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Autore: Harry Fine    30/12/2023    1 recensioni
[Sequel di I'm the One]
Runaan Mahariel non ha idea di cosa fare di se stesso. Il Flagello ormai è finito, lui si è lasciato alle spalle i custodi grigi e i mesi trascorsi combattendo la prole oscura, ma gli spettri del suo passato e delle persone che ha perso ancora lo tormentano. Gli resta solo un obiettivo da seguire: trovare Morrigan, la bella strega dai capelli neri con cui ancora condivide un legame.
Coinvolto di nuovo in un avventura per le fredde terre del Ferelden, accompagnato da alleati improbabili, riuscirà a liberarsi del peso che lo opprime e affrontare il futuro, o ne resterà schiacciato definitivamente?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morrigan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una figura ammantata camminava a passo lieve sulla distesa acquitrinosa delle selve Korkari. Le dita dei piedi nudi affondavano nel muschio senza problemi, insensibili al gelo.
Il vento freddo spirava tra le fronde degli alberi sempreverdi, portando il profumo delle piogge. Ormai l’autunno stava lasciando posto all’inverno.
Runaan inspirò con forza i profumi familiari, il pesante cappuccio che cadeva all’indietro per scoprire i lunghi capelli biondo miele, stretti in una coda alta che ne domava le lunghe ciocche selvagge.
Un latrato allegro squarciò l’aria dietro di lui, facendo fremere le due lunghe orecchie a punta, mentre una mabari dal pelo dorato, ornato da singolari macchie scure sul dorso e sul muso, schizzava da una pozza d’acqua all’altra, inseguendo il suo riflesso.

《Sbrigati, Warden. Siamo quasi arrivati!》 Esclamò il giovane elfo dalish, richiamando la sua amica, I grandi occhi verdi come il tatuaggio sul suo viso che tornavano a guardare lì spiazzo poco avanti a loro.
Già poteva scorgere i resti di una modesta casa di legno. Una casa di legno che lui conosceva molto bene, dove un tempo viveva la strega delle leggende, la potentissima e misteriosa Flemeth. La donna dei molti anni, la più potente dea del pantheon del suo popolo, Asha’Bellanar.
La dea che lui stesso aveva ucciso.
Faceva uno strano effetto ripensare a com'era allora, così convinto che i Dalish fossero detentori di tutte le verità, e a quanto fosse cambiato nel giro di pochi mesi. Ma lo era anche tornare nel Ferelden.


Era passato un anno e mezzo da quando la prole oscura e l’Arcidemone, l’antico drago corrotto che li guidava, erano stati sconfitti. Un anno e mezzo da quando Iselen, il giovane mago elfico che si era scoperto amare come un fratello, era morto per fermarlo, compiendo il sacrificio a cui tutti quelli come loro, I custodi grigi, prima o poi venivano chiamati.
Sentì un retrogusto amaro al solo pensarci. Ricordava quella battaglia sulla cima della prigione di Denerim. Aveva impressi nella mente la puzza di zolfo, i ruggiti assordanti, la fatica che lo aveva stravolto e il maledetto sorriso con cui il suo amico era spirato.
Era fuggito via pochi giorni dopo la sua morte, mandando al diavolo i suoi presunti doveri di custode, e aveva passato mesi e mesi a girovagare lungo il margine dei Liberi Confini.
Aveva attraversato monti e foreste a piedi, dormendo in caverne e cacciando animali per mangiare mentre l'estate passava e l'autunno infiammava le foglie per la seconda volta. Quel continuo spostarsi gli avrebbe ricordato la sua vecchia vita col suo clan, con la sua madre adottiva e i suoi vecchi amici se lui non fosse staro in uno stato a dir poco pietoso.
Si era più volte ritrovato ad urlare la sua rabbia e il suo dolore al nulla più assoluto, dandosi dell’idiota per aver lasciato i suoi amici, per non essere morto al posto di Iselen o essere stato in grado di aiutarlo, per poi passare giorni interi in uno stato di apatia totale e la notte prigioniero di incubi ancora peggiori del solito.

Non aveva una meta, un posto dove tornare o dove sentirsi a casa. Non aveva mai voluto far parte dell'ordine dei Custodi grigi, e dopo la morte di Iselen e la fine del Flagello, non aveva avuto più nulla che lo spingesse a rimanere. Aveva voluto mettere quanto più spazio possibile tra sé stesso e la capitale.
Per lungo tempo non aveva saputo che fare di se stesso. La sua mente e il suo corpo sembravano non essere più collegati. Era andato avanti solo perché lasciarsi morire gli sembrava un insulto ad Iselen e a tutti coloro che amava, e chissà forse anche perché era ancora troppo orgoglioso per cadere nell'inedia.
Ma ricacciò indietro quei ricordi. Si era concesso fin troppo tempo per piangere i morti: non era tornato nel Ferelden per riaprire vecchie ferite.


Sentì una lunga lingua ruvida accarezzargli la mano, Warden accanto a lui che lo fissava con i suoi grandi occhi affettuosi, il capo piegato in una domanda.
Le accarezzò il grosso capo peloso per rassicurarla. Non aveva mai davvero capito quanto fosse speciale il rapporto tra Iselen e Persephone, l'attuale regina del Ferelden e sua buona amica, coi loro mabari, Invel e Cerere, fino a quando Warden non lo aveva scelto.
Era tornato nel Ferelden da poche settimane quando era incappato inconsapevolmente in un allevamento colmo di giovani segugi, un luogo caotico e colmo di vita come pochi altri. L'aveva scorta subito grazie alla sua buffa pelliccia pezzata, ad azzuffarsi giocosa insieme a tutti gli altri nel recinto, e si era avvicinato.
Lei lo aveva guardato ed era bastato quello sguardo per capire che lei era una bestia intelligente come poche altre.

Aveva rifiutato quando il custode dell’allevamento gli aveva proposto di portarla con sé, ma la mabari non aveva accettato. Quando si era risvegliato la mattina dopo, l’aveva trovata davanti a lui, la lingua penzoloni su un muso chiaramente compiaciuto, e non era riuscito a farla tornare indietro. Ma era stato contento che per una volta qualcuno fosse stato più cocciuto di lui.
Warden era una presenza vivida, allegra e molto buffa, che lo aveva confortato nelle notti travagliate e gli aveva restituito in parte le sensazioni provate a viaggiare insieme ad Iselen, Persephone e tutti i suoi amici l'anno prima, in quell'assurdo tentativo di fermare il Flagello che era finito per farli entrare tutti nella leggenda!

Gli era rimasta vicina quando si era sentito solo, gli aveva dato calore nelle notti costellate di incubi di fiamme e squame e lo aveva seguito senza paura nelle poche lotte serie che aveva affrontato negli ultimi tempi. In particolare quella con un orso che gli era valsa la nuova cicatrice sul fianco.
Lo aveva aiutato a riprendersi quel tanto che bastava per capire finalmente cosa voleva fare e lo aveva seguito senza esitare un attimo.

Anche per questo le aveva dato il nome Warden: “Custode”, “Colei che protegge”. Un ultimo legame anche con quell'ordine di cui avrebbe suo malgrado fatto parte fino al giorno della sua morte.


Vide la sua amica rispondere all'ordine, superandolo allegra verso lo spiazzo erboso, la pelliccia lucida d'acqua, prima di abbaiare come per dirgli di sbrigarsi.
Il Dalish alzò gli occhi al cielo, divertito, superando le fronde a passo sicuro, l'arco e i pugnali sempre pronti sotto il mantello in caso di pericolo.
Il sole pallido illuminava chiaramente i resti della capanna, il legno fracassato ormai gonfio e muffito a causa delle intemperie, e accanto ad essa, le ossa di un enorme alto drago brillavano sbiancate, neanche un brandello di carne era rimasto. Quelle, erano quanto restava della potente Flemeth.
Si ricordava ancora quella battaglia, di certo la più impegnativa in cui si fosse mai cimentato, e le fiamme bollenti che aveva affrontato con l'aiuto di Iselen e dei loro amici Micah, Zevran, Shale, Jowan e Sten.

Sentì un'altra fitta di nostalgia nel ripensare a loro. L'ultima volta che li aveva visti, non era un'occasione felice, ed eccetto Sten e Micah, non aveva idea di dove fossero finiti gli altri. Ma anche se lo avesse saputo, non era certo che sarebbe riuscito a guardarli in faccia dopo il modo in cui era semplicemente svanito nel nulla dopo tutti i pericoli e i mostri che avevano dovuto affrontare insieme.
Aveva anche promesso alla sua amica nana che sarebbe andato a trovarla ad Orzammar, la città sotterranea del suo popolo, ma non aveva ancora tenuto fede a quel patto.
Gli venne da ridere ripensando alla sua minaccia di cercarlo fino in capo al Thedas se non fosse venuto. Gli mancava da morire, quella serata passata al Tapster a bere e ridere pareva così lontana adesso.

Scosse il capo, superando l’enorme carcassa. Le ossa delle immense ali erano protese verso il cielo e le orbite ormai vuote del teschio sembrarono seguirlo per un rapido secondo, come ad accusarlo del suo crimine. Sentì un brivido scendere lungo la schiena.
Aveva commesso un sacrilegio contro tutto il Popolo quando aveva ucciso la donna dei molti anni. Se la sua Guardiana lo avesse saputo, probabilmente lo avrebbe dichiarato un reietto, ma lui stesso sapeva di non poter più vivere secondo le tradizioni Dalish. Aveva aperto gli occhi su troppe verità per poterci provare, ma non aveva mai potuto dimenticare ciò che aveva fatto. E soprattutto perché.


Varcò la soglia divelta mentre Warden trotterellava contenta al suo fianco, il cappuccio di nuovo sul viso e la mano guantata sempre pronta ad afferrare il pugnale che teneva alla cintura.
Gli bastò un’occhiata per capire che lì non avrebbe trovato molto. La casupola era stata spezzata in due e abbattuta da un colpo di coda della sua padrona durante la loro battaglia, lasciando tutto ciò che c'era all'interno alla furia degli elementi.
I libri, i mobili, le erbe appese ad essiccare, persino il calderone che ancora riposava nel camino erano stati corrosi dalla pioggia e dal freddo. Il muschio aveva iniziato a crescere sugli stipiti marciti della porta e tra le assi del pavimento, divorando tutte le possibili tracce che avrebbero potuto guidarlo al suo obiettivo.
Nemmeno il cacciatore migliore del mondo avrebbe potuto trovare una pista.

Schioccò la lingua infastidito, toccando un libro umido col piede ma un fruscio dietro di lui lo fece reagire d’istinto, la mano che afferrava l'elsa della sua arma.
Evitò l'affondo della spada con grazia, usando il mantello per nascondersi alla vista e spostandosi alle spalle del suo aggressore mentre Warden ringhiava.
Vide lunghi capelli castani volare, rivelando le lunghe orecchie a punta e la figura minuta di quella che era di certo un'elfa affondare la lama dove si trovava lui fino ad un secondo prima. Indossava un’armatura di cuoio dalla fattura familiare: quella di un Clan Dalish!

La colpì in mezzo alle scapole col pomolo del pugnale e la sua mabari nello istante caricò le gambe della loro misteriosa avversaria, facendola sbilanciare.
La ragazza cadde a terra col mento dopo un breve strillo, la lunga spada che le sfuggiva di mano e si piantava nel legno marcio di un mobile lì accanto.
《Brutto figlio di…!》 La sentì imprecare mentre si voltava, mostrando due occhi azzurri sfavillanti di rabbia e la sua mano stretta sull’elsa di una seconda spada, ma i denti scoperti di Warden a centimetri dal suo naso la costrinsero a lasciar perdere.


Runaan alzò un sopracciglio. Guardandola bene, si accorse che era molto giovane. Non abbastanza da poter essere chiamata bambina, ma non poteva avere più di sedici anni. Perché era da sola?
《Cosa ci fai qui, da'len?》 Le chiese, facendo cadere di nuovo il proprio cappuccio. 《Queste terre sono pericolose per chi non ha il proprio clan con sé.》
La ragazza sbarrò gli occhi, stirando gli intricati rami del vallaslin del dio Elgar'Nan tatuati sul suo viso 《Tu sei… dalish!?》 Chiese stupita, prima che nuovi ringhi di Warden la costringessero a farsi di nuovo indietro. 《Hahren, potreste domandare al vostro segugio di calmarsi?》
Il suo tono era cerimonioso, con quella cadenza tipica dei dalish che Runaan ormai non sentiva da quelli che sembravano anni. Era bizzarro. L'ultima volta che aveva parlato con un membro del suo popolo, era stato subito dopo la fine del Flagello, quando la Guardiana Lanaya lo aveva salutato.

Accarezzò la testa della sua mabari, facendola calmare, mentre osservava la ragazza rialzarsi e recuperare la sua spada caduta. Era giovane, vero, ma le sue armi e la sua armatura erano di ottima fattura. Quella dedicata ai cacciatori in missione.
《Non ho visto tracce di Aravel venendo qui. Perché ti sei allontanata tanto dal tuo Clan?》 Domandò nuovamente quando lei si fu ricomposta.
L’elfa lo guardò per un attimo, attenta a non fare un passo verso Warden, ma il suo sguardo non era più tagliente come prima. 《Il mio nome è Ariane. Sono stata inviata qui dal mio Guardiano, Solan, alla ricerca di Morrigan, la strega delle Selve.》


Runaan strinse i pugnu. Morrigan, la giovane dagli occhi d'oro con cui lui e Iselen avevano affrontato il Flagello. Era stata la prima alleata che avevano avuto dalla loro: li aveva accompagnati attraverso tutte le scempiaggini che avevano dovuto affrontare. Avrvano ucciso prole oscura e preso parte ad un mucchio di guai assurdi insieme e qualcosa di molto più profondo aveva cominciato a maturare tra loro.
Era un rapporto assurdo, complicato, fatto di malizia, commenti acidi, attrazione reciproca e difficoltà. Gli aveva dato un ceffone quando si era rifiutato di porre fine al legame che li univa, quella notte ad Orzammar, prima di fargli scoprire il sapore delle proprie labbra.
Per proteggere lei aveva ucciso Flemeth. Per lei aveva gettato al vento le leggi più sacre del suo Popolo, quelle che avevano guidato la sua vita. Aveva compiuto una follia per lei ed era lei che era venuto a cercare in quella palude!


《Perché la segui?》 Domandò circospetto, Warden che lo guardava con curiosità.
Ariane indurì lo sguardo 《Ha derubato il mio clan!》 Disse a pugni stretti. 《Noi possedevamo un artefatto, un libro antichissimo risalente ai tempi di Arlathan, scritto in antico elfico scritto, un tesoro inestimabile! La sua lingua era per noi illeggibile, ma un altro figlio del Popolo può capire quanto significasse per noi avere un simile frammento del passato. Morrigan si è presentata da noi alcuni mesi fa, dichiarandosi nostra alleata, e ci ha aiutati ad evitare alcuni insediamenti shemlen ostili. Questo ha convinto il nostro Guardiano a mostrarle il libro, ma due notti dopo è sparito nel nulla e la strega insieme ad esso!》

Runaan alzò un sopracciglio. Era ben consapevole che la strega fosse affamata di conoscenza e che non si facesse problemi a rubare antichi tomi pur di averla, ma cosa se ne faceva di un libro scritto in una lingua dimenticata che nemmeno gli elfi sapevano leggere?
《Di che cosa parlava il libro?》
Ariane si morse il labbro. 《Parlava in modo molto dettagliato di qualcosa chiamato “Eluvian”. Non so di preciso cosa sia, ma il nostro Guardiano pensava che si trattasse di un artefatto molto potente risalente ad Arlathan.》 I suoi occhi lampeggiarono furiosi. 《Per questo è imperativo che venga recuperato! Io e alcuni altri siamo stati incaricati di trovare quella serpe e recuperare ciò che è nostro. Sono venuta perché so che qui viveva la madre di Morrigan, una donna molto potente che aveva lo stesso nome di Asha’Bellanar. Speravo che si trattasse davvero della donna dai molti anni e che potesse aiutarmi, ma quando sono arrivata, non c’era traccia di lei e la casa era già ridotta così. Posso solo supporre che il colpevole sia l'alto drago morto qua fuori》

Runaan si sbrigò ad annuire. 《È quello che ho dedotto anche io.》 Non era il caso che un’altra dalish sapesse la verità su cosa lui aveva fatto alla loro dea. Per quanto fosse cosciente che Ariane non avrebbe mai potuto sopraffa in battaglia, non gli andava l’idea di avere il suo sangue sulle mani.
La ragazza emise un sospiro rassegnato, prima di tornare a guardarlo. 《Tu invece perché sei qui, hanren? Il Flagello ormai è finito, cosa ci fa un custode grigio qui da solo nelle Selve Korkari?》 I suoi occhi erano fissi sul grifone rampante impresso sul suo pettorale.

Runaan sentì una scossa di fastidio, chiudendo il mantello sulla propria armatura di cuoio blu. Avrebbe dovuto mimetizzarla meglio!
《Anche io cerco Morrigan. Io e lei… abbiamo una questione molto importante in sospeso.》
《Ha trafugato qualcosa di tuo?》 Domandò Ariane, il sopracciglio alzato.

《In un certo senso.》 Rispose laconico l’elfo. Non sapeva se potesse definire “suo” un figlio che non aveva mai conosciuto.
La notte in cui lo aveva concepito, quella precedente alla battaglia contro l’arcidemone, era impressa nella sua memoria. Morrigan aveva offerto a lui e ai suoi compagni un rituale che avrebbe salvato la vita del custode grigio che avesse ucciso l’antico dio corrotto e strappato l’anima di quest’ultimo alle ombre. Ma per farlo, era necessario che qualcun altro assorbisse quell’essenza inestimabile: un bambino generato dal seme di un custode. Un custode come lui.
Ricordava ancora il flusso della magia che lo aveva attraversato e le sue labbra sulle proprie. Avevano scacciato i pensieri e le sue paure, zittendo quel groviglio di amore, amarezza e delusione che era nato in lui e per un attimo aveva creduto che tutto potesse finire bene. Ma alla fine, Iselen era morto ugualmente e Morrigan era fuggita, portando via il loro figlio e l’antica anima con sé.


《Allora, possiamo allearci!》 Esclamò Ariane, strappandolo ai suoi pensieri.
Scosse la testa, seccato. Ci si stava perdendo fin troppo ultimamente, come un vecchio. Ma la giovane elfa gli afferrò le mani in uno slancio di entusiasmo, gli occhi ora scintillanti. 《Io e te abbiamo un obiettivo comune! Entrambi vogliamo trovare Morrigan, quindi perché non farlo insieme?!》
Runaan fece per rispondere, ma la presa della giovane sulle sue dita si fece più salta. 《Sathan, hanren. Ti prego. Sono stata inviata alla ricerca del libro perché sono una dei migliori cacciatori del mio clan, ma mi sono resa conto che questo non conta molto fuori dai confini del nostro accampamento. Tu invece sei un custode grigio, hai visto molto più di me e conosci quella strega! Potresti essere la mia sola possibilità di non tornare a mani vuote!》

Il Dalish più anziano fece per rifiutare, colto alla sprovvista, ma Warden abbaiò allegra, colpendo affettuosamente il fianco di Ariane col capo.
Lei sorrise, gongolando. 《Vedi? Anche il tuo segugio pensa che dovremmo allearci. E stava per attaccarmi fino ad un attimo fa!》
Il biondo scoccò un'occhiataccia alla mabari traditrice, ma sbuffò in assenso. Dopotutto, la casa di Flemeth era stato un letterale buco nell’acqua ed era curioso di capire di più su quel libro e perché Morrigan avesse fatto tanto per averlo. 《D'accordo. Puoi venire con noi. Spero tu sappia davvero cavartela in battaglia》


Sentì Warden abbaiare soddisfatta, e anche Ariane sospirò lieta.
Lui invece sbuffò: quella ragazza doveva essere troppo ingenua o davvero disperata per aggrapparsi con tanta convinzione ad un estraneo di cui non aveva chiesto nemmeno il nome.
Vero, l'avere a che fare con un altro Dalish era spesso sufficiente per quelli del suo Popolo, anche lui dopo aver lasciato il suo Clan era così: arrogante, ingenuo, convinto fin nel midollo di essere un detentore della verità, superiore perché non si era mai sottomesso agli shem. Ma aveva imparato sulla sua pelle che nemmeno loro erano immuni all’odio o all’inganno.
Si girò con l'ennesimo sbuffo, inforcando la porta con Warden accanto. 《Forza, muoviamoci. Abbiamo una lunghissima strada da percorrere.》
Ariane lo inseguì fuori. I raggi del mezzogiorno le ferirono gli occhi. 《Aspetta, dove stiamo andando?》

《Al Circolo dei Magi.》 Rispose Runaan, calando di nuovo il cappuccio sul proprio viso. 《L’unico indizio che abbiamo è che Morrigan vuole sapere di più su questi “Eluvian”, quindi è probabile che li cercherà. Se provengono da Arlathan, sono senza dubbio artefatti magici e il Circolo è il solo posto con una biblioteca che possa dirci cosa sono o magari dove si trovano.》
La castana sbarrò gli occhi. Come aveva fatto a non pensarci!? Poi, un altro pensiero le balenò nella testa. 《Tu hai visto una biblioteca?》
Il biondo alzò di nuovo gli occhi al cielo. Anche lui era così due anni prima?!


**


Ci impiegarono quasi tutta la giornata per raggiungere il confine delle selve Korkari, il sole era già svanito oltre i monti da diverse ore.
Runaan finì di stendere il proprio sacco a pelo, mentre Ariane attizzava il fuoco. Warden invece masticava contenta la carne degli uccelli che il custode aveva cacciato prima di fermarsi.
Era stata una sorpresa trovare tante prede in quei boschi dopo il Flagello. Trovare gli stessi boschi in condizioni buone era stato anche più bizzarro. Il Dalish aveva visto cosa la corruzione dei prole oscura facesse alla terra: copriva tutto come una patina nera, lasciando dietro di sé solo terra morta. E il Flagello era iniziato proprio nel cuore delle Selve Korkari.

Si stese sul sacco a pelo, il mantello a coprirlo mentre osservava il fuoco scoppiettare. Quella scena lo stava riportando indietro nel tempo, quando aveva passato settimane a campeggiare con i suoi amici nel bosco, con Micah che bestemmiava al cielo per la pioggia e il freddo e Leliana che sognava vasche di acqua calda.
Cosa non avrebbe dato per averli vicini e farsi dare consigli su cosa fare. Non era mai stato un problema per nessuno di loro, soprattutto per Wynne e Alistair, pensò sorridendo sotto i baffi, pensando per un attimo a quel giovane shem troppo idealista.
Chissà come se la stava cavando sul trono del Ferelden. Il loro rapporto non era mai stato facile, ma sperava sinceramente che non scatenasse altre guerre con la sua goffa parlantina.
《Hanren》 Lo richiamò Ariane, seduta sul terreno soffice. 《Mi è venuta in mente una cosa. Hai detto di avere un conto in sospeso con Morrigan, ma come vi siete conosciuti?》
Runaan sospirò: le doveva una spiegazione in fondo. 《Io e lei siamo stati compagni di viaggio per diverso tempo, insieme ad un gruppo di persone che rispetto moltissimo.》 Gli venne da sorridere. 《Eravamo un gruppo davvero assurdo, fatto di assassini, maghi, nobili, elfi, umani, nani, qunari e persino una Golem! Abbiamo affrontato prole oscura e l'arcidemone, lupi mannari, abomini e demoni. La conosco bene.》

L’altra dalish lo guardò con sguardo indagatore, chiaramente aveva capito che non le aveva detto tutto, ma poi sbarrò gli occhi, sorpresa. 《Un attimo! Tu hai affrontato l'arcidemone!? Ma allora tu sei…!》
Runaan sentì un ghigno divertito incurvargli le labbra mentre si metteva seduto. 《Runaan Mahariel, del clan Sabrae e, mio malgrado, dei custodi grigi ed eroe del quinto Flagello.》 Disse, senza smettere di sorridere, mentre Warden gonfiava il petto e rivolgeva il muso in alto, fiera del suo padrone.

La più giovane continuò a fissarlo, gli occhi grandi come piatti, boccheggiando. 《La… la Guardiana Merethari ci ha parlato di te all’ultimo Arlathven! Ha detto che tu e il tuo amico Tamlen eravate stati colpiti dalla corruzione, che i custodi ti hanno salvato…》
Il biondo schioccò la lingua infastidito. 《Non mi hanno salvato. L’uomo che mi ha reclutato mi ha trascinato via dal mio Clan, minacciando di legarmi se necessario. E poi, il bastardo ha avuto il coraggio di crepare! Ha costretto me ed i miei amici a rischiare tutto per salvare questo paese di merda e a causa sua, ho visto morire una persona che amavo come un fratello e che aveva molto più per cui vivere rispetto a me. Questa non la chiamo salvezza.》
Non poteva farne a meno. Ogni volta che ripensava a quel giorno, l'odio per quello shem si rinnovava, rovente nel suo petto. Avrebbero potuto passare anni, lustri, secoli, ma non avrebbe mai smesso di sputare su di lui e sulla sua tomba.


Ariane lo guardò, sorpresa. Runaan Mahariel era noto a molti Clan per la sua fama di abilissimo arciere e inguaribile scavezzacollo, non si sarebbe aspettata una tale amarezza e rabbia da lui. La persona di cui stava parlando doveva significare davvero molto.
《Ir'Abelas, Hanren. Non sapevo che avessi perduto tanto. Però… se odi questo posto, perché sei tornato a cercare Morrigan? Cosa vuoi da lei?》
Runaan strinse le labbra. Non era certo dalla risposta.
Voleva senza dubbio conoscere suo figlio. Quel figlio umano al cui pensiero avrebbe dovuto provare nausea, vergogna, ma a cui in realtà si sentiva legato.
Voleva vedere com'era fatto, sentire la sua voce e la sua risata. Almeno una volta.
Però non era solo la possibilità di conoscere quel bambino ad averlo spinto a cercare la strega. Più che altro da lei, voleva una spiegazione.
Non c'erano state promesse tra loro. Non importava cosa lui provasse: non le doveva niente e per lei era lo stesso… ma qualcosa li univa. Ben più importante delle tradizioni o delle parole. Per questo non capiva
Perché era andata via così? Perché non gli aveva dato una possibilità di condividere il dolore per la perdita di Iselen? Aveva detto che il Fato aveva un piano, che c'era un cammino, ma allora perché non aveva considerato di seguirlo con lui piuttosto che reggere da sola il peso dei suoi dannati segreti!?

Scosse la testa, tornando a guardare Ariane, mentre Warden si acciambellava preoccupata accanto a lui, come a dargli conforto.
《Le devo porre una domanda importante. E in base alla risposta, deciderò cosa fare poi.》 Disse, prima di stendersi di nuovo nel sacco a pelo. 《Dormi adesso. Ci attende un lungo cammino per arrivare al Circolo》
Era certo che Ariane non fosse soddisfatta della sua risposta, ma non si prese il disturbo di controllare.
Sentì il respiro di Warden diventare più lento e pesante, e si lasciò cullare anche lui dal ritmo.


**


Ci vollero circa cinque giorni di cammino ininterrotto per arrivare alle sponde del lago Calenhad. La torre del Circolo, una gigantesca costruzione ornata da lunghe finestre che terminava in una guglia nera, svettava minacciosa oltre le sponde, le pietre lucide di umidità che scintillavano appena nella luce mattutina.
Runaan tirò un sospiro. Finalmente. Avevano fatto in modo di evitare del tutto la città di Redcliffe: era abbastanza sicuro che il nuovo arle, Teagan, il fratello del vecchio arle e della defunta regina Rowan, lo avrebbe riconosciuto subito e avrebbe trovato qualche maniera per incastrarli nell'aiutare la sua città. Un anno e mezzo dalla fine del Flagello, e ancora quel posto non era stato sistemato a dovere.
Inoltre, quello shem e la sua famiglia non gli erano mai piaciuti. L'ultima volta gli avevano causato solo una valanga di guai. In particolare quella bigotta razzista di sua cognata, Isolde.


《Quindi… è quella la torre dei maghi?》 Domandò Ariane e il biondo annuì, osservandola.
Non avevano dormito molto negli ultimi giorni, ma gli occhi della ragazza erano attenti e non si era mai lamentata per le lunghe ore di marcia. Dopotutto, i Dalish erano abituati alla vita nomade.
Avere compagni di viaggio non era previsto, ma avrebbe potuto andargli molto peggio. Ariane era giovane, ma anche forte, sveglia, ingenua al mondo esterno forse, ma non pareva incline a parlare troppo come un certo Assassino di sua conoscenza.
Anche Warden sembrava averla presa in simpatia, viste le feste che le faceva in continuazione, ma non era una sorpresa data la personalità solare e amichevole della mabari.

L’elfa, ignara dei suoi pensieri, sbuffò. 《Non mai capito perché gli shem rinchiudano chi possiede il Dono. Noi Dalish saremmo perduti senza la magia dei guardiani dei nostri Clan a guidarci e proteggerci.》
《È semplice. La maggior parte degli shem sono un branco di vigliacchi ignoranti che preferisce limitare ciò che non può capire.》 Rispose Runaan, mentre scendevano verso le barche ormeggiate. 《La magia è qualcosa che li spaventa. Sfugge al loro controllo e alle loro regole, perciò la chiamano maledizione e chiudono in gabbia chi è capace di utilizzarla. Salvo poi farli uscire quando hanno bisogno del loro aiuto.》 Proseguì, Warden che correva verso il molo, abbaiando contro i pesci che guizzavano sul pelo dell’acqua. 《Anche se ho imparato che non tutti sono così.》

La più giovane alzò un sopracciglio. Non era la prima volta che il suo misterioso alleato faceva dichiarazioni simili ed era una cosa che trovava difficile spiegare. Sapeva che i custodi grigi accoglievano membri di ogni razza, senza distinguere in base al sesso, alle azioni passate o al credo religioso, ma lui non voleva fare parte del loro ordine, quindi perché parlava così?
Le aveva raccontato di aver viaggiato con un gruppo variopinto, tra cui Morrigan, altri umani, elfi, nani, persino un Qunari, uno dei giganti cornuti del nord, e una Golem “estremamente acida”, ma nessuno di loro poteva essere così impressionante.
Aveva visto Runaan muoversi nella foresta: non un suono, non un movimento goffo, non un attimo di esitazione. Solo una grazia e agilità che lei non poteva fare a meno di ammirare.
C'erano anziani Dalish, cacciatori con decenni di esperienza, che non avevano la metà delle sue abilità. A cosa potevano i talenti degli Shem o dei figli della pietra competere con quelli di un combattente simile!?

Fece per chiederlo ad alta voce, ma il riflesso della torre nell'acqua catturò la sua attenzione.
Rabbrividì mentre raggiungevano una delle barche a remi legate al molo 《Come fanno quei maghi a vivere così? Intrappolati da muri di pietra, i loro doni soffocati. Mi butterei dal tetto alla prima occasione》
Runaan sbuffò una risata, cominciando a remare. Era quello che aveva pensato lui la prima volta che aveva visto quel posto. Ricordava bene cosa avesse subito Iselen lì dentro, le storie che lui e suo fratello adottivo Jowan gli avevano raccontato. C'era solo da sperare che dopo l’editto di Alistair e Persephone per liberare la torre dai templari, il branco di soldati della Chiesa che avrebbe dovuto sorvegliare e punire I maghi “corrotti”, le cose fossero cambiate.


Accelerò il movimento dei remi. Le braccia stavano iniziando a dolergli, ma l'aria sapeva di pioggia e lui non aveva intenzione di ritrovarsi in mezzo ad un acquazzone come l’ultima volta che era venuto lì. Lui, Iselen, Invel, Micah e Alistair si erano bagnati fino alle ossa mentre cercavano di convincere il templare più idiota sulla faccia del Thedas a farli entrare!
Rise di nuovo sotto i baffi nel ricordare come la nana avesse minacciato di far fuori quella testa di legno e la sua espressione atterrita.

Ariane alzò un sopracciglio, mentre Warden a prua non smetteva di abbaiare contro l'acqua, sporgendosi tanto da rischiare di finire in acqua un paio di volte, cercando di afferrare un pesce troppo coraggioso.
A parte questo, la loro traversata Proseguì in pace e nel silenzio, la Dalish più giovane che continuava a domandarsi a cosa stesse pensando Runaan di tanto piacevole: era la prima volta che lo vedeva sorridere da quando si erano incontrati. Lei invece sentiva solo un fastidioso senso di paura, una sensazione ormai insolita dopo anni di addestramento nelle foreste. E più si avvicinavano alla loro meta, più aumentava.
Il sole ormai era già alto quando raggiunsero l'isolotto su cui sorgeva la torre. Ariane strinse d’istinto le sue spade. L’edificio appariva ancora più imponente a vederlo così da vicino.
Il suo Clan aveva esplorato molte rovine imponenti negli anni, ma nessuna di esse era paragonabile: da dove si trovavano, era impossibile vedere la punta e le gigantesche porte di ferro parevano le fauci di qualche mostro venuto fuori dalle storie degli anziani.

Vide Runaan lanciarle uno sguardo indagatore, Warden sempre accanto, e si costrinse a lasciare andare le sue armi, le sue guance che arrossivano di vergogna. Non poteva mostrare paura davanti ad un membro più anziano del Popolo, un ragazzo che a soli diciannove anni aveva affrontato un Arcidemone!
Lo osservò afferrare uno dei pesanti battenti, il rumore che rimbombava cavernoso, prima che delle rune illuminassero il metallo, spalancando la strada attraverso l'ampia soglia. La pietra levigata del pavimento accolse tiepida le punte delle sue dita mentre entrambi si addentravano nell'edificio.
《Tu sei già stato qui, non è vero? Cosa dovremmo aspettarci?》Domandò Ariane, un odore pungente mai sentito prima che le pizzicava le radici.
《Libri.》 Rispose l’altro 《Mucchi di libri. Potrebbe volerci un po' a trovare ciò che cerchiamo》 Proseguì, guardandosi intorno.

L’atmosfera non era quella che ricordava. Dove prima il senso di claustrofobia governava, scandito dalla marcia dei templari, ora il grande salone pareva quasi accogliente. Diverse candele splendevano sui candelabri, gettando una luce gentile sui muri, ormai privi dei danni causati dall’invasione di abomini
Runaan notò persino un ragazzino indicarli curioso ad una sua amica, prima che dei passi concitati arrivassero da un corridoio sulla sinistra.
Una maga umana corse verso di loro, i capelli color carota legati in una coda alta che facevano a pugni con il rosso della sua sontuosa veste. 《Le rune del portone mi hanno avvertita che qualcuno è entrato. Chi…?》 I suoi grandi occhi scuri si spalancarono quando videro Runaan. 《Custode Mahariel!? Cosa ci fate voi qui?! 》 Domandò incredula.
Il dalish la guardò. 《Io e la mia compagna siamo venuti qui per cercare informazioni su un oggetto magico molto potente》 Esitò 《Ci conosciamo?》

L'altra parve di nuovo sorpresa, ma poi si aprì in un sorriso amichevole. 《Il mio nome è Petra: sono stata un’allieva di Wynne. Io ero lì quando voi e l'Eroe del Ferelden siete venuti coi vostri compagni per aiutarci contro Uldred e i suoi abomini.》 Si portò le mani al viso. 《Oh, alla Prima Incantatrice farà così piacere vedervi! E sono certa che sarà lieta di aprirvi la nostra biblioteca》 Disse, mentre Ariane la scrutava attenta.
Quella shem sembrava ostile: per essere una maga non proiettava il rispetto che i Guardiani Dalish intimavano con la loro presenza. Ma era la loro opzione migliore per trovare un indizio sugli Eluvian.
Guardò Warden per una conferma sulla pericolosità di quella donna e vide la mabari scodinzolare contenta come al solito, mentre attraversava i grandi corridoi illuminati. Era quasi buffo che lei fosse sempre allegra e il suo padrone sempre torvo.

Sentì Petra parlare ancora con Runaan, citando di nuovo una certa Wynne, ma la ignorò per guardarsi intorno. Un lungo tappeto decorato copriva i pavimenti su cui stavano camminando, mentre diverse porte ad arco davano su stanze colme di letti e armadi.
Vide alcune persone di diverse età e sesso, sia elfi che umani, attraversare i corridoi accanto a loro immersi in un chiacchiericcio incessante. Le loro bizzarre vesti colorate in parte coperte dalle cataste di libri che si portavano appresso.
Notò una piccola elfa osservare attentamente il suo vallaslin e quello di Runaan, per poi scappare via quando lei ricambiò lo sguardo, rossa fino ai capelli.
La dalish piegò il capo. Qualcosa non quadrava. A parte l'aspetto, quel posto sembrava accogliente. I maghi non erano molti, eppure tutti loro parevano a proprio agio. Dov’erano i templari della Chiesa che avrebbero dovuto tenere in scacco quel posto?

Il Guardiano Solan le aveva raccontato che erano dei guerrieri terribili, capaci di annullare la magia, che avevano attaccato il suo Clan quando lui era ancora un apprendista, nel tentativo di catturare lui e il suo maestro per rinchiuderli nel Circolo.
Quel luogo non corrispondeva a quelle descrizioni.


Fece per domandarlo a Runaan, ma la Shem che li stava guidando, dopo averli fatti salire per l'ennesima rampa di scale, aprì una grossa porta intarsiata, facendoli entrare in una stanza stracolma di scaffali tanto alti da toccare il soffitto, disposti per creare quello che pareva un labirinto. Ogni mensola era piena di grossi volumi dalla rilegatura antica e l'aria sapeva di inchiostro e cera di candela.
Ariane sbarrò gli occhi stupefatta di fronte a tutta quella conoscenza e sentì Petra ridacchiare. 《È la prima volta che vedi una biblioteca?》 Domandò, quel sorriso sempre in faccia. 《Non devi preoccuparti. So bene quanto possa sorprendere vedere tanti libri.》
La dalish sbuffò stizzita, girandosi dall'altro lato, ma la shem non aveva tutti i torti. Il Guardiano le aveva insegnato a leggere e non se la cavava male, però come avrebbero fatto lei e Runaan a trovare una singola informazione in quel mare di carta!? Anche solo un quinto del lavoro avrebbe richiesto mesi!

《Noi stiamo cercando informazioni riguardo gli Eluvian.》 Disse Runaan, cogliendola di sorpresa. Aveva appena rivelato la loro missione ad una shem!?
Il biondo non badò alla sua espressione, gli occhi verdi sempre puntati in quelli di Petra. 《Tu sai da dove potremmo cominciare a cercare?》

Lei riflettè. 《Non ho mai sentito questa parola, ma forse nell'indice generale troveremo qualcosa.》
Runaan annuì, seguendola attraverso gli scaffali, così ordinati e diversi dalla distruzione che aveva visto l’ultima volta che era stato lì. Non c'era più traccia di sangue o icore demoniaco tra le pietre del pavimento. Niente cadaveri di maghi, templari e abomini. Solo i vecchi segni di artigli sulle pareti serbavano il ricordo della battaglia.


Seguì Petra insieme ad Ariane, fino ad arrivare ad una sala rotonda in cui spiccavano diversi piedistalli. Ricordava quel posto, come ricordava la posizione in cui lui, Iselen, Micah, Alistair e Wynne avevano trovato il corpo di una ragazza coraggiosa, avvolta nel rosso del suo sangue e dei suoi lunghi capelli.
Non era rimasta traccia di lei, ma si augurava che lei e il suo amico si fossero ritrovati finalmente.
《Ecco. Siamo arrivati.》 Disse Petra, mentre Warden leccava la mano del suo padrone. 《Qui troverete l'elenco e la posizione di tutti i tomi della biblioteca.》 Disse, avvicinandosi ad uno dei piedistalli, inciso da file e file di titoli piccolissimi, gli occhi che scorrevano veloci sulle lettere quanto il suo dito. 《È un oggetto elfico quello che state cercando vero? E avete detto che si chiama Eluvian…》
Ariane strinse il labbro, gettando un’occhiataccia al Dalish più anziano. Come gli era venuto in mente di dirlo ad una shem!? Anche il Circolo era colpevole del deterioramento delle conoscenze su Arlathan, e se questa “prima incantatrice” di cui parlava avesse iniziato a cercare a sua volta gli Eluvian!?

《Trovato!》 L’esclamazione di Petra la colse di sorpresa. 《Il tomo che cercate si trova nell'ala ovest della biblioteca, scaffale millequattrocento trentadue, sezione “artefatti misteriosi”. Il titolo è “Catalogo delle antiche reliquie elfiche!》 Disse, occhi scintillanti. 《È così emozionante! Voi iniziate ad avviarvi! Vi porterò lì e andrò a cercare la prima incantatrice. Sono certa che vi aiuterà volentieri!》 Schizzò via senza dare il tempo di rispondere.


Runaan si limitò a sospirare di sollievo, iniziando ad avviarsi verso il punto indicato, Warden vicina. Finalmente avevano un indizio concreto.
《Hanren, credi sia stata una buona idea parlare di quello che stiamo cercando ad una shem? Questi oggetti, qualunque sia il loro potere, potrebbero essere un pezzo inestimabile della nostra storia e forse li abbiamo appena consegnati agli umani!》
《Io non leggo bene il corsivo.》 Ribattè lui serio. 《E a giudicare dalla tua faccia, neanche tu sei così abile. Ci sarebbe voluto un anno per vedere anche solo metà di questo posto. I maghi vivono e studiano qui, invece. Sanno dove cercare. E soprattutto, se la prima incantatrice è chi penso io, siamo al sicuro.》
Non aggiunse altro e la più giovane sbuffò. D’accordo, era stata una buona idea chiedere aiuto a qualcuno che conosceva quel posto, ma che lo avesse fatto senza esitare era assurdo! Che viaggiare con Shem e figli della pietra lo avesse fatto ammattire!?


Si fermarono di fronte allo scaffale indicato dopo diverso tempo, iniziando a scorrere i titoli a fatica per trovare il libro necessari, Warden che li fissava con aria vagamente annoiata.
Petra non aveva esagerato: C’erano informazioni su ogni genere di oggetto magico su quelli scaffali, da cose semplici come tazze sempre calde e anelli capaci di aumentare la velocità a marchingegni più complessi o pericolosi come le chiusure runiche del Tevinter e i teschi ingioiellati dei negromanti. Le rilegature erano fragili sotto le loro dita, tanto da far temere che si sarebbero sbriciolate in un attimo.
Runaan passò i titoli con attenzione, Ariane che faceva altrettanto, cercando di decifrare le complesse calligrafie corsive, fino a quando non si fermarono sulla copertina quasi distrutta di un tomo ingiallito dal tempo. Un tomo spesso con impresso il titolo che la shem aveva detto loro.
Un sorriso si aprì sul suo viso. 《Hanren! È…!》
Uno strillo acutissimo la interruppe. 《Iiiiih! Chi ha fatto entrare un cane qui dentro!?》
   
 
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