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Autore: Marty_199    01/01/2024    1 recensioni
Christopher è un ragazzo senza troppi problemi, se non si conta la sua lotta contro la famiglia riguardo il suo futuro e il suo non essersi dichiarato riguardo il proprio orientamento sessuale. Tutto ciò che ama lo ritrova nel mondo dell’arte e in tutte le sue sfaccettature.
Gabriele è un ragazzo semplice, evita nella maggior parte dei casi contatto con gli altri a causa dei suoi problemi di udito. Si incontreranno nel momento giusto e Gabriele ispirerà in Christopher una strana idea per risolvere il suo problema con la famiglia: grazie al suo aspetto androgino Gabriele dovrà fingere di essere la sua ragazza per un solo pomeriggio, trasformandosi nel suo “Apollo” personale.
Da un piccolo patto dettato da necessità reciproche nascerà un rapporto che li cambierà entrambi e che permetterà a Christopher di affrontare le difficoltà che si presenteranno davanti alle scelte che prenderà e a Gabriele di liberarsi dei pesi del passato e delle proprie insicurezze.
Il patto di una finta relazione diverrà la loro unica ancora di salvezza, perché Apollo è un Dio eternamente giovane, bello e rappresentatore dell’arte e Christopher è un’amante di essa e non aspetta altro che poterla creare con le sue mani.
BOYxBOY
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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CAPITOLO 1

L’urlo di Munch – Christopher -

Se avesse potuto dipingere quel momento, era certo che nulla avrebbe potuto ritrarlo meglio dell’urlo di Munch. Doveva essere la terza volta che girava alla stessa volta stradale, girando intorno allo stesso palazzo, chi lo aveva visto doveva averlo preso per un idiota o per un ladro in avamposto. E non si sarebbe affatto sbagliato sulla prima.
Christopher aveva voglia di uccidere e di uccidersi. Come gli era venuto in mente di mentire? Anzi, come era venuto in mente ad Poppy di prendersi un maledetto virus intestinale in quel momento. La sua bugia non era troppo grande se solo tutto fosse andato secondo i suoi piani, non aveva affatto pensato ad un piano B, non ne aveva sentito il bisogno tutto sarebbe potuto andare bene almeno per la giornata che l’aspettava l’indomani.
Il semaforo scattò verde, Christopher rimase immobile con la freccia accesa che ticchettava, il clacson alle sue spalle lo fece sobbalzare. Si rimise in moto, spostandosi un ciuffo scuro da davanti il viso, il gel che doveva tenergli i capelli aveva ormai perso la sua presa. Era la quarta volta che si ritrova lì davanti, decise finalmente di accostare con le quattro frecce attive. La luce a neon del locale in cui doveva andare urlava a chilometri di distanza “sono un nightclub”. Da dove si era posizionato non aveva difficoltà ad osservare le persone che c’erano lì, e gli sembravano tutte molto normali, come lui, non sapeva che cosa si sarebbe dovuto aspettare.
«Sono un’idiota.»
Christopher sospirò. L’unica differenza era il modo in cui erano vestiti, alcune ragazze portavano gonne corte e magliette attillate, stivali dai tacchi alti e volti truccati, i ragazzi erano altrettanto in tiro. Christopher si osservò, la camicia bianca che indossava era lievemente stropicciata, i pantaloni beige non erano tanto male se solo non fossero stati tanto stirati tanto da cadere dritti con sotto ai piedi i mocassini lucidati, gli davano l’impressione del tocco da universitario riccone e snob. Si era levato la giacca con lo stemma dell’università e l’aveva buttata sui sedili dietro di lui, decise poi di sfilarsi anche la cravatta.
Si osservò allo specchietto del guidatore, quantomeno non aveva troppe occhiaie, si smosse poco i capelli scuri e prese un ulteriore respiro, sistemò la macchina nel parcheggio spegnendo le quattro frecce e decidendo di uscire.
È una cosa stupida.”
Non aveva mai avuto una ragazza come interesse amoroso, non ne aveva nemmeno mai avuto l’ardente desiderio. Ricordava che gli era piaciuta una ragazza in primo liceo ma non aveva mai approfondito l’argomento. Nella storia della sua famiglia era sempre stato un buono a nulla, quella non era che un’ulteriore macchia sulla sua esistenza, aveva diversi difetti che la sua famiglia non mancava di sottolineare, non era ancora pronto a rivelarne un altro, era stato in grado di trovare un modo per rimediare, per guadagnare un altro periodo di pace prima che la famiglia venisse a sapere tutto. Era il mondo che aveva deciso di odiarlo.
Mentre camminava verso l’entrata qualche ragazza gli lanciò diversi sguardi, come fecero diversi ragazzi. Era consapevole di essere piacente come ragazzo ma non doveva badare a loro in quel momento, con i ragazzi di solito era bravo a provarci. Non erano un problema ma nemmeno la soluzione alla sua problematica.
Che vergogna.”
Si passò una mano tra i capelli. Doveva solo essere in grado di passare una notte con una ragazza, non gli importava chi fosse, purché un minimo lo attraesse. Sapeva anche che vicino quel locale e al suo interno, c’era chi era disposto a certi servigi sotto pagamento. Aveva diverse amiche e non aveva nulla nei confronti del genere femminile, solo che non era mai stato capace di avere una relazione, d'altronde non ne aveva mai visto il motivo dato che ad attrarlo erano i ragazzi. Ma non aveva nemmeno mai pensato che
avrebbe preferito anche uno stile di vita fuori dallo schema della sua famiglia.

Christopher arrossì al pensiero, vergognandosi. Ma continuò a camminare tra i ragazzi all’entrata dirigendosi verso l’entrata e mettendosi in fila per attendere di poter entrare. Il suo pensiero non doveva essere tanto terribile, se fosse riuscito a passare una notte con una ragazza, sicuramente lo avrebbe smosso dall’avere un po' più di coraggio per riuscire a trovarne una con cui stabilire un rapporto... di qualche tipo, non aveva ancora idea di come gestire tutto, per quel momento gli sarebbe bastato riuscire per il giorno a venire. Doveva solo sciogliersi sotto quel punto di vista, ma non aveva tempo per farlo e doveva puntare alle maniere forti e dirette.
Poppy doveva avere un solo compito, gliene aveva dato uno solo e il virus si era messo di mezzo, ed eccolo lì, nel mezzo di un pub dalle luci sparate sulla folla, a primo impatto gli diedero un lieve fastidio. La musica alta sembrava fargli tremare le ossa, ma non era di certo abituato ad esserne immerso in quel modo, la voce di Katy Perry rimbalzava tra le pareti a tutto volume sulle note di “I Kissed a Girl”, troppo a tema, un’altra probabile presa in giro del mondo.
Il locale non era piccolo, nella parte centrale, la più ampia le persone intorno a lui ballavano scatenate, altre bevevano tenendo i drink in mano e non curandosi delle chiazze che lasciavano cadere a terra. Intorno dietro delle basse ringhiere erano posizionati tavolinetti bassi con poltrone dall’apparenza comoda, diversi ragazzi erano buttati sopra chiacchierando, strusciandosi o riprendo fiato. Alla sua sinistra intravide il bancone dove venivano serviti i drink, era illuminato da diversi led coperti da tutte le persone che vi erano intorno, o erano sedute sugli sgabelli posti dinanzi, dietro le bottiglie riflettevano le luci creando dei colori vivaci e interessanti. Decise di passare per primo da quel primo step. Si avviò verso il bancone tra diversi spintoni, arrivò lì aggrappandosi al bordo e chiedendosi come potesse essere divertente trovarsi nel mezzo di una folla più simile a una mandria di buoi imbufaliti che altro. Voltò lo sguardo verso quello che doveva essere il palco del locale si chiese che tipo di spettacoli facessero nelle serate dedicate oltre alle Drag Queen.
«Cosa prendi tesoro?»
Christopher voltò lo sguardo verso il barista, indossava una camicia aperta sul petto abbronzato, dei pantaloni attillati e del trucco sugli occhi, ciò che risaltò ai suoi occhi però fu la parrucca dai capelli viola che indossava.
Non lo faceva impazzire quel modo di parlare smielato, ma sorrise lo stesso, d’altronde era il suo lavoro. «Una frase un po' stereotipata.»
Il barista sorrise, aveva gli occhi scuri e mani piccole, Christopher gliele invidiò. Non doveva essere tanto grande, forse qualche anno in più di lui.
«Me lo impone il lavoro, ma per un ragazzo bello come te sono disposto ad usare le frasi che più ti aggradano.»
Christopher sorrise, «fammi quello che vuoi, purché sia forte.»
Il barista gli fece l’occhiolino e si mise a lavoro, era un ragazzo decisamente carino, non esattamente il suo tipo ma non gli sarebbe dispiaciuto provare a vedere se poteva essere in grado di portare avanti quella conversazione.
Non sono qui per questo.”
Doveva bere, lasciare che un minimo la musica lo potesse aiutare e molto probabilmente fare affidamento ai soldi che aveva nel portafoglio. Sospirò nuovamente, vergognandosi del suo stato.
Se non ci provo mai non arriverò da nessuna parte, la prima ragazza che vedo al bancone provo ad avvicinarmi.”
Il drink davanti a lui aveva un colorito azzurrino e non sapeva che cosa ci fosse dentro, aveva osservato il barman mentre faceva roteare le bottiglie e versava nel suo bicchiere per poi shakerare, ma era rimasto ipnotizzato dai suoi movimenti e non aveva prestato attenzione a ciò che gli veniva versato. Prese a berne diverse sorsate facendosi bruciare un poco la gola. Il barista rise, lo percepì farsi più vicino al suo viso per farsi sentire mentre parlava.
«Ne vuoi un altro? Sembri averne bisogno.»
Christopher sollevò le sopracciglia, «si nota così tanto?»
«Ho visto tipi messi peggio.»
Christopher non sapeva comunque se prenderlo come qualcosa di positivo o meno, ordinò un altro drink mentre la musica intorno a lui si faceva poco più offuscata, quel drink doveva essere davvero forte.
Voltandosi nuovamente verso la folla vide che diverse ragazzi e ragazze erano saliti sul palco o ballavano attaccati a dei pali, indossavano tutti pantaloni di pelle attillati, dei crops corti sopra che mettevano in mostra ventri piatti o muscoli scolpiti, con stampato il logo del locale. Sia donne che uomini ballavano flessuosi, attirando gli sguardi e dando spettacolo, Christopher sapeva che quel locale era ben conosciuto anche e soprattutto per quello, per l’inclusività che offriva, era frequentato da qualsiasi tipo di persona. Sapeva anche che molte volte gli uomini si vestivano da donne, e viceversa, il tutto per dare più divertimento, spettacolo e senso di libertà possibile.
Christopher aveva scelto quel luogo sperando che lo aiutasse con l’ambiente che si respirava, ma fino a quel momento non era riuscito a far altro che filtrare con il barista, non un ottimo inizio per la sua missione personale.
Si voltò nel momento in cui con la coda dell’occhio vide una ragazza avvicinarsi al bancone richiamando il barista con un gesto. I capelli erano biondi e lunghi, il volto semi coperto da essi sembrava avere dei tratti delicati. Indossava i vestiti del locale, doveva lavorare lì come ballerina. Poteva provarci, se lo era ripromesso un’ora fa e ancora non si era mosso.
Prese un ulteriore sorso dal drink e si voltò verso la ragazza, il barista la stava servendo in quel momento. Quando Christopher si girò dovette attirare la sua attenzione, perché lei si voltò nello stesso momento.
A prima vista non sapeva ben spiegarsi cosa, ma era certo di averla già vista da qualche parte. Eppure non poteva essere, non conosceva nessuna ragazza che potesse lavorare in quel luogo. La pelle era chiara e i lineamenti erano delicati, solo un poco spigolosi, non riusciva a capire di che colore fossero gli occhi, erano truccati con un lieve ombretto e una linea di trucco che li allungava, rendendoli più fini. Eppure più la osservava più era certo di averla conosciuta.
Quando la vide appena spalancare gli occhi si chiese se non avesse già sbagliato qualcosa, si era a malapena mosso. La ragazza prese il suo drink e fuggì tra la folla, Christopher rimase con le labbra dischiuse e l’inizio di un tentativo di dialogo tra le labbra. Si accigliò osservandola da dietro mentre si ributtava tra la folla. Aveva le gambe snelle ma muscolose, il torace un poco largo ma la vita era stretta, da quello che aveva potuto vedere il ventre era piatto con un filo di muscoli ben lavorati.
Mi sembra di aver già visto un fisico simile.”
Da quando frequentava l’università di economia aveva imparato a conoscere molti del suo corso, all’inizio erano decisamente troppi per poter ricordare i volti, ma con il tempo la difficoltà degli studi e il costo elevato della struttura avevano attuato la loro scrematura. Era riuscito a farsi il suo gruppo di amici ristretto e aveva iniziato a dare ascolto alle
voci di corridoio che si erano andate a creare dopo che nelle aule si era venuta a creare una certa conoscenza generale di chi frequentava. Anche all’università si andavano a creare delle piccole liste di chi poteva essere più popolare e messo sotto i riflettori di altri che a differenza si mischiavano tra la folla. E anche Christopher era riuscito a notare uno dei ragazzi più in vista nel suo corso, Gabriel.

Lo aveva visto diverse volte durante le lezioni, molte delle quali si era ritrovato ad osservarlo da dietro o affianco. Aveva caratteristici capelli biondi e lunghi che portava quasi sempre legati. Da dietro senza vedere il suo volto, era certo che fosse uno di quelle persone che mettevano in difficoltà le persone, rendendogli difficile immaginare il volto coperto da una chioma considerata prettamente femminile, sarebbe potuto facilmente passare per una ragazza. Si erano ritrovati a sedere vicino in una aula studio, Christopher aveva avuto modo di studiare la sua particolare bellezza e si era sentito decisamente distratto, quel Gabriel aveva un che di particolare, riusciva a capire perché risaltasse tanto in mezzo a tutti. L’aveva sentito come aggettivo, androgino, e quel ragazzo ne era l’esempio perfetto, non era riuscito ad evitare di lanciargli diverse occhiate fino a che non aveva notato l’apparecchio che portava alle orecchie. Inizialmente aveva pensato a delle cuffiette, solo osservandolo meglio si era reso conto che era qualcos’altro, la domanda gli era sorta spontanea: era forse sordo? Non ricordava di averlo mai visto parlare o interagire molto, ma non lo seguiva nemmeno in modo così assiduo.
Christopher si accigliò nuovamente, chiedendosi il motivo di quei suoi pensieri. Ormai la ragazza era sparita tra la folla e la musica cominciava a dargli alla testa mischiata con l’alcool.
Capelli biondi, fisico confondibile, viso delicato…”
Ma che andava a pensare? Si stava inutilmente distraendo. L’indomani sarebbero venuti i suoi genitori a trovarlo e lui non aveva ancora una ragazza da presentargli. Era già abbastanza deludente che la sua mente tendesse all’arte più che ai calcoli, doveva dargli almeno un motivo per pensare che non fosse del tutto diverso dall’ideale che loro si erano creati.
Si scolò l’ultimo sorso di drink e si buttò nella folla.

***

Era stato tutto inutile, se lo sarebbe dovuto aspettare. Non era riuscito nemmeno ad andare con nessuna ragazza, non aveva nulla contro le donne che lavoravano lì, né era stato bloccato dalla loro professione, semplicemente non era stato in grado. Non era il suo ambiente, era stato un idiota a pensare che una sola notte avrebbe potuto ribaltare la sua esistenza e il suo modo di essere. Non si era mai sentito più stupido di così.
«Poco male, per domani mi inventerò una scusa.» sospirò. Guardò l’ora sul suo orologio, erano le tre di notte, l’indomani lo aspettava una giornata impegnativa e lui si era giocato anche le ore di sonno che gli sarebbero dovute essere utili per affrontarla.
Si fece largo tra le persone all’entrata, tra gli ubriachi e chi parlava a voce troppo alta riuscì finalmente a respirare un’aria un poco più pulita. La puzza di sudore e chiuso cominciava a dargli alla nausea, certamente anche lui non doveva avere chissà che profumo, era grato che nessuno lo aspettasse a casa, non lo avrebbe sentito puzzare di alcool e indossare vestiti stropicciati e zuppi.
Voleva solo trovare un punto dove riposare un po' prima di riprendere la macchina, era cosciente di non averne le forze in quel momento. Lì davanti la maggior parte dei ragazzi erano seduti a terra o sulle poche panchine presenti, ma non aveva alcuna intenzione di sedersi lì in mezzo da solo. Aggirò il locale poggiandosi alla parete più libera e interna a un vicoletto cieco, un poco nascosto dalla folla all’entrata. I palazzi intorno in confronto erano tutti silenziosi, si chiese come facesse la gente a vivere lì vicino, le strade erano frequentate solo da ragazzi da quello che poteva vedere, alcuni sedevano sugli scalini dei negozi chiusi, fumando e bevendo, altri camminavano per uscire o per entrare, alcuni sorretti da amici, altri ridevano in modo sguaiato.
L’odore dell’immondizia raggiunse lentamente le sue narici, doveva essere anche lui un poco ubriaco, non l’aveva sentita subito, era un poco stordito dall’odore di fumo che fino a quel momento aveva intasato il suo naso. Doveva essersi imbucato in una delle uscite sul retro del locale, una porta era appena socchiusa e sentiva la musica che veniva da dentro, in quel momento si accorse anche di una nuvola di fumo a poca distanza da lui e si voltò.
La ragazza era lì, poggiata al muro mentre fumava.
Capelli biondi, viso delicato, corpo muscoloso ma sottile.”
Si avvicinò con un passo, reggendosi con la mano al muro. La ragazza si voltò verso di lui, sollevando il sopracciglio biondo con la sigaretta tra le labbra sottili. C’era qualcosa nei suoi lineamenti, la mascella era un poco troppo squadrata, ma il viso nel complesso era delicato, gli occhi un poco lucidi. La mano che teneva la sigaretta era pallida e dalle dita lunghe e sottili, dovevano essere perfette per dipingere o suonare uno strumento. Le braccia erano sottili ma con muscoli asciutti, i pantaloni attillati alle gambe muscolose ma magre. I capelli biondi ricadevano sulle spalle morbidi e disordinati.
Eppure guardandola... non aveva il seno. Christopher scosse la testa, non tutte le ragazze avevano il seno. Certo era strano che la stoffa attillata mettesse in mostra un lieve rigonfiamento tra le sue gambe... come era strano che i suoi occhi fossero andati proprio lì. Christopher si accigliò nuovamente.
Capelli biondi, viso delicato, corpo muscoloso ma sottile... oddio.”
«Gabriel!»
Christopher vide il ragazzo...o la ragazza dinanzi a lui strabuzzare gli occhi. Erano di un azzurro intenso.
Era proprio lui, era identico seppur truccato abbastanza da mascherare i suoi lineamenti. Lo vide portarsi una mano all’orecchio, spostando una ciocca mentre lui continuava a parlare a vanvera: «Non ci posso credere, sei del mio corso! Sei tu!» Non sapeva dirsi perché quella cosa lo emozionasse così tanto, era decisamente inaspettata in una serata iniziata e finita male.
Il ragazzo buttò a terra la sigaretta, avvicinandosi a lui, «chi sei?»
Non leggeva panico nella sua voce, solo molta attenzione. Gli era sembrato che fosse poco lucido mentre fumava, ma in quel momento sembrava pienamente cosciente di sé.
«Christopher Mcallister.»
Il nome non sembrava avergli scosso nulla, si spostò una ciocca bionda dietro le spalle con lo sguardo confuso.
«Andiamo alla stessa Università, facoltà di economia... sei... abbiamo studiato nell’aula duecentoo... duecento sei vicini. Non, non che io ti abbia parlato ma...»
Gabriel porse l’orecchio verso di lui, con la fronte corrucciata. Una piccola scintilla di comprensione attraversò i suoi occhi, «eri il tipo vestito bene che mi fissava, ho provato
a interagire prestandoti una matita, ma poi mi sono alzato, non parlavi.»

Christopher avrebbe voluto ridere, effettivamente quel giorno doveva essere sembrato molto molesto. Eppure era sorpreso, non aveva mai sentito la sua voce, aveva visto l’apparecchio all’orecchio e per un attimo aveva creduto che fosse sordo, eppure Christopher sentiva bene la sua voce, non era strana. Era molto bella.
«Già...scusa sai non sapevo che dire ero curioso-» un lieve conato lo scosse, si resse alla parete prendendo un respiro profondo per cercare di trattenerlo. Gabriel gli si avvicinò, protendendo le mani verso di lui per sorreggerlo giusto in tempo mentre il suo stomaco si svuotava a terra.
«Attento!»
Le sue braccia erano più esili delle sue, eppure riusciva a sostenerlo, Christopher si resse un poco alla parete per non pesare del tutto su Gabriel, lo sentiva tremare sotto di lui per lo sforzo di trattenerlo e si era chinato in avanti per tentare di reggersi in equilibrio e non rischiare di cadere con lui.
Che figura.”
Quando ebbe finito di liberarsi lo stomaco tossì e si sollevò aiutato da Gabriel, poggiandosi al muro. Il lieve giramento di testa gli diede le vertigini. Gabriel lo aiutò a poggiarsi per poi rimettersi dritto, senza mai smettere di guardarlo.
«Christopher giusto? Quanto hai bevuto?»
«Qualche drink.»
La luce del lampione era forte ma non gli dava più molto alla testa, oltre alla stanchezza sentiva che l’ebrezza dell’alcool si era spiaccicata a terra.
«Ti prendo l’acqua, aspetta qui.»
Sentì Gabriel rientrare nel locale e si voltò, non aveva mai avuto modo di parlarci, era vero, e lo aveva anche dato per sordo, eppure eccolo lì che lo aiutava dopo che lo aveva sorretto mentre vomitava. Conoscere le persone poteva essere un’esperienza interessante.
Quando lo vide tornare e offrirgli il bicchiere d’acqua bevve un sorso velocemente, «Grazie.» Prese un ulteriore sorso voltandosi un poco e dando le spalle a Gabriel per un momento, il tempo di sputare l’acqua sciacquandosi per quanto possibile la bocca, si passò la manica sulle labbra e dopo un respiro profondo si posò nuovamente con la testa al muro. Quando riaprì gli occhi lo vide dinanzi a sé un po' chinato in avanti per osservarlo meglio in volto, i capelli gli sfioravano il viso e lo incorniciavano perfettamente.
Era il ragazzo più bello che avesse mai visto. Nonostante il sudore gli avesse fatto colare il trucco e scompigliato i capelli, aveva una bellezza così particolare che non riuscì a trattenersi.
«Sei bellissimo, come uomo, come una donna, più di una donna quasi sai...» la gola secca lo portò a tossire, «Mi ricordi Apollo. Nelle sue rappresentazioni ti somiglia e...»
«Cosa?»
«Ma sì Apollo, il Dio, per esempio quello di Gustave Moreau, Apollo e le nove Muse. Dovresti…» ma che stava dicendo? Osservandolo era certo di aver intravisto un lieve rossore, ma non poteva esserne certo. Di sicuro stava facendo una figura barbina.
«Forse dovresti andare alla tua macchina...» la sua voce era più salda della sua, anche se sembrava a disagio. La luce del lampione creava sulla sua pelle sfumature rossastre che avrebbe voluto dipingere.
Christopher si sollevò dal muro con un verso di fastidio, non gli dispiaceva del tutto rimanere lì a straparlare di cose di cui a malapena si rendeva conto. Era certo di non aver detto nulla di brutto infondo, erano tutte cose belle e vere, le sentiva davvero.
«Ti aiuto ad arrivare alla macchina.»
Gabriel si mise al suo fianco ma non allungo il braccio per sorreggerlo, non invase il suo spazio ma poteva sentirlo al suo fianco che lo osservava pronto ad aiutarlo.
«Grazie.»
Improvvisamente era certo gli si fosse accesa una lampadina nel cervello, quella piccola e stupida idea che mai avrebbe avuto l’ardire di dire a voce se non fosse stato aiutato da quel poco di alcool ancora in circolo, ma allo stesso tempo era geniale, lo sapeva. La sua migliore amica non poteva aiutarlo, l’incontro con i suoi genitori era l’indomani e sapeva che suo padre sarebbe stato in grado di smascherarlo se avesse voluto. Doveva presentarsi con una ragazza per un solo giorno, e avrebbe potuto avere un altro periodo di pace per pensare ai suoi studi, sentirsi meno un fallimento e rinchiudersi in ciò che amava davvero.
Mentre camminava verso la macchina, con accanto Gabriel, decise di parlare, «Dammi una mano!»
Gabriel si voltò verso di lui, lo sguardo ancora confuso, si fece più vicino trattenendolo dal cadere quando aveva preso una buca che non aveva visto a terra. «Lo sto facendo, dimmi qual è la tua macchina.»
Christopher smosse la mano con un gesto di noncuranza, più lo guardava più ne era sicuro. Poteva funzionare. Non lo conosceva abbastanza da vergognarsi per chiederglielo, Gabriel lavorava in un posto simile e vestito in una maniera del tutto diversa da come si presentava in una università molto prestigiosa di economia, quindi doveva avere, magari, dei problemi di soldi? Quelli lui li aveva di sicuro, ed era stato sempre bravo a leggere le persone.
«No! Non la macchina! Diventa la mia ragazza!»
Anche in quel momento riuscì a sovrapporre lo sconcerto sul viso di Gabriel con l’espressione terrorizzata del soggetto del quadro di Munch, i suoi occhi erano sbarrati e le labbra spalancate. Subito dopo la sorpresa vide dipingersi sul suo volto la diffidenza, si allontanò di qualche passo.
«Aspetta! Cioè mi sono espresso male intendevo... mi serve una finta ragazza per un pomeriggio, ne va della mia vita.» Nell’ultima parte aggiunse un pizzico di drammaticità di troppo, ma sentiva di non star mentendo del tutto.
«A me non interessa, non ti conosco nemmeno! Ti ho visto sì e no due volte, se hai gusti particolari non ne voglio sapere nulla.»
Christopher scosse la testa, tenendo la voce alta per parlare. «Ti prego, prendilo come un lavoro, ti pagherò. Qui per...fare quello che fai ti pagano no? Sarà la stessa cosa. E io di soldi ne ho» non vide il minimo cenno di cedimento se non nel momento in cui mise quell’ultimo dettaglio. Lo sapeva, sapeva leggere le persone e le loro necessità, suo padre non faceva altro nel suo lavoro e nella vita in generale, leggere le persone, glielo aveva insegnato, lo odiava ma tornava sempre utile.
«Sono un ragazzo, che diavolo...» scosse la testa velocemente, «È assurdo, è quella la tua macchina?»
Continuarono a camminare ma Christopher non si perse d’animo. «Lo so, ma cazzo non so come fare» sussurrò con un gemito di frustrazione, era un’idea geniale ma era disposto a capire che fosse assurda e non di facile accettazione, «Senti non sono un compagno pervertito, mi serve solo un aiuto e trovarti qui... insomma-»
«Come?»
Lo vide farsi un passo più vicino, le ciocche bionde vennero spostate dietro l’orecchio e con nonchalance incrociò le braccia senza guardarlo troppo direttamente negli occhi, era già abbastanza umiliante chiederlo una volta, adesso doveva anche ripetere.
«Dicevo...non sono un pervertito, mi serve un-»
«Alza la voce. Non riesco a capire cosa dici.»
Christopher si accigliò, ma forse se doveva ripetere poteva anche voler dire che non era del tutto disinteressato alla proposta.
«Mi serve che fingi di essere la mia ragazza per un pomeriggio, davanti la mia famiglia. Ti darò tutte le indicazioni io e in cambio ti pagherò, il doppio di quanto prendi qui.»
Nessuno dei due avrebbe avuto da perderci nulla, il suo compagno di università non sarebbe andato a dire in giro una cosa del genere sapendo che lui avrebbe potuto dire a tutti dove lavorava. Era per quello che era fuggito al bancone? Doveva aver riconosciuto un volto familiare e si era allontanato anche senza accertarselo, quindi i suoi conti tornavano, non voleva che si sapesse. E lui non aveva alcuna intenzione o interesse a rivelarlo, ma avere una precauzione in più rendeva la situazione perfetta a suo gioco. Col tempo avrebbe potuto rifilare ai suoi la scusa dell’aver rotto con la sua presunta ragazza, non sarebbe stato il massimo, ma avrebbe tenuto alta la sua copertura e un poco più calma la sua vita.
«Sei così ubriaco? Forse dovresti riposare un altro po'.»
Christopher si rese conto che doveva convincere lui, tutti quei pensieri che si era fatto rendevano quella scelta ottima solo per lui.
«Sto parlando seriamente.» Riconobbe la sua macchina e ci si poggio appena, voltandosi verso Gabriel. «Mi serve una mano. Ascolta solo un momento, ne avrai da guadagnare anche tu.»
«È una richiesta assurda, anche se siamo dello stesso corso.»
Gabriel si fermò ad osservarlo a poca distanza, le braccia incrociate come a tenersi il più possibile a distanza, gli occhi svirgolarono verso il basso e Christopher ebbe il tempo per osservarlo, si chiedeva se non avesse freddo lì fermo con la pancia di fuori e le maniche corte. Riusciva ad immaginarselo nella parte, ma non lo aveva mai visto al di fuori del contesto universitario, le due immagini cozzavano nella sua testa. Era la terza a preoccuparlo di più.
Scoppiò a ridere senza riuscire a trattenersi.
Non posso credere che la mia mente stia già pensando a come dovrebbe vestire. Sono un vero idiota.”


ANGOLINO: ciao a tutti! Se avete finito questo primo bizzarro capitolo spero che vi sia piaciuto, è una storia senza troppe pretese ma a cui sono affezionata e spero che possa piacere, ho tanta voglia di far crescere questi due personaggi.
Grazie a tutti e spero che ve la godrete >.<
Un saluto a tutti.



Se vi può interessare nel frattempo sto scrivendo anche una storia fantasy (tanto per rendermi le cose complicate :D), "Il fuoco della Fenice" 
https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=4067630&i=1 

   
 
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