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Autore: Francyzago77    30/03/2024    9 recensioni
Spin off di "Alla ricerca dell'arcobaleno".
Fanfiction dedicata alla signora Lenders, grande madre e grande donna.
Nel mio universo alternativo avevo voglia di dedicarle uno spazio tutto suo...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio, Tatsuo Mikami/Freddy Marshall
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mina aveva avuto un infarto. 

Si era accasciata a terra, in casa, nel salone. 

Già dalla tarda mattinata si era sentita strana, debole ma non aveva dato peso a quelle sensazioni. Aveva continuato a svolgere le azioni quotidiane, con lentezza, soprattutto per non far preoccupare Matt che, quel giorno, non era andato a scuola.

E quell’assenza scolastica si rivelò provvidenziale.

Se l’era vista cadere davanti agli occhi, con prontezza Matt aveva immediatamente chiamato un’ambulanza e i vicini che subito erano accorsi.

Mark arrivò in ospedale che era già sera, scese di corsa dal taxi trafelato e pieno d’angoscia. Ancora aveva indosso la tuta della Nazionale.

Salì al piano indicato, il quarto. 

Si mosse velocemente tra quei corridoi tutti uguali, bianchi, vedendo gente coi volti pieni d’ansia come il suo. 

Sbagliò strada, confuse la destra con la sinistra, prese delle scale finché vide, seduti in attesa, Nat e Ted insieme a Chris. Più distante, in piedi, un uomo alto faceva avanti e indietro ingannando il tempo, era il signor Price.

-Mark, Mark! – sua sorella gli buttò le braccia al collo, seguita da Ted con le lacrime agli occhi.

Tenendoli stretti come per dar loro forza, alzò lo sguardo verso Chris che, rimasta seduta, non lo aveva abbracciato soltanto perché aveva ritenuto opportuno lasciar spazio a quell’intimità familiare tra fratelli.

-Devi parlare con i medici Mark – disse con tatto il signor Price avvicinatosi – bussa, ti stanno aspettando.

Annuì mentre sfiorava la mano gelida di Chris, anche lei era preoccupata e non riusciva a nasconderlo.

-Sei qua Mark! – gridò Matt sbucando da destra, da un altro corridoio.

Veloce lo raggiunse, aveva in mano un bicchiere, per la foga stava per farlo cadere.

-L’ho mandato a prendermi un caffè – spiegò quasi ammiccando il signor Price – per tenerlo occupato.

-Mark, i dottori hanno detto che possono parlare solo con te – gli riferì Matt che, nonostante tutto, vedeva il fratello come un eroe – vai a sentire cosa dicono.

-Sei stato in gamba – sussurrò allora Mark rivolto al minore – hai prontamente chiamato i soccorsi senza perdere la calma.

Quasi sorrise Matt, mentre Mark si accingeva a bussare a quella porta non prima di essersi stretto di nuovo in un forte abbraccio con i suoi fratelli.









 

Nella sala delle riunioni, presso la sede del ritiro della Nazionale, nessuno aveva più voglia di ridere e di scherzare. 

-Per me – ripeteva Ed affranto, seduto in attesa di qualcosa che neppure lui sapeva definire – è come fosse successo a mia madre!

Accanto a lui Tom che avrebbe voluto infondergli coraggio ma in realtà non riusciva a trovare le parole adatte. 

Benji si muoveva lentamente, tra la porta e la finestra mentre Holly parlava a bassa voce con Julian, come per non disturbare nessuno.

Bruce non sembrava più lui, tanto era serio e silenzioso. 

Tutti erano in attesa di notizie, mesti e tristi. 

Da quando Mark era andato via, da circa due ore, nessuno era più riuscito ad avere la testa alle partite e alle qualificazioni.

L’entrata di Danny nella stanza mise in ansia ognuno di loro.

-Allora? – chiese subito Ed scattando sulla sedia – Cosa hai saputo?

-Purtroppo poco – rispose svelto Mellow – mia madre non mi ha detto nulla che già non sapevamo. La signora Lenders è in ospedale, bisogna attendere e sperare.

Benji chiuse gli occhi, desideroso di sentire subito suo padre che già immaginava preso a contattare i migliori medici in circolazione, magari amici di qualche suo importante conoscente.

Holly gli mise una mano sulla spalla domandandogli:

-Dov’è il mister? Cosa pensi che faccia ora?

Sapeva che tra loro soltanto Benji conosceva Freddie nel profondo ma il portiere scosse la testa non rispondendo.

Freddie, in quel momento, raggiungeva Pearson nella piccola sala al primo piano.

-Kirk – gli comunicò – io devo andare.

-Sei sicuro? – balbettò l’altro trovandosi faccia a faccia con il mister.

-Sicuro – rispose deciso lui.

-Sei consapevole che così abbandoneresti la Nazionale? – spiegò allora Pearson con calma – A Mark è stato dato un permesso speciale, è sua madre, ma per te non credo che la Federazione possa riservare lo stesso trattamento.

-Lo so benissimo – affermò Marshall – e mi farò carico di tutte le conseguenze ma non posso non andare, io devo almeno vederla anche fosse l’ultima volta.

Nascondendo tutta la commozione dietro i consueti occhiali scuri, Pearson annuì silenziosamente sussurrando soltanto:

-Buona fortuna mister.  

Raggiunta la sala riunioni, Freddie trovò i suoi giocatori cupi e tristi.

Tutti lo guardarono mentre avanzava verso di loro.

-Ragazzi – esordì – io non posso rimanere, qualcosa di più grande è accaduto che mi sta portando lontano da qui e da voi. Spero possiate comprendermi e perdonarmi se vi sto lasciando nel bel mezzo delle partite di qualificazione per i prossimi Mondiali. 

Fece un respiro profondo, qualche passo avanti e si rivolse a Julian.

-Ho sempre pensato che saresti diventato un ottimo allenatore – gli disse -  per il tuo modo di fare, di osservare il gioco e di studiare l’avversario ma soprattutto per come sai gestire il gruppo che in te ha da subito visto un leader. È giunto il momento di far vedere a tutti quanto vali come mister. Sei pronto a prendere il mio posto in una gara così importante?

Il giovane Ross sentì in quel momento tutto il peso della responsabilità su di sé ma, senza esitare, rispose fermo:

-Sì, sono pronto!

Freddie gli mise le mani sulle spalle affermando:

-Fatti valere Julian.

Poi, rivolto agli altri, continuò:

-E voi ragazzi seguite tutte le indicazioni che Julian vi darà, rispettatelo e abbiate fiducia nelle sue capacità che sono enormi.

-Mister – si fece avanti Holly – parlo da capitano, vi garantisco che saremo ancor di più quel gruppo unito e coeso che conoscete, lavoreremo sodo per arrivare alla vittoria sotto la guida di Julian e lo faremo anche per voi. Ragazzi, siete d’accordo?

-Sì! – fu la risposta forte, immediata e sicura dell’intera squadra.

Commosso, Freddie guardò uno per uno tutti i suoi giocatori salutandoli con un semplice ma sentito:

-Grazie figlioli. 









 

Mark aveva parlato con i medici e ora si trovava attorniato dai suoi fratelli seduto nella sala d’attesa.

-Possiamo soltanto aspettare – riferì – e sperare che passi la notte.

Nat singhiozzava mentre Chris le accarezzava dolcemente i capelli e la fronte, Ted era in silenzio appoggiato al muro, in piedi e Matt si stringeva al fratello maggiore come per cercare protezione. 

-Ragazzi – propose il signor Price con molto tatto – è ormai tardi e siete stanchissimi, non ci faranno rimanere tutti qua, forse è meglio che veniate via con me. 

-No, io non lascio la mamma! – gridò subito Matt con forza.

-Neppure io! – gli fece eco Ted.

-Voglio rimanere qui – aggiunse piangendo Nat – se le accadesse qualcosa devo esserci.

Chris guardò Mark che in quel momento si sentiva sperduto proprio quanto i suoi fratelli.

-Non potete vederla – spiegò la giovane Price – tanto vale andiate a riposare.

-Se dovesse morire – sussurrò Nat – e io non dovessi stare qui con lei …

-Stai zitta – la aggredì Matt – non devi neppure dirlo!

Allora Mark, esausto, inclinò il capo in avanti mettendosi le mani nei capelli sentendosi impotente.

-Rimarrò io – disse ai fratelli  – voi andate via.

-Non voglio lasciarla – proseguì Nat scuotendo la testa.

Seguirono le proteste degli altri due.

-Ascoltate – s’intromise nuovamente il signor Price a bassa voce – io devo andare. Perché non venite con me? A casa mi aiutereste anche con Maya e Johnny, sono rimasti con mia moglie!

Quell’ultima frase fece sorridere Matt e anche Ted.

-Che dici – domandò Chris a Nat – non credi che i bambini abbiano bisogno di voi? 

-Ma tu – tentò di replicare la ragazzina – tu non vieni?

-Io e Mark rimaniamo qui – affermò con forza Chris – per tutta la notte.

E guardò il marito, mettendogli una mano nella sua.

Nat si asciugò le lacrime con la manica della maglia sentendo Mark dire categorico:

-Andate. Non occorre e non ci farebbero rimanere tutti qui.

Ormai convinti e non volendo più contraddire il fratello, si decisero a seguire il signor Price. Erano distrutti e stanchi, lasciarono quella stanza solo dopo aver abbracciato Mark ancora una volta.

-Chris – le disse suo padre in disparte prima di scendere le scale – non esitare a chiamarmi se dovesse accadere il peggio, a qualunque ora.

-Papà! – riuscì soltanto a sussurrare la giovane dopo averlo stretto forte.

Dirigendosi verso il parcheggio, il signor Price andava a prendere la macchina. I tre fratelli lo aspettavano davanti al piazzale dell’ospedale. Era buio, la nebbia era calata e faceva anche freddo.

Tirò fuori le chiavi dell’auto e voltandosi vide avanzare una figura familiare.

-Freddie – bisbigliò sbalordito.

-Come sta? – gli chiese l’altro preoccupato.

-Deve superare la notte – spiegò Price titubante – i medici non si sbilanciano.

Il mister alzò lo sguardo verso l’imponente edificio, l’amico aggiunse:

-Io sto portando via con me i ragazzi, Mark e Chris resteranno qui.

-A che piano è? – domandò allora Freddie.

-Al quarto – rispose il signor Price – ma non fanno entrare.

-Non importa – ammise il mister – da quale lato si trova la sua stanza?

-La sua finestra è quella là – indicò Price con il dito, in alto a destra, verso l’ospedale.

Freddie ringraziò l’amico, si tirò su meglio il collo del giubbotto e s’incamminò lentamente diretto proprio sotto quella finestra.

-Cosa vuoi fare? – chiese stupito il signor Price ma il mister non rispose perché già era, con la mente e il cuore, altrove.

   

   
 
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