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Autore: Afaneia    23/12/2023    3 recensioni
[Fanfiction scritta in occasione della Secret Santa Challenge organizzata dal forum Ferisce la Penna, dedicata a CatherineC94.]
In cui Crowley viene invitato a cena per la Vigilia da Aziraphale ed è costretto a fare mente locale su tutto quello che conosce dell'angelo per trovare qualcosa da regalargli.
Quel benedetto angelo non pensa altro che ai libri e ancora ai libri e ormai possiede ogni possibile libro che – no. Un momento.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Breve storia editoriale di un manoscritto d'autore     È la prima volta che scrivo su questo fandom, ma giuro che è per una buona causa: questa storia è il regalo per CatherineC94 nell’ambito dell’iniziativa Secret Santa indetta sul forum Ferisce la Penna.
    Perciò: a CatherineC94, mia destinataria non più segreta, con tutti i miei migliori auguri per questo Natale. Spero che questa sciocchezzuola valga la pena della lettura.
    Buona lettura e buon Natale a tutti – soprattutto a coloro che devono ancora fare qualche regalo!
 
Breve storia editoriale di un manoscritto d'autore
 
«So farewell hope, and with hope farewell fear,
 Farewell remorse: all good to me is lost;
Evil, be thou my good.»
John Milton, Paradise Lost
 
    Non ricorda neppure quando è stato che gliene ha parlato per la prima volta.
    Dev’esser stato verso la fine dell’Ottocento, pressappoco. Erano a Parigi, forse – no, anzi, sicuramente, ora che ci ripensa – e per chissà quale motivo Aziraphale era così eccitato per questo nuovo scrittore emergente che ne ha parlato per ore. Deve averlo anche incontrato una volta, nel salotto di qualche intellettuale, se Crowley ben ricorda. Crowley si trovava in zona per occuparsi di certe questioni connesse all’affaire Dreyfus: forse ne hanno parlato a proposito di quello? Non ne è troppo sicuro, perché la prima volta non gli ha prestato poi tanta attenzione – a sua discolpa, Aziraphale ha avuto una tale quantità di scrittori preferiti, nel corso della storia, che sarebbe stato difficile tener traccia di tutti. La sua ha tutti i tratti di un’ossessione. Per quanto ne sa, Aziraphale è l’unico al mondo a sapere come iniziava e come finiva il Satyricon di Petronio e a esser condannato a non poter mai rivelare come fa a saperlo.
    Di quello scrittore francese Crowley ha poi sentito parlare piuttosto regolarmente per tutto il cinquantennio successivo. Doveva essere una sorta di grafomane, visto che Aziraphale si recava in Francia ogni uno o due anni per acquistare e farsi autografare un volume fresco di tiratura direttamente a Parigi presso l’editore Gallimard, perché a quanto pareva quelli che arrivavano a Londra non erano sufficientemente buoni per lui; a un certo punto Crowley ha perso il conto. Ogni tanto, quando gli è capitato di dover aspettare Aziraphale all’interno della libreria, ha provato a sfogliarne qualcuno per capire cosa quell’angelo ci trovasse di tanto interessante: non l’ha capito. Erano libri noiosissimi. La cosa inaspettata è che parlavano, perlopiù, di strane e contorte relazioni d’amore omosessuale. Quando se n’è accorto Crowley ha riso e gli ha sventolato il libro sotto il naso e lo ha preso in giro dicendo: «Lo sai che il tuo scrittore preferito finirà da noi all’inferno, eh, angelo?» e Aziraphale s’è indispettito e gli ha tolto il libro di mano.
    Lo scrittore è morto verso l’inizio degli anni Cinquanta. Per Aziraphale è stato un colpo terribile, eppure, in fin dei conti, avrebbe dovuto aspettarselo: gli uomini non sono eterni.
    «Sì, lo so» ha risposto in tono malinconico quando Crowley gliel’ha fatto notare. «Ma mi dispiace comunque sapere che non potrò più leggere un suo nuovo libro. Certo, rimangono gli altri, ma… non è lo stesso, capisci?»
    «Già, non è lo stesso. Immagino, immagino» ha convenuto Crowley per non saper che dire, e per qualche decennio non ne hanno parlato più. Del resto, non c’era nulla da dire.
    I viaggi intermittenti di Aziraphale verso la Francia si sono interrotti; l’angelo ha dovuto accontentarsi di continuare a rileggere i libri editi dello scrittore, e questo è stato quanto. Ogni tanto ne parla ancora, però.
    «Sai qual è la cosa peggiore?» gli ha chiesto una volta, di punto in bianco, nei primi anni del Duemila, senza alcun collegamento apparente con qualunque cosa stessero dicendo prima di quel momento.
    «Eh?» ha chiesto Crowley colto alla sprovvista.
    Era evidente che Aziraphale stava seguendo, all’interno della propria mente, un suo logico ragionamento che a Crowley dall’esterno non era dato vedere, ma del quale poteva osservare soltanto gli effetti.
    «La cosa peggiore è che un manoscritto inedito ci sarebbe.»
    A questo punto Crowley ha capito di cosa stavano parlando. «Un manoscritto… dello scrittore, intendi?»
    «Già. Lo custodisce la sua unica nipote ancora in vita.» La voce di Aziraphale aveva il tono sognante di un desiderio inappagato.
    Crowley si è sforzato di trovare qualcosa da dire, quella volta. «E perché non lo pubblica, allora?»
    «Beh, perché… sai com’è. Disposizioni testamentarie e cose del genere. Che avesse iniziato un ultimo romanzo poco prima di morire si vociferava già dagli anni Cinquanta, ma, secondo quello che ha scritto la nipote nella sua recente autobiografia, lo scrittore ha lasciato scritto che tutti i suoi manoscritti superstiti avrebbero dovuto essere distrutti.» Aziraphale si è concesso di sospirare per un momento prima di tornare a dedicarsi a qualsiasi cosa stesse facendo in quel momento. «Oh, beh. Immagino sia giusto così, no? Se era quello che lui voleva, dopotutto… bisogna rispettarlo. Credo che la nipote brucerà il manoscritto prima di morire, o quando reputerà giusto.»
    Sul momento quella conversazione non lo ha colpito particolarmente. Chissà com’è che gli è tornata in mente proprio stasera di tutte le sere, a quasi vent’anni di distanza, si chiede Crowley mentre guida con rabbia per strade che è troppo assorto e nervoso per riconoscere.
    Perché è arrabbiato, invece, lo sa benissimo. Che poi forse non è neppure tanto una cosa per cui ci si dovrebbe arrabbiare, ma tant’è.
    Sta di fatto che Aziraphale gli ha telefonato stasera e gli ha chiesto, col tono vibrante di quella sua eccitazione nervosa di quando sta preparando qualcosa da tipo una vita e non vede l’ora di parlargliene, se ha impegni per la sera della Vigilia.
    La domanda era talmente inaspettata che Crowley si è accigliato all’istante.
    «Che hai in mente, angelo?» ha chiesto senza troppe cerimonie.
    Dal suo tono scostante Aziraphale non s’è minimamente lasciato scoraggiare. «Oh, niente di che. Ho pensato, visto che è il primo Natale da quando abbiamo scongiurato l’Apocalisse, sai com’è, che magari ti andava, per non restare solo…»
    Io sono sempre solo la sera della Vigilia; ma per qualche motivo Crowley sapeva che non era a questo che Aziraphale si stava riferendo. Che con solo intendeva separato da lui.
    «Beh…»
    «Prima che tu dica di no, sappi che ho già pensato a dove ordinare la cena. Hèlène Darroze mi deve un favore – beh, un grosso favore, potremmo quasi dire un miracolo – perciò…»
    Aziraphale ha pronunciato quel nome quasi con lo stesso rispetto col quale avrebbe potuto dire l’Onnipossente, perciò, per il bene del discorso, Crowley ha concordato unilateralmente con se stesso di non chiedere ulteriori delucidazioni. «Va bene, va bene, angelo. Verrò. Il ventiquattro, giusto?»
    Aziraphale ha gongolato al telefono ancora per un po’, perché a quanto pare era troppo soddisfatto del menù per riuscire a tacere del tutto, sebbene dovesse essere una sorpresa; Crowley lo ha lasciato parlare finché non è stato lui a riappendere per andare a occuparsi di qualcosa relativo alle luci o all’albero o a chissà che altro – e solo a quel punto ha realizzato che Aziraphale stava parlando della Vigilia di Natale e che quel maledetto angelo gli avrà senz’altro preso un regalo. Nulla di che, s’intende: uno di quegli stomachevoli pensieri simbolici e raffinati che voglion dire tutto e non valgono niente ma che per lui contano sicuramente tantissimo, e che…
    Per non pensare a tutto questo Crowley ha preso a guidare con rabbia per strade che non hanno fine ripetendo a se stesso: cazzo, cazzo, cazzo, cazzo.
    Avrebbe dovuto dir di no, dice anche, sempre rivolto a se stesso. Per cominciare Aziraphale non avrebbe neppure dovuto invitarlo: chi è che invita un diavolo per la vigilia di Natale?
    Forse, in fin dei conti, non c’è bisogno di portare un regalo, ha aggiunto poi, sempre rivolto a se stesso, nel tentativo di razionalizzare: perché Aziraphale dovrebbe aspettarselo?
    Perché è Aziraphale, lo ha interrotto una vocina proveniente dalla sua mente, e Crowley ha dovuto concordare a malincuore con lei; perché tu vuoi fargliene uno, ha aggiunto la voce, e anche stavolta Crowley ha dovuto darle ragione. Va bene; ma cosa, allora? Quel benedetto angelo non pensa altro che ai libri e ancora ai libri e ormai possiede ogni possibile libro che – no. Un momento.
    È stato allora che gli è tornato in mente lo scrittore francese.
    Perché tecnicamente un libro che Aziraphale desidera ancora leggere da più di settant’anni c’è.
 
    La libreria è oscenamente decorata come in un film di Natale (va bene: forse oscenamente non è la parola giusta. Però è davvero tanto decorata). Quando viene ad aprirgli, Aziraphale è contento e soddisfatto di sé come un bimbo, ma Crowley si sente comunque in dovere di punzecchiarlo un po’, per sdrammatizzare.
    «Tartan, angelo? Credevo che ne avessimo già parlato.»
    Questa sera Aziraphale è talmente di buon umore che nulla potrebbe scalfirlo. «Andiamo, Crowley! Vieni dentro. Accomodati. Vuoi toglierti la giacca? Fai come se fossi a casa… oh, beh. Fai come al solito, comunque.»
    Ora, non è che Crowley intenda star lì tutta la cena, per un infinito numero di portate, a chiedersi se il suo regalo gli piacerà oppure no. Non è tagliato per questo. Perciò, subito dopo aver buttato la giacca su una poltrona, si sfila un giornale arrotolato dalla tasca posteriore dei jeans e glielo porge senza troppi complimenti, dicendo: «Ecco, tieni. Buon Natale, angelo. Così siamo già a posto.»
    Aziraphale rimane interdetto a guardare alternativamente lui e il giornale per un po’. È evidente che qualcosa gli sfugge.
    «Un… giornale, Crowley?»
    «Un giornale francese» specifica Crowley. Glielo porge con più insistenza, perché non è che possano star qui tutta la sera. «L’inserto di cultura, angelo! Dai un’occhiata.»
    «Oh, beh… se è così importante» risponde Aziraphale un po’ perplesso. Inforca gli occhiali con grande compostezza, prende il giornale dalle sue mani e lo apre, quasi con l’aria di doverlo accontentare per forza.
    Un istante dopo, Aziraphale lascia cadere il giornale e lo fissa con aria inorridita.
    «Sei stato tu!» esclama. La sua voce è a metà strada tra l’accusa e l’incredulità.
    «Già» conferma Crowley con una certa soddisfazione, andando a versarsi un bicchiere di vino. Aziraphale non si muove dal punto in cui si trova.
    «Hai… hai… hai tentato la nipote!»
    «Perché accettasse la proposta di Gallimard e pubblicasse il manoscritto» conclude Crowley. A dirlo ad alta voce si sente ancora più soddisfatto di sé. «Già.»
    «Ma… ma le disposizioni testamentarie dello scrittore…» balbetta Aziraphale.
    Crowley si era aspettato un’obiezione di questo tipo. «Beh, angelo, tecnicamente, parlando con quell’adorabile signora, ho scoperto che non c’è mai stato un vero testamento scritto in merito» spiega, facendo ondeggiare il vino nel calice perché prenda un po’ d’aria. «Lo aveva soltanto detto a voce quando era ormai molto anziano. Non è stato difficile convincere la signora che magari suo nonno aveva un po’ di demenza senile quando ha pronunciato queste parole.»
    «Sì, ma…»
    «E poi» aggiunge Crowley ad alta voce per chiudere definitivamente la questione «Non è poi un’azione così cattiva, visto che ho convinto anche la signora a mettere come clausola, nell’accordo con l’editore, che una parte del ricavato andrà a finanziare una borsa di dottorato a tema vincolato su suo nonno alla Sorbona. La ricerca accademica non è una di quelle cose che a voi angeli piacciono tanto?»
    Aziraphale rimane a osservarlo in silenzio per un po’. Non gli viene in mente altro da obiettare, a quanto pare. Raccoglie il giornale e riprende a leggere l’articolo, pensierosamente.
    «L’uscita del libro è prevista per il prossimo febbraio» legge.
    Crowley riprende a occuparsi del suo vino. «Sì. Beh, non si poteva fare altrimenti, purtroppo. I tempi erano troppo stretti per pubblicarlo sotto Natale. Per questo ti ho portato il giornale.»
    «Grazie, Crowley.» La voce di Aziraphale vibra di quella contentezza trattenuta, malcelata, di quando è profondamente tentato da qualcosa che non vuole ammettere nemmeno a se stesso. «È davvero un… beh, grazie. Non so che altro dire.»
    «Potresti spiegarmi chi è questa Hèlène Darroze che ci ha preparato la cena, per esempio» risponde Crowley mettendosi a tavola, e Aziraphale ride nello sciogliersi brusco della tensione.
    Per un attimo Crowley si chiede se dovrebbe dirgli che è riuscito a convincere la nipote dello scrittore anche a cedergli il manoscritto del romanzo, ma poi decide che è meglio di no.
    Almeno ha già il regalo pronto anche per il prossimo Natale.
   
 
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