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Autore: _Alcor    05/01/2024    6 recensioni
Lamenti di dolore arrivano dalle viscere della terra. Nel caso migliore si tratta di un serpente mitologico in attesa di vendetta, nel caso peggiore si tratta di un cavaliere che ha vissuto per mille anni in totale isolamento.
Armato di spada e una buona dose di sprezzo del pericolo, Caelum si immerge in una grotta vicino alla città dove presta servizio. L’unica cosa che sa è che, qualsiasi cosa si trovi là sotto, non può essere umano.
{ispirata a Survival dei TesseracT}
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Warden of humanity'
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[Caelum Rothschild]







Al cartello incrostato di muschio giallo, imbocco le scale per la statua della Guardiana.

Le pietruzze incastonate nei gradini si accendono una dopo l’altra, tracciando un sentiero azzurro che rischiara lì dove la luce delle lanterne non arriva. Il peso dello zaino sulle spalle ha a malapena rallentato il nostro andamento, ma dopo due ore di cammino il fiato inizia a farsi corto.

Ardens mi supera, nei denti stretti riconosco ancora l’accenno di nervosismo che litigare con Yelena gli ha messo addosso. Lei gli ha vietato di lasciarmi andare perché è scemo mandare qualcuno nelle cave da solo! Lui si è rifiutato di lasciarla sola con Joshua perché non sappiamo che può fare né a te né a Marie, si vede che non è il solito!

Il bisticcio è degenerato in sussurri in lingue astruse e ci sono voluti solo dieci minuti per far abbassare loro i toni. Disfarsi delle pietre rosse e preparare la tisana-la-Guardiana-solo-sa-perché-disintossicante ha rubato ulteriore tempo, ed Ardens si è rifiutato di muoversi finché non è stato sicuro di aver preparato tutto il materiale necessario per la discesa nelle grotte.

Fortuna che una volta nel sottosuolo, giorno e notte non faranno differenza.

Mi fermo al varco sotto gli alberi intrecciati e alzo gli occhi al cielo punteggiato di bianco, individuo a colpo d’occhio le tre stelle della linea d’argento. Il lucchetto, la stella del giuramento alla Guardiana, splende immutata poco distante. Un giorno finirò lassù, a vegliare sui passi dei prossimi schermitori.

Stringo l’orecchino destro fino a sentir il perno forarmi il pollice. Guardiana, hai davvero permesso che Mons marcisse lontano da te per un millennio?

Il sussurro graffiante si ripete, un gorgoglio spezza le note ormai familiari. Ardens si irrigidisce, alza la lanterna.

Il fuocherello che crepita dentro il vetro mi acceca, mi schermo il viso. «Ardens.»

«Scusa.» Non la abbassa, mi precede sul percorso illuminato. «Mi aspettavo che avrei capito qualcosa, questo non sembra dialetto dell’ottocento scorso…»

«Appassionato di lingue morte anche tu?»

Alza un ciglio, tira le labbra in un sorriso sghembo. «Si capisce qualcosa di solito, questo è parecchio confuso…» Lascia cadere il discorso, Yelena parla una tale quantità di lingue che non mi sorprendo che abbia preso in cambio un dialetto antico con qualcos’altro di totalmente diverso.

La via si allarga nella piattaforma di pietra, la fiamma riscalda le statue della Guardiana e il linnormr. Passo oltre, la lanterna alta per ritrovare le tracce del nostro passaggio.

Decine di tronchi secchi e ritti come aghi occupano la zona, il bagliore azzurrognolo delle pietre si spegne dopo pochi respiri. Sfrego la punta degli stivali sul terreno. L’erba calpestata porta a una frattura lunga e stretta, circondata da una cornice rada di radici. Trovata la tana per topi preferita di Josh.

Ardens ci gira attorno, accompagnato dallo scricchiolio delle foglie. «È stretta. Troppo per gli zaini.»

Stretta è minimizzare, ma non mi stava dando retta quando gli ho detto che non potevamo portarci troppo dietro. Poggio la lanterna e mi tolgo lo zaino dalla schiena. Slaccio il fodero della spada dal fianco e mi caccio il taccuino con la mappa dentro la tasca della giacca. «Fammi provare.» Mi accuccio a terra e infilo le gambe dentro, sfrego contro i bordi slabbrati. Una pioggerellina di polvere scivola dentro la fenditura, a disturbare i poveri ragni che avranno appena finito di risistemare le loro tane.

Svuoto i polmoni e faccio scivolare il busto all’interno, con i piedi tocco pietra solida. Il buco è così stretto che non riesco a passare con il mento, piego la testa di lato. Sfrego le orecchie contro il terreno, un brivido mi risale la schiena.

Dentro. Raccolgo le gambe al petto. «È un po’ stretto ma è fattibile. Spada?»

La luce della lanterna mi ferisce gli occhi, Ardens la fa calare attraverso la fenditura. Afferro la base tiepida e la avvicino al mio petto, prendo anche il fodero che mi viene passato. Un dislivello pende verso sinistra e si trasforma in un cunicolo a occhio e croce più largo dell’entrata che abbiamo appena varcato, scivolo sulle chiappe in quella direzione.

Gli appunti di Josh parlano di cunicoli di oltre due metri di altezza, questa sarà un'entrata imprevista che si è formata in anni di erosione. Magari se non lo provocavo mi diceva un posto più comodo da cui entrare…

Ardens cala dentro il buco anche la sua lanterna e spada, li sposto di lato per dargli migliore accesso ma indugia senza entrare. Tira una pedata ben assestata che fa saltare grossi pezzi di terra dal bordo dell’entrata. «Forse così ci passo,» mormora.

Compaiono i suoi stivali, le gambe, fa comunque un po’ di fatica a far passare il petto. Essere un armadio a due ante questa volta lo sta impicciando parecchio. Delle zampette mi risalgono il braccio, un ragno dei crinali grosso quanto il mio pollice mi corre sulla spalla e mira al collo. Le zampette acuminate scintillano come se fossero ricoperte di una patina di metallo.

Eh no, tu non sei normale.

Lo schiaffeggio via. La creaturina fa una parabola e si arpiona a un ginocchio di Ardens, che con le gambe strette al petto com’è mi fa venire in mente la carne in scatola che Yelena continua a chiamare un grande passo per l’umanità!

«Ho tutto.» Raccoglie tra i due badili che ha per mani la bestia e la appoggia al suo fianco. Annuisco. Mi lascio dietro le spalle la spada e, con la lanterna stretta in mano, scivolo fino all’unico cunicolo. Sporgenze di roccia irregolari si tendono verso il centro come zanne di una bestia, stringo una roccia squadrata macchiata di verde e calo i piedi dentro il passaggio.

Il tunnel si allarga un po’ e piega verso destra, non credo ci sia rischio di precipitare.

Una pressione leggera mi pesa sul petto, è solo mentale ma mi rende difficile respirare. Proseguo fino a finire sdraiato a pancia in sù, la luce della lanterna di Ardens illumina la bocca del punto da cui sono appena passato.

Lascio la mia lì dove è iniziata la curva e mi giro a pancia in giù, sassolini irregolari mi premono contro le braccia ma almeno dovrei riuscire a strisciare meglio. «Cala la spada! Con calma.»

Sussurri graffianti risalgono dal cunicolo.

Guardiamo il lato positivo, Ardens non mi è ancora caduto addosso.





Tiro fuori il cipollotto dalla tasca e faccio scattare la levetta, trenta minuti di strisciare per cunicoli a passo di lumaca solo per essere sicuri di portarci le spade dietro. Magari un giorno l’ordine si rinnoverà e ci permetterà di portare con noi delle rivoltelle.

Le gambe di Ardens mi volano sopra la testa, alla ricerca di un appiglio. Gli prendo uno stivale e lo guido verso una delle punte sporgenti. Il piede scivola un paio di volte sul supporto, ci appoggia il peso.

Abbasso il braccio, mi scortico la pelle contro la roccia ruvida. Devo uscire, mi serve aria. Dovevo immaginarmi che Josh fosse stregato dagli spiriti dal fatto che si infila di sua volontà qui dentro.

Controllati. «Tu scendi, c’è una lieve depressione nel terreno. Ti infili nell’unico buco che vedi e poi cinque minuti di pausa, okay?»

Ne ho bisogno.

«Hm!» risponde Ardens. Una pioggerella di polvere mi cade tra i capelli, nulla di grave. Ho già fatto collezione di ragnatele e lividi, a un mostro leggendario non importa come ti presenti.

Mi trascino fuori dalla conca e mi tiro dietro spada e lanterna, il paesaggio si apre nell’ennesima stanza irregolare poco più spaziosa di un armadietto. Una fenditura verticale nella roccia, grande quanto quella da cui ci siamo calati per entrare nelle grotte, taglia il muro. Una brezza leggera mi smuove i capelli, l’aria odora di vapore e metallo, sfrego il dorso della mano sul naso e allungo le gambe. I muscoli intorpiditi mi strappano un gemito sottovoce.

Ho perfino della polvere in gola. Non c’è abbastanza luce, aria, nulla. Mi stringo il ponte del naso e poggio la fronte sulle ginocchia. Un respiro, un altro. Il sussurro agonizzante di Mons mi passa accanto e risale su per la via da cui siamo arrivati.

La testa arruffata di Ardens emerge dal pertugio, si trascina dentro e mette in piedi al mio fianco.

Soffoco, è come se il solo fatto che sia arrivato mi abbia tagliato gran parte delle riserve d’aria. Il cuore pompa e, improvvisamente, mi batte nelle orecchie.

Ardens piega la schiena. «Sei pallido.»

«Passerà.» Alzo le spalle. «Gli schermitori fanno questo e altro, lo sai. Tipo, salvare persone, sventare crimini.»

«Non è lo stesso tipo di difficoltà,» dice quello che non dà nemmeno cenno di essere nervoso. Che rabbia. «I criminali basta metterli dentro.»

«“Basta”, perché siamo tutti molto capaci in questo campo.» Mi concentro sul ricordo della celletta torrida della guardia cittadina, ci ho camminato dentro di mia volontà sullo sfondo delle imprecazioni masticate di quel bastardo di Elias. «Mi sono consegnato perché non riuscivano a stanarmi.»

Ardens trattiene una risata. «Oh sì, con quei capelli rossi eri introvabile nella folla.»

«Non è colpa mia se quello là non ha fiato per rincorrere nemmeno un cinno che ha appena imparato a camminare.»

«Avevi tredici anni. E le tue gesta venivano raccontate nelle cucine tra le risate generali.» Alza le spalle. «Mi ci infilavo dentro solo per sentire che aveva combinato il turbine.»

La pressione si allenta a malapena. Avevo le nocche graffiate al tempo e l’occhio mi pulsava, ma me lo meritavo. Quando nasci stronzo devi prenderti un paio di sprangate sulla schiena per riprometterti di non essere più così.

Metto le mani a terra e mi do la spinta per accucciarmi. «Non sentivo quel soprannome da un bel po’.»

«Sicuro di star bene?»

«‘na favola, capisco perché Josh ami così tanto l’ambiente. È intimo.»

Mi tira un pugno sulla spalla, sputo il resto dell’ansia con un colpo di tosse. Espiro l’aria per farmi un pelo più sottile e mi infilo nella fenditura, la pressione della roccia contro il petto ravviva il focolare d’ansia. Premo le mani sulla parete irregolare e scivolo di lato.

Riesco a muovermi bene, faccio un passo indietro per uscire dalla strettoia e allungo le mani sulla spada e lanterna. Il passaggio è troppo lungo per farmeli passare come abbiamo fatto fino ad ora.

Ardens esita. «È stretto.»

Il resto del viaggetto che abbiamo fatto fino a ora sarà stata una passeggiata per lui. Lancio uno sguardo alla frattura illuminata dai riflessi aranciati e poi al mio compagno grosso quanto un armadio a due ante.

Merda.

Se avessimo trattato meglio con Joshua ce l’avrebbe fatto notare, questo.

Ardens sta ancora elaborando la consapevolezza, mi allaccio il fodero al fianco e stringo la lanterna. «Io proseguo, tu è meglio se torni indietro a riorganizzare le idee.» Sorvolo sul fatto che questa è la spedizione per decidere cosa fare, meno gli do il tempo per pensare meglio è.

Sta zitto ma quando mi infilo nuovamente tra le due pareti, mi mette la mano sulla spalla. «È pericoloso da solo.»

«È pericoloso solo se faccio idiozie.» Agito una mano, mi spingo un pelo più in là. Alla fine della frattura qualcosa scintilla di vermiglio: le prime tracce del sangue del linnormr con tutta probabilità. «Dobbiamo portare alla guardia cittadina una prova dell’esistenza del mostro per appellarci al diritto di guida.»

Ardens sa che ho ragione, fatica a elaborare una protesta. Scivolo di lato altri due passi, una sporgenza irregolare mi sbatte contro il ginocchio. Ora sono così lontano che anche se provasse a tendere il braccio dentro non potrebbe fermarmi.

«Cael.» La voce è ferma. «Stai attento.»

Tiro le labbra in un sorriso sardonico.

La frattura mi sputa in una galleria alta: le mura sono verniciate dello stesso rosso delle pietre che ho visto a casa di Joshua, solo pochi schizzi sul soffitto sono stati risparmiati dall’ondata.

Il cunicolo è immerso in una luce rossastra, quasi potrei fare a meno della lanterna. Ci poggio una mano sopra per sostenermi, i polpastrelli si intorpidiscono e il fastidio risale fino al palmo.

Brucia.

«Che cavolo!» Scrollo il braccio ma non riprende sensibilità. Mi controllo il braccio, fratture dorate risalgono le punta delle dita fino al polso, irregolari come le crepe su uno specchio rotto. Così veloce?

Prendo un respiro profondo, ho già la scusa per richiedere la chiusura delle entrate ma c’è Mons qui sotto. Joshua è sopravvissuto dieci anni a girarci e Yelena ha quel suo intruglio strano, posso trovarlo prima di andarmene.

Tiro fuori dalla tasca della giacca il taccuino e sfoglio fino alla mappa complessiva del luogo. Ora che sono arrivato al punto di entrata prospettato, lo stemma a forma di stella della guardiana dovrebbe trovarsi dopo un alcune di svolte semplici un po’ più in basso.

Traccio una linea immaginaria dalla partenza fino all’arrivo.

Per prima cosa si va a destra.





Due spesse corde sono state piantate con dei picchetti al muro in fondo a un vicolo cieco, da esse pende una pietruzza nera, intoccata dal torrente di rosso che ha riempito i cunicoli chissà quanto tempo fa.

Dietro la barriera improvvisata c’è una parete liscia, percorsa da decine di venature di ottone che lasciano sfuggire sbuffi di vapore. La nube tremola non appena si avvicina alle corde, si sgonfia e sparisce al contatto. Questo non è normale, riapro il taccuino e sfoglio le pagine. Come fa a non esserci mezzo appunto su una cosa del genere!

Stringo gli occhi, la luce rossa costante è infernale per leggere. Un sussurro graffiante arriva dal vicolo cieco, l’ottone si spande sulla pietra e si tende verso le corde. Trancia di netto uno dei picchetti che le sostengono.

La pietra nera cade a terra, il metallo pulsa e gonfia come un cuore vivo. Okay, la barriera è positiva, va rialzata subito. Mi chino e la afferro, è pesante e odora di antico.

Fortuna che non me ne sono andato immediatamente! Abbiamo la nostra prova che dobbiamo coinvolgere immediatamente la guardia cittadina, gli schermitori delle città vicine e forse rovesciare il paese fino a smuovere il reggente stesso. E se Elias non si fida, lo caccerò qui davanti a calci.

Tiro su il sassolino nero, il suono violento di uno strappo mi ferisce le orecchie. Il muro di pietra in fondo si sbriciola e un’ondata di metallo mi corre incontro: mangia i cunicoli, ricoprendoli di una spessa lamina di ottone.

Oltre il varco spalancato, un cavaliere in rosso mi dà le spalle con la spada piantata a terra. Di fronte a lui, la colossale figura del linnormr mostra le zanne e soffia. I sussurri graffianti mi travolgono.





[.scuse a margine]

Mi sono prospettata tre capitoli, e ho postato. Siamo saliti a max 5, ma sono del parere che forse potrei concludere anche con il prossimo se la scena non lievita.

Come un gran meme insegna: The risk I took was calculated, but man, I am bad at math.

  
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