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Autore: Neve nera    27/05/2005    11 recensioni
La storia è ambientata più o meno nel periodo in cui Lorelai sta insieme a Jason, Rory è a Yale e Jess è già partito; proprio il ritono di quest'ultimo sconvolgerà i sentimenti della giovane Gilmore. Inoltre che tra Lorelai e Luke cominci ad esserci qualcosa di più di una semplice amicizia??!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il coraggio di amare

                Il coraggio di amare

 

 

Neve a Stars Hollow

 

Già da qualche giorno la neve, come ogni anno in quella stagione, era tornata a ricoprire le strade e le case di Stars Hollow, infondendo nei cuori di tutti i suoi cittadini un pizzico di quella atmosfera natalizia che via via si faceva sempre più forte, nonostante mancasse più di qualche settimana al giorno di festa; ma la neve, oltre a trasmettere un profondo senso di gioia, portava con se anche un freddo particolarmente pungente, che si faceva sentire soprattutto di primo mattino.

Gran parte della gente si prestava a cominciare la giornata consumando una buona tazza di caffé nel miglior locale del paese cercando, in questo modo, di scollarsi di dosso quella sonnolenza che era decisamente micidiale.

Una di queste persone era Lorelai Gilmore che, mentre si stava dirigendo verso la sua “seconda casa”, tentava di scaldarsi le mani infilandole dentro le tasche del suo “adorato” giubbotto rosso, in quanto i soli guanti sembravano non essere molto efficaci nel difenderla dal freddo; come ogni inverno, quando nevicava, si divertiva a indossare dei paraorecchi di un leggero color rosato, che attiravano ulteriormente l’attenzione su di se. Gli ultimi passi che la separavano dal suo “paradiso” li percorse molto più velocemente, come se una qualche misteriosa divinità la chiamasse a se, annebbiandole l’intera realtà che la circondava.

 

“LUKE…CAFFÈ!!!

 

Non appena sentì il suono di quella voce oramai così familiare, il padrone del locale, che intanto si stava dedicando a servire al bancone uno dei tanti clienti mattutini, alzò lo sguardo in direzione della “nuova” arrivata, limitandosi ad uno dei suoi consueti saluti.

 

“BUONGIORNO!...Ma è mai possibile che il tuo primo pensiero alla mattina sia il caffé?!” 

 

“Non è mica il mio primo pensiero…..per chi mi hai preso. Appena mi alzo rifletto su come uccidere mia madre senza sporcare la moquet; poi però mi pento per i cattivi pensieri, così cerco un modo per andare d’accordo con lei; ma facendolo mi si forma un improvviso mal di testa, guaribile soltanto…”

 

“si…si…ho capito, ti porto il caffé…”

 

diciamo che è il terzo pensiero della giornata, sogni permettendo, perché allora diventa il quarto; ma se conto anche i muffin…”

 

“BASTA! Ho capito….menomale che non ti ho ancora versato niente….mi domando ancora come fai ad essere così di primo mattino!”

 

Lorelai si limitò a rispondere all’amico alzando le spalle ed accennando uno dei suoi consueti sorrisi, che ogni volta costringevano Luke a voltarsi dall’altra parte, per non  permettere alla donna di vedere il suo volto visibilmente più arrossato, e risparmiandosi così una situazione difficile da gestire; e come ogni mattina Lorelai non si accorgeva di niente, continuando a bere il suo caffé, che ad ogni sorso le faceva prendere sempre più coscienza della realtà.

 

“Oggi fa davvero freddo…e pensare che mi si è rotto il riscaldamento….”

 

“a casa?!

 

“no non a casa…ormai è diventato un iglò..

 

“Lorelai…”

 

“No davvero, pensa che questa mattina è venuto a svegliarmi Pingu…ma dico te lo immagini PINGU…”

 

“Lorelai…”

 

“DAVVERO...e mi ha anche portato dei ghiaccioli…all’amarena, ma non è che mi piacciano molto…preferisco quelli alla liquirizia, hanno un sapore più..

 

“LORELAI!!!!”

 

Come accadeva per la maggior parte delle loro conversazioni, il tono di Luke si fece più alto e profondo, catturando così l’attenzione di Lorelai che, mentre raccontava le sue fantasie, si divertiva a riprodurle nella propria mente, sapendo bene che tutto ciò infastidiva non poco il signor Danes.

 

“Perché non me lo hai detto che hai il riscaldamento che non funziona?!”

 

“Perché l’altro ieri sei venuto a sistemare la lavatrice, e il giorno prima la porta sul retro e il giorno prima ancora il tavolo della cucina….

 

“….e con questo?!

 

“Quasi ogni giorno vieni a sistemarmi qualcosa….mi sembra di approfittarne”

 

“Lorelai….”

 

“Penso proprio che per almeno il resto della mattinata ricorderò il mio nome…quindi…puoi smettere di ripetermelo in continuazione, stasera quando torno ricominci ok?”

 

“no…verso le sei, quando vengo a sistemarti il riscaldamento”

 

“Grazie…sei un tesoro”

 

Ed ecco il secondo sorriso della mattinata che procurava su Luke lo stesso effetto del primo, forse peggio, dato che questa volta era accompagnato da un aggettivo decisamente “interessante”. Non appena Luke si voltò per sistemare le tazze che si trovavano sopra al bancone, o meglio, trovò la scusa calzante per evitare nuovamente lo sguardo dell’amica, Lorelai si alzò, sistemandosi il giubbotto e il paraorecchi, come se si preparasse ad affrontare una terribile tempesta.

 

“Il Dragon fly mi aspetta….ci vediamo stasera”

 

“Mh…ok…”

 

Mentre si stava dirigendo verso l’uscita, Lorelai venne bloccata da un Kirk più bizzarro del solito, sempre che bizzarro fosse un termine abbastanza efficace da descriverlo; l’ “uomo”, infatti, indossava una tuta da sci, di un giallo a dir poco appariscente, completo di doposci e berretto alla David Croket. Appena lo vide, Lorelai rimase allibita; infatti, anche se conosceva bene Kirk e le sue improvvise manie, ogni volta che usciva con una delle sue spuntate c’era da aspettarsi che sarebbe successo qualcosa di poco piacevole, il più delle volte dannoso per lui. 

 

“K…Kirk…p…perché indossi una tuta?”

 

Non appena Lorelai gli fece quella domanda, lo sguardo di Kirk si fece leggermente perplesso, come se non se non se l’aspettasse e il fatto di mettersi una tuta in una cittadina dove la neve non superava i sei centimetri, fosse un fatto normalissimo.

 

“quando c’è la neve ci si mette la tuta…”

 

“sì…ma non a Star Hollow…”

 

“e perché no?!

 

“PERCHÉ LE PERSONE NORMALI NON INDOSSANO UNA TUTA DA SCI IN QUESTA CITTÀ !!

 

Alla strana conversazione, che si stava sicuramente creando tra Lorelai e Kirk, si aggiunse anche Luke, che dal bancone aveva sfortunatamente visto la nuova “idea” di Kirk e non aveva saputo trattenersi dall’urlargli contro. Dal canto suo, Lorelai sapeva bene come si sarebbe evoluta la situazione, quindi si stava già pregustando una di quelle risate che non si facevano tutti i giorni, tranne quando lei riusciva a far arrabbiare Luke grazie ai suoi “complicati” discorsi.

Questa volta Kirk non si limitò a fissare i due compaesani, ma fece uno dei suoi inquietanti sorrisi, che naturalmente non avevano nulla a che fare con quelli di Lorelai; quelli di Kirk, infatti, avevano la capacità di angosciare anche Luke.

 

“Bè…si vede che non vi siete accorti con chi state parlando!”

 

“Dammi retta me ne sono accorto…ed è proprio per questo motivo che continuo a chiedermi perché sono fermo qui ad ascoltarti…” 

 

“semplice…perché il tuo istinto ti dice di restare, dato che stai parlando con lo SPAZZANEVE ufficiale di Star Hollow!!

 

“No ti prego…”

 

Al contrario di Kirk che aveva pronunciato l’ultima frase con un profondo orgoglio per se stesso, Luke lo fissò con uno sguardo che tendeva più alla disperazione che all’approvazione; anche Lorelai si incantò a guardare il nuovo “spazzaneve” di star Hollow, ma non appena questo si voltò a guardarla, lei azzardò un improvviso sorriso, che sparì non appena Kirk si rivoltò verso Luke, che intanto si era diretto verso il bancone, cercando di rimuovere dalla mente ciò che era appena accaduto.  

 

“bè…io vado…auguri per il tuo nuovo lavoro Kirk! Ci vediamo dopo Luke…”

 

“Ciao Lorelai…domani mattina passo davanti a casa tua per spalare la neve..”

 

“c…certo…grazie Kirk

 

Più veloce di un fulmine, Lorelai uscì dal locale, evitando così di sentire da una parte Kirk che, con la sua voce decisamente strana, difende il suo onore di spazzaneve e dall’altra Luke, che non brilla certo per pazienza nei confronti di soggetti come Kirk.

Mentre si stava dirigendo verso la locanda, il tragitto di Lorelai venne interrotto nuovamente; fortunatamente questa volta non si trattava di nessun individuo strampalato di Star Hollow, ma del suo telefonino, che come sempre suonava quando lei era di fretta. Stranamente trovò immediatamente il cellulare dentro la borsa e il fatto insospettì anche chi si trovava dall’altro capo della linea.

 

“DUE SQUILLI…SOLAMENTE DUE SQUILLI…?!

 

“Ebbene sì Rory, non ci crederai ma la tua assenza sta avendo questi effetti sul mio organismo!”

 

“Non è che domani mi dirai che ti sei sposata e che la nonna al tuo matrimonio ha pianto di felicità!?”

 

“…lo sapevo….hai cominciato a drogarti non è vero?!”

 

“Non ho cominciato, ho solamente cambiato fornitore…Comunque, mettendo da parte per cinque minuti i nostri discorsi così profondi…hai detto a Luke del riscaldamento?”

 

“Sì mamma….lo sai che se vai avanti di questo passo assomigli sempre di più alla tua nonnina?!”

 

“Guarda che quello dovrebbe capitare a te e non a me…non lo sapevi che inconsciamente i figli riproducono gli atteggiamenti dei genitori?!”

 

“Sei crudele…ti pentirai di ciò che mi hai appena detto non appena mi troverai ibernata a casa”

 

“Allora non hai detto niente a Luke…”

 

“Sì l’ho fatto…ha detto che verso le sei viene a sistemarlo…”

 

“A volte mi chiedo cosa faremmo senza Luke….

 

“Bè…io sarei in crisi di astinenza da caffé, congelata e priva di un uomo da far impazzire con i miei discorsi su Pingu!”

 

“Pingu?!”

 

Lascia stare…è meglio credimi!”

 

Va bene…ora vado, tra cinque minuti cominciano i corsi…”

 

“Ok…ciao tesoro, mi raccomando non studiare troppo che poi inquini l’ambiente…”

 

“sì…ok…”

 

Non appena riattaccò il telefono, sul viso di Rory si formò un leggero sorriso; infatti, come ogni volta che sentiva la voce della madre, la giovane Gilmore si sentiva subito meglio, come se Lorelai avesse il potere di infonderle coraggio ed energia nei momenti in cui questi mancavano dalla “scorta” quotidiana. Dopo aver riposto il telefono sopra al tavolino che si trovava ai piedi del divano in salotto, Rory si diresse verso il bagno; ma non fece nemmeno in tempo a varcare la soglia della stanza che Janet la chiamò dalla sua camera. Janet era l’ultima inquilina venuta a dividere l’appartamento con Rory, Paris e Tanna; se si doveva classificare la ragazza in una determinata categoria, la sua era quella di “sportiva”, dato che nessuno lì dentro aveva il coraggio, o meglio, la volontà di alzarsi alle sei del mattino per fare ginnastica.  Non appena Rory si sentì chiamare si diresse verso la stanza della ragazza e la trovò che leggeva un libro di Storia greca, distesa sul letto; ora che ci pensava bene, erano rare le volte che vedeva Janet impegnata a studiare e questo le sembrava a dir poco strano dato che per essere stata ammessa a Yale doveva aver sgobbato almeno un po’.

Non appena vide Rory sullo stipite della porta, Janet distolse lo sguardo dalla lettura e si mise seduta sopra al letto.

 

“Per caso aspetti qualcuno?!

 

“come scusa?!

 

“deve venire a trovarti qualche ragazzo?!

 

Rory cominciò a guardare Janet in una maniera che faceva trapelare un'unica frase: NON CAPISCO UN ACCIDENTE DI QUELLO CHE STAI DICENDO! Ma Janet non si fece abbattere e, con l’andamento più tranquillo che Rory le avesse mai visto in tutto il tempo in cui abitavano insieme, si alzò dal letto e si diresse verso quella che doveva essere stata la meta di Rory, per poi aprire il rubinetto e rinfrescarsi un po’ il viso. Dopo averlo fatto, continuo con il suo pseudo – interrogatorio.

 

“Questa mattina mi sono alzata come sempre alle sei per andare ad allenarmi e quando sono tornata, davanti alla porta, c’era un ragazzo che tentava di bussare, ma poi si bloccava, faceva per andarsene, poi però si fermava di nuovo e tornava sui suoi passi; ha fatto così per tre quattro volte, poi si è guardato in giro e se ne è andato!”

 

“e perché pensi che cercasse me?!

 

“bè…perché appena l’ho chiesto a Tanna è rimasta immobile a fissarmi per poi voltarsi e accendere la tv…come se io non avessi aperto bocca; così mi sono messa davanti al televisore e lei mi ha rivolto un sorriso a 32 denti accompagnato da un caloroso buongiorno!”

 

“ah…”

 

“poi ho pensato che fosse un amico di Paris, ma mi sono corretta subito….Paris non ha amici!”

 

Nel descrivere le persone nella maniera più sintetica e chiara possibile, Janet era una maestra, soprattutto quando l’argomento principale era una certa Paris. L’antipatia che la “sportiva” provava nei confronti della signorina Gellar era del tutto comprensibile, visto che quest’ultima sembrava trovare una profonda soddisfazione personale nel tormentare il fidanzato della ragazza, continuando a ripetergli che era un “ciccione”. Paris non era cattiva, ma molte volte sembrava la copia femminile (a colte addirittura quasi umana) di Robert Patrick, il cyborg di Terminator 2, se non peggio quando le cose al giornale non andavano come diceva lei.

 

“non ha importanza…sarà stato sicuramente uno che doveva farsi perdonare dalla fidanzata e non ha avuto abbastanza coraggio così se né andato, assicurandosi che nessuna delle sue amiche lo avesse visto nei paraggi!”

 

“bè…non avrei saputo dare una spiegazione migliore! Comunque, ora vado…sono già in ritardo e il corso sarà già iniziato!”

 

Velocemente Rory uscì dall’appartamento e, con una camminata che la faceva assomigliare ad un maratoneta, percorse i corridoi che la dividevano dall’aula del professor Fleming, il “ragazzo” di Paris. Non appena pensava al professore in quel ruolo le salivano i brividi fino alle punte dei capelli; è vero che l’amore è cieco, ma in questo caso doveva essere sbattuto contro qualche palo che si trovava in mezzo alla strada. Per di più Paris sembrava, o meglio, era ansiosa di raccontarle ogni minimo particolare delle serate che passava insieme a “Asher”, non sapendo il disgusto che questo creava nella giovane Gilmore.

Solamente dopo essersi accorta dei pensieri che man mano si stavano formando sulla sua mente, Rory li scacciò concentrando tutte le sue energie per seguire i corsi che le aspettavano quella mattina.

La ragazza entrò nell’aula e lentamente andò a sedersi su una delle sedie libere, rendendosi conto che il professor Fleming si era accorto del suo ritardo; ma come se non fosse accaduto nulla, Rory aprì il libro e cominciò a prendere appunti.

 

Verso le tre del pomeriggio, Rory uscì dall’ultimo corso della giornata, più sfinita del solito, individuando come possibile causa l’aver letto fino a mezzanotte passata “Venti mila leghe sotto i mari” di Jules Verne; ma, dopotutto, era uno dei suoi libri preferiti e la sua forza di volontà non era abbastanza efficace da permetterle di chiuderlo quando mancavano appena cento pagine. Stranamente, l’aver pensato a quel libro e al fatto che fosse uno dei suoi preferiti, le fece tornare alla mente una persona che tentava in tutti i modi di dimenticare, una persona che l’aveva abbandonata senza un “ciao”, una telefonata, una lettera; l’unica persona che era riuscita a spezzarle il cuore come nessuno aveva mai fatto; l’unica persona che lei avesse davvero amato. A quel pensiero Rory si bloccò e chiuse gli occhi per scacciare via quel doloroso pensiero, ma non appena lo fece la sua mente gli fece ripensare ai momenti che lei e Jess avevano trascorso insieme: dalla prima volta in cui lo vide a Stars Hollow, all’ultima, quando si trovavano nello stesso autobus e lui non le aveva detto nulla. Una lacrima si stava già preparando a percorrere il viso della ragazza, ma fortunatamente il suono del telefono la distrasse da quella pesante sensazione e la obbligo ad asciugarsi gli occhi.

 

“pronto?!”

 

“Non indovinerai mai?!

 

“Lane…”

 

“stavo servendo ai tavoli nel bar di Luke e…”

 

e…”

 

“un uomo seduto al bancone mi ferma e mi chiede se il mio nome è Lane Kim…così gli ho detto di sì…e sai cosa mi ha detto?!

 

che è un cugino di Sherlock Holmes, ingaggiato da tua madre per conoscere ogni tua mossa…”

 

“no…anche se adesso che mi ci fai pensare potrebbe essere così…”

 

“sì ma Sherlock Holmes non è coreano…”

 

“quindi non centra mia madre; comunque…si chiama Robert Dellord e lavora in una casa discografica…TI RENDI CONTO?!”

 

“e come faceva a sapere chi eri e che suonavi?!

 

“glielo ha detto Gil…diventeremo famosi…”

 

“sono felicissima per te Lane…ma non vorrei che finisse come l’ultima volta, ricordi: New York…locale…signora Kim furibonda?!”

 

“non preoccuparti…andrà tutto bene…e poi la “signora Kim” non può buttarmi fuori di casa per due volte…o può farlo?!...meglio che non ci pensi…bè ora devo lasciarti...Ciao!”

 

“ok…ciao…”

 

Da quella famosa notte in cui andò a suonare di nascosto in un locale di New York con la sua band (da precisare che alla fin fine gli organizzatori gli diedero buca) la vita di Lene era totalmente cambiata: i rapporti con sua madre, già difficili di per se, ora erano del tutto assenti, viveva con i due ragazzi della sua band in un appartamento e sotto al palchè non vi era nessun tipo di oggetto “trasgressivo”, dato che ora si trovavano tutti sopra alla mensola. Anche se a volte tentava di nasconderlo, Lane soffriva moltissimo per questa situazione, ma non poteva permettere a sua madre di organizzarle la vita ora che era una ragazza pienamente autosufficiente.

Nonostante fossero entrambe madri, Lorelai e la signora Kim era totalmente diverse: la prima, oltre al suo ruolo di genitore, esercitava anche quello di amica e confidente, la seconda, invece, quello di un marine severo e duro come la pietra.

Ogni volta che a Rory capitava di confrontare le due donne, questa capiva quanto fosse fortunata ad avere una madre come la sua, che le scriveva e-mail, che la faceva ridere e le dava i migliori consigli, nonostante a volte si comportasse in una maniera tale da far capovolgere i loro ruoli; ma forse era proprio questo suo essere così spontanea che la rendeva una perfetta madre e una perfetta amica.

Quando furono passati solamente pochi secondi da quando aveva riagganciato il telefono, Rory ricominciò a pensare a “quella” persona, chiedendosi come mai proprio oggi doveva tornare sui suoi pensieri, rendendole tutto ancora più difficile.

 

Nel frattempo, al Dragon fly, Lorelai e Sookie erano alle prese con gli ultimi lavori di ristrutturazione. Sookie indossava un magione di un turchese leggermente opaco e dei pantaloni neri, al contrario di Lorelai che aveva una camicia a righe con sopra una maglietta dello stesso rosso acceso del suo giubbotto, con un paio di jeans abbastanza aderenti. Oramai mancava poco tempo all’inaugurazione e le due amiche sentivano che più si avvicinavano alla fine e più il tempo cominciava a rallentare, come se quest’ultimo si divertisse e farle soffrire. La realizzazione del loro sogno era alle porte e tra non molto le avrebbero spalancate rimediando a tutti i sacrifici che avevano dovuto fare e alle umiliazioni che avevano dovuto subire.

 

“Bè Lorelai…manca poco…”

 

“già…non sto più nella pelle…ti rendi conto Sookie, il Dragon fly tra poco non sarà semplicemente un’idea ma una realtà!”

 

“sì…anche il lavorare con Michel Gerard non sarà più un’idea ma una dura realtà!”

 

ma senza un francese scorbutico non sarebbe stata la nostra locanda perfetta…e poi è ancora eccitato perché ha visto Celine Dion perciò, quando comincerà ad essere troppo puntiglioso, basterà che Taylor si metta un mantello con un cappuccio nero e Michel lo scambierà per Darth Sidious di Star Wars…”

 

o per Pingu…”

 

“basta parlare di lui…questo pinguino sta diventando troppo presente oggi…finirò per convincermi che esiste”

 

“a Davey piace tanto, ogni volta che lo vede smette subito di piangere…e poi mi sto abituando a guardarlo alle tre di notte, cioè quando l’orologio biologico di Davey gli dice che è ora di interrompere il sonno della sua mamma…”

 

“già…in questo periodo ti vedo particolarmente stanca…se vai avanti così finirai per riempirti di occhiaie; mica male però… così al posto di una locanda, apriremo un negozio di borse!”

 

“hai ragione…ma tra la locanda e Davey non ho mai un po’ di tempo per rilassarmi un po’. Anche Jackson, nonostante non voglia ammetterlo,  ne comincia a risentire, infondo, però,  non possiamo farci nulla…””

 

“e perché non lo lasci a qualcuno per una sera?!

 

“l’ho chiesto a Michel…ma non appena l’ho fatto a cominciato a balbettare qualcosa come:letto, sotto, bambino, dorme… così ho lasciato stare, sembrava davvero spaventato…”

 

Lorelai capì subito a cosa corrispondevano i balbettamenti di Michel e molto probabilmente era stato meglio che Sookie non li avesse decifrati, altrimenti chissà come avrebbe reagito se avesse scoperto che spingendo su e giù il bambino, Michel lo aveva buttato sotto al letto; una vera e propria catastrofe. Era, perciò, evidente che Michel non avrebbe più osato toccare il piccolo Davey, almeno per una decina di anni, in altre parole quando era abbastanza grande da uscire da sotto al letto senza alcun aiuto.

 

quindi non ho nessun altro…”

 

“perché non lo lasci a me?!

 

Le ultime parole Lorelai le aveva pronunciate con un tale entusiasmo e convinzione da far fare un leggero scatto a Sookie; la cuoca non sembrava troppo convinta dall’idea della Gilmore e ciò lo faceva trapelare dall’espressione dei suoi occhi. Dal canto suo, Lorelai, non capiva la reazione dell’amica, infondo lei se la cavava bene con i bambini, il solo fatto che ne aveva allevato uno da sola era una prova inconfutabile.

 

“perché quella faccia?!

 

“niente…è che tu hai una tua vita e non mi sembrava giusto che passassi la serata a casa con Davey mentre io vado a divertirmi con Jackson…”

 

“ma non ti preoccupare…a me fa piacere, mi piacciono un sacco i bambini, per due motivi:posso parlare di tutto e non mi contraddicono quasi mai”

 

“e Jason?! Non credo la pensi come te nel passare un’intera serata a badare ad un bambino che non è neanche suo!”

 

“e chi ha detto che stasera esco con Jason?!”

 

“me lo hai detto tu questa mattina quando sei arrivata alla locanda!”

 

“dettagli…gli dirò che ho preso la malaria e che perciò mi hanno messo in quarantena!”

 

Sookie osservò Lorelai e le porse un sincero sorriso; conosceva bene l’amica e sapeva che sicuramente avrebbe preferito uscire invece che rimanere a casa, ma sapeva anche che era pressoché impossibile farle cambiare idea, perciò se aveva deciso di farle quel favore così sarebbe stato, anche a costo di rapire Davey e riportarglielo il giorno dopo.

 

“perfetto Sookie…è deciso! A che ora passo a prenderlo?”

 

“oh…non c’è bisogno che vieni tu, passo io da te…per le sette, va bene?”

 

“nessun problema….ti aspetto per quell’ora!...ci vediamo dopo ciao Sookie!”

 

Al locale, Luke era indaffarato a servire un sacco di persone; infatti, nonostante fuori si congelasse, gli unici che erano usciti di casa o che avevano appena terminato il lavoro, si diressero lì, sperando che un buon caffé servisse ad alzare la temperatura. Dopo aver servito un cliente seduto ad un tavolo vicino all’ingresso, la giovane Lane si avvicinò al bancone, aspettando che Sisar preparasse l’ordinazione fatta da due fidanzatini, circa quindici muniti fa. Mentre aspettava, senza rendersene conto, la ragazza si ritrovò a fissare i due ragazzi che stavano in fondo alla sala, che mentre aspettavano il loro cibo, trascorrevano il tempo guardandosi intensamente negli occhi e scambiandosi dei baci a dir  poco affettuosi. Nonostante non volesse ammetterlo, tutto ciò faceva scatenare in Lane una forte rabbia che poteva essere tradotta solamente con la parola GELOSIA.

Luke, che in quel momento si trovava di fronte a lei dall’altra parte del bancone, si accorse della sua espressione, sospettando quale fosse la causa.

 

“tutto bene?”

 

“oh sì…certo…”

 

“ti vedo abbastanza pensierosa…c’è qualcosa che non va?!

 

“no…tutto…tutto bene…”

 

“sarà, ma la tua faccia sembra ben lontana dal “tutto bene”…o sbaglio?!...non dirmi che quello era il tuo ragazzo!”

 

“no…no…figurati, il mio ex ragazzo è in California, si è trasferito lì per andare al collage...pensavamo che la lontananza non potesse scalfire la nostra storia e invece eccomi qua…sola come un cane che passo il tempo tra una portata e l’altra fissando due fidanzatini! Anzi…ora che ci penso non sono sola come un cane, Lilli dopotutto aveva il Vagabondo…perciò non era sola, sono più sola di un cane…”

 

L’ultima frase Lane l’aveva pronunciata con un profondo tono di disperazione e , naturalmente, Luke se ne era accorto; non era un granché con le chiacchiere, ma se persino Lorelai qualche volta lo stava a sentire, significava che tanto male non era.

 

“sbaglio o hai una band?!

 

“sì è vero…ma uno è sposato ed ha una figlia, uno ha usato lo spazio del suo mobiletto per metterci dei pupazzetti e l’altro ancora…lasciamo perdere…”

 

“ma non sei comunque sola…pensa se non avresti nemmeno loro. C’è sempre tempo per un ragazzo…ma i veri amici arrivati sono sempre più difficili da trovare!”

 

Dopo quell’ultimo consiglio, l’umore di Lane, che fino a poco fa era arrivato a toccare il centro della terra, cominciava a toccare i livelli della normalità, infondendo nella ragazza un forte senso di sicurezza, capace di abbattere quel profondo abbattimento che in quei giorni la stava massacrando. Dopotutto Luke aveva ragione, le aveva degli amici fantastici, cominciando da Rory che si era sempre dimostrata sincera e disponibile nei suoi confronti.

 

“hai ragione…Grazie Luke”

 

“porta questi hamburger a quel tavolo….ai fidanzati ci penso io…”

 

Lane lanciò a Luke un sincero sorriso che, come ogni volta, metteva in risalto i suoi lineamenti coreani, conferendole un aspetto dolce e insicuro, un aspetto che rispecchiava notevolmente il suo modo di essere. Dopo aver preso i piatti da sopra al bancone, la ragazza si diresse verso i clienti, i cui occhi non appena la videro arrivare si fecero carichi di una strana luce, che metteva a disagio la giovane ragazza.

Proprio in quel momento, mentre Luke stava prendendo in mano i piatti dei due fidanzati, con sopra un pezzo di torta alle pesche e una al cioccolato, la porta del locale si aprì, stuzzicando la curiosità del proprietario del locale, che d’istinto alzò lo sguardo. Davanti a lui, si presentò un ragazzo: capelli neri, occhi scuri, fisico ben curato, berretto nero, giubbotto dello stesso colore e un paio di jeans. Luke, che non appena lo riconobbe il suo cuore mancò di un battito, lasciò cadere sopra al bancone uno dei piatti, lasciando fortunatamente integro sia l’oggetto che il contenuto.

 

“J…Jess…”

 

“hai un minuto?!                                                                  

 

 

  
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