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Autore: Selene123    21/03/2024    5 recensioni
Che cosa sarebbe successo se l'unico posto libero, dopo la richiesta a Maria Antonietta, fosse stato davvero in Marina invece che alla Guardia nazionale? Un what-if che cambia completamente le carte in tavola rispetto alla storia canon.
(un ringraziamento speciale a xwaterice per avermi lanciato l'idea)
Genere: Angst, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Axel von Fersen, Hans Axel von Fersen, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dopo un paio di settimane a Parigi, il ritorno in Provenza sembrava avere un sapore dolceamaro1. Non potevano certo negare non avrebbero sentito la mancanza di casa, ma quando Tolone era tornata all’orizzonte avevano tirato un sospiro di sollievo. Per essere arrivati vivi e vegeti dopo aver attraversato il Paese con il rischio di essere attaccati da qualcuno, innanzitutto; poi perché avrebbero potuto ricominciare e, ognuno per sua parte impegnarsi al massimo perché la prospettiva funesta del disarmo si allontanasse. Si erano ormai così abituati alla nuova città, alla vita divisa tra il porto e la navigazione che nonostante ne fossero stati lontani avevano entrambi mantenuto i medesimi ritmi.

André era tornato in nave il tardo pomeriggio stesso e, seppure qualcuno ancora mancasse, gli era apparso tutto come lo aveva lasciato. Caotico, perlopiù. Non si era aspettato grandi festeggiamenti e difatti non ce n’erano stati, ma come a ogni ritorno si erano dimostrati contenti di riavere due braccia in più sul vascello. Una sola persona non aveva incontrato appena rimesso piede a bordo, ma le parole con cui aveva ricevuto risposte alle proprie domande erano state esaustive: È sparito laggiù un’ora fa… Il tono volutamente aveva e non aveva inteso: un’aggiunta sufficiente. Nessuno sapeva e tutti sapevano.

Quando il sole stava cominciando a tramontare, André si era accorto che qualcuno in uniforme si stava avvicinando alla nave, uscendo da un vicolo poco lontano. Lo aveva riconosciuto soltanto arrivato sulla banchina – le mani sui fianchi e il mento alzato – intento a studiare chi fosse di nuovo a bordo e chi ancora mancasse.

“Avevi detto qualche giorno!” aveva esclamato Alain quando finalmente aveva visto l’amico mentre scendeva dalla passerella. “Come ci sei andato? A piedi?”

I due si erano salutati con una pacca sulla spalla, come se fossero passati secoli dall’ultima volta in cui avevano parlato. André non si era stupito di trovarlo come se avesse dormito sotto un ponte, quanto piuttosto del fatto che si fosse di nuovo allontanato durante il servizio perché in mancanza del Capitano lui aveva ripreso a fare un po’ come gli pareva.

***

Il viaggio del riscatto della reputazione dell’Héros e del suo Capitano era stato programmato per il 13 agosto. I giorni precedenti tutto era stato preparato al dettaglio, l’equipaggio aveva avuto il tempo di tornare al completo e pareva che nulla fosse stato lasciato al caso. Le direttive erano state chiare: dopo la visita nelle regioni del Sud, il principe Aldelos e la sua famiglia sarebbero tornati in Spagna via mare. Un tragitto relativamente breve ma importante che, però, aveva sollevato qualche perplessità in molti. Perché mai una nave francese dovrebbe fare loro da scorta? Tanto più che avrebbero potuto raggiungere la patria via terra2… Gli ordini dal comando erano stati categorici: dopo i rischi che avrebbero potuto correre nella capitale, il Ministro degli Esteri aveva imposto che fosse la Marine Royale ad occuparsi del rientro. Come gesto di distensione tra i due Paesi, i cui rapporti, specialmente nel Nuovo Mondo, non erano idilliaci.

Il mattino della partenza il cielo era limpido e il sole batteva caldo sul porto. Come ogni giorno da che era tornata da Parigi, Oscar salì a bordo prima di tutti gli ufficiali (e dell’orario in cui si sarebbe dovuta presentare). Cominciò il giro di ricognizione accanto al Nostromo e si assicurò che ogni cosa fosse al proprio posto e ogni membro dell’equipaggio pronto per qualsiasi eventualità. Il navigatore le illustrò la rotta, non mancando di segnalare che da tempo capitava che al largo della Spagna i pirati non si lasciassero scappare alcuna occasione buona per attaccare. Nel suo essere pragmatica, il Capitano riferì di voler ripartire il prima possibile dal porto di Barcellona, comunque non dopo la sera stessa di arrivo nel caso le condizioni di viaggio avessero consentito di rispettare le tempistiche previste.

Il rumore delle assi di legno che scricchiolavano sotto le scarpe e le urla dell’equipaggio ormai le erano familiari: qualcuno di corsa da una parte all'altra della nave anche senza un particolare motivo urgente c’era sempre. Ci si era talmente abituata che, a meno che non l'avessero fatto il suo nome, dava quasi per scontato che non stesse succedendo niente che richiedesse la sua massima attenzione.

Aprì la porta che separava il ponte di coperta dalle scale e un cigolio sospetto la costrinse ad alzare lo sguardo per assicurarsi che non le rimanesse in mano qualcosa, quando la chiamarono.

“Bentornata!” la salutò sull’attenti Alain.

Oscar ricambiò sicura che non si sarebbero scambiati altri convenevoli, ma a quanto pareva il suo sottoposto era in vena di farle perdere un po’ di tempo quella mattina.

Il guardiamarina si sporse alla propria sinistra e afferrò la spalla di qualcuno che dava loro la schiena, concentrato a fare altro con delle corde.

“Non si saluta più adesso?” domandò al mozzo in tono ironico. “Avete visto, Capitano? Qualche settimana in cella di rigore e il nostro Philippe adesso è alto come voi!”

Il ragazzino salutò imbarazzato, mentre il compagno di viaggio gli lasciava cinque dita sulla schiena in segno di scherno facendolo barcollare.

“Mi auguro tu abbia capito.” gli disse l’ufficiale.

“Certo, Capitano Oscar.”

Le bastarono quelle poche parole perché si stupisse di un altro cambiamento in lui. La sua voce era diversa, un po’ più profonda di quanto non ricordasse. Non si aspettava di trovarlo davvero così cresciuto – neanche ci aveva pensato in realtà – e ciò la fece sorridere.

Si avvicinò di un passo e allungò una mano. “Mi aspetto che ti comporti come un uomo, adesso.”

Philippe la strinse, il suo volto era allegro. “Certamente.”

Oscar lo guardò soddisfatta di sentire sincerità in lui. Ogni segnale di giusta ripartenza era ben accolto e quello di certo lo era.

“Eh, vi assicuro che già lo fa!” si intromise Alain, a braccia incrociate e appoggiato a una cassa di legno.

Il ragazzino provò a protestare per zittirlo, ma l’altro proseguì nel rivelare il suo segreto giusto per indispettirlo.

“Ormai vi ha dimenticata…”

“Taci!”

“Il suo cuore appartiene a un’altra…” e se ne andò con un saluto veloce e portando con sé il mozzo, visibilmente imbarazzato.

Il Capitano rimase un secondo di più dov’era a guardarli allontanarsi. Era perplessa ma allo stesso tempo divertita da quella conversazione. Le sembrava che fossero un po’ tutti diversi, forse avevano solo una gran voglia di partire, e pregò che non si rovinassero l’umore tanto in fretta.

Riprese la strada per la cabina, scendendo la rampa di scale alla sua destra e procedette verso la porta in fondo al corridoio.

C’era elettricità nell’aria quella mattina, gli uomini andavano e venivano da ogni parte, spuntavano da tutte le porte e si perdevano in altrettante. Non le ci volle molto, però, a rendersi conto che qualcuno alle sue spalle si stesse a dirigendo apposta nella sua direzione.

Si voltò e Philippe era di nuovo davanti a lei, le mani in tasca e lo sguardo basso. Sembrava voler nascondere qualcosa, o meglio mostrarla ma senza darlo troppo a vedere in modo che ci arrivasse da sola e non dovesse dirglielo apertamente.

"C'è qualche problema?" gli chiese. Benché quel ragazzino le muovesse una tenerezza provata in precedenza solo per Rosalie, non aveva molto tempo da dedicargli.

Il mozzo balbettò una risposta negativa e venne gentilmente rimandato dall'equipaggio, ma rimase lì fermo. Si decise a farsi coraggio. “Volevo chiedervi scusa.”

Oscar tornò a guardarlo, non era certa di aver capito.

“Per… Per quello che è successo il mese passato… Ecco, non dovevo comportarmi così.”

“È molto maturo da parte tua, bravo.”

Lui le sorrise soddisfatto. Non era stato facile, ma la punizione gli aveva insegnato a non tirare più la corda e aveva intenzione di non deluderla più.

Si guardarono in silenzio alcuni istanti poi le si rivolse ancora, sempre più rosso in viso. Cos'era che lo spingeva a volersi affidare a lei che era il suo Capitano, il suo superiore, che con tutti (o quasi) si comportava in modo educato ma pur sempre distaccato e autorevole? Perché sentiva di potersi fidare tanto di quella donna soldato? Forse perché li portava in giro per il Mediterraneo mettendo il bene di tutti prima di ogni cosa, perché pretendeva tanto e riusciva a ottenere ciò che voleva, o forse perché era… lei, l'unica donna a bordo anche se talvolta pareva più forte e coraggiosa di molti uomini.

Philippe si schiarì la voce lasciandone uscire un filo, il giusto per poter essere udito.

"Che resti tra noi due…"

"Va bene, ma tu devi sbrigarti." cercò di mettergli fretta lei per arrivare al nocciolo della questione.

Il ragazzino annuì, ma non appena provò a spiegarsi la voce del Maggiore alle sue spalle attirò l’attenzione di entrambi. Avevano bisogno di lei in stanza di navigazione prima di partire, non potevano attendere che finisse qualsiasi cosa dovesse fare. Non era allarmato, ma la fretta che tradiva la sua richiesta non concedeva di tergiversare in altro.

"Torna al tuo posto e quando avrai un po’ di tempo, cerca André. Puoi fidarti di lui come di me, d’altronde ho saputo che è tuo amico. Digli che ti ho mandato io." concluse Oscar e lo salutò.

L’Héros finalmente salpò, dopo un mese fermo al porto di Tolone, solcando le acque del Mediterraneo accanto alla nave del Principe Aldelos. La città sparì dagli occhi in poche ore e si addentrarono al largo, senza problemi. Riponevano tutti grandi speranze in quel breve viaggio, forse anche troppe: ne andava della posizione di ognuno, perché un equipaggio ben rodato difficilmente si vuole smembrare una volta per sempre.

Il vascello viaggiava come una macchina perfettamente rodata. Se era vero che per mare bisognava affidarsi ai segni del destino come ai calcoli, quel rinnovato equilibrio sembrava essere di buon auspicio. Nonostante le nuvole che piano piano stavano coprendo il cielo sempre di più di miglio in miglio.

"André, dice il Capitano che posso fidarmi di te come di lei." esordì Philippe che colse alla sprovvista il marinaio, impegnato in altro sul castello di quarto.

Si sentiva più a proprio agio con lui, indubbiamente, anche se forse aveva voluto rivolgersi prima al loro superiore perché voleva anche dimostrarglielo che ormai era cambiato davvero.

"Sì, puoi fidarti, siamo amici tu e io.” Finse di essere risentito da quella domanda, preludio di qualcosa di importante. “C'è qualche problema?"

Quelle parole. Le stesse, identiche, che gli erano state dette dal Capitano. Rimase un istante in silenzio a contemplare la coincidenza, benché in cuor proprio sapesse che non lo era. Non era uno sprovveduto, aveva capito fin da subito che quei due fossero diversi da tutti gli altri e stranamente simili fra di loro. Gli era sembrato che ci fosse qualcosa nel modo in cui André capiva senza troppe spiegazioni cosa Oscar chiedesse quando si riferiva a tutto l'equipaggio.

"Devo scrivere una cosa... Puoi aiutarmi? Il Capitano non aveva tempo prima di partire, non so...”

André accettò e tirò fuori una matita rettangolare3 che teneva sempre in tasca, poi lo accompagnò vicino a una grande cassa di legno. Philippe parve avere qualche difficoltà che si palesarono quando tirò fuori un foglio di carta stropicciato.

Sembrava intimorito. Erano passati secoli dall'ultima volta in cui aveva effettivamente scritto qualcosa che non fosse il proprio nome e anche quello gli dava problemi. Una o due L? Doppia P?

"A chi la indirizziamo?" domandò il marinaio per rompere il ghiaccio, ma il ragazzino rimase muto a guardare prima lui e poi il foglio; aggiustò il tiro, allora, per semplificare la faccenda. "Per chi è?"

"Oh! È per… per…"

"Ti vergogni?" chiese André ridendo davanti al suo viso di nuovo rosso di imbarazzo, "Giuro che non dico niente a nessuno, ma a qualcuno dovremo mandarla!"

"Ehm... Lasciamo stare, non importa, grazie comunque."

Davanti a quella resa spontanea, però, André si rifiutò di cedere. Essendo il ragazzino più basso di lui, lo afferrò però una spalla senza alcuna difficoltà e lo riportò al suo posto in un gesto. Non esisteva al mondo che si facesse fermare dal senso del pudore solo perché non poteva scrivere da sé una lettera.

Allo stesso tempo, però, non potevano perdere altro tempo così e la faccenda si prevedeva lunga. Riprese la matita, piegò il foglio e glielo riconsegnò con l'obbligo di rivedersi sul ponte la sera stessa. Diede una rapida occhiata al cielo e cambiò idea: meglio incontrarsi sotto la copertura del ponte, di sicuro sarebbe venuto a piovere. Ormai aveva capito come interpretare le condizioni del cielo, benché lo vedesse un po’ sfocato.

Non ci volle molto, infatti, perché il tempo peggiorasse. Una pioggia dapprima leggera che si fece poi più pesante nel pomeriggio e obbligò entrambe le imbarcazioni a cambiare la tabella di marcia. Dal giorno e mezzo previsto per raggiungere la Spagna, ne misero in conto almeno due. Nessuno voleva rischiare nulla, ne andava della sopravvivenza dell’Héros tanto quanto della linea di successione al trono spagnolo.

Alla sera, puntuale dopo la cena (anzi, un po’ in anticipo), il mozzo aspettava al riparo dall’acqua che scrosciava. Era agitato, pensava a cosa avrebbe voluto scrivere con precisione, se ne sarebbe stato in grado… Sbuffò, ma quando vide il Capitano insieme ai due Tenenti attraversare il ponte si rialzò per salutare.

“Cosa ci fai qui a quest’ora, ragazzo?” gli domandò D’Audiffret interrompendo il cammino di tutti e tre.

Philippe balbettò una risposta confusa, ma presto arrivò l’aiuto.

“È colpa mia, signore.” lo interruppe André, mentre correva a fianco del ragazzino.

Gli sorrise appena Oscar: si ricordò in quel momento della richiesta che le aveva fatto al mattino e di come lei gli avesse consigliato di rivolgersi al loro comune amico. Cavò tutti dall’impiccio con un rapido Va bene così, possono rimanere e riprese la via verso la stanza di navigazione dove erano diretti.

Mozzo e marinaio si sedettero sul pavimento, il foglio sulle assi di legno ancora asciutte piegato perché non si bucasse sotto la pressione della matita. Il più giovane si sdraiò poi a pancia in giù, per essere più comodo anche se ancora non era molto convinto di come fare.

André cercò un modo per non metterlo in ulteriore difficoltà. Sapeva cosa significasse trovarsi in svantaggio rispetto a qualcuno, non voleva che si chiudesse. "Philippe, lasciamo perdere il nome, d'accordo? Dovrai però iniziare a dirle qualcosa... Lei sa leggere?"

Il ragazzino si illuminò. Il solo pensiero di lei lo imbarazzava per quanto gli piacesse averla sempre in mente.

"Oh sì, sa leggere. Sa leggere bene e sa anche scrivere! A volte dice parole che io non conosco e allora me le spiega, ma è gentile." C’era molta tenerezza nella sua voce, qualcosa che non era mai trasparito prima.

"E dimmi, ti manca quando siamo in viaggio?"

"Sì, molto."

"Scriviglielo!" esclamò il marinaio e gli indicò il punto sul foglio dove cominciare.

Insieme riuscirono a tirare fuori una prima frase di senso compiuto un po' storta ma quantomeno leggibile e questo sembrò a entrambi un grande passo avanti. Il foglio non si era neanche bucato!

"La penserai spesso, immagino..."

Philippe annuì imbarazzato. “Sempre”, poi nascose metà del volto nel palmo di una mano.

“Beh, diciamole anche questo.”

“No, scherzi? Dice che se mi distraggo troppo poi finisco nei guai un’altra volta e io non voglio.”

Un attimo di silenzio, André lo guardava occupato a trovare una soluzione tenendo la testa appoggiata alla mano.

“Tienitela stretta, Philippe.” Gli venne spontaneo dargli quel consiglio, anche se d’improvviso si sentì come gli anziani che di tanto in tanto incontrava tra le strade di Parigi e gli davano pareri non richiesti.

L’altro alzò gli occhi perplesso. Non era mica sua intenzione farla scappare via tanto presto! “Sì, certo…”

“Mi pare che sia più giudiziosa di te e ne hai un gran bisogno, fidati…”

Il mozzo, ormai a proprio agio con il suo insegnante, si lasciò finalmente andare alla confessione che tanto gli premeva nel petto.

"Voglio dirle che un giorno la sposerò, André."

Il marinaio rimase ammutolito davanti alla sicurezza di quel quindicenne illuminato dalla flebile luce della lampada appesa alla copertura per rischiarare il foglio. Il suo cuore si scaldò a quelle parole così sincere e sentite e lasciate libere con un candore che nemmeno ricordava di aver udito nell'ultimo periodo. Gli passò una mano sulla testa e gli sorrise. Com'era bello avere quell'età! Avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare a quei momenti e riviverli all'istante, uno per uno, senza tralasciare niente. Emozioni grandi e incomprensibili, stati di apatia, sciocchezze dette per il gusto di sapere come suonano.

"Scriviglielo come l'hai detto adesso." lo esortò con atteggiamento fraterno, perché conosceva la sensazione di tenersi tutto dentro pur volendo darci forma e significato e non voleva che anche lui soffrisse.

"E come l'ho detto?"

"Hai la testa dura! Scrivi: Voglio che tu sappia..."

"Voglio che tu... Che tu?"

"Sappia. Voglio che tu sappia che un giorno ti sposerò..."

Il suo cuore saltò un battito nel suggerire quelle parole. Le aveva pensate, eccome se le aveva pensate. Tante, troppe volte. Anche prima di quella sera – soprattutto prima di quella sera! – pur sapendo bene come stessero le cose e ben conscio che anche nella remota ipotesi in cui lei lo avrebbe ricambiato non sarebbe mai potuto accadere assolutamente nulla.

Philippe ci impiegò più del previsto per scrivere tutto e quando era giunto all’ultimo punto, l’altro fece un’aggiunta:

"Se me lo permetterai." poi André si spiegò, davanti al suo viso dubbioso: "Mi auguro tu non voglia obbligarla!"

"Oh no, ci mancherebbe!" e tornò alla lettera, sofferta ma finalmente terminata. La rilesse con una certa soddisfazione nella voce e quando la piegò, fece in modo che anche l'interlocutore vedesse dove fosse: tasca sinistra posteriore dei pantaloni, l'unica con un bottone.

"Bravo, Philippe. Sarà contenta di riceverla!" Le parole di André lo imbarazzarono, ma era felice di essere riuscito a scrivere quelle poche righe che gli giravano confuse nella testa da quando erano salpati.

"Gliela darò dicendole di aprirla solo quando sarà a casa sua, senza di me." proseguì il ragazzino in uno slancio in più di confidenza, "Tu però promettimi una cosa..." C'era una serietà nella sua voce quasi preoccupante che fino a quel momento non era mai venuta a galla in nessuna conversazione.

"Sentiamo."

"Se dovesse succedermi qualcosa, tu... o il Capitano Oscar... ecco... Vorrei che gliela portaste... È molto bella, è bionda, ha gli occhi verdi e le lentiggini—"

"Te lo prometto," lo interruppe il marinaio per non dover ascoltare altre parole strazianti, "ma tu non pensare più cose del genere."

***

I calcoli rifatti in base alle condizioni metereologiche avverse vennero rispettati. Un totale di due giorni di viaggio, ma il porto di Barcellona finalmente li accolse. Il principe Aldelos e la sua famiglia ringraziarono pubblicamente in nome del popolo spagnolo gli ufficiali francesi e con loro tutto il Paese che li aveva ospitati. Vi rimasero dodici ore, il tempo di rifornire il vascello con tutto ciò di cui c’era necessità.

Nonostante la pioggia incessante, non sembravano esserci particolari problemi che impedissero un ritorno in Francia in breve tempo. Pareva che le nuvole si spostassero insieme a loro e già che non si erano attirati un’altra tempesta sembrava l’unico motivo di calma. Cominciava a serpeggiare un po’ in tutti l’impressione che sarebbe arrivato l’ostacolo vero, prima o poi. Quello che avrebbe deciso le sorti dell’Héros e del suo equipaggio. La prova definitiva. Il fiuto della gente di mare per certe questioni era proverbiale.

Bastava aspettare. Il pomeriggio stesso del primo giorno del viaggio di ritorno, per la precisione.

Era iniziato tutto con l’indisposizione del Capitano, prima vittima dell’indebolito causato dal restare esposta troppo a lungo al nubifragio senza coprirsi. Se n'era accorto subito il medico quando l’aveva incrociata lungo le scale a poche ore dalla partenza e l'aveva obbligata a farsi visitare perché il suo pallore non lo convinceva. Quell’uomo aveva un occhio di riguardo nei suoi confronti: non perché fosse una donna e scorgesse una maggior debolezza; ma perché senza di lei sarebbero colati a picco un quantitativo di volte ormai grottesco e bisognava preservarla in ogni modo. Volente o nolente. Per questo le aveva imposto il riposo almeno fino al mattino dopo, perché la febbre non doveva in alcun modo salire.

Bastò un movimento brusco della nave seguito da un tonfo profondo poco distante di un oggetto pesante franato a peso morto nell'acqua, però, perché Oscar si svegliasse di soprassalto.

Ormai seduta sul letto, la giovane provò a guardare fuori dall'oblò ma tutto ciò che riuscì a vedere furono un'ombra scura e gli schizzi sul vetro. Un nuovo rumore, poi un fischio che pareva infinito e di nuovo un tonfo, questa volta dalla parte opposta. Lo scricchiolio del legno, i passi concitati, delle voci animate e... sconosciute? Non erano i suoi uomini a parlare – perlomeno non solo loro – e ciò la insospettì ancora di più. Per tanti che fossero, ormai aveva capito in che modo comunicassero e quelle urla non parevano affatto di nessuno membro dell'equipaggio.

Oscar stropicciò gli occhi per schiarire la vista e capire se non stesse ancora dormendo. Sentiva allo stesso tempo di avere caldo e freddo, la camicia e il gilet erano sudati sulla schiena e non aveva la giacca. Provò a fare mente locale, ma un altro movimento improvviso della nave la spinse quasi giù sul pavimento, costringendola a reggersi al bordo del letto.

Si alzò di corsa, infilò di fretta l'indumento mancante e afferrò la spada e la pistola sicura che almeno una delle due le sarebbero state necessarie. C'era qualcosa di assolutamente strano in tutta quell'agitazione che proveniva dal ponte di coperta che non le piaceva per niente. Maledisse quel risposo forzato: qualsiasi cosa stesse accadendo, non poteva lasciare che se la cavassero da soli. E se fosse stata presente fin da subito, sarebbe stato meglio.

Era ancora a metà della cabina che dal corridoio udì delle voci e di nuovo dei colpi, questa volta ravvicinati e contro le pareti, come se qualcuno ci venisse spinto contro con forza. All'improvviso la porta si spalancò e Oscar si trovò a terra uno degli ultimi arrivati a bordo con il naso spaccato da un pugno e un coltello stretto in una mano. Non lo conosceva bene, si era aggiunto nel mese di fermo insieme ad altri e le erano stati presentati poco prima di salpare da Tolone.

"Eccovi qui!" esordì l'uomo una volta in piedi, con un ghigno disgustoso dipinto in faccia. Si avvicinava sempre di più, costringendola a indietreggiare passo dopo passo.

Oscar impugnò meglio l'elsa e puntò l'arma verso di lui. "Cosa volete?"

D'un tratto il nuovo arrivato si fermò, senza mostrare paura della spada rivolta dritta alla propria gola. Anzi, la scansò con un gesto violento, tante volte quante lei tornava, finché non riuscì ad afferrarle il polso.

Dal corridoio, la voce di Alain ovattata da un colpo alla bocca gridava tra un respiro mozzato e l'altro: "Capitano, è un traditore! Ci hanno abbordato!"

Quello scoppiò a ridere e strinse ancora di più la presa, obbligando la propria vittima a lasciar cadere la spada. La spinse verso di sé incurante delle proteste e la squadrò da capo a piedi, come se ci fosse qualcosa che non lo convinceva del tutto.

"Che razza di capitano che siete! Ve ne state qui nascosta a lasciare che uccidiamo prima i vostri uomini!" Rise di nuovo e in quel momento a Oscar parve di essere finita nelle mani del diavolo. "Meglio per noi! Ci metteremo di meno a—"


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Note:
1) Come nell'anime, anche qui il tempo è relativo. Ormai lo avrete capito! :)
2) Sorprendentemente (ho fatto il calcolo), ci si mette di meno facendo l'ultimo tratto in nave.
3) Ho fatto una breve ricerca e pare che all'epoca le matite di grafite fossero rettangolari.
   
 
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