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Autore: Velidart    18/03/2024    0 recensioni
Steve e Selene: due sconosciuti che si incontrano in un locale lungo la statale di un piccolo paese provinciale della Pennsylvania. Soli e con tante cose da raccontarsi vicendevolmente. Quale delle due storie del loro passato sarà la più oscura e interessante? Ma soprattutto, chi dei due sopravviverà alla nottata?
Genere: Dark, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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C’è un chiarore all’orizzonte: è appena visibile ma è il segnale che la notte sta lasciando spazio al nuovo giorno. Le punte degli alberi dall’altro capo del versante si fanno appena visibili e presto si faranno rosate. Steve le fissa attraverso le tendine delle grandi finestre della sala; alle sue spalle Catherine, nuda, osserva la sua preda e si lecca labbra. 
Il fuoco ormai è morente e le braci sono l’unica fonte di luce che rischiara un poco l’ambiente.
-Come ti avevo detto all’inizio mia cara sono un grande osservatore: studio le espressioni, i gesti, i dettagli e ne tengo conto. Il primo dubbio si è insinuato in me quando mi hai stretto la mano: rigida e ghiacciata, come se non ci fosse l’energia di un vivente al suo interno. Eppure eri svestita ed eri almeno già da qualche minuto all’interno del locale: il calore che c’era all’interno di quel luogo avrebbe fatto sciogliere un ghiacciolo dopo un paio di minuti, ma tu eri gelida come un iceberg.- l’uomo si volta e guarda la sua carnefice dritta negli occhi.
-Poi, ovviamente il tuo sguardo. Quello è stato probabilmente il motivo principale: non avevo mai visto nessuno con un’espressione così spenta e apatica; nemmeno quando sono stato ricoverato nella clinica di Oakland, al centro malattie mentali. Ho avuto modo di conoscere persone che non ce l’hanno fatta, che avevano perso tutto e che si dichiaravano perdute, senza più nessuno stimolo verso la vita: per quanto tragica fosse la loro situazione, i loro occhi erano pregni di un barlume di vita. I tuoi invece trasmettono solo morte e nient’altro. 
In secondo luogo, non emetti nessun odore: ogni uomo o donna ne ha uno per quanto flebile o mascherato che sia. Ma la tua pelle non emana nulla, neanche dopo che ti sei fatta fuori bicchieri e bicchieri di alcool, il nulla più assoluto. Non ti sei ubriacata, nemmeno un poco, ma sei rimasta sempre perfettamente cosciente: per quanto una persona possa bere e reggere la sbronza, appaiono dei sintomi fisici inequivocabili: le iridi si allargano, l’alito si fa acidulo, il colore della pelle s’arrossa e le movenze si fanno più lente, le occhiaie compaiono. A te non è successo nulla di tutto questo.-
Catherine sorride lisciandosi la bocca con le lunghe dita.
-Eppure Steve questi non possono certo essere dettagli che ti portano alla certezza di trovarti di fronte ad un vampiro. No, non me la dai da bere. Ci deve essere altro.-
-Ovviamente. Tutto quello che ti ho descritto, mischiato al fatto che ti sei avvicinata ad uno straniero, nemmeno particolarmente bello per una donna della tua portata, che non conosceva nessuno in città mi ha certamente insospettito. Sono addirittura arrivato a pensare che fossi un robot o una sorta di androide ad un certo punto della conversazione per le tue risposte: non un cenno di incertezza, non una singola elaborazione di un concetto più lungo. Era come se mi trovassi davanti ad un attore che leggeva le risposte di un copione, o ad un super computer capace di elaborare informazioni e rispondere ad un altissimo numero di variabili ad una velocità inaudita. Si, avevi indubbiamente qualcosa di strano.-
-Eppure hai scelto di seguirmi.-
-In realtà mi hai quasi costretto prendendomi sottobraccio e trascinandomi alla tua auto; però certo non mi sono ribellato. Come ti avevo detto, avevo già stabilito la mia fine, ne ero convinto al 100%. Ma la possibilità di conoscere qualcuna come te e di rimanerne vittima era una possibilità davvero stuzzicante. Forse avrei scoperto qualcosa che nessun altro al mondo, o di cui pochissimi sono a conoscenza. Quale modo migliore per morire quindi?-
-Non prendere tempo Steve, sei ormai alla fine. Sto per affondare i denti nel tuo collo. Avanti: cosa ti ha fatto capire che cosa sono?-
Steve sorride e socchiude gli occhi, perso in memorie lontane.
-Il finestrino della tua auto.-
Catherine strabuzza gli occhi poi scoppia a ridere.
-Che diavoleria è mai questa Steve? Mi vuoi dire che non hai visto la mia immagine riflessa? Non funziona così.-
-Oh no la tua immagine era riflessa eccome: è stata proprio quella a tradirti. Ti sei leccata le labbra e per una frazione di secondo, mentre stavo per aprire la portiera, hai avuto la tentazione di affondare i tuoi canini nel mio collo. Ma ti sei trattenuta, come è avvenuto poco fa quando ti ho abbracciata, ed ancora prima quando hai mostrato la tua vera identità. Per una frazione di secondo i tuoi occhi si illuminano come se la vita tornasse nel tuo corpo, la tua bocca assume un ghigno sardonico da cui spuntano i canini. È esattamente come hai detto tu: il sangue è l’unica cosa che ti fa provare qualcosa, ed io quel qualcosa l’ho visto. L’ho captato più volte nel corso della serata e man mano che abbiamo trascorso la notte assieme, ho visto quel barlume di vita comparire più volte durante la nostra chiacchierata. Io non so molto di vampiri, ma ho avuto una fase adolescenziale dove ero catturato dall’occulto e dal mistero, come la maggior parte dei ragazzini. Così ho messo insieme tutti i pezzi e ne ho avuto la conferma quando mi sono seduto su questo divano: una casa senza riscaldamento acceso, davvero incredibile per una normale famiglia americana, nessun rumore, nessuno in vista, nessun animale domestico e tutto perfettamente in ordine. 
Forse Catherine ti sei costruita un copione fin troppo perfetto.-
Catherine alza un sopracciglio, sospira e mima una sincera delusione.
-Che sconforto: e io che avevo quasi creduto in qualche mirabolante capacità soprannaturale, in qualche straordinaria congiura o complotto. Stavo viaggiando con la fantasia ventilando le ipotesi più complesse ed invece… tutto qui. Che finale banale.-
Steve aggrotta le sopracciglia.
-Si, tutto qui.-
Per l’ennesima volta Steve si ritrova sospeso da terra, con i piedi a penzoloni e la schiena schiacciata contro il freddo vetro della finestra.
Il mostro lo tiene alzato per il collo con una mano, il volto è trasfigurato in un’orribile maschera bestiale, priva di qualsiasi pietà: nei suoi occhi lampeggianti circolano un’infinità di emozioni, e nessuna di queste benevola. 
-Le tue ultime parole Steve?- pronuncia una voce gracchiante, disumana e terribilmente roca e profonda.
E Steve la guarda con compassione.
-Diamine se sei brutta quando assumi il tuo reale aspetto.-
-Se questo è tutto quello che hai da dire, allora addio Steve.-
Il vampiro emette un grugnito intenso, simile a quello dell’orgasmo di un animale e avvicina il collo alla sua mascella.
-Ti avevo chiesto di non farmi soffrire- biascica lui, ma in tutta risposta l’essere ghigna ancora più forte e senza proferire parola spalanca le fauci.
Catherine affonda i suoi denti nel collo di Steve e lo morde forte quasi a volergli strappare via la pelle; poi comincia a succhiare avidamente.
Steve ridacchia, ma tossisce e sente che il fiato comincia a mancare.
Desiderava davvero per la prima volta nella sua vita provare dolore, e si era quasi convinto che lei avesse potuto dargli quella sensazione che non era mai riuscito a provare durante tutto il corso della sua vita.
Mentre il suo corpo lentamente si svuota, i suoi ricordi tornano a un tempo lontano della sua infanzia: improvvisamente si ritrova in una clinica circondato da una moltitudine di dottori; i suoi genitori sono in un’altra stanza, celati per metà da uno spesso vetro che s’affaccia sul corridoio centrale. Stanno confabulando con un medico che si gratta la testa e parlotta visibilmente in difficoltà. Steve abbassa lo sguardo e si osserva per la centesima volta la caviglia: l’osso è fuoriuscito dalla carne e l’equipe che lo sta operando lavora con minuziosa attenzione. L’infermiera ad un certo punto gli chiede nuovamente volta se si senta bene e non avverta dolore e il bambino le ribadisce che non c’è nessun problema. I ricordi cambiano e questa volta si trova faccia a faccia con un neurologo: con uno spillo sta punzecchiando varie parti del suo corpo e ogni volta che lo fa gli chiede se abbia avvertito qualcosa. Ma Steve nega sempre: si sta ormai annoiando poiché sono parecchi giorni che il suo piede è guarito, ma i medici continuano a tormentarlo con assurdi test ed esperimenti. Aghi, cannule, ferri roventi, pressioni sulla pelle. Ma nulla: Steve non riesce a sentire dolore. 
La scena cambia di nuovo: un nuovo posto, una nuova ferita. Questa volta Steve, adolescente, si è conficcato un cacciavite nella mano passandola da parte a parte nel tentativo di girare una vite ostinata. Ma di nuovo non ha avvertito nulla.
Se ne sta semplicemente lì a fissare il sangue colare, finché non decide di estrarre la punta d’acciaio e osservare i contorni del buco che si è fatto. Allarga i lembi di pelle con le dita e nota con interesse i muscoli e i tendini della mano che si contraggono come colti da spasmi, per poi guardare attraverso la ferita della mano usandola come una sorta di mirino. Il tutto viene interrotto dall’urlo di sua madre e dal successivo sopraggiungere di suo padre.
Da quel momento in poi Steve comincia a sperimentare su se stesso:  a volte si taglia, altre volte si schiaccia volontariamente un dito con un martello, altre ancora mantiene la mano su una fiammella fino a sentire l’odore di carne bruciata. È quasi come se fosse un gioco per lui e in un certo senso, per un periodo della sua vita si è sentito un supereroe come quelli dei fumetti. A scuola invita i compagni a prenderlo a sassate, oppure li sfida a certi giochi pericolosi che quasi sempre finiscono nel sangue. Si sente invincibile, mentre tutti gli altri piagnucolano per qualche pizzicotto, sbucciatura o poco altro; lui invece no: e ogni volta propone sfide sempre più pericolose. Il culmine lo raggiunge ai sedici anni, quando decide di schiantarsi con il motorino contro un muro. Si ritroverà riverso a terra, coperto di sangue: incapace di ridere per la mascella spaccata, le gambe rotte e il bacino sfondato.
Da quel momento nella sua vita ci sarà soltanto il dolore: perché se per il suo corpo quella sensazione è sconosciuta, per la sua mente le cose cominciano a cambiare. Se prima si sentiva un Dio, con il passare delle settimane comincia a porsi domande. Perché non è come tutti gli altri? Perché non riesce a capire se l’acqua calda che tocca lo sta ustionando? Perché non avverte il mal di pancia e a volte gli capita semplicemente di vomitare così dal nulla? Perché tutti gli altri hanno cominciato a guardarlo in modo così strano? Perché sua madre è sempre terrorizzata quando viene lasciato da solo e vuole sempre tenerlo sotto controllo?
Con il passare dei mesi e poi degli anni quelle domande si moltiplicano e i dubbi si fanno sempre più incalzanti e oscuri. A ventisei anni Steve lega una corda sulla trave del suo appartamento  e ci si appende, ma la corda si spezza facendolo schiantare al suolo. Una vertebra incrinata gli impedirà di alzarsi prima di essere ritrovato dalla sua coinquilina e così viene ricoverato per la prima volta in un centro di salute mentale. Da quel momento la diagnosi non farà altro che peggiorare trascinandolo in un turbine di dolore e tristezza. Si, a Catherine non aveva raccontato tutto di sé: voleva davvero essere sicuro delle capacità innate del vampiro. Ma in un certo senso, desiderava anche provare dolore per la prima volta nella sua vita. Durante la notte aveva intuito che la donna lo avrebbe divorato senza pietà, interessata solo a soddisfare i suoi istinti primordiali, e confidava davvero che sarebbe riuscito, attraverso lei, a provare dolore per la prima volta. Com’è buffo: tutti coloro con cui Steve aveva parlato nel corso della sua vita erano terrorizzati dal dolore. La morte stessa non è temuta tanto quanto il male fisico del proprio corpo. Lui invece non desidera altro: provare dolore nella speranza che il male che ha nella testa possa spostarsi e assumere una dimensione fisica. Che sciocco era stato a sperarci così tanto. 
L’uomo capisce quanto ha in comune con quell’essere, quanto siano entrambi condannati a una vita penosa alla continua ricerca di una sensazione che li faccia sentire vivi entrambi. 
E proprio mentre le forze lo stanno per abbandonare, Steve riceve un’illuminazione: una forza dentro di sé lo travolge e la sua voce interiore lo incalza. “Hai sempre sognato di essere un supereroe Steve, perché per una volta non lo diventi davvero e poni fine alla sofferenza di quella creatura mitologica? Il mondo avrà un assassino sanguinario in meno e tu te ne andrai con la coscienza di aver fatto realmente qualcosa di bello e importante. Salverai la sua vita e quella di tanti altri innocenti.” 
La consapevolezza lo travolge: spalanca gli occhi e, alla maturazione di quel pensiero, Steve comincia a sentirsi finalmente vivo. Perché vivere non vuol dire provare dolore ed essere come tutti gli altri, ma realizzare il proprio più grande desiderio fino a trovare la felicità. E Steve ormai è stufo di vivere così: ora sa qual è la cosa che desidera più di ogni altra.
È in quel momento che decide di agire: afferra la testa del vampiro ed inserisce le dita nelle cavita oculari dei suoi occhi spingendo con tutta la forza che ha; Catherine molla la presa e lancia un urlo acuto, ma non fa nemmeno in tempo ad agire che Steve le è già addosso.
Il vampiro graffia la carne, lancia calci e si divincola come se fosse posseduto dal demonio. I due corpi si abbracciano in una lotta infernale dove entrambi mordono, scalciano e feriscono terribilmente il proprio avversario.
-Tu! Dovresti essere paralizzato dal dolore. Com’è possibile?- ringhia furiosa Catherine, ma Steve non risponde e sprigiona tutta la propria forza in quell’ultimo colpo rivolto al collo di lei.
Il ferito avverte un sonoro schiocco provenire dalla donna e subito dopo crolla a terra: ha la vista annebbiata, il fiato corto e la sensazione che stavolta sia davvero la fine.
“È così alla fine il momento è arrivato” pensa abbozzando un ultimo sorriso, poi si rivolge al corpo del vampiro e pronuncia le sue ultime parole.
-Neuropatia autonimica e sensoriale mia cara. Non ho mai conosciuto il dolore fisico. Queste sono le mie ultime parole.- 
La realtà svanisce dagli occhi di Steve; nella sua mente l’ultimo baluardo d’una immagine che lentamente scompare: un coltello da cucina affilato.
 
L’alba è giunta. Il sole affiora sopra le cime delle montagne illuminando l’ambiente con una luce dorata: la foresta nei dintorni della villa si risveglia e i rumori della vita cominciano a diffondersi nell’aria. In quel momento una vecchia Ford del ’76 si mette in moto, inserisce la retromarcia e si immette pigramente lungo la strada sterrata che la riporterà in città. 
All’interno della casa sulla collina vige ora solo il silenzio e la morte.
   
 
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