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Autore: Alyssa92    13/03/2024    1 recensioni
Draco Malfoy e Ginny Weasley sono completamente diversi. Eppure, c'è qualcosa che li accomuna: l'insoddisfazione per la propria vita. E se questo fosse un pretesto per avvicinarsi l'uno all'altra?
La storia è ambientata in un alternarsi temporale tra "ieri", ovvero il sesto anno di Harry Potter ad Hogwarts e "oggi", ovvero due anni dopo. La guerra è nel pieno del suo svolgimento. Cosa succederà?
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley | Coppie: Draco/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Capitolo 3
OGGI
 
Ginny
Quando aprì di nuovo gli occhi, l’umidità di quel posto le impedì di riempire completamente i polmoni.
Si sentì soffocare, ma doveva reagire.
Pensare.
Cercò di ricordare cosa fosse successo.
Era a Diagon Alley, in missione per l’Ordine. Aveva sentito qualcuno chiamarla alle spalle.
Si era voltata rapidamente, la bacchetta stretta in pugno, pronta all'attacco. Ma qualcun altro, di sorpresa, l’aveva colpita con un incantesimo.
Aveva perso i sensi.
E si era risvegliata lì, in quel posto lugubre.
Doveva essere stato un Mangiamorte a tenderle un agguato. Eppure, era stata prudente. Tonks doveva coprirle le spalle…
Un colpo al cuore le impedì di respirare.
Tonks.
Si alzò a sedere di scatto, guardandosi intorno, ma di lei non c’era alcuna traccia. L’avevano uccisa? Catturata? Era riuscita a scappare? Non ne aveva la più pallida idea. Sapeva solo di essere sola in quella cella.
Il movimento le aveva dato un intollerabile giramento di testa e si era dovuta appoggiare con la schiena alla parete fredda e umida alle sue spalle. 
La roccia le graffiava la pelle attraverso i vestiti. Improvvisamente si sentì bagnata.
Si guardò la maglia. Era rossa di sangue.
Dio, quanto sangue aveva perso?
Quanto avrebbe potuto resistere in quelle condizioni, ancora?
Aveva un mal di testa lancinante e si sentiva così distrutta... quasi arresa.
Eppure lei non era così.
Era una che reagiva.
Era una che lottava.
E allora perché le sembrava di aver smesso di farlo?
Una figura scura attirò la sua attenzione. Aveva il cappuccio calato sulla testa e la maschera.
Lo guardò con odio. 
Pensò alla sua famiglia. Ai suoi cari. 
E, incredibilmente, un’onda di energia le diede la forza di parlare. Doveva farcela, lo doveva a loro. Lo doveva a sua madre che tutti i giorni guardava quell’orologio appeso in cucina, sperando che nessuna lancetta finisse su “morte”. Lo doveva a suo padre e ai suoi fratelli, che tutti i giorni combattevano per l’Ordine. Lo doveva a Harry e Hermione, che erano diventati Auror nella speranza di un mondo migliore. Lo doveva a quella piccola speranza. Perché non poteva lasciarsela sfuggire. Non doveva.
Prese un respiro e rifletté. Ormai, non aveva più nulla da perdere. Se stava davvero per morire, voleva farlo senza rimpianti. E cercando di fare più danni possibili.
“Chi sei?” chiese ad alta voce a quella figura sconosciuta. “Se mi tieni qui rinchiusa, almeno abbi le palle di rivelare il tuo volto”.
La figura incappucciata non rispose.
Lei allungò una mano verso un piccolo pezzo di roccia che si era staccato, grande quanto un sassolino.
Glielo tirò, colpendolo sulla veste di striscio.
“Sei sordo?” chiese. “Ho chiesto chi diavolo sei”.
La figura finalmente sollevò lo sguardo. O almeno, così ipotizzò, dato che aveva mosso la testa. 
Si alzò in piedi e la raggiunse in poche e brevi falcate.
Ginny scattò in piedi avvicinandosi alle sbarre, ma il dolore al fianco era lancinante.
Gemette e si accasciò a terra.
“Tu sei una che non molla mai, vero, Weasley?”
Non riconobbe la voce, perché era modificata dalla maschera.
Gattonò verso le sbarre e si aggrappò ad esse per sollevarsi. A fatica, ci riuscì.
Ora erano uno di fronte all’altra. Lei era senza fiato, ma non poteva arrendersi proprio ora. 
“Rivelati, codardo” lo sfidò.
“Se proprio ci tieni, toglimi la maschera” fu la sua risposta. C’era qualcosa nel modo di fare di quel Mangiamorte che le suscitò strane sensazioni alla bocca dello stomaco.
Sensazioni che in un primo momento non riuscì a decifrare.
Allungò una mano tremante al di là della sbarra. Afferrò la maschera con due dita e la sollevò da destra a sinistra.
Si dissolse.
Due occhi grigi la fissarono al di là della gabbia nella quale era rinchiusa.
Improvvisamente si sentì mancare la terra sotto i piedi.
Il cuore le finì in gola.
Dovette aggrapparsi con tutte le sue forze alle sbarre per non crollare di nuovo per terra.
Il suo corpo lo aveva capito molto prima di lei.
Perché proprio lì, davanti a lei, c'era l'ultima persona al mondo che avrebbe pensato di incontrare.
Draco Malfoy.
 
 
IERI
Draco
Quella settimana era stata un vero inferno. Non solo non aveva avuto l’occasione di sfogarsi giocando a Quidditch, essendo stato sospeso dalla partita, ma la missione che gli avevano imposto si stava rivelando più difficile di quanto si fosse immaginato. 
Era incazzato, frustrato, deluso.
E non solo.
Il pensiero della Weasley continuava a scorticargli il cervello e gli impediva persino di concentrarsi quanto avrebbe voluto. Si sentiva un perfetto idiota. 
Perché era successo… 
Niente
Non era successo assolutamente niente. 
 
Finalmente era giunta l’ultima sera di punizione. Quella vecchia megera della McGranitt l’aveva punito per quell’idiozia che aveva combinato con la Weasley, costringendolo a fare il lavoro di uno sporco elfo domestico. 
Chiuse la Sala dei Trofei alle sue spalle e non ebbe il tempo di fare neppure due passi, che subito si sentì chiamare. Si irrigidì, irritato. 
“Che c’è?” sbottò. Non aveva voglia di compagnia, voleva stare da solo a pensare. 
“Pensavo che…” Pansy esitò un istante, vedendolo irrigidirsi. “Siccome questa era l’ultima sera di punizione… pensavo che saremmo andati a fare un giro” si avvicinò di qualche passo, ma lui non mosse un muscolo. 
“Non ne ho voglia” non si prese neppure la briga di guardarla. “Ho delle cose da fare”
“Sempre per quella missione?” chiese lei, la voce flebile. 
“Ti sarei grato, Pansy, se la smettessi di parlarne nei corridoi” finalmente la guardò, afferrandole un polso e lei sembrò illuminarsi per il semplice fatto di aver ottenuto una briciola di attenzione. La cosa lo irritò da morire. “Nessuno deve sapere”. Lasciò andare la presa con uno scatto repentino e lei annuì. 
“Ci vediamo in Sala Comune?” chiese lei, cercando il suo sguardo. Ma lui non la guardava più. Non gliene fregava un cazzo di passare del tempo con lei. Non in quel momento, per lo meno.
“Non stasera” la liquidò, prima di voltarle le spalle e scomparire in un corridoio. 
Non si voltò per controllare che non lo stesse seguendo. 
Sapeva che non l’avrebbe fatto. 
Il bello di essere un Prefetto era che poteva aggirarsi per i corridoi quando cazzo voleva, con la scusa di dover sorvegliare il coprifuoco. Beh, più o meno. 
Entrò nel primo bagno che trovò per strada. Aveva una maledetta voglia di urlare.
Era arrabbiato. Teso. Si passò una mano fra i capelli e lanciò uno sguardo al proprio riflesso. 
Ancora una volta si vide pallido e sciupato come non era mai stato.
Odiava quella situazione, ma sapeva di non avere scampo. 
 
Il Signore Oscuro era voltato di spalle, seduto su una poltrona nera. Nagini era al suo fianco, immobile, sembrava dormisse. 
“Non deludermi, Draco” gli aveva detto, la mano bianca cadaverica posata sul bracciolo. Draco era paralizzato, non sapeva cosa dire. Ad un certo punto, senza preavviso, il Signore Oscuro si era alzato in piedi e lo aveva guardato negli occhi.
Draco aveva la pelle d’oca. Non si era mai sentito così, come se gli stessero violentando l’anima fino a fargli perdere il fiato. Una visione incantata di qualcuno che veniva torturato a morte. Era una donna alta, longilinea e bionda. Era sua madre. 
Poi la visione finì, improvvisa come era iniziata. Una risata fredda che gli aveva congelato il sangue nelle vene. “Queste saranno le conseguenze, se mi deluderai”. Si era seduto nuovamente sulla poltrona. 
“E ora vattene”.
 
Draco guardò un’ultima volta il suo riflesso nello specchio, prima di gridare, sferrando un pugno al vetro che si infranse contro la sua mano. 
Il dolore che provò sulla pelle fu quasi piacevole. 
 
 
Ginny
 
Chiuse il libro e sbadigliò. Era rimasta l’ultima persona in biblioteca e Madama Pince era molto stupita di vederla lì. Poteva comprenderla: in cinque anni, non aveva mai frequentato quel posto come in quegli ultimi giorni. 
Aveva passato tutto il pomeriggio in punizione per colpa di quello che era successo…
Cioè, per colpa di quello che non era successo. 
Perché non era successo assolutamente niente
E così aveva dovuto recuperare i compiti. E ora era letteralmente esausta e non vedeva l’ora di andare a letto.
“Ehi” la salutò Harry, facendole prendere un accidente. Non se lo aspettava. “Finito di studiare?”
“Così pare” rispose lei. “Sono distrutta”.
In realtà non aveva molta voglia di passare del tempo con lui, così fece lo sforzo di dedicargli qualche chiacchiera di circostanza mentre si dirigevano verso la Sala Comune di Grifondoro. Arrivati nei pressi, si era inventata di essersi dimenticata qualcosa di vitale importanza ed era scappata via come la codarda che era. Harry non era stupido e aveva capito che c’era qualcosa che non andava, ma aveva finto di crederle e l’aveva lasciata andare. E così ora stava girovagando per i corridoi, senza avere una reale meta. Ad un certo punto, si imbatté in Mrs. Purr e le si congelò il sangue nelle vene. Non era possibile. Non poteva essere così sfortunata. Iniziò a correre, senza rendersi nemmeno conto di dove stesse andando. Voleva soltanto seminarla e liberarsi di lei. Ogni tanto si voltava indietro per controllare che non ci fosse. Ma c’era. Sempre. 
Ad un certo punto, dopo qualche minuto che a lei sembrò infinito, riuscì a seminarla. O forse, era solo andata a chiamare il suo padrone.
Adocchiò da lontano uno dei tanti bagni e decise di rifugiarsi lì dentro, consapevole che Gazza non l’avrebbe mai potuta raggiungere. O almeno così sperava. 
Chiuse la porta più lentamente possibile per non fare rumore e vi appoggiò la schiena sopra, respirando forte per cercare di far tornare i battiti ad una velocità normale. 
“Non ci posso credere” una voce strascicata le fece spalancare gli occhi di colpo. “Ancora tu?”
Ginny rimase per un attimo senza parole. Ma era mai possibile che se lo ritrovasse sempre tra i piedi?
“Non essere così entusiasta, Malfoy” ironizzò, alzando di scatto la schiena e incrociando le braccia al petto. “O potrei pensare che tu sia felice di vedermi” lo guardò attentamente. Era molto pallido e teneva una mano sotto al mantello, come se stesse nascondendo qualcosa. 
“Alleni il tuo sarcasmo per San Potter?” le rispose con tono freddo e distaccato, facendo saettare lo sguardo nel suo. Stava per dirle qualcos’altro, probabilmente di offensivo, ma lei lo interruppe. 
“Che ci fai qui? Pensavo che i furetti a quest’ora dormissero” continuò a scrutarlo da lontano, ben intenzionata a stargli alla larga. 
Nessuno dei due si mosse di una virgola. 
“Si da’ il caso, Weasley, che questo sia il bagno degli uomini” specificò. “Capisco tu non sappia leggere, ma pensavo che almeno le figure sapessi decifrarle…” fece qualche passo in avanti e il mantello si mosse. Ginny avrebbe risposto, se non fosse che la sua attenzione venne catturata da qualcos’altro. 
“Che hai fatto alla mano?” gli chiese, incuriosita. Era sicura di aver visto del sangue. 
“Non sono affari che ti riguardino” la freddò. 
“Hai ragione, infatti non me ne frega niente” gli rispose, “era solo una frase di circostanza”.
Calò il silenzio per qualche istante durante il quale si scrutarono con odio. 
“Perché hai mentito l’altro giorno?” le chiese improvvisamente Malfoy, guardandola con quegli occhi grigi e indecifrabili.
“Non ho idea di cosa tu stia parlando” Ginny prese tempo. Non aveva proprio voglia di parlare con lui di quell’argomento. 
“Non fare la finta tonta, Weasley, non ti si addice per niente” si avvicinò di qualche passo, più sicuro di sé nel vedere la sua palese difficoltà. “Hai mentito a tutti, dicendo che avevo vinto io. Perché?”
“Non sono affari che ti riguardino” gli rispose, tanto per levarselo di dosso. Anche se tra loro c’era ancora mezzo metro di distanza, si sentiva comunque soffocare. 
“Beh, peccato che invece lo siano, visto che c’entrano anche con me” fece un altro passo verso di lei. Ginny schiacciò la schiena contro la porta per allontanarsi da lui. Sentiva quasi l’aria vibrare tra loro. E la cosa non andava bene per niente. 
E perché il suo stupido cuore aveva preso a battere così forte?
Malfoy appoggiò la mano non insanguinata al lato della sua testa. “Allora, Weasley?”
“Allora, allontanati da me”.
Ma lui non lo fece. Rimase immobile, così decise di alzare il volto per guardarlo. Il respiro accelerò improvvisamente, ma lei tentò di reprimerlo. 
I suoi occhi erano così magnetici che a malapena si ricordava di dovergli ripetere di allontanarsi. Forse, non era più tanto sicura di volerlo. 
Fu a quel punto che lo sentirono. 
“Sei qui? So che ti nascondi, e ti troverò, furfante!” la voce di Gazza le mozzò il fiato. Malfoy si affrettò a spegnere la luce del bagno con un incantesimo. Ora erano al buio completo. 
“Gazza… era sulle mie tracce” bisbigliò Ginny, con tono talmente basso che Malfoy dovette piegarsi verso la sua bocca per sentirla. 
“E cosa aspettavi a dirmelo? Che ci comparisse davanti?” le rispose, sarcastico. Era talmente vicino che avvertì il suo respiro sulla pelle e rabbrividì. Dio, quanto era stupida. Malfoy si avvicinò ancora di più con la bocca al suo orecchio. “Seguimi” le ordinò, con voce a malapena udibile. “E cerca di non avere la tua solita grazia di un elefante”.
Ginny stava per ribattere, ma la voce di Gazza che rivangava i tempi in cui appendeva gli studenti nei sotterranei per i pollici le ghiacciò il sangue nelle vene, così rimase in silenzio. Malfoy fece luce con la bacchetta e la guidò dentro uno dei cubicoli. Spense la bacchetta e chiuse la porta, proprio nell’istante in cui Gazza aveva spalancato la porta principale del bagno. 
“Sei qui, traditore?”
Ginny si chiese se il suo cuore battesse così veloce per la paura di essere beccata, o per il fatto che si trovasse al buio, chiusa in uno spazio ristretto con la persona che cercava di evitare da giorni. 
 
Draco
Se per colpa della Weasley si fosse beccato un’altra punizione, avrebbe dato di matto. Oppure l’avrebbe Schiantata e nascosta da qualche parte. Almeno, si sarebbe liberato di lei una volta per tutte. 
Aveva la schiena appoggiata alla porta di quello squallido cubicolo e con un braccio si reggeva in maniera quasi innaturale alla parete. Non aveva ben capito in quale posizione fosse lei, siccome erano al buio, ma avvertiva il profumo del suo shampoo e il calore del suo corpo, nonostante non si stessero nemmeno sfiorando. Perciò, doveva essere vicina.   
Gazza stava illuminando con una ridicola lanterna l’ingresso del bagno. La sua mano tremolante faceva tremare anche la luce. Lo sentirono entrare, anche se da quella posizione non potevano vederlo. Sperò vivamente che non fosse così sveglio da notare i loro piedi che sporgevano da sotto quel maledetto cubicolo di legno, perché altrimenti sarebbero stati spacciati. Nonostante fosse un Prefetto, a quell’ora di notte neppure a lui era concesso gironzolare. Il Custode alzò la lanterna e per un attimo riuscì a distinguere la sagoma della Weasley. Gli dava la schiena ed era davvero, davvero vicina. La cosa gli diede una strana scarica elettrica. 
“Ti troverò” la voce di Gazza rivelò la sua posizione. “Ti troverò, stanne certo!” la sua voce gracchiante era davvero fastidiosa. Peggio di quella della Weasley.
Fu a quel punto che vide la sua sagoma muoversi. Si irrigidì. Che diavolo voleva fare? Non ebbe il tempo di chiedere nulla, perché fu davvero rapida. Con uno scatto felino la vide sporgersi da sotto al cubicolo, mormorare qualcosa - probabilmente, una fattura - che colpì la porta d’ingresso alle spalle di Gazza. 
“Ti ho sentito, idiota! Ti prenderò… oh, se ti prenderò…” 
Doveva ammettere che era stata astuta, per essere una Weasley. 
Anzi, no, non lo avrebbe mai ammesso. 
Sentirono Gazza iniziare a correre verso l’uscita e la vide tirarsi su di scatto. Il buio di nuovo li inghiottì, ma Gazza era ancora nelle vicinanze, perciò rimasero immobili, respirando appena.
“Puoi ringraziarmi dopo…” bisbigliò lei, voltandosi verso di lui. 
Non avrebbe dovuto farlo. 
Anche se non la vedeva, né toccava, sapeva che era a malapena a due dita di distanza da lui.
E la cosa lo rese incredibilmente agitato. 
Cercò di dire qualcosa, giusto perché non andava bene stare troppo in silenzio. Non con lei.
“Fammi capire, ti aspetti che io ti ringrazi per avermi portato dritto tra le braccia di Gazza?” tenne il tono di voce basso. 
Un rumore fuori ricordò loro che il Custode era ancora nei dintorni. Forse, stava rovistando nelle aule accanto. 
“Sei davvero irritante, Malfoy” si era scaldata e lui a stento trattenne un ghigno. Non poteva vedere la sua espressione, ma riusciva a immaginarsela perfettamente. E la cosa non andava affatto bene. “Se non fosse stato per me…” 
Ma Draco la interruppe, piantandole un palmo della mano sulla bocca. Visto il buio, fu una fortuna beccarla alla prima. La sentì divincolarsi, ma non tolse la presa. Si chinò su di lei per parlarle meglio all’orecchio.
“Riesci a stare zitta e buona per almeno cinque minuti?” Sussurrò. “Potrebbe ancora sentirci”. 
La sentì rilassare le spalle, rassegnata. 
Ammutolirono. 
I loro respiri si mescolavano tra loro e rendevano quella situazione surreale.
Era passato a malapena un minuto, quando la mano della Weasley si depositò sulla sua. La tirò via con poca delicatezza e si liberò la bocca. 
“Non osare mai più” lo minacciò, facendolo scoppiare in una risatina sommessa di scherno. Dio, quanto la faceva incazzare quando si atteggiava così a paladina della giustizia. Poteva immaginarsi la sua espressione imbronciata, nonostante il buio pesto. 
I rumori fuori dalla porta erano sempre più tenui, ma nessuno dei due si mosse. 
"Altrimenti cosa mi fai?" la provocò. Erano talmente vicini che sarebbe bastato sporgersi di un centimetro in avanti per poter toccare di nuovo le sue labbra. 
Ma no, non lo avrebbe fatto. 
Neanche ci stava pensando.
Sentì il respiro della Weasley accelerare bruscamente, seguendo lo stesso ritmo del suo. 
Possibile che fosse agitata dalla sua presenza?
Lei disse qualcosa. Forse, come lui, cercava solo di riempire quel silenzio infernale.
"Che cosa ti sei fatto alla mano?" il suo sussurro sembrava quasi tremante. Ma forse era una sua sensazione.
"Perché hai mentito, l'altro giorno?" 
La sentì sorridere per averla messa all'angolo. Il suo respiro gli colpì la guancia e a quel punto smise di pensare.
Anche perché quando erano così vicini, gli sembrava di non riuscire a farlo.
Appoggiò una mano sul suo fianco e la attirò a sé. I loro corpi aderirono perfettamente. Ogni curva del suo corpo era appoggiata a lui. E non riusciva a pensare ad altro.
"Non mi sembra una buona idea" mormorò lei, ma non si ritrasse. Esattamente come l'ultima volta, appoggiò entrambe le mani sulla sua divisa e strinse leggermente la stoffa tra le dita. 
Respiro su respiro.
"Non ho mai detto che lo sia" replicò, prima di baciarla. Per un attimo la sentì trattenere il fiato, ma poi si abbandonò contro di lui.
Le sue labbra erano morbide come l'ultima volta.
Ma, al contrario dell'ultima volta, erano bollenti.
Entrambi aprirono la bocca dopo pochi istanti, lasciando entrare in lotta le loro lingue.
Gli sembrava passato un secolo dall'ultima volta in cui l'aveva baciata. 
Era così una brutta idea?
In quel momento, si era dimenticato di tutto. Di Gazza, di quello squallido cubicolo in cui si trovavano, del fatto che dovevano fare silenzio. Sentiva solo le sue labbra, le sue mani, la sua lingua, il suo corpo su di sé. E si sentiva totalmente senza controllo.
Non si ricordava l'ultima volta in cui si era sentito così, completamente assorbito da qualcuno.
Forse non era mai successo. 
 
Ginny
In un attimo si ritrovò con le spalle al muro. Malfoy aveva invertito le posizioni e la stava schiacciando, ma incredibilmente le piaceva.
Sentiva la sua bocca ovunque. Sul suo collo, sulle sue clavicole, sulle sue labbra, mentre le sue mani le stringevano i fianchi e la schiena, per tenerla stretta a sé.
Come se potesse davvero scappare.
Anche volendo, non ci sarebbe mai riuscita.
E poi, forse non voleva.
Ma non lo avrebbe mai ammesso, neppure a se stessa. 
Malfoy tornò a dedicare attenzioni alla sua bocca. Dio, quelle labbra. Avevano un sapore così buono. A stento si ricordò di dove fosse. Ma non le poteva importare di meno. In quel momento, sentiva che se anche tutti i professori della scuola avessero fatto irruzione lì dentro, lei non se ne sarebbe accorta.
Le mani di Malfoy si infilarono sotto la divisa. Percorsero un breve tratto sopra alla stoffa della gonna, fino ad affondare dentro al maglione e sfiorare la sua pelle.
La sua schiena.
Aveva il cuore in gola, i brividi e si sentiva senza fiato.
Le sfuggì un sospiro. Si aspettava una battuta sarcastica da parte di Malfoy, ma non avvenne. Anzi, la baciò con una passione ancora maggiore. La spinse più forte contro la porta alle sue spalle e, senza capire bene come, quel cubicolo si spalancò, facendole perdere l'equilibrio. 
Per un attimo trattenne il fiato, pensando che sarebbe caduta per terra, ma Malfoy l'afferrò prontamente per poi sollevarla da sotto le gambe. Lei, d'istinto, le avvolse attorno ai suoi fianchi per aggrapparsi.
Tenendola stretta e senza separare le labbra dalle sue, la spinse contro la parete in fondo.
Ma si può sapere cosa diavolo stavano facendo? 
Ormai, non ci capiva più niente. In totale balia del suo istinto, infilò le mani tra quei capelli perfetti, spettinandoli. Erano più morbidi di quanto si sarebbe aspettata. 
Lui fece scivolare delicatamente giù le sue gambe, finché i piedi non toccarono di nuovo terra. In quel modo, riuscì a premersi ancora di più contro di lei. Aprì gli occhi, ma era buio e a malapena riusciva a distinguere la sua sagoma. Perciò, li richiuse e si lasciò trasportare dalle sensazioni. Sentì sue mani farsi nuovamente strada fin sotto il maglione facendola rabbrividire e contorcere.  
Era talmente presa, che non si rese conto che qualcuno stava chiamando il suo nome, fino a quando non sentì Malfoy bloccarsi. Solo a quel punto comprese che c’era qualcosa che non andava, anche se ancora non aveva realizzato cosa. E poi, accadde tutto in un attimo. Malfoy riaccese la luce con un colpo di bacchetta, afferrò la sua e la gettò da qualche parte lontano. Poi, la prese per il colletto della divisa e la spinse contro il muro, puntandole la bacchetta contro.
“Ora stai buona e lasciami fare” le ordinò in un orecchio. 
“Malfoy, che diavolo pensi di fare, razza di cretino?” lo insultò. “Era forse tutto un piano diabolico per…”
“Ginny!” l’intrusione della voce di Harry fu come una secchiata di acqua gelida in pieno inverno, nudi, sul balcone. Un istante dopo aver spalancato la porta del bagno con un calcio, puntò la bacchetta in loro direzione. “Che cosa pensi di fare, Malfoy?” lo attaccò. 
“Oh, io assolutamente niente” replicò quello, con tutta la calma del mondo e la solita espressione fredda dipinta in volto. I suoi occhi grigi lanciarono un’ultima occhiata a quelli di Ginny, prima di voltarsi verso l’intruso. Quello sguardo le provocò una stretta allo stomaco. “La tua fidanzatina del cuore, invece, pensava di farsi una bella scampagnata notturna per i corridoi” il suo tono era tagliente. Ginny gli lanciò un’occhiata, ma lui non la stava più guardando. “E la stavo giusto portando da Gazza. O da Piton. Non lo so, non avevo ancora deciso…”
“Beh, allora ti conviene non portarla da nessuna parte” gli disse, provocando nel Serpeverde una risata di scherno.
“Dio mio Potter, mi hai davvero spaventato con questa minaccia” lo prese in giro, ma lasciò andare la presa su Ginny con un gesto tutt’altro che aggraziato. Lei si sentì svuotata e strana allo stesso tempo. Malfoy si aggiustò la divisa, come se si fosse stropicciato in un combattimento. Improvvisamente, dalla bacchetta di Harry scaturì una scintilla, che Malfoy parò senza troppa difficoltà. “Temo dovrai impegnarti di più, Potter, se vuoi entrare nell’esercito degli Auror”.
Gli scagliò un incantesimo non verbale indietro, che Harry parò immediatamente. “A te invece quali caratteristiche hanno chiesto per poter entrare in quello dei Mangiamorte?” replicò, parando un altro incantesimo che Malfoy gli aveva appena spedito. “Oppure essere una testa di cazzo è già sufficiente?”
Per un po’ non si lanciarono più incantesimi, limitandosi a guardarsi l’un l’altro. Poi, Malfoy fece qualche passo in direzione della porta. 
“E ora se volete scusarmi, non ho altro tempo da perdere con due sfigati come voi”. Se ne andò, lasciandoli lì come due idioti. 
O almeno, Ginny si sentiva così. 
“Come…” si schiarì la voce. “Come mi hai trovata?” gli chiese, cercando di non mostrare quanto fosse seccata dell’interruzione. Anche se non avrebbe dovuto essere seccata, anzi. Doveva ringraziarlo, stava per commettere uno degli errori più grandi della sua vita. 
E perché Malfoy l’aveva baciata così intensamente? E lei perché glielo aveva lasciato fare senza neppure tentare di Schiantarlo?
“Ero preoccupato, siccome non tornavi” le spiegò, porgendole la bacchetta che aveva recuperato da terra. “Ho aperto la Mappa del Malandrino e ti ho vista qui con Malfoy” mentre si avviavano verso l’uscita Harry sfoderò di nuovo la sua mappa, in modo da poter raggiungere i dormitori indisturbati. “Ho immaginato ti volesse tormentare”.
Calò il silenzio. 
“Grazie” disse infine. 
“Non devi neanche dirlo” fu la sua risposta.
Neppure dopo essersi messa a letto, lavata i denti e i capelli, riuscì a dimenticarsi il sapore delle labbra di Draco Malfoy. 
Oh, cazzo
 
OGGI
Draco
 
Non era passata neanche un’ora dal suo arrivo, quando la Weasley si era svegliata e gli aveva chiesto di rivelarsi. 
E lui aveva ceduto come un pivello. Sapeva che non avrebbe dovuto. Se lo avessero scoperto…
Soppresse quel pensiero. 
La tentazione di parlarle di nuovo era stata troppo forte. 
Rivederla da vicino gli aveva fatto riemergere tutta una serie di emozioni che aveva soppresso da tempo. 
Per qualche istante si guardarono senza dire niente. In fondo, cosa c’era da dire? Entrambi sapevano che sarebbe andata a finire così. 
Nonostante questo, specchiarsi di nuovo nell’azzurro di quelle iridi gli fece mancare svariati battiti. 
“Ora che lo sai, sei soddisfatta?” riuscì a dire, infine. Lei non rispose per un tempo che parve infinito. 
“No” mormorò a fatica. Era molto pallida e si teneva il fianco con una mano. Solo in quel momento si accorse che, dove pochi minuti prima era stesa Ginny Weasley, c’era una piccola pozza di sangue. 
“Sei ferita?” 
“Fa qualche differenza?” rivide un po’ di quella grinta così tipica di lei in quella semplice frase. Trattenne un sorriso. Non avrebbe mai ammesso che gli era mancata. “Voglio dire, se dovete uccidermi, non vi dovrebbe importare che io sia ferita oppure no”. Lo guardò con rabbia e lui rimase impassibile. La tensione tra loro si sarebbe potuta tagliare con un coltello. E quindi era questo ciò che pensava? Che anche lui fosse coinvolto in quel piano per ucciderla o torturarla o chissà cos’altro? Si guardò il braccio, dove sapeva esserci il Marchio Nero e lei lo seguì con lo sguardo. In fondo, ora era un Mangiamorte. Aveva già scelto tanto tempo fa da quale parte stare, nonostante la scelta fosse stata pressoché obbligata. Una strada già spianata pronta per essere percorsa. 
Lei non poteva sapere che quando si guardava allo specchio provava disgusto per se stesso e per tutto ciò che ne derivava. 
“Non è…” stava per dire ‘non è come pensi’, ma furono interrotti e non ebbe il tempo di aggiungere altro. In pochissimi istanti era tornato al suo posto, come se non si fosse mai mosso da lì. 
E la Weasley era tornata per terra con gli occhi chiusi. 
 
“Come se la passa la nostra prigioniera, piccolo Draco?” Bellatrix lo aveva raggiunto, posandogli una mano sulla spalla. Dio, come la odiava quando lo toccava. Se la scrollò di dosso. 
“Non si è mossa” replicò. “Ho motivo di credere che sia ferita” 
Lei si lasciò andare a una risata priva di emozioni. “E me ne dovrebbe importare qualcosa?” si passò la lingua sui denti e Draco provò disgusto. 
“Beh, non sarò di certo io a dovervi dire che il vostro piano fallirà, qualora la nostra unica esca dovesse morire dissanguata” come al solito, fu freddo e distaccato. “O pensi che il Signore Oscuro ne sarà felice?”
“Quanto sei idiota, Draco” sua zia lo interruppe con aria altezzosa. “Il Signore Oscuro ha sempre un piano di riserva” sibilò, facendogli venire una strana pelle d’oca. 
“Beh, piano di riserva o no, se volete che regga almeno altre due o tre ore, dovrete permettermi quantomeno di fermare l’emorragia” il suo tono era distaccato e non tradì alcuna emozione. Sua zia lo guardò negli occhi. 
“Sei sempre stato più astuto di tuo padre, Draco” fu la sua risposta. “Ed è per questo che farai molta più strada di lui” gli voltò le spalle e fece per uscire di nuovo da quella prigione senza ossigeno. Draco pensò che non avrebbe ottenuto alcuna risposta. Invece, Bellatrix parve rifletterci un attimo, immobilizzandosi con una gamba davanti all’altra a metà di un passo. Tornò indietro e si bloccò di fronte a lui. “Ferma quell’emorragia, Draco, ma non del tutto” lo guardò negli occhi. “Deve solo superare la notte. Una volta usata come esca per Potter, per quanto mi riguarda, se muore mi fa solo un favore” scoppiò in una risata così fredda che gli fece rizzare i peli sulla nuca. 
L’eco dei suoi passi segnalò la sua uscita di scena. 
Draco si voltò a guardare la sua prigioniera. 
Si era alzata a sedere e lo stava fissando.
Persino da quella distanza, quello sguardo riuscì a fargli aumentare il battito cardiaco.  
 


Commento dell'autrice: grazie a chi ha letto fino a qui! Spero vi sia piaciuto. Se volete, fatemelo sapere nei commenti!
La prossima volta, dovrei finalmente riuscire ad aggiornare più rapidamente (finalmente mi hanno aggiustato il pc e posso avere di nuovo il mio portatile).
Grazie ancora!
Alyssa
  
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