaria, come se tutto ciò che toccasse fosse fatto di cristallo. 
Era insopportabilmente affascinante, quasi ipnotico da guardare. 
E Jadeson lo odiava. 
Un forte schiocco riempì la stanza, la guancia pallida del domestico si colorò di rosso, la mano del giovane nobile pulsò dolorante.
Jade non si spiegava perché disprezzasse così visceralmente quel servo, ma non riusciva a fidarsi dei suoi occhi grandi e scuri, sempre attenti. Non si fidava del suo atteggiamento servile quando era in sua presenza o in quella di suo padre.
« Non osare mai più interrompermi mentre sto parlando. E adesso vattene ».
I due si scambiarono uno sguardo intenso e, negli occhi dell’altro, Callaghan poté giurare di vedere del rancore per un solo istante, rancore che mutò immediatamente in ubbidienza. 
« Chiedo perdono, Milord. Ti prego di affrettarti per la colazione, tuo padre ti sta aspettando ».
E dopo aver fatto un inchino docile, il servo uscì immediatamente dalla stanza, sempre con il suo passo estremamente silenzioso. 
Jadeson si guardò la mano con cui lo aveva appena colpito, che ancora formicolava, sentendo il senso di colpa mescolarsi alla rabbia che aveva dentro, così afferrò i vestiti stirati di fresco dalla scrivania e si vestì, cercando di non pensare a cosa fosse appena successo. 
Doveva calmarsi, quello era un giorno importante, non voleva fosse rovinato a causa della servitù. 
Fece un bagno rapido, si vestì in abiti neri ed eleganti e legò al colletto della camicia il prezioso nastro rosso simbolo degli aristocratici. Si acconciò i lunghi capelli in una coda bassa e disordinata, incorniciando il bel viso con ciocche ribelli, e finalmente uscì dalla stanza a testa alta. 
Attraversò l’intera casa per giungere all’enorme terrazza, da cui si poteva vedere l’intera isola: Liberty Island, l’immensa piattaforma artificiale galleggiante circondata dall’oceano infinito. 
La meravigliosa vista panoramica, però, fu disturbata dalla presenza di Uriel, che stava in piedi accanto a Richard Callaghan, seduto a capotavola. Il servo aveva la schiena leggermente incurvata in avanti, per ascoltare le direttive del suo padrone, annuendo di tanto in tanto. 
Il giovane non degnò neanche di uno sguardo la propria madre, che sedeva imbambolata dall’altro lato del tavolo; una serva la imboccava con dolcezza, asciugando di tanto in tanto la saliva che le scivolava sul mento. 
« Padre » salutò stizzito Jadeson, prendendo posto accanto all’uomo, che gli rivolse un sorriso frettoloso ma gentile, incoronato da baffi grigi. 
« Ben svegliato, hai dormito bene? Sei pronto per l’esame? » chiese, ma senza attendere la risposta Richard ritornò col proprio sguardo sul suo fedele governante, che gli stava porgendo dei fogli. 
Jadeson si rialzò, senza aver toccato alcuna delle prelibatezze esibite sul tavolo, cercando con tutto se stesso di contenere la rabbia che lo stava facendo bruciare.
« Ripensandoci, forse è meglio se vado a prepararmi, sono già in ritardo » pronunciò nervoso. 
Richard gli rivolse un altro dei suoi sorrisi sbrigativi, annuendo in segno di aver capito, prima di tornare a programmare la propria giornata col suo maggiordomo. Nessuno dei due guardò il giovane allontanarsi, nessuno dei due si preoccupò del fatto che Jadeson non fosse affatto in ritardo, solo la madre emise un verso indistinto,
gutturale, non è dato sapere se fosse rivolto al figlio – se mai l’avesse riconosciuto – o alla propria serva. 
Quando il sole gli baciò il viso, fu come ricevere una carezza dopo tanto tempo. Aveva quasi dimenticato la sensazione di pizzicore e calore sulla propria pelle d’alabastro. La famiglia Callaghan disponeva della ricchezza e della fama necessarie per vivere nell’imponente Palazzo di Liberty, di conseguenza Jadeson non amava particolarmente uscire. 
Nel Palazzo, infatti, dimoravano le famiglie più ricche e importanti dell’intera isola, per non menzionare il fatto che tutti gli uffici fondamentali fossero al suo interno; la centrale di polizia, il tribunale, la scuola, l’ospedale, per citarne solo alcuni. Il giovane studioso, perciò, non aveva mai avuto bisogno di uscire al di fuori da quelle mura, che lo proteggevano e in cui non doveva mescolarsi con la plebe, che viveva nel villaggio. 
Erano rare le volte in cui Jadeson si era avventurato fuori, ma senza mai allontanarsi troppo, perché più ci si allontanava dal Palazzo, più le zone diventavano malfamate.
E il giovane Callaghan non voleva avere nulla a che fare con quella gentaglia, anzi. Avrebbe conseguito la sua laurea, sarebbe diventato avvocato già a ventidue anni e avrebbe ripulito come si deve la città, rendendola un piccolo paradiso. Suo padre sarebbe stato orgoglioso di lui e finalmente gli avrebbe dato le attenzioni che meritava. 
Addolcito dal calore del sole e ricaricato di energie da quei pensieri, decise di rientrare a Palazzo per andare a sostenere l’ultimo esame. 
Purtroppo, però, delle grida attirarono la sua attenzione. 
Avrebbe potuto farsi gli affari suoi, ma la sua ambizione – unita alla sua naturale curiosità – lo fecero voltare verso una scena che in quelle zone altolocate non si vedeva spesso. 
Accanto a lui, sfrecciò una persona. 
Correva così velocemente che a stento riuscì a vederla infilarsi in un vicolo strettissimo tra i piccoli edifici accanto all’imponente Palazzo. Dietro di lui, la fonte delle grida si manifestò, rivelando due poliziotti che correvano in direzione del fuggitivo. Tuttavia, due agenti corsero nella direzione sbagliata, perdendo di vista il criminale. 
Ma Callaghan lo aveva visto. 
E aveva tempo a sufficienza per agire. 
Spinto più dall’istinto che dalla logica, Jadeson corse nel viottolo in cui si era infilata quella persona, di cui era riuscito a malapena a distinguerne il colore scuro dei vestiti. A metà del lungo vicolo scurito dall’ombra del Palazzo, si fermò per guardarsi intorno. Gli occhi non erano ancora abituati a guardare nell’ombra, così che si accorse che qualcuno era alle sue spalle solo quando un tonfo lo fece voltare di scatto.
Da Dio solo sa dove, una ragazza era atterrata dietro Callaghan, che fece istintivamente un passo indietro nel vedersi puntare contro un coltello. 
« Un damerino? » chiese ridacchiando ed abbassando subito quello che in realtà si rivelò essere un pugnale a serramanico, mettendolo in tasca. Riccioli biondi dalla vistosa ricrescita scura sfuggivano ad un velo nero che le copriva il capo, ricadendole sul viso abbronzato e dallo sguardo ribelle. Una cicatrice mal celata da un piercing le tagliava a metà il sopracciglio destro. 
La sua posa, i suoi vestiti, il suo ghigno divertito e fiero, tutto in quella giovane urlava che fosse un animale selvatico impossibile da addomesticare. 
Jadeson fu così colpito che per un attimo rimase senza parole; quella ragazza era certamente più giovane di lui, eppure quegli occhi d’oceano sembravano aver vissuto dieci vite in più. 
Jade si riscosse quando l’altra iniziò ad arrampicarsi come un gatto sul muro del vicolo, da cui sembrava non ci fossero appigli. 
« Dove credi di andare? Torna giù! Ti farò arrestare, razza di criminale! » urlò Jadeson, scattando in avanti e riuscendo ad afferrare la caviglia della più giovane, che diede uno strattone e riuscì a liberarsi, facendo un balzo. Si aggrappò ad una finestra e da lì saltò ancora più in alto, con un’agilità che Callaghan non aveva mai visto, arrivando fino al tetto dell’edificio. 
La criminale rise di nuovo e il vento le scompigliò i capelli e fece svolazzare i vestiti.
« E per cosa esattamente? ».
« Ehi! » la voce di Jadeson si perse nel vicolo, perché a ragazza gli fece l’occhiolino e poi sparì dalla sua vista, saltando via per i tetti delle case e dei negozi, lasciandolo con le labbra socchiuse per l’incredulità e un senso di frustrazione bruciante nel petto. 

 
   
 
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