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Autore: AndyWin24    21/02/2024    1 recensioni
Mentre a Camelot la giornata scorre quieta e tranquilla, ecco che all’improvviso un’antica e potente creatura fa la sua comparsa, minacciando la pace nel regno. Per sconfiggerla, Merlino e Artù dovranno unire le forze con dei misteriosi avventurieri, in apparenza connessi con il male appena sopraggiunto.
(Cross-over tra le serie tv Merlin (BBC) e Willow (Disney))
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Gaius, Gwen, I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Capitolo 14
Al di là del destino
 
   Il ritorno del re a Camelot, seguito dai suoi accompagnatori, fu festeggiato da tutto il castello. Il trionfo sul Leviatano dimostrò ancora una volta come Artù fosse un ottimo sovrano. Inoltre, segnò la fine delle riserve che alcuni membri della corte serbavano nei confronti di Willow e dei suoi amici. Il pericolo sembrava ormai acqua passata. Ciononostante, all’indomani della grande impresa compiuta nella cupa foresta di Balor, la giornata iniziò in modo convulso e frenetico, almeno per Kit, che si ritrovò a correre nei corridoi della fortezza già di prima mattina.
   «Vai piano!» esclamò Jade, mentre affrettava il passo per starle dietro.
   «Non posso!» ribatté Kit, agitata. «Artù mi ha mandato a chiamare. È probabile che abbia delle notizie su Airk!»
   «Potrebbe anche darsi che voglia solo congratularsi per il buon esito della missione di ieri.» azzardò Boorman, al fianco delle due ragazze.
   «No, non credo.» escluse Kit, sicura. «Ha convocato soltanto me, quindi deve riguardare per forza Airk. Comunque, si può sapere perché ci stai seguendo? Non hai proprio nient’altro di meglio da fare?»
   L’uomo sbuffò vistosamente.
   «Purtroppo no. Sembra che Elora e Willow abbiano delle questioni da risolvere, dato che sono spariti all’improvviso. Così, o rimanevo a dormire oppure venivo con voi a scoprire se il mio buon vecchio amico Airk stesse bene. Perciò, eccomi qui!»
   «Ma non conosci Airk da tipo… cinque minuti?» chiese Jade, perplessa.
   Boorman rimase un attimo attonito, ma poi rispose con una voce piuttosto seria.
   «Sì, ma sono stati cinque minuti molto significativi.»
   «E perché invece non ti fai un giro?» propose Kit, sbrigativa. Pur di toglierselo di torno, l’avrebbe anche pagato, se fosse stato necessario.
   «Ah, no… meglio di no…» replicò Boorman, a mezza bocca. «Non conosco bene questo posto e non mi sento molto a mio agio in mezzo a degli sconosciuti…»
   «Specialmente se hai litigato con metà di loro mentre eri ubriaco.» concluse Jade con un sorriso.
   «Beh, ma questo cosa…»
   «Zitto, Boorman!» lo ammonì Kit di colpo.
   Erano giunti di fronte all’ampia entrata, già spalancata, che dava alla sala del trono. Le due guardie poste all’ingresso videro i tre nuovi arrivati e si fecero da parte, permettendo loro di entrare. Prima di farlo, però, Kit afferrò Boorman per un braccio.
   «Se vuoi venire anche tu, non osare emettere neanche un fiato. Ci siamo capiti?»
   «Certamente!» convenne l’uomo, sorridendo. «Sembra quasi che non ti fidi di me.»
   Kit gli lanciò un’occhiata torva, poi entrò con Jade alla sua destra.
   All’interno, il re la attendeva insieme a una manciata di cavalieri e, un po’ più defilato, un giovane ragazzo dai capelli biondi.
   «Kit!» esclamò quest’ultimo, con un’espressione sorpresa.
   «Airk!» ribatté Kit, correndo ad abbracciare il fratello. «Per fortuna stai bene! Ma dove sei stato? E cosa ti è successo?»
   Airk le sorrise, evidentemente contento di vederla, ma non le rispose. Non subito, almeno. Fu Artù, infatti, il primo a parlare.
   «L’hanno trovato in una via secondaria a est, vicino al confine con Ealdor. A giudicare dal suo racconto, si stava già dirigendo verso il castello, quando è stato avvistato dai miei cavalieri, che lo hanno scortato fin qui.»
   «Sì.» confermò Airk, intento ad abbracciare anche Jade. «Sono contento di rivedervi. Gli ultimi giorni sono stati decisamente… intensi.»
   «A chi lo dici!» convenne Kit, sorridente nel constatare il fratello in buone condizioni. D’un tratto, però, le venne in mente una domanda piuttosto legittima arrivati a quel punto. «Ma, come facevi a sapere che eravamo qui, a Camelot?»
   Airk si grattò il mento, in evidente difficoltà.
   «Beh, non stavo proprio venendo qui per rincontrarvi. Sai… come ho detto… gli ultimi giorni sono stati molto…»
   «Intensi.» concluse Kit, lievemente agitata dal tergiversare dell’altro. «Sì, l’avevo capito. Quello che invece non ho compreso è tutto il resto. Mi vuoi spiegare, per favore?»
   Il ragazzo annuì, facendo una smorfia.
   «Vedi, quando sono finito fuori dal port…»
   «Ah, sì! Quando ci siamo divisi, intendi?!» intervenne Jade, cercando di non fargli rivelare l’uso della magia di cui si erano serviti per scappare dal Leviatano.
   «Sì.» disse Airk, un po’ confuso dai modi usati dall’amica. «Comunque, dicevo… sono finito in mezzo a una foresta. Lì ho vagato per diverse ore prima di imbattermi in una ragazza.»
   «Una ragazza?» ripeté Kit, accigliata.
   «Esatto.» replicò Airk, indicando a lato della stanza. Kit e Jade si voltarono, notando una fanciulla dai capelli ramati di cui fino a quel momento non si erano nemmeno accorte. «Lei è Diana. Quando l’ho incontrata, era da sola e in difficoltà. Dei manigoldi le avevano appena rubato il carro con cui stava trasportando i suoi averi. Così l’ho aiutata a recuperarli.»
   «Ah!» esclamò Kit, alzando un sopracciglio. «Che gesto nobile da parte tua.»
   «Sì, in effetti è stato molto carino a darmi una mano.» commentò Diana, un po’ in imbarazzo.
   Kit la fulminò con lo sguardo e la fece indietreggiare di diversi passi.
   «E sentiamo…» continuò. «Poi, cosa hai fatto?»
   «Beh, poi ho ritenuto opportuno accompagnare Diana a destinazione.» rispose Airk. «Lei si stava dirigendo qui a Camelot perché aveva appena trovato un lavoro. Io, non sapendo dove foste, ho pensato che fosse un buon punto di partenza raggiungere una grossa città come questa per iniziare le ricerche.»
   «Che bella storia!» disse Kit, guardando storto a turno prima Diana e poi il gemello. «Quindi, mentre io mi preoccupavo di quello che ti fosse capitato, tu giocavi a fare l’eroe con questa ragazza?!»
   «No! Che dici?!» balbettò Airk, farfugliando in modo agitato e spaventato. «Anch’io ero in pena per te e per gli altri! Proprio per questo ho chiesto a Diana di aiutarmi a trovarvi! Non puoi neanche immaginare quanto fossi preoccupato!»
   «Oh, lo immagino benissimo!» ribatté Kit, iniziando a scaldarsi. «Sono tua sorella e so come ti “intrattieni” di solito con le ragazze in difficoltà.»
   «No! Non hai capito! Io e lei ci siamo solo dati una mano reciprocamente! Nient’altro!»
   A quel punto, sir Galvano sogghignò, divertito.
   «Beh, a giudicare da quello che ho visto quando vi abbiamo trovati, io direi che vi stavate dando più “di una mano”!»
   A quelle parole, Parsifal sbottò a ridere senza controllo. Kit, invece, si avvicinò ad Airk come una furia e gli mollò uno scappellotto sulla testa, piegandogliela in avanti.
   «Ahi!» protestò lui, dolorante.
   «Noi abbiamo rischiato la vita in questi giorni! E tu, nel frattempo, ti rotolavi nell’erba con questa qui?!»
   «No, aspetta! Non è come pensi!» si giustificò il ragazzo, lanciando uno sguardo accusatorio a Galvano e Parsifal per averlo tradito.
   Kit, intanto, stava per dargli un altro schiaffo, quando le si avvicinò Jade.
   «Calmati, Kit. Approfondiremo la questione più in avanti.» disse, cercando di farla ragionare.
   «Già!» intervenne Boorman, fino a quel momento in completo silenzio. «In fondo, non ha fatto nulla di male! Si è solo divertito un po’. Beato lui!»
   Kit lo guardò male, tanto da zittirlo. Poi, smaneggiò con un braccio verso la grande entrata.
   «Andate fuori!» esclamò, quasi urlando. «Tutti e due! Ne riparliamo dopo!»
   Airk non se lo fece ripetere due volte e corse verso l’uscita, mentre Boorman rimase sul posto, confuso.
   «Aspetta un momento. Io che c’entro?»
   Un’ennesima occhiataccia di Kit, però, fu sufficiente a farlo smuovere da lì e a seguire i passi di Airk. Quando entrambi i ragazzi furono fuori dalla stanza, lei si ricompose e si rivolse con un po’ d’imbarazzo ad Artù.
   «Vi chiedo scusa per la scenata e vi ringrazio per aver ritrovato mio fratello… nonostante tutto.»
   «Non preoccuparti.» replicò il re, sopprimendo a stento una risata e congedando al contempo con un gesto i suoi cavalieri, con Diana al seguito. «È sempre bello vedere fratello e sorella riuniti. Però, non essere troppo dura con lui. Prima che tu arrivassi, era molto scosso e agitato. Non riusciva a credere che fossi qui al castello.»
   Kit annuì, in parte stupita, in parte ancora arrabbiata.
   «Va bene. Lo terrò a mente.»
   «Bene.» continuò Artù. «A questo punto, dato che si è tutto risolto nel migliore dei modi… più o meno… colgo l’occasione per invitare te e i tuoi amici al banchetto che si terrà stasera in onore della vittoria appena conseguita.»
   «Vi ringrazio, Artù, ma temo che dovremo rifiutare.» replicò Kit, dispiaciuta. «Visto che abbiamo ritrovato Airk, credo sia più saggio per noi incamminarci verso casa. È da molto che manchiamo.»
   Il re annuì, anche se a malincuore.
   «Comprendo perfettamente la tua posizione. Tuttavia, speravo che poteste festeggiare con noi la realizzazione di una grande impresa come questa. L’aiuto tuo, di Jade e di tutti gli altri è stato fondamentale e mi avrebbe fatto piacere dimostrarvi il mio apprezzamento in tal senso.»
   «Lo so, ma abbiamo delle questioni urgenti da sbrigare al più presto. Inoltre, dobbiamo informare mia madre del salvataggio di Airk.»
   «Capisco.» convenne Artù. «In fondo, è giusto così. Data la posizione che occupiamo, il destino di Camelot e di Tir Asleen è nelle nostre mani. A volte, ci sono degli obblighi a cui non possiamo sottrarci e che ci portano inevitabilmente a farci carico di numerose rinunce. Rinunce necessarie per svolgere al meglio i compiti che abbiamo nei confronti del popolo che serviamo.»
   «È vero. Anche se devo ammettere che senza l’aiuto delle persone a cui tengo, non credo che sarei mai riuscita a fare neanche un passo nella giusta direzione.» commentò Kit, sorridendo di sfuggita a Jade, che ricambiò il gesto, arrossendo.
   Artù fissò per un momento il vuoto, tentennante.
   «Hai… proprio ragione.» disse, assorto dai suoi pensieri.
   In quell’istante, Jade si avvicinò a Kit e le mise delicatamente una mano sulla spalla.
   «Senti, Kit, siamo via da Tir Asleen da molti mesi ormai. So che è importante tornare al più presto, ma non credo che un giorno in più possa fare molta differenza.»
   La giovane principessa rimase per un attimo perplessa, soppesando le parole dell’altra.
   «Va bene.» acconsentì dopo averci riflettuto. «Suppongo che possiamo rimandare la partenza di un giorno.»
   Artù si ridestò dal suo stato di trance, tanto stupito quanto soddisfatto.
   «Molto bene. Allora, sarà un onore avervi miei ospiti.» disse, con un tono più disteso.
   «L’onore sarà reciproco.» ribatté Kit, decisa. Poi, con un cenno del capo, salutò l’altro, avviandosi con Jade fuori dalla stanza. Nel frattempo, Artù le guardò uscire, ripensando ancora alla frase che la ragazza aveva pronunciato poco prima.
   «Le persone… a cui tengo…»
 
***
 
   Con molta discrezione, Elora varcò la porta delle cucine e si mise a osservare il grande via vai che c’era lì intorno. Dopo poco, riuscì a trovare in mezzo a quel caos la persona che stava cercando e le si avvicinò a testa bassa e con enorme disagio.
   «Ehm… Gwen…» esordì, titubante.
   La serva, impegnata a dare indicazioni a una giovane dai capelli ramati, si girò verso di lei e le rivolse uno sguardo di rimprovero.
   «Prima che tu dica qualcosa…» continuò Elora. «… voglio che tu sappia che mi dispiace e che…»
   La ragazza, però, smise di colpo di parlare, vedendo come l’altra si era precipitata ad abbracciarla affettuosamente.
   «Non ti preoccupare. Artù mi ha detto tutto.» disse Gwen, sciogliendo l’abbraccio.
   «Davvero?» chiese Elora stupita. «Allora non sei arrabbiata con me per averti ingannata?»
   «Beh, lo ero, all’inizio. Ma poi ho capito il motivo per cui lo hai fatto. Non deve essere stato facile per te ritrovarti da sola in un posto sconosciuto.»
   «Sì, ma sono mortificata per averti mentito. Ci tenevo tanto a dirtelo.»
   Gwen le accarezzò il viso, sorridendo.
   «Sei una brava ragazza. L’ho pensato sin dal primo momento che ti ho visto e lo penso ancora. Non importa quale sia il tuo nome.»
   Elora le sorrise di rimando, contenta di aver chiarito la situazione in così breve tempo. Pensò inoltre a quanto fosse ironico il fatto che nell’ultimo anno era stata chiamata con ben quattro nomi diversi1.
   «Grazie.» disse, guardandosi intorno d’un tratto confusa. «Ma, spiegami una cosa: perché c’è tutto questo trambusto?»
   «Oh, è a causa del banchetto che ha indetto il re per stasera. C’è un mucchio di cose da fare e, come se non bastasse, Audrey si è ammalata e non può svolgere le sue mansioni. Siamo veramente messi male.»
   «Capisco…» ribatté Elora, sfilando dalla tasca un fazzoletto e legandoselo in testa.
   «Che fai?» le chiese Gwen, vedendola armeggiare con alcune scodelle.
   «L’hai detto tu: c’è un mucchio di cose da fare. Quindi, incomincio subito.»
   «Ma… non sei costretta a farlo…»
   «Invece, sì. Se un’amica ha bisogno del mio aiuto, io non mi tiro di certo indietro!»
   Gwen la fissò incredula. Quando le fu chiaro che l’altra faceva sul serio, si rimboccò anche lei le maniche.
   «Va bene. Allora, tu occupati della gestione della cucina. Io vado a controllare che la servitù non abbia problemi con l’allestimento del salone.»
   «Certo!» esclamò Elora, completamente a proprio agio. «Vai tranquilla. Qui ci penso io.»
   Gwen stava per andarsene, quando tornò improvvisamente sui suoi passi.
   «Un’ultima cosa.»
   «Sì?»
   «Grazie di cuore… Elora
 
***
 
   Nel frattempo, lungo un corridoio del castello, Airk e Boorman rimuginavano sugli ultimi accadimenti.
   «Quindi, avete dovuto combattere contro… com’è che si chiamava?»
   «Leviatano.» rispose Boorman, camminando con le braccia incrociate dietro la testa.
   «Accidenti! Non ve la siete passata bene.» commentò Airk, stupito.
   «Già!» convenne l’uomo, leggermente infastidito. «Mentre tu ti “intrattenevi” con quella dolce fanciulla, noi facevamo a fette una bestia immonda. Dovresti…»
   «Vergognarmi, sì, lo so!» concluse Airk, dispiaciuto e con l’umore a terra.
   «No!» sbottò Boorman, d’un tratto. «Dovresti ringraziare la tua fortuna sfacciata! Il portale poteva spedirti da qualsiasi altra parte e, invece, ti ha gettato tra le braccia di una bella ragazza!»
   «Ah, quindi non sei arrabbiato con me?»
   «Beh, no… anzi, un po’ sì! Io sono finito nelle grinfie di una sadica fuori di testa! Quasi mi ha fatto rimpiangere le caverne dei Troll…»
   Airk annuì, parzialmente rincuorato. Tuttavia, la sua espressione mogia non passò indifferente agli occhi del caccia-tesori.
   «Perché quel broncio? Alla fine, si è risolto tutto per il meglio: tu sei salvo, il Leviatano è morto e possiamo tornarcene a casa.»
   «Sì, ma temo la reazione di Kit. L’ho vista molto arrabbiata.»
   «Oh, sì. Te la farà pagare cara.» confermò Boorman mesto. «Ma, almeno hai evitato lo scontro mortale contro il Leviatano. È già qualcosa, no?»
   «Non so… Adesso, preferirei vedermela con lui piuttosto che con Kit…»
   Boorman sbuffò, sovrappensiero.
   «Vediamo… Da una parte ti troveresti davanti un mostro senza scrupoli…» valutò, soppesando la faccenda. «… mentre dall’altra una creatura mitologica molto pericolosa. In effetti, sarei in dubbio anch’io.»
   Airk sbottò a ridere. Poi, si fermò a guardare alcuni membri della servitù mentre decoravano un grande salone a festa. Tra di loro, notò una giovane serva dai capelli scuri intenta a lanciargli degli sguardi evasivi e un sorrisetto piuttosto malizioso.
   «Lascia perdere.» intervenne Boorman, prima che il ragazzo potesse ricambiare l’interesse mostrato. «Abbiamo fatto talmente tanta fatica a salvarti dalla Megera che mi dispiacerebbe vederti ucciso da tua sorella.»
   Airk deglutì, improvvisamente impaurito.
   «Sì, hai… ragione.»
   «E poi non è questo l’approccio migliore per conquistare una donna.»
   «Ah, no?»
   «Certo che no! Devi essere un po’ meno diretto e molto più misterioso. Fidati, so quello che dico.»
   Airk aggrottò le sopracciglia, perplesso.
   «Non saprei… Sai, anche io ho una discreta esperienza in merito.»
   «Sì, le tue “prodezze” sono arrivate anche alle mie orecchie. Ma qui è diverso. Non puoi avvalerti del tuo titolo di principe del regno, quindi devi esser più cauto.»
   «D’accordo. E, sentiamo, quale sarebbe il metodo “giusto”?»
   Boorman sogghignò, guardandosi intorno. Poi, dopo aver scrutato per bene ogni ragazza nei paraggi, annuì convinto.
   «Bene. Ti faccio vedere. Un esempio pratico è sempre la soluzione migliore.»
   Così dicendo, si avvicinò a una serva che stava trasportando una cesta piena di tovaglie.
   «Posso aiutarti?» le chiese, sfoggiando un sorriso a trentadue denti. «Sembra molto pesante.»
   La ragazza lo guardò per un attimo con diffidenza.
   «Ci conosciamo?»
   «No, ma possiamo rimediare subito.» replicò l’uomo, facendo un rapido inchino. «Thraxus Boorman, umile avventuriero e grande cacciatore di creature leggendarie. Al tuo servizio!»
   La ragazza fece una smorfia di disapprovazione.
   «Il mio nome è Ginevra. Umile serva… e basta.» replicò stizzita, rimettendosi a camminare. «Comunque, no, grazie. Ce la faccio da sola.»
   Boorman accusò il rifiuto, ma non si diede per vinto e le corse dietro.
   «Sicura? Perché mi farebbe piacere aiutarti. Io…»
   «Grazie.» lo interruppe Ginevra. «Ma adesso ho da fare. Addio.»
   Poi, si allontanò accelerando il passo. A quel punto, Airk affiancò l’uomo.
   «Non mi sembra che sia andata bene.»
   «Ma che dici?! È andata molto bene, invece!» sbottò Boorman, sicuro. «Vieni a vedere se non mi credi!»
   Poi, prese Airk per un braccio e lo trascinò fino alla svolta di un corridoio che aveva imboccato la ragazza. Lì, si fermarono a osservare la scena.
   Ginevra si era fermata a riposare, posando la cesta sul pavimento, mentre fissava immobile fuori dalla finestra.
   «Vedi?» domandò Boorman, indicandola.
   «Cosa, esattamente?» chiese Airk, confuso.
   «Ma non è ovvio?!»
   «No…»
  «Non vedi come è colpita?! Sta guardando l’orizzonte, pensando al bellissimo e misterioso uomo che ha incontrato un attimo fa. È rimasta talmente ammaliata che non riesce a togliersi dalla testa la mia immagine!»
   A un certo punto, da una stanza di quel corridoio uscì Artù. Questo, senza indugio, si avvicinò con decisione alla serva e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, la baciò intensamente. Ginevra rimase sbigottita per un breve momento, ma poi ricambiò il bacio con altrettanta passione.
   «Che dici? Starà pensando a te anche adesso?» chiese Airk, scoppiando a ridere.
   Boorman sbuffò contrariato. Poi, girò i tacchi e si allontanò dal corridoio imprecando.
 
***
 
   Nell’alloggio del medico di corte, Willow sedeva assorto su uno sgabello. Stava leggendo con molta attenzione un libro piuttosto malmesso con la copertina rovinata e le pagine spiegazzate.
   «Siete sicuro che possa funzionare?» chiese il Nelwyn, alzando lo sguardo verso Gaius.
   Quest’ultimo era impegnato a selezionare alcune ampolle che aveva riposte in uno scaffale.
   «Assolutamente.» confermò con un cenno del capo, ma senza voltarsi. «Dalle mie ricerche risulta che ci sono ottime possibilità che l’incantesimo funzioni e che vi possa riportare a casa. Comunque, è tutto scritto nel volume che state leggendo.»
   «In effetti, è così.» asserì Willow, riprendendo la lettura. «Secondo questo alchimista di nome Malory, gli incantesimi di natura eterea agiscono seguendo il significato intriso nelle parole pronunciate. Basandosi su questa teoria, si può affermare che il loro potere ha anche una denotazione a specchio. Ovvero…»
   «Invertendo l’ordine delle parole dell’incantesimo, si inverte anche il suo utilizzo.» concluse l’anziano medico, infilando alcune fiale in una sacca posta sul tavolo.
   «Esatto.»
   «Quindi, se consideriamo vera la classificazione di Taliesin sul “portale di Túatha” come “incantesimo etereo”, dovremmo avere la soluzione al nostro dilemma.»
   Willow annuì, concorde.
   «Studio la magia da molti decenni ormai, ma rimango stupito ogni volta dalla sua immensa complessità. Da ragazzo sognavo di essere un potente stregone e di poter arrivare a scagliare incantesimi a destra e a manca, ma col tempo mi rendo sempre più conto che il termine stesso di “stregone” significa tutt’altro.»
   A quel punto, il Nelwyn si alzò in piedi.
   «La magia è solo una parte. Per essere un vero stregone bisogna guadagnare una conoscenza e una saggezza senza eguali.»
   «Sono d’accordo.» replicò Gaius, aggiungendo dentro alla sacca delle garze e alcune erbe medicinali. «Anch’io da giovane avevo una concezione più svagata sull’uso della magia. Inutile dire che ho dovuto ricredermi con gli anni.»
   Willow sorrise amaro, con la mente rivolta ai tempi andati. Dalla prima volta che aveva pronunciato un incantesimo era passato molto tempo, ma lo ricordava come se fosse stato soltanto il giorno prima. Grazie ai consigli di Fin Raziel era riuscito ad apprendere le basi della magia. Tuttavia, capiva che, nonostante la sua età, la strada per diventare un potente stregone era ancora lunga.
   «Bene.» annunciò Gaius, stringendo a dovere le fibbie della borsa. «Ho finito.»
   «Scusatemi se ve lo chiedo, ma siete in partenza?» chiese Willow, incuriosito.
   «Purtroppo sì. Il re mi ha raccomandato di visitare i cacciatori attaccati dal Leviatano l’altro giorno. Anche se ne sono usciti illesi, teme che possano esserci delle complicazioni in seguito.»
   «Capisco, ma perché avete preparato un bagaglio così grande? Non sono un medico o un guaritore, ma dubito vi servirà tutto quello che avete messo dentro.»
   Gaius si rabbuiò, mettendosi a sedere.
   «Il villaggio in cui abitano dista quasi mezza giornata da Camelot. Se dovessero esserci dei problemi, impiegherei troppo ad andare e tornare da lì. È bene essere previdenti.»
   «Avete ragione.» ribatté Willow, annuendo. «E, a proposito di essere previdenti, è meglio se comunico la vostra scoperta agli altri. Così, potremo organizzare il viaggio che ci aspetta domani.»
   «Buona idea.»
   «Bene, allora a dopo. Vi aspetto alla festa.»
   Il medico di corte scosse il capo, dispiaciuto.
   «Sfortunatamente, temo che non parteciperò alla festa indetta dal re. Come vi dicevo, domattina dovrò incamminarmi molto presto. Alla mia età non è saggio mettermi in viaggio senza aver riposato a sufficienza.»
   Willow annuì, anche lui dispiaciuto.
   «Quindi, se questa sera non sarete alla festa e domani dovremo partire entrambi… significa che questo è un addio.»
   «Temo di sì.»
   Il Nelwyn s’intristì all’improvviso. Non se lo aspettava, ma era oltremodo rammaricato dal dover salutare il vecchio medico. Nei pochi giorni che era stato a Camelot si era affezionato molto a lui.
   «Allora, vi saluto e vi auguro buona fortuna per tutto.» disse, con un groppo alla gola.
   «Anche a voi, Willow. Ho apprezzato il tempo passato insieme e sono contento di esservi stato di aiuto. Spero vivamente di rincontrarvi, un giorno.»
   Willow gli sorrise con un’espressione malinconica. Poi, prima di avviarsi verso la porta, si avvicinò a Gaius e lo abbracciò calorosamente.
   «Abbi cura di te, amico mio.»
   Gaius ricambiò l’abbraccio per un interminabile momento. Poi, lo sciolse e rivolse all’altro un sorriso triste ma affettuoso.
   «Arrivederci a presto, Willow.»

 
 
Note
 
1 – Prima di essere scambiata per Diana, nel corso della serie Elora viene chiamata con molti nomi: Brunhilde, il nome che credeva di avere sin dalla nascita; Dove, il soprannome datole da Airk quando erano soli; Elora, il suo vero nome.
   
 
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