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Autore: Marc25    31/01/2024    1 recensioni
Sequel diretto di Occhi color mare. ( Consiglio la lettura quindi del primo libro ma non è obbligatoria. )
4 protagonisti:
Dylan: Il giorno della scarcerazione del padre è arrivata, lui aspettava quel momento soltanto per ucciderlo, lo farà?
Anton: Il rapporto con il fratello e la sorella ormai è idilliaco, ma non solo quello...
Luis: Il lavoro va a gonfie vele, soprattutto dopo la cattura del pericolosissimo Gundogan, ma non va bene solo quello...
Ricky: Con sua moglie e sua figlia non potrebbe essere uomo più felice, ma qualcosa o qualcuno stravolgerà tutto.
Vedremo come le vite di questi personaggi si intrecceranno e non solo le loro. Avremo delle risposte a vecchie domande che ne faranno scaturire delle nuove. Spero che vi piaccia.
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Cap 3 – Bussa alla porta
Dylan – 15 Gennaio 2022 – 10:50
C’era voluto un po’ di tempo ma finalmente erano a casa. Dylan era frastornato, era stato nella macchina di Anton, era sorpreso che avesse una macchina. Non poteva sapere che era del poliziotto con cui Anton si era rimesso insieme, non sapeva neanche quest’ultima novità.
Una volta a casa Dylan quasi non si reggeva in piedi, più per il turbinio di emozioni che gli aveva portato quella mattinata che per la febbre.
Voleva che Anton non si sentisse in obbligo, ma nello stesso tempo non voleva che se ne andasse. Era l’unico che sapeva del suo piano, se solo lo avesse ascoltato prima.
Anton si era fermato anche in una farmacia a prendere degli antipiretici.
 
<< Dov’è la camera da letto? >> chiese Anton quando arrivarono in casa.
<< È la porta a destra,…ma non è necessario che rimani. >>
<< A stento ti reggi in piedi, dai. >>
Lo accompagnò, Dylan fu grato.
Passò qualche minuto, e Dylan disse una cosa che prima aveva sempre trattenuto: << So quanto ti ho ferito in tutti questi anni e che quando eravamo più vicini io facevo di tutto per allontanarti…ma…adesso potremmo provarci e stavolta forse potrebbe funzionare. >>
La prima reazione di Anton, che era seduto su una sedia vicina al letto, fu quella di alzarsi di scatto.
<< Stai scherzando? Hai la febbre alta, forse è per quello che dici questo. >>
<< Mai stato così serio. >>
<< Sai per quanto tempo ho sognato questo? >>
<< Lo so, ma adesso possiamo. >> disse riuscendo a prendergli la mano.
<< No. È da un po’ che non ci vediamo e io mi sono rimesso con Luis e sinceramente credo di amarlo. >>
Dylan fu preso da vergogna e sgomento, il suo desiderio di vendetta aveva trattenuto tutte le sue emozioni, più volte aveva avuto la possibilità di avere Anton come suo ma ogni volta che stavano per superare un certo limite lui frenava.
<< Devo andare a fare la doccia. >> disse il biondo dagli occhi verdi che erano lucidi forse non solo per la febbre.
<< Credi che sia il caso? >>
<< Si, sto già molto meglio, l’antipiretico sta facendo effetto. Grazie di tutto. >>
Quel “ grazie di tutto “ era un chiaro congedarsi, voleva che se ne andasse, per la prima volta era lui che aveva rifiutato Dylan ma non sentiva nessun senso di rivalsa, stare per una volta dall’altra parte non era per niente una bella sensazione.
 
Dylan era sotto la doccia, non aveva mai pianto negli anni, in quel giorno era già la seconda volta, per fortuna le sue lacrime si confondevano con le gocce della doccia che gli rigavano contemporaneamente il viso. Poi sentì suonare il campanello della porta.
 
Anton aveva titubato molto prima di decidere di andarsene, proprio quando stava per andare via, bussarono alla porta. Lui agì d’istinto e aprì.
 
In quello stesso istante Dylan uscì dal bagno. Se la situazione non fosse stata quella che si era presentata, gli occhi di Anton sarebbero stati per ore ad ammirare il corpo di Dylan, che aveva solo un asciugamano in vita, tonico, muscoloso, in una parola bellissimo.
 
<< Ah, sei ancora qui, hai fatto be…
Le parole di Dylan si smorzarono
<< Dylan c’è tuo padre… >>
<< Ciao figliolo. >>
Dylan si avvicinò a passo sostenuto verso l’uomo e con un violento pugno al naso lo stese facendolo sanguinare, poi prima che un impeto peggiore si scatenasse si costrinse a chiudergli la porta in faccia.
 
Si sentì un rumore da dietro la porta e poi la voce del padre: << Ti prego Dylan…possiamo parlare? >>
Il solo sentire la sua voce faceva tremare Dylan, lo faceva stare di nuovo male, non si era accorto che l’asciugamano che aveva in vita gli era caduto e ora era nudo davanti a Anton che non lo vedeva così da più di un anno e cercava di distogliere lo sguardo e di trattenere l’eccitazione per quanto possibile.
Dylan se ne accorse solo quando la voce del padre non si sentì più: << Scusa, mi vesto subito. >>
 
Una volta vestitosi alla buona tornò, non disse una parola, guardò dallo spioncino per più di un minuto, controllava se ci fosse ancora il padre. Quando fu abbastanza sicuro che non ci fosse si girò verso Anton. Dopo la dichiarazione di Dylan e il rifiuto di Anton si era naturalmente creato dell’imbarazzo tra di loro ed era palpabile.
 
<< Allora grazie per oggi. >>
<< Riposa se puoi per un paio di giorni o comunque finché non ti passa la febbre. >>
<< Certo…, ci rivedremo? >>
<< Te l’ho detto anni fa e te l’ho ribadito più volte, io non ti abbandono. >>
<< Grazie. >>
Detto questo aprì la porta, appena uscito Anton, dalle scale salì il padre, si era messo in una posizione per cui dallo spioncino non si potesse vedere.
 
<< Cazzo Jean, se vedo la tua faccia ancora per cinque secondi giuro che non rispondo di me! >> urlò il ragazzo biondo
<< So che ho sbagliato…
<< Sbagliato? SBAGLIATO? Ma ti senti? Cosa hai fatto? Hai messo il sale al posto dello zucchero nel caffè? Oppure hai rotto un vaso cinese? Ah, no, già, hai ucciso una donna che era mia madre. >>
Il padre rimase senza parole per qualche secondo, sembrava stesse per riprendere la parola ma Dylan continuò e a voce più flebile: << Qualche ora fa stavo per ucciderti e mi preparavo a questo momento da anni, anni e se non ci fosse stato lui lo avrei fatto. >> disse, indicando Anton.
<< Lo so >> disse un po’ sorprendentemente Jean.
<< Come? >> disse Dylan non troppo sorpreso dalla rivelazione del padre.
<< Appena uscito dalla galera, ti ho visto e ho visto il tuo amico. Non riuscivo a vedere chiaramente ma lui ti bloccava un braccio e da quello che mi hai scritto nella unica lettera a cui mi hai risposto, ho capito. Mi scrivesti che mi avresti ucciso e anche se eri solo un bambino, ho sempre saputo che non avresti abbandonato l’idea, il tuo amico deve essere molto importante se non sei andato fino in fondo. >>
<< Tu mi hai tolto la possibilità di amare a pieno e soprattutto di farmi amare a pieno per tutti questi anni. Non ti ho ucciso perché non sono un assassino ma io spero che tu muoia, e prima sarà, meglio sarà. >>
<< Dylan, io sperò che tu prima o poi mi perdonerai. >>
Dylan si mise a ridere. Il padre se lo aspettava: << In quella lettera a cui mi hai risposto io ti avevo fatto il regalo per la comunione, era l’ultima cosa che avevo pensato insieme a tua madre in pace, quello stesso anno..e lo facemmo, comprammo un crocifisso d’argento da mettere al collo. Te lo mandai insieme alla lettera e prima quando il tuo amico mi ha aperto, sono riuscito a vedere il frigorifero e ho visto che hai appoggiato il crocifisso intorno a quella che potrebbe essere una calamità. >>
<< Solo perché era anche di mia madre. >>
<< Questo vuol dire che l’amore per tua madre è più forte del tuo odio per me. Perciò io spero nel tuo perdono. >>
<< La prossima volta che ti voglio vedere sarà all’inferno. Ora vattene. >>
Il padre annuì, fece un cenno di saluto a Anton che non rispose e finalmente se ne andò.
 
Dylan tremava, Anton se ne accorse e l’abbracciò.
<< Ci sono io Dylan, ci sono io. >>
Dylan era completamente abbandonato all’abbraccio di Anton. Finché non vide quell’uomo che disse: << Interrompo qualcosa? >>
Era l’ispettore Gaillard.
   
 
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