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Autore: Scarlett Queen    16/02/2024    2 recensioni
[Chainsawman]
Nell'anno 1467, una violenta disputa fra Hosokawa Katsumoto e Yamana Sōzen per il titolo di Shogun portò allo scoppio della Guerra Onin.
Fu il primo dei numerosi conflitti civili che sconvolsero il Giappone per oltre cento anni, formando l'era conosciuta come Sengoku Jidai, l'epoca dei Paesi in Guerra.
E mentre i daimyo muovevano gli eserciti gli uni contro gli altri, le forze oscure tramavano, attendevano, e facevano le proprie mosse. In quest'epoca turbolenta nacquero gli Ikko-Ikki, contadini, monaci e piccoli nobili che, vedendo la vera minaccia, formarono una forza a sé stante, combattendo per l'anima del Giappone.
Ma alle volte non bastavano le armi… Alle volte, per combattere il Male serviva scendere a patti con un altro tipo di Male… Questa è uno spaccato di quella guerra segreta… e parla di un ragazzo, una kitsune e un demone in un tempio.
Genere: Angst, Avventura, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Atto I: Il passo di montagna

 

«È stato orribile… faccio quella strada ogni giorno, da dieci anni, avanti e indietro dal villaggio! Certo, ci son o sempre state scorrerie di banditi e taglia gole, i ronin spesso possono chiedere una tassa per il passaggio… ma mai avrei immaginato di assistere ad uno scempio del genere! Credete a me, le guerre fra i Daimyo saranno il male minore, il Paese presto sarà condannato!»

Fuori le nuvole erano pesanti e di un tetro grigio-scuro, ilo vento soffiava gelido e implacabile, correndo e gridando sulle sue gambe veloci e invisibili. I bambù si spiegavano sotto la sua spinta, le foglie frusciavano fra loro e i fiumi, i laghi e i torrenti si gonfiavano. I Kami sembravano essere in competizione gli uni con gli altri e non più di due settimane prima un violento terremoto cavava fatto franare l’estremità di un promontorio. Sotto il tetto in fascine di paglia della locanda, nella sala comune al piano terra, gli avventori si riunivano attorno ai bassi tavolini, scambiandosi le dicerie, le chiacchiere e i fatti.

«È così vi dico! Presto di queste terre non resterà altro che sangue e cenere e allora, solo allora il cielo si sarà calmato e le nostre anime avranno mangiato da tempo il cibo partorito dalle fornaci dello Yomi»

La voce del contadino venne incrinata dal pianto; aveva i piedi e le braccia sporche di terra, la punta del naso arrossata per il troppo bere e lo sguardo languido; attorno a lui era andato radunandosi un discreto pubblico che ascoltavano assorti il racconto. Non visto, in un angolo della sala comune, ascoltava anche un altro cliente, solitario e silenzioso. Portava un kimono nero, così come i suoi hakama; ai piedi portava bianche calze e i sandali di paglia lo attendevano all’esterno, sotto la tettoia.

Stretta alla vita portava una Obi, anch’essa nera e alla cintura erano assicurati i foderi di due lame: una lunga, la katana e un’altra più corta, una wakizashi che i samurai si portavano dietro, dedicata al rituale del seppuku. Teneva i capelli agghindati alla maniera tipica dei samurai e mangiava da una ciotola di riso e da una di verdure bollito. Poteva sembrare un fantasma per quanto era silenzioso, ma le sue orecchie ascoltavano attentamente quanto dicevano i contadini.

Non erano le prime dicerie che sentiva in tal senso… aveva seguito quei racconti per tutta la provincia, attraversando le pianure e le montagne, fermandosi nei villaggi più isolati dai grandi centri abitati e alla fine, aveva trovato un nesso: in quella zona c’era stata una base degli Ikko-Ikki, poi da qualche tempo di loro non se ne era saputo più nulla ed erano cominciati gli eventi misteriosi: sparizioni, omicidi, violenze indiscriminate… persino le bande di disertori e di samurai sbandati avevano iniziato a tenersi alla larga da quel passo di montagna. Portò la mano sinistra al fodero della katana, sentendo un brivido freddo lungo la schiena.

«Avevo il carro ben carico sacchi di riso, persino qualche fiasca di sakè, sapete, è stata una buona annata e Amaterasu è stata benevola con noi, per una volta… ma quando ho girato l’angolo… Per il Cielo! Avrei volentieri abbandonato tutto ciò che avevo pur di non dover vedere un orrore del genere!»

La sua voce venne rotta da un singhiozzo e si portò la mano alla gola, trattenendo a stento una crisi di pianto, sentendo gli occhi che gli bruciavano per il sale trattenuto dietro le palpebre. Ma quella parte della storia non importava al giovane samurai; quando ebbe finito di mangiare, fece ricadere sul tavolo che aveva occupato una manciata di mon di rame e uscì dalla locanda, recuperando i sandali, calzandoli ai piedi e uscì sotto la pioggia battente che aveva iniziato ad infangare la strada polcverosa.

*

https://youtu.be/GykBI4E6Puw

Le case fiancheggiavano il sentiero e oltre ad esse, stavano le risaie, immerse nell’acqua, con ,la via che andava restringendosi e i flutti la inondavano, spinti dalla tempesta. Fra le nuvole si scorgevano le sagome dei fulmini, qualche tuono squarciava il silenzio dello scrosciare della pioggia e il vento raggelava la pelle e le ossa. Non ci volle molto perché il tessuto del kimono e degli hakama gli si attaccasse al corpo magro e forte, perché i capelli si attaccassero alla testa e la paglia dei sandali si insozzasse di fango, al pari delle sue calze.

Già dal basso si poteva distinguere la pagoda in legno, la torre si sollevava in mezzo agli alberi per otto piani, dai tetti in tegole con la struttura che andava restringendosi verso l’alto. Da lì gli Ikko-Ikki facevano partire le proprie incursioni nella regione, poi… poi qualcosa era cambiato, e al posto dei monaci, quelle terre erano state infestate dal sentimento della paura.

Poco fuori dal villaggio, su di una roccia ai margini del sentiero sedeva una donna. Fra le mani teneva uno shamisen. I capelli rossi ricadevano in due ciocche ai lati del viso perfetto, una coda intrecciata invece scendeva fra le spalle, coperte da un semplice yukata in seta, viola e dei fiori rossi a decorarlo. A piedi nudi, teneva le gambe accavallate, come mai nessuna dama giapponese avrebbe pensato di porsi e le sue dita pizzicavano le corde. Vedendo il giovane samurai, la donna smise di suonare, i suoi occhi, gialli e segnato da tre sottili cerchi concentrici neri si poggiarono sulla sua figura, seguendo il suo incedere, diretto alla montagna sconsacrata.

«Stavolta non ci sarò io con te – la sua voce era morbida, sensuale e gentile, le sue iridi tornarono allo strumento, agitò quasi pigramente il piede destro, fermando il ragazzo dal suo incedere – quello sul passo di montagna è un Akuma diverso dagli altri… il suo Mantra è di quarto livello, tu sei solo al terzo stadio della tua crescita».

«Mi stai dicendo che sto andando verso morte certa?» il samurai si voltò a guardarla, tenendo le braccia lungo i fianchi, guardamndola attraverso la coltre di pioggia, a quel pensiero, il suo cuore non tremava e quando parlò, la sua voce suonò apatica, come se ciò che sarebbe successo al suo corpo non lo riguardasse più «La cosa non mi spaventa lo sai… Ho continuato a seguirti solo perché mi hai promesso che avrei trovato una buona morte. Questa sembra esserlo. Quindi, se non verrai con me, allora devo ringraziarti per questo inaspettato favore».

«Mi hai frainteso – la donna lo guardò da sotto i capelli, muovendosi fluida sulle gambe, scendendo a terra e ancheggiando sulla punta dei piedi, girandogli attorno – non ti faccio andare da solo affinché tu possa andare incontro alla morte… lo faccio perché è l’unico modo che ho di insegnarti». In un movimento sciolto, il suo corpo longilineo si tese contro di lui, le mani ghiacciate si serrarono attorno al suo volto e la donna lo guardò negli occhi, con una luce ambigua nelle pupille, prima di sfiorargli le labbra con un bacio «Io ti prometto… che avrai paura della morte» e con un guizzo, divenne una volpe, una magnifica volpe dal manto rosso e balzò via, co0n tre code fulve ad ondeggiare dietro di lei.

Il giovane strinse i denti; percepiva distintamente la propria erezione sotto gli hakama e provò vergogna. Quella strega lo dominava completamente… dominava ogni aspetto della sua vita, era lei a tenerlo in vita, privandolo del seppuku, della morte da samurai di cui già aveva privato suo padre, sua madre… ed era anche la “custode” del suo desiderio. Deglutì a vuoto e strinse a fondo la presa sull'elsa della katana, con la lama rivolta verso l’alto.

Si mise a correre, picchiando con i sandali contro le pozzanghere gelide, insudiciandosi l’orlo inferiore delle vesti; le sue lacrime si mescolarono alla pioggia, il suo grido venne soffocato dal fragore del temporale, la sua rabbia bruciò come una torcia morente sotto quella cascata d’acqua.

*

Il sentiero prese a salire, le curve si fecero più strette, gli argini della strada si piegavano verso l’alto e le ombre della vegetazione si allungarono sulla sua via, continuò a correre tenendo la sinistra sull’elsa finché non si immerse del tutto fra rami, foglie e tronchi, qui si piegò sulle ginocchia, sentendo come, tutto attorno, l’acqua avesse assunto sfumature di suoni differenti. Le percepiva, le percepiva tutte: la goccia che, scendendo da un ramo, picchiava sulla pietra, la goccia che scivolava lungo un fusto di bambù, la goccia scossa dal vento che deviava dalla sua traiettoria.

Il passo di montagna non era molto distante dalla sua posizione, il sentiero continuava a tagliare attraverso la boscaglia per qualche miglio ancora prima di correre lungo il fianco montuoso; il tempio dominava la cima dell’altura mentre il percorso continuava lungo il fianco opposto, portando alla città. Quando si riaffacciò sul mondo esterno, u fulmini zigzagarono in cielo, le nuvole erano fitte e scure e basse, il vento si era fatto più feroce e ora urlava impetuoso. Il samurai si stagliò contro la natura indomita, una natura contro la quale neanche i più grandi signori della guerra potevano sollevare le armi e vincere.

Alla sua sinistra si aprì uno strapiombo, la parete cadeva sul fitto della vegetazione e dal fianco montuoso dalla sua destra l’acqua ruscellava in discesa. In mezzo al fango che andava formandosi notò le impronte lasciate dalle ruote dei carretti, dei piedi nudi e degli zoccoli dei buoi; poi, girando un’ampia curva, trovò ciò di cui il mercante aveva parlato alla taverna. In mezzo alla strada stavano una mezza dozzina di corpi, un’intera famiglia riversa in mezzo al suolo inzaccherato di sangue.

Gli arti erano stati loro strappati dal corpo, le teste staccate a morsi, il busto diviso dalle gambe, con gli intestini riversi sotto il cielo invernale. Si avvicinò al luogo del massacro con circospezione, ogni pelo sul suo corpo teso nella concentrazione, il cuore che picchiava contro il costato, il sangue che scorreva veloce nelle vene. Chinandosi sul corpo della donna più anziana, probabilmente la madre, si portò una mano davanti alla bocca, faticando a trattenere un conato di vomito.

Il suo ventre era stato squarciato dall’interno… e osservando i resti, riuscì a comprendere il come questo fosse successo. L’aggressore, nella fretta di soddisfare la sua perversa lussuria l’aveva uccisa mentre la violentava. «È questo… è così che condividete questo mondo?!» quasi schiumava di rabbia mentre si muoveva fra i corpi, la furia degli elemnti rifletteva il suo turbamento interiore. Ciò che accadde dopo, fu dettato dal semplice, bestiale istinto più che dall’effettiva volontà del suo corpo.

Ci fu il suono secco di tronchi spezzati, di foglie calopestate, di un corpo pesante che si muoveva in mezzo alla vegetazione. La bestia emerse rapida e precisa, con le zanne snudate, spostandosi su quattro arti grotteschi. Il giovane samurai ebbe appena la fugace visione di un primate privo di pelliccia, con l’epidermide esposta e dalla fitta ventatura in rilievo. I treocchi sanguigni coronavano una bocca scimmiesca dotata di denti ricurvi come pugnali e gli arti disumani regevano un corpo che andava levandosi per quattro metri dal suolo.

Agì rapido, snudando la katana e, grazie alla lama rivolta verso l’alto, riuscì a sferrare un poderoso fendente, i cinquanta strati dell’acciaio aggredirono la carne dell’Akuma, le vene vennero tranciate e il muscolo venne aggredito dal filo affilato della spada. Il sangue esplose in una massa scura e la scimmia balzò via con insospettabile agilità, atterrando sugli arti posteriori. Il ragazzo si volse contro il suo avversario, sollevando la katana sopra la testa. «Yeyeyeye, da quando ho assunto questa forma, nessun uomo è mai riuscito a ferirmi! Devi essere tu quello che chiamano “Estirpatore di Demoni”… un ragazzino! Sarà un piacere porre fine alla tua patetica leggenda!»

*

https://youtu.be/sAtcfy7TnxQ

Non ci fu un autentico spostamento fisico, semplicemente, un attimo prima il corpo della scimmia era davanti a lui, a qualche metro di distanza, poi il mostro gli comparve davanti. Sgranando gli occhi dalla sorpresa, lo spadaccino poté appena parare il montante con la spada, sentendo le ossa delle braccia urlare di protesta mentre il suo corpo veniva sollevato da terra. Il fulmineo manrovescio lo colpì appieno, andò schiantandosi contro il terreno della scarpata ora alla sua sinistra, spezzando i tronchi del bambù e franando in mezzo alla terra e al fango.

«Terzo Mantra: Respiro dell’Anima».

La katana venne attraversata da un sussulto, l’aria si èiegà attorno a lui quando lo spiroito emerse in superfice, libero dalla sua gabbia di carne e ossa. Un velo azzurro gli coprì gli occhi, con i capelli che si sollevavano verso il cielo, colorandosi del bianco della neve fresca, come appena poggiatasi al suolo. «Avrei dovuto capirlo da prima… un mercante che trova un Akuma intento a consumare il suo appetito e sopravvive… non era credibile dopotutto».

La bestia gli fu nuovamente addosso, con entrambe le mani unite in un maglio che si preparò a calare sulla sua testa, sul volto u sorriso empio e maligno; il samurai espirò e si mosse in avanti, sferrando un solo, preciso fendente tenendo la katana con la sola mano destra, la sinistra tenuta contro il fianco. Fu la sua anima e non l’acciaio a colpire questa volta: il taglio fu formidabile, il corpo della scimmia venne diviso in due parti, il busto e le zampe vennero separati da un torrente di sangue e i tre occhi si spalancarono per l’incredulità mentre il rosso plasma grondava al suolo come da una cascata.

I pezzi caddero in terra con un tonfo sordo e fiamme azzurrine iniziarono a consumarli, aggredendo in profondità lo spirito corrotto dell’Akuma. «Non sei tu il demone dal quarto mantra, non è vero? - la voce del ragazzo suonava apatica mentre ilo suo avversario gorgogliava, morente, consumato dalla sua stessa energia spirituale – l’ho capito al primo attacco, quando sono riuscito a ferirti… la forza spirituale in questo mondo funziona in maniera schematica… fossi stato più forte di me, il semplice acciaio non avrebbe mai potuto arrecarti danno. Sparisci da questo mondo… senza lasciare tracce».

Mentre parlava, il corpo dell’avversario diveniva ossa, le ossa bruciarono sino al midollo e si trasformarono in una polvere grigiastra; al nuovo soffio del vento, la volontà dello spadaccino fu rispettata, e dell’Akuma non restò altro che il ricordo dello scontro. Con un sospiro, la katana venne riposta nel fodero e il giovane tornò in mezzo alla strada. La sua anima aveva fatto sì che il corpo si riprendesse dai due colpi che aveva subito, ma quando un umano affrontava un Akuma, era lo spirito a scontrarsi con una forza analoga, sebbene contraria… e i danni non erano mai superficiali. Ad ogni scontro, sentiva come se la sua essenza si sporcasse sempre di più.. per questo anelava di poter morire… ma quella donna glielo impediva, continuando a spingerlo avanti, ancora,e ancora… e ancora.

«Mi hai mentito… non sai fare altro, Makima?» la sua voce risuonò carica di disprezzo quando si rivolse alla donna che era apparsa lungo il sentiero, con i capelli sciolti e lo yukata aperto sul ventre piatto, Lei si limitò a sorridere, portando le mani dietro la schiena, stringendosi il polso sinistro nella destra e si mosse sulla punta dei piedi. La sua figura sfidava le regole di quel mondo, la sua bellezza accendeva la lussuria in chiunque la guardasse, fosse esso maschio o femmina e quando parlò, le sue parole gli risuonarono in testa, rendendola leggera, al pari di un dente di leone spinto dalla brezza estiva.

«Forse il tuo giudizio è affrettato, piccolo degli Hayakawa… forse io mi riferivo a qualcosa di più grande che di una scimmia sodomita… forse, il tuo cammino deve portarti alla vetta, dove… incontrerai la morte che desideri. Ma, e questa è una promessa… sarai tu stesso a rifiutarla». L’indice destro venne sollevato, e seguendolo con lo sguardo, il giovane intravide la sagoma del tempio sconsacrato: Makima gli sorrise ancora, portandosi davanti a lui e gli sfiorò il volto con la mano, gelida, umida, morbida come il tocco di una seta intessuta con i petali di un ciliegio «Non essere così arrogante da pensare di avere il controllo di questa vita, Aki Hayakawa, ricorda che sono a tenere al guinzaglio la tua anima, letteralmente» e baciandolo sulle labbra, stringendolo piano per il collo, lo fece sprofondare in un dolce, sensuale oblio.

*

https://youtu.be/_8BwHHEopec

Nelle profondità del tempio, avvolto dalla foresta, con la pagoda centrale che si sollevava contro il cielo in fermento, le nebbie e le ombre avvolgevano pilastri divorati dalla vegetazione, le statue del Buddha giacevano in terra, ridotte a pezzi dorati e legno laccato. Le effigi delle volpi guardiane stavano in frantumi e il pavimento era sfondato, con chiazze erbose che facevano capolino. Fiamme rossastre danzavano nella sala centrale,a qualche piede da terra, mandando empi bagliori.

Lì, nella semi oscurità, un volto ferino emerse dalle sue stesse ombre, la bocca si arcuò in un sorriso folle, occhi purpurei si apirono su tutto il corpo della Nokitsune, il manto candido contrastava con il colore del suo cuore, nero come il peccato. Anche a quella distanza, la bestia aveva percepito l’anima del giovane cacciatore e la fame l’aveva risvegliata dal suo sonno. Un appetito che un tempo conosceva bene… la fame insaziabile che l’aveva spinto, tempo prima, sin nel cuore della regione sotto il controllo del clan Hayakawa.

La bava colò dalle zanne mentre si sollevava sui sei possenti arti e guardava estatico il cielo, percependo un brivido d’eccitazione lungo la schiena. «Kon… il divoratore di anime – il suo nome abbandonò la gola come una sentenza di morte, e nella seguente risata, poche parole suonarono come un giuramento, un giuramento che strisciava fuori dagli angoli più angusti delle paure dell’uomo – ti sta aspettando, sopravvissuto degli Hayakawa».

Un fulmine squarciò la notte che incombeva sul mondo, mentre la ruota del Karma si muoveva, in quel Paese degli Dei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

 

   
 
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