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Autore: GLaDYS_Vakarian    26/01/2024    0 recensioni
Un Sangue di Drago vaga per la Zona Contaminata... la sua presenza potrà fare la differenza?
Selina ha viaggiato in lungo e in largo nei territori di quelli che una volta erano gli Stati Uniti d’America, giungendo infine nel Commonwealth del Massachusetts, troneggiato dalle rovine della vecchia città di Boston, i cui palazzi e i grattacieli diroccati sembrano ancora bucare il cielo. Ma quando poi il suo cammino si intreccia con quello di John Hancock, dovrà fare i conti con i suoi sentimenti e la sua stessa natura.
"Rotta la tenebra, la leggenda è forte. Perché il Sangue di Drago non teme la morte!"
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, John Hancock, Nick Valentine, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Attraversarono il medesimo ponte dell’andata per raggiungere il centro urbano. Era stato l’unico più vicino che avevano avuto a disposizione per evitare di compiere giri più larghi, scartando anche i ponti che erano rimasti sollevati o erano in parte crollati, e quindi inagibili, a meno che non avessero voluto attraversare l’altra metà del fiume a nuoto.
Come Hancock aveva predetto, videro alcuni Ghoul Ferali barcollare confusamente in giro per le strade cosparse di macerie e rottami, o intenti a cibarsi di carcasse, ma per loro fortuna non erano così tanti come aveva temuto. Erano abbastanza facili da evitare e, dal momento che c’erano degli edifici praticamente demoliti, arrampicarsi sui tetti e rimanere nascosti fu una vera passeggiata, almeno finché le creature non si sarebbero allontanate. Sel fece del proprio meglio per tenere il passo insieme al compagno; a volte Hancock si muoveva più lentamente e lei ne approfittava per colmare il tratto che li separava. Cercarono di spostarsi più alla svelta che poterono, visto che la giornata si stava già tingendo di un colore più ambrato mentre il sole si preparava a tramontare; ma dalla sua posizione e dall’intensità della luce, Sel dedusse che avevano ancora un paio d’ore buone prima dell’imbrunire. Inoltre rassicurò Hancock dicendo che se per qualche motivo non fossero riusciti a rincasare per tempo, si sarebbero affidati alle sue abilità furtive per evitare i pericoli notturni.
  Stavano scendendo da un’enorme pila di macerie, auto distrutte e ogni altro genere di roba ormai irriconoscibile, quando Sel afferrò all’improvviso Hancock per un braccio e lo indusse a fermarsi: « Aspetta, shhh! » gli sussurrò, mettendosi in ascolto. « Si è mosso… si è mosso qualcosa… Lo senti? »
Bastarono pochi altri passi e lo udì anche Hancock. Riecheggiava da pochi isolati distanti, proprio lungo la strada. Sel provò a identificare l’origine del rumore, ma non corrispondeva né ai Supermutanti, né ai Ferali, né ai cani selvatici.
  « Che cos’è? » chiese.
Hancock corrugò la fronte, ascoltò ancora, poi guardò Sel. « Potrei giurare che è uno Yao Guai »
  « Ma… di solito non si tengono lontani dalla città? » rispose lei, perplessa.
  « Infatti. »
Gli Yao Guai. Erano stati i discendenti di coloro che erano stati confinati nei campi di prigionia cinesi prima della guerra ad avergli dato questo nome. Sel li conosceva benissimo: terrificanti orsi bruni mutati, grandi e pericolosi, di solito erano innocui se venivano mantenute le distanze o non provocati. Ma se invece erano anche soltanto malati, attaccavano tutto ciò che vedevano. Per fortuna non sembrava che nel Commonwealth ce ne fossero molti, rari com’erano.
Fecero per raggirare la fonte di quei suoni, che ormai ricordavano chiaramente i rugli di un orso. Hancock fece segno che non dovevano parlare più del necessario; Sel alzò il pollice all’insù, si assicurò che la cinghia del fucile di precisione fosse ben stretta al torace e iniziarono ad avanzare più silenziosamente, accucciati, cercando di non disturbare qualsiasi cosa avessero di fronte nonostante ancora non la vedessero. I versi erano adesso spaventosamente vicini; dopo aver attraversato un paio di strade strette ricoperte di detriti poterono finalmente vederlo: un’enorme e massiccia bestia, con lunghi artigli e chiazze di pelliccia scura sparse sul corpo.
  La maggior parte della pelle era completamente spoglia, ricoperta soltanto da graffi e vecchie ferite di varie entità, oltre a quelle che a prima vista sembravano cicatrici da ustioni. Sel notò che aveva anche dei tagli freschi. Il lato destro del muso e la spalla erano coperti di sangue rosso acceso che stava ancora sgorgando dagli squarci aperti, riversandosi sul marciapiede incrinato, ma l’orso non sembrava minimamente badarci. In realtà era distratto da qualcos’altro e non si era reso conto di essere osservato.
Si trovavano ancora a una distanza di sicurezza, ma i cumuli più grandi di spazzatura e le macerie offrivano un ottimo nascondiglio per potersi avvicinare ancora. Sel ebbe un presentimento.
  « Aspetta » sussurrò, picchiettando sulla schiena di Hancock prima che potesse spostarsi ulteriormente. « Credo ci sia qualcuno nei guai. »
  Si voltò per guardare dove lei stava indicando: lo Yao Guai si muoveva avanti e indietro, in un angolo di quello che una volta sembrava essere stato un fast food. Le finestre erano sbarrate con delle assi di legno e qualcosa doveva essere stato spinto dall’interno, di fronte all’unica porta presente per poterla bloccare. I movimenti della bestia erano chiaramente irritati ed emetteva ringhi e sbuffi che suonavano frustrati; ogni tanto si alzava perfino in posizione eretta per dare alcune zampate a tavoli e finestre. Qualunque cosa ci fosse dentro, l’orso la voleva a tutti i costi. Sel aguzzò la vista e gli altri sensi per scrutare l’ambiente circostante, in cerca di qualcosa o qualcuno.
  « Forse alcuni Ferali sono rimasti intrappolati all’interno », mormorò Hancock, chiaramente desideroso di allontanarsi prima che l’animale potesse scoprirli.
  « Riuscirei a sentirlo se fossero Ferali. Non riesco neanche a individuare alcun movimento tra le assi, o qualunque cosa sia stata utilizzata per barricare la porta... »
La mascella di Hancock si irrigidì. Sel poteva quasi vederlo emettere bolle dalla sua testa pensante… “Devo riportare Selina a casa, sana e salva. Ma se invece avesse ragione e c’è qualcuno lì fuori nella merda? Siamo solo in due, lei è bene che non usi i suoi poteri in piena città, e neanche sappiamo ancora se il suo fucile sia utilizzabile, per lo più.”
  « Guarda… » Sel indicò un edificio di tre piani, a poca distanza da loro ma più a ridosso dell’orso. Le scale antincendio salivano zigzagando lungo la parete. « Potremmo arrampicarci da lì e sparargli da una posizione sopraelevata. Non può salire le scale, quindi saremo al sicuro. »
  Hancock ci rifletté per un attimo, poi annuì concordando. « È un rischio, ma hai ragione. Sembra proprio che un povero coglione si sia scontrato con l’orso e poi sia stato messo alle strette là dentro. Tu rimani qui, al riparo e al sicuro. Me ne occupo io. »
Ovviamente, Sel lo fulminò con gli occhi. « Non se ne parla », sibilò tra i denti, cercando di alzare il minimo indispensabile il volume della voce. « Se stai andando, vengo »
  « Sel, non discutere »
  « No, ma per una volta, dammi ascolto! Verrò con te e ti aiuterò, che tu lo voglia o no. »
Lui parve voler continuare a protestare, Sel che si preparava a controbattere; ma alla fine, Hancock abbassò semplicemente lo sguardo e si lasciò sfuggire un sospiro sconfitto. « Sembra che non abbia senso cercare di farti cambiare idea, vero? Va bene »
  « Se l’orso ci scopre prima di arrivare alle scale, la colpa è tua. Guarda se puoi salire da qualche parte. »
Il fragore prodotto dalla bestia intenta a cercare di distruggere le assi li avvolse una seconda volta.
  « Vieni », Hancock aprì per primo la strada e lei lo seguì.
Man a mano che si avvicinavano, Sel era sempre più fiduciosa e sicura che ci fosse davvero qualcuno di umano intrappolato all’interno di quel vecchio e deprimente locale mezzo demolito. E quando la sua visuale divenne più chiara, scorse una camicia bianca, sporca e lacerata, lasciata appesa a una delle assi sporgenti che ostruivano le finestre, e ogni dubbio residuo fu spolverato via.
Forse la persona che era stata presa di mira dall’orso l’aveva messa lì per chiamare aiuto, quando non c’era stato più altro che avrebbe potuto inventare.
  « Appena arriviamo alla scala », sibilò Hancock, « preparati a correre in caso di pericolo. »
La scala non era lontana, ma sapere che lo Yao Guai era a pochi balzi con Hancock accanto non era rassicurante, inoltre sembrava che si stessero trattenendo lì da ore. Ma sarebbero usciti da quella situazione vivi entrambi: Sel sapeva che se qualcosa fosse andato storto sarebbe stata costretta a mutare per sperare di abbattere l’orso e proteggere Hancock. Ormai era tardi per i ripensamenti, soprattutto adesso che aveva appurato che c’era qualcuno da salvare. Si ritrovarono così accucciati proprio sotto alla scala antincendio.
  « Qui », indicò il Ghoul. « Vai prima tu »
  « Hancock » Se l’orso si fosse girato proprio in quel momento e li avesse visti, non ci sarebbe stato tempo per lui per mettersi in salvo quando lei invece era già salita.
  « Ho detto vai. »
Si chinò e le avvolse le braccia sotto i glutei per sollevarla, in modo da poterle far raggiungere il primo gradino che si protendeva verso di loro. Appena constatò che la presa era salda, Sel si trascinò fin sopra la grata, si mantenne in equilibrio e si mise a camminare verso la seconda rampa. Per fortuna il metallo non cigolava più del dovuto, nonostante la fragilità dovuta alla ruggine. Hancock riuscì a raggiungerla saltando abbastanza in alto senza alcun sostegno e si arrampicò fino a lei. Giunti in cima, Sel imbracciò il fucile di precisione e accostò l’occhio al mirino per controllare la zona sottostante.
  Hancock, anche lui pronto con il fucile a canne mozze, esaminò rapidamente la situazione; « Mh, potrei avere una traiettoria migliore se si avvicinasse ancora un po’… tu hai più possibilità di attirarlo fuori. Appena te la senti, io ci sono. Non ci ha ancora notati. »
  Sel gli rispose con un cenno e si aggiustò meglio nella propria posizione, il ginocchio poggiato giù contro la grata metallica e l’altro piegato all’insù. Fece scorrere la canna del fucile tra i sostegni in ferro del parapetto della balconata per appoggiarsi e aiutarsi a rimanere in equilibrio, poi prese la mira.
  Non era sicura se fosse stata davvero una buona idea, ma tra pochi secondi avrebbero scoperto se il suo piano avrebbe funzionato: lo Yao Guai stava ancora battendo a destra e a manca, cercando in ogni modo di capire dove colpire con gli enormi artigli. L’indice sinistro di Sel trovò il grilletto, ma ancora esitò a spingere. Inspirò profondamente e trattenne il respiro.
  Un suono secco, ammortizzato dal silenziatore che aveva montato prima che si inoltrassero nel centro urbano, le ronzò nelle orecchie e vide lo Yao Guai trasalire. Qualche attimo dopo, cacciò un lamento di agonia. All’inizio Sel non capì di preciso dove lo aveva colpito, finché il sangue non cominciò a colare da sopra una spalla; il proiettile si era insenato tra le scapole, ma la bestia era ancora in piedi. E prima che potesse capire dove i due aggressori si trovavano, Sel sparò un secondo colpo, con la fermezza e la precisione di una tiratrice esperta.
  Quella volta si inabissò dietro il ginocchio sinistro: la zampa cedette e la bestia barcollò all’indietro. A quel punto l’orso alzò la testa e la girò verso di loro. Era ancora lontano, ma Sel dal mirino poté vedere la sua rabbia furiosa pervadergli gli occhi. Caricò verso di loro a una velocità impressionante nonostante le sue condizioni; Sel mirò di nuovo e lasciò il colpo, ma con l’orso in movimento rapido il proiettile andò a finire da qualche parte sul marciapiede.
Digrignò irritata i denti. Anche se era ferito era capace di muoversi come se nulla fosse, ma Sel non si fece accapponare la pelle per quello: l’unica paura che poteva avere, era per l’incolumità di Hancock.
  « Cazzo! » esclamò il Ghoul, iniziando a sua volta a sparare a raffica e a ricaricare per arrestare la corsa della bestia. Pure lui ebbe qualche difficoltà a colpirlo, malgrado l’obbiettivo fosse grosso e massiccio. Non appena l’orso raggiunse le scale antincendio allungò la zampa, afferrò la prima grata e tirò verso di sé con furia. Sel ritirò il fucile dalla ringhiera, si sporse e provò a mirare tra le sbarre, ma per la pessima visuale che aveva nel migliore dei casi avrebbe potuto colpire solo il suo enorme deretano.
  I colpi fendevano a vuoto l’aria, l’orso continuava imperterrito a tirare, quando un suono decisamente inquietante giunse dal basso e Sel si voltò a guardare… Le chiusure arrugginite e le cinghie pericolanti si stavano allentando, la griglia del pavimento cominciava a tremare e a incrinarsi. « Per gli Dei, sta per cedere! Hancock, veloce sul tetto! » gridò a pieni polmoni e facendo per prepararsi a muovere, ma subito si sentì afferrare saldamente da qualcosa per la mano.
Il suono del metallo che si arrendeva alla forza smisurata dello Yao Guai, che si piegava e si scontrava tra sé divenne sempre più forte, e prima che potessero anche solo iniziare a salire più in alto, tutto intorno a loro precipitò e si trasformò in frantumi.
 
~

Il buio... “Ancora buio... Perché fa tutto male? La mia testa, il mio petto… e qualcosa sta uscendo dal mio braccio.” Ricordava l’improvvisa sensazione di essere senza peso, dopo che il pavimento si era disintegrato di nuovo sotto i suoi piedi. La presa di Hancock era improvvisamente scomparsa, come se qualcosa o qualcuno lo avesse trascinato via. Poi era stata inghiottita dall’oscurità. Non aveva avuto nemmeno la possibilità di gridare... Quando finalmente sembrava di nuovo poggiare su una superficie stabile, aveva forzato gli occhi ad aprirsi e a rimanere tali.
  Si era ritrovata stesa a pancia sotto. Tutto davanti a lei era annebbiato e poco chiaro, aveva battuto la testa e non riusciva a mettere a fuoco. “Fanculo! Cazzo. Cazzo. Cazzo. Porca puttana… Forse ho una commozione cerebrale. O peggio, sto sanguinando dal cervello…” Ma con un’osservazione più lunga ed attenta, con sollievo realizzò che il mondo appariva sfocato solo a causa della polvere densa e grigia che si era alzata dopo che la scala si era abbattuta al suolo, trascinandosi dietro una parte del muro. Con attenzione sollevò il braccio e si toccò la testa. Era integra, nessun pezzo esposto o mancante.
  Si girò allora sulla schiena aiutandosi con le braccia, abbassò lo sguardo e agitò le dita dei piedi per spostarli all’indietro all’interno degli stivali, quindi riuscì a sollevare testa e busto. Tutto sembrava essere al proprio posto, perfino la sua schiena; l’unica impresa era respirare, che sembrava come essere infilzata da mille aghi tra le costole. E un fluido viscido, di un raffinato cremisi, sembrava aprirsi la strada dall’avambraccio destro, ma considerato che non sgorgava come da una manichetta antincendio, la ferita non aveva reciso alcuna arteria… o almeno, così Sel voleva credere. Sollevò di nuovo la testa e si mise a esplorare i dintorni. Ascoltando il silenzio aleggiare intorno constatò che l’orso non doveva ancora essere uscito dalle macerie, altrimenti sarebbe stata già morta.
  Il posto era un vero disastro, più di quanto lo era prima: c’erano frammenti di scala e intonaco ovunque, ma la maggior parte di essi era crollata vicino alla parete sulla quale fino a qualche minuto prima lei e Hancock erano stati appesi. Solo non appena la polvere cominciò a diradarsi e a scendere lo scorse, un’enorme sagoma ombrosa distesa a una ventina di metri, ma non era immobile. Forse qualcosa lo aveva colpito, o finalmente aveva cominciato a risentire delle ferite. Comunque fosse, stava cercando di rialzarsi.
  Gli occhi di Sel iniziarono a lacrimare, irritati dalla polvere. Saettavano ovunque in cerca di Hancock, con il panico e l’angoscia che le stringevano il cuore. Non riusciva a vederlo da nessuna parte. « … Hancock? » cercò di urlare, ma dalle sue labbra uscì a malapena un respiro flebile.
  Lo Yao Guai stava poggiato sulle quattro zampe. Era fortemente oscillante, rintontito dalla frana che lo aveva quasi sepolto, le voltò le spalle e andò lentamente a trascinarsi da qualche altra parte, annaspando l’aria. Sel pensò che doveva essersi reso conto che le sue ferite erano troppo gravi e che stava quindi cercando di fuggire, ma poi dietro i suoi arti grossi come pilastri comparì la figura distesa di Hancock.
  La gola di Sel era secca come se qualcuno la stesse soffocando. Faceva male, ma prese un respiro profondo e si sforzò come poté: « Hancock! Hancock! Hancock ti scongiuro, svegliati! » gridò a pieni polmoni.
Attraverso la distorsione densa delle lacrime e della nube che si affievoliva, perdendosi nell’aria o adagiandosi al suolo, lo vide muoversi. “È vivo! È vivo!”
  « John Hancock! » gridò ancora. Non importava il dolore che si spezzava nel petto, non importava se lo Yao Guai l’avesse scoperta. « Alzati! Corri! »
Il Ghoul si mosse un po’ di più, ma sempre troppo debolmente e l’orso era sempre più vicino. Sel provò a cercare il fucile di precisione, ma presto si rese conto che doveva essere disperso chissà dove. E non poteva contare su una 10 mm contro un orso di quella portata.
  Si sforzò allora ad alzarsi in piedi, puntandosi sulle gambe traballanti. Anche se in quel momento sarebbe stato doloroso, in un attimo mutò d’aspetto, sfogando in un ringhio. Poi ringhiò una seconda volta e lo Yao Guai si voltò, quando ormai era praticamente sopra Hancock, attirato da quei richiami supremi. Non appena i raggi bruciati del sole la colpirono, illuminarono una creatura spaventosamente bella e arrabbiata. La fatica si era attenuata e guardò con ira la bestia selvaggia che aveva di fronte. In quel momento non le importava se avesse attirato altri pericoli celati nei dintorni; ogni precauzione fu dimenticata, poiché l’uomo che amava era in pericolo e lei era troppo furiosa. Cacciò un terzo ringhio, più lungo e più minaccioso, mosse avanti un passo verso l’orso, assumendo una posizione di guardia e avvertimento, come un animale che reclamava il proprio territorio. L’orso, ruggente e ritto in piedi sulle zampe posteriori, era ingenuamente pronto a sfidare la collera della creatura. Dietro di lui si vedeva Hancock aver ripreso coscienza e impugnare il coltello; stringeva i denti mentre una sottile scia rosso scuro colava dall’angolo bocca.
  « Sivaasse minok Dovah Sos, zu’u los hin In. Hi mey wah krif zey? »
Con i suoi due metri di altezza la creatura cominciò a muoversi, ringhiando e sbuffando verso l’orso che lentamente si era riabbassato e aveva iniziato a ritirarsi, lontano da Hancock. Sel, eretta sulle grandi zampe squamate, scrutava la bestia con uno spettrale sguardo illuminato d’oro, gli occhi contornati di nero; avrebbe superato perfino un Deathclaw in quanto a ira e spaventosità. Lo Yao Guai emetteva continui versi frustrati e di sottomissione, facendole capire che si sarebbe allontanato, ma Sel non avrebbe comunque potuto lasciarlo libero, rischiando che tornasse o che fosse una minaccia per qualcun altro.
  Sulla propria strada individuò il fucile a doppia canna di Hancock abbandonato sull’asfalto: si chinò e lo raccolse, puntò verso l’orso e lasciò andare il fiato per scaricare la tensione. Nel frattempo aveva raggiunto il compagno e gli si era posizionata sopra per pararlo, la lunga coda avvolta quasi attorno per fargli da barriera.
  Per un terribile attimo Sel pensò che l’animale ci avrebbe ripensato e l’avrebbe attaccata, o che avesse mollato una fatale zampata a Hancock. Caricò e premette il grilletto. L’intero orso sobbalzò quando il colpo secco lo colpì in mezzo agli occhi; prima che le sue spalle si afflosciassero, gli arti posteriori cedettero e l’enorme carcassa ricadde a terra con un pesante tonfo, schiacciando tutto quello che poteva trovarsi sotto con la sua imponente stazza. Quando infine il silenzio tornò sovrano, rotto soltanto dal pensate respirare di Sel, più simile a una prolungata serie di placati ringhi, ci fu un grugnito e un’imprecazione e Hancock si alzò in piedi, vacillando leggermente e aiutato a mantenersi in equilibrio dalla compagna. Era ricoperto di polvere e il suo cappello era sparito, ma a parte quell’unica linea di sangue che dalla sua bocca spariva fin sotto il mento, sembrava essere atterrato meglio di lei.
  Sel riassunse la forma umana e subito si sentì come se una frana di detriti rocciosi l’avesse appena investita. Si accasciò lasciando cadere di peso il fucile, respirando a malapena. Il dolore stava iniziando a tornare, e quella volta fu in peggio.
  « Sel! » udì gridare da Hancock, che subito le fu sopra.
Lei si appoggiò alla sua spalla e iniziò a singhiozzare.
  « Stai ferma, bloccherò l’emorragia… Cazzo, stai perdendo tanto sangue! » la sua voce profonda e roca apparì talmente preoccupata da farla piangere ancora più forte; lo sentiva lavorare sul suo avambraccio, avvolgendoci stretto qualcosa di sottile e morbido attorno. Abbassò lo sguardo e scoprì con angoscia che l’arto era completamente tinto di un bellissimo ma inquietante cremisi.
  « Un po’... », mormorò. « Hancock, m-mi dispiace… »
  « Devi parlare con me, tesoro. Hai altre ferite? »
Lei si sforzò di fare qualche respiro e calmarsi. « Non lo so. Solo… il torace » rispose.
  « Puoi respirare? »
  « Sì »
  « Va bene. Adesso controlliamo, eh? »
Per alcuni secondi la premette delicatamente su tutto il petto e la gabbia toracica con mani e dita, applicando leggere pressioni su ogni osso, su ogni costola.
  « Non credo tu abbia costole rotte », osservò infine, e la sua voce rivelò un grande sollievo. « Qualcos’altro? La testa?... »
  « … No, penso che sia a posto. Hancock… ma tu... stai bene? »
Avrebbe voluto allungare una mano e toccarlo, assicurarsi che non avesse nulla di fratturato, qualche ferita o qualche emorragia interna di cui non si era minimamente accorto, o che non voleva ammettere perché voleva prima assicurarsi che lei fosse fuori pericolo. Hancock rimase in silenzio per un momento, poi la sollevò prendendola di peso tra le braccia, ma ancora non si alzò in piedi.
Solo in quel momento Sel si rese conto  di quanto fosse preoccupato, da tanto tremava.
  « Quando sono diventato così dannatamente fortunato? » sussurrò, soffiandole tra i capelli.
Le lacrime le rigavano ancora le guance e lo shock poco a poco stava scemando. Ciò significava che anche il dolore stava peggiorando ogni attimo che passava, e ogni pulsazione sulle braccia dava l’impressione che qualcuno la stesse colpendo con un ferro rovente, ma Sel raccolse con favore la sensazione. Era la sensazione di essere viva.
  « Merda. Hai perso troppo sangue… », mormorò allarmato il Ghoul, appena vide le tracce tingere l’asfalto dietro di loro.
Sel invece non osò voltarsi.
  Udirono una voce chiamare, lontana e ovattata: « Ehi? C’è qualcuno là fuori? » Hancock sollevò la testa e si misero entrambi in ascolto. « L’orso è morto? Se è così e sei ancora vivo, ti dobbiamo un grande favore. » Era una donna che gridava dalla direzione del fast food.
Hancock si girò per guardare di nuovo Sel e lei annuì.
  « Siamo qui! » rispose. « Ma la mia amica qui è ferita. Avete qualcosa per poterla curare? Stimpak? Sacche di sangue? »
  « Mi spiace, niente Stimpak. Ma sangue sì. Portala qui! »
Hancock serrò con molta attenzione l’amata tra le braccia e a quel punto di alzò. La sua espressione si contrasse, evidentemente a causa di alcuni lividi riportati dalla brutta caduta, poi si assicurò che Sel fosse ancora cosciente.
  « Tesoro? Resta con me, mi raccomando... »
Una donna arrivò a corsa verso di loro non appena riuscì a vederli bene. « Be’, almeno non assomigliate né a saccheggiatori né a predoni » notò, poi spostò lo sguardo su quello dorato e debole di Sel.
  Attraverso gli occhi ridotti a fessure strette, Sel vide che era una ragazza castana e carina con grandi occhi nocciola, nonostante i capelli un po’ disordinati facessero intuire che non doveva farsi un bagno da molto tempo. Portava un fucile da combattimento a canna lunga con baionetta appeso dietro la schiena.
  « Forza. La mia amica sta aspettando dentro, ma dovremmo spostarci al sicuro da qualche altra parte, nel caso tutto il baccano di prima abbia disturbato qualcos’altro... » Si voltò e si allontanò a corsetta, facendogli capire che voleva essere seguita.
  Hancock non attese un secondo di più e le andò subito dietro. Sel intanto si lasciò andare, premendo la guancia nell’incavo del suo collo e pensando, con un lieve sorriso, che non le sarebbe per niente dispiaciuto se Hancock avesse iniziato a trasportarla in quel modo un po’ più spesso. Ben presto fu come se tutto il calore che aveva in corpo defluisse, e cominciò ad avere dei brividi.
  « … H-Hancock? »
Lui abbassò lo sguardo, e dalla sua espressione drasticamente allarmata, Sel immaginò che avesse appena scoperto qualcosa che non gli piaceva assolutamente. Respirò tra i denti. « Sel!? Dio, resta con me, amore!... Non chiudere gli occhi. Devi restare sveglia! »
Ma le sue palpebre erano fin troppo pesanti e stavano per cedere. « Ti amo, Hancock… » sussurrò a fatica. La lingua era troppo rigida per potersi muovere liberamente e formulare meglio le parole.
  « Ti amo anch’io, raggio di sole, ma devi restare sveglia! Siamo quasi arrivati… », ribatté il Ghoul, stringendo la presa su di lei come a tenerla ancorata a sé.
  « Huh? È tutto apposto! Hanno ucciso lo stronzo », udirono esclamare dalla sconosciuta, sparita all’interno dell’edificio.
La porta adesso era aperta e Sel, benché avesse gli occhi ormai quasi chiusi, riuscì a scorgere alcuni tavoli e diverse assi di legno che dovevano essere serviti per barricarla.
Poi la donna ricomparve dopo pochi secondi, accompagnata da un’altra al seguito. Anche se la testa girava e la vista già annebbiata aveva iniziato a ottenebrarsi, Sel riuscì a distinguere i lunghi capelli argentei raccolti in una sorta di chignon o crocchia alta molto arrangiata. Quando si avvicinarono la donna si impuntò di colpo, come se si fosse appena trovata di fronte a un fantasma, o comunque a qualcosa di assolutamente inaspettato.
  « Sel?! … Oh mio Dio, Sel!! »
In un attimo le fu accanto e le sue mani scorsero su entrambi i lati della sua testa polverosa. Il viso era a pochi centimetri dal suo e Sel poté riconoscerne gli occhi verde-azzurro, la leggera spruzzata di lentiggini sul naso.
  « N-Nora?... », riuscì a sussurrare a fatica, anche se non fu sicura se ne uscì soltanto un respiro confuso, prima di ricadere tra le braccia di Hancock e prima che il mondo si oscurasse, persa nel dolce vuoto che separava dolore e mente.
 
 
Angolo dell’autrice:

Buonsalve a tutt* e felice anno nuovo!
Dopo un bel po’ di tempo sono tornata con un nuovo capito. E, che dire…
Allora, innanzitutto ho deciso di ripubblicare l’intera storia (note comprese così com’erano) perché ho fatto un account nuovo: quello di prima aveva ancora il mio nome vecchio e non lo potevo più patire, non mi apparteneva più, quindi, nonostante gli svariati tentativi e richieste per farlo cambiare senza dover perdere i contenuti, ho deciso di fare un account nuovo e ciaone… quindi abbiate pazienza.
Detto questo, niente, spero che il nuovo capitolo vi piaccia! ^________^ datemi un feedback, mi farebbe molto piacere. Alla prossima! miao <3
   
 
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