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Autore: elenabastet    03/04/2024    5 recensioni
Dopo aver partecipato ai moti del 13 e 14 luglio, Oscar decide di tornare a casa con André che vuole chiarire alcune cose e non abbandonare sua nonna. Ma presto dovranno fare i conti con visite e confronti scomodi, mentre fuori tutto crolla e arriva il vento del Terrore e della Rivoluzione. In parallelo, una giovane donna con un segreto inquietante inizia un nuovo lavoro in un posto interessante ma che può crearle qualche problema.
Genere: Drammatico, Erotico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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LA SOGLIA

 

Rating: passione e amore con qualcosina di hot, paranormale, mistero

Fandom: Lady Oscar.

Note: dopo aver partecipato ai moti del 13 e 14 luglio, Oscar decide di tornare a casa con André che vuole chiarire alcune cose e non abbandonare sua nonna. Ma presto dovranno fare i conti con visite e confronti scomodi, mentre fuori tutto crolla e arriva il vento del Terrore e della Rivoluzione. In parallelo, una giovane donna con un segreto inquietante inizia un nuovo lavoro in un posto interessante ma che può crearle qualche problema. I cinefili riconosceranno qualche riferimento man mano che si andrà avanti.

 

Capitolo I°

“André...”

Oscar si era svegliata da poco e si strinse ad André.

“Sai, da un certo punto di vista è come quando eravamo piccoli e dormivamo insieme”, aggiunse, dando un bacetto leggero sul mento dell’amato.

“Beh, in un certo senso...”, rispose André accarezzandole la schiena in maniera voluttuosa. Non ne aveva mai basta di lei.

“Con te, io sono a casa e il mio cuore ha pace...”, disse Oscar.

André sentì una stretta al cuore. Sapeva della malattia di Oscar, lei era stata chiara, dopo la battaglia alla Bastiglia: doveva curarsi, ma non c’erano garanzie che vivesse a lungo, anzi. Ma dopo aver compiuto il suo dovere, era giunto il momento di pensare un attimo a se stessa, per quanto potesse durare questo attimo.

“Promettimi che non mi lascerai solo, sai che non posso vivere senza di te”, disse André.

“Nemmeno io posso vivere senza di te”, disse Oscar baciandolo. La passione li vinse presto. Certo, forse era solo un’illusione, ma Oscar non sentiva più quelle febbriciattole che l’avevano tormentata per giorni, era dovuta a ben altro la sensazione di calore che la pervadeva fino ad esploderle dentro. Né aveva più gli accessi di tosse con il sangue…

“André, io però sto meglio. Tra le tue braccia mi sento meglio e sto meglio...”, gli disse, facendosi cullare dalla sua tenerezza.

André conosceva i sintomi di una malattia come la tisi, ricordava Oscar che tossiva in fondo al corridoio della caserma o sotto la pioggia, con Alain che lo metteva in guardia sulle condizioni non buone della loro comandante, su quanto fosse pallida e non era solo per la stanchezza. Lei gli aveva parlato chiaro, cercando di non piangere. Non voleva illudersi, sapeva che purtroppo certi mali potevano sembrare andare in remissione, per poi ricomparire più crudeli e gravi di prima. Ma anche lui aveva notato che Oscar stava meglio.

“André, è come se ogni volta che ci amiamo io stia sempre meglio”, disse lei.

André rifletté su queste parole mentre scendeva sul suo volto a coprirlo di baci. Non era solo Oscar che stava meglio ogni volta, ma anche lui. E non era solo il meraviglioso appagamento che subentrava dopo l’eccitazione e il gioco dell’eros, non era solo il poter amare Oscar facendo con lei quello che sognava da una vita. Di colpo, i contorni delle cose che per mesi erano andati sfumando aveva iniziato a diventare di nuovo più nitidi per il suo occhio. Ora, in quella luce di primo mattino, vedeva chiaramente la finestra, le poltrone, la vetrinetta con i libri di Oscar, oltre che il letto dove lui ed Oscar si saziavano l’uno dell’altra. E ovviamente vedeva Oscar, i suoi meravigliosi capelli biondi, i suoi occhi azzurri, il suo volto affilato che adorava baciare e quel corpo che ormai sapeva come adorare e stuzzicare.

“Sai, anch’io sto meglio ogni volta che ci amiamo, vedo anche meglio, sembrerà strano ma è così.”

Si baciarono con passione…

 

Un urlo disumano li scosse facendoli sobbalzare nel letto.

L’urlo degenerò in una serie di singhiozzi disperati, a cui si aggiunsero altri singhiozzi che pervasero tutto palazzo Jarjayes.

“André, ma cosa sta succedendo?”, disse Oscar alzandosi e rivestendosi. André fece altrettanto, erano entrambi preoccupati e anche un po’ spaventati.

Uscirono nel corridoio fuori dalla camera di Oscar: i pianti e le urla continuavano, ora più lontane, ora più vicine, ma non vedevano nessuno.

“Chi c’è?”, disse André, aprendo le varie porte, con Oscar accanto, che aveva armato la pistola. Aprirono le porte delle stanze del signor conte e generale, della signora contessa, degli ospiti, degli antichi appartamenti delle altre contessine sorelle di Oscar. Non c’era nessuno, eppure quei lamenti continuavano.

Ormai era pieno giorno, ma quei singhiozzi rendevano tutto molto inquietante, come se fossero in una notte oscura e tempestosa.

Alla fine, aprirono anche la porta della camera di André, allo stesso piano di quella di Oscar da sempre, con il famoso passaggio tramite il cornicione che nessuno dei due usava più da tanti anni.

Niente, non c’era nessuno.

André si guardò attorno e notò una cosa strana… c’era un quadro appeso alle pareti, un quadro che non ricordava, accanto a quelli soliti con i paesaggi di mare e di campagna che tanto gli piacevano e che negli anni aveva raccolto, unico svago dal suo lavoro di attendente e soldato.

Si tirò indietro, con una strana sensazione di inquietudine. Quel quadro… no, non doveva essere lì, eppure c’era.

Oscar e André salirono al piano superiore, dove c’erano gli altri alloggi della servitù: non c’era nessuno, le stanze erano tutte in ordine come si conveniva ogni mattina, ma le mura vibravano di pianti invisibili.

A quel punto, scesero al piano terreno, dove i pianti e le grida erano più forti. Ma non c’era nessuno, continuava a non esserci nessuno.

“Mi ricorda qualcosa, Oscar”, disse André, “una storia che leggemmo una volta su un Almanacco, quello spirito maledetto che in Irlanda o in Scozia urla fuori dai castelli quando c’è un lutto...” e non disse perché era ancora più inquieto per quello che stava succedendo, sperando che Oscar non avesse notato niente prima in camera sua.

“Ah, sì la Banshee, una di quelle storie che ci terrorizzavano da piccoli. Ma non ha senso”, disse Oscar.

C’era il sole, tanto sole, faceva caldo, eppure era come essere in una storia cupa e gotica, di quelle contenute in quei racconti che vendevano per poco prezzo nelle botteghe dei libri, e che comunque divertivano Oscar e André, anche se ogni tanto ricordavano le paure che avevano avuto da bambini leggendole.

Di colpo, tutto diventò silenzioso e risentirono il cinguettare degli uccellini, i nitriti di Cesar ed Alexander e il rumore del vento.

Oscar e André arrivarono in cucina e lei era lì.

“Nonna!”, disse André.

Marie gli corse incontro e lo abbracciò come non aveva più fatto da quando era bambino.

“Il mio amato nipote, ero tanto in pena per te dopo quello che è successo a Parigi e le notizie che arrivavano. E madamigella, per fortuna ci siete anche voi!”

Marie strinse anche Oscar, quella bambina bellissima che aveva tenuto in braccio appena nata e che ora era la donna che suo nipote amava. Ora capiva tutto, capiva quanto si amavano.

André pensò che sua nonna aveva orecchie in tutti i muri e che quindi avrebbe presto scoperto la natura del suo rapporto con Oscar, anche perché non era una cosa da riuscire a tener segreta.

“Nonna, adesso Oscar ed io siamo sposati...”

Marie guardò il nipote con costernazione e gioia.

“Lo sapevo… non si può fermare il destino, ma quanta sofferenza… l’importante è che tu renda madamigella felice, la dovevi chiamare così fin da subito, così non ti venivano strane idee...”

“Beh, potrei chiamarla così quando dormiamo insieme nonna...”, disse André ridendo, con Oscar che si univa alle sue risate. Era una bella idea, ma era così bello chiamarsi per nome o amore e poi non c’era spesso bisogno di parole.

“André è la cosa migliore che mi sia capitata in questa vita”, disse Oscar e poi aggiunse: “mi sai dire dove sono mio padre e gli altri?”

Marie era a disagio e poi disse:

“Vostra madre è ancora a Dijon dalla figlia, credo che il padrone le abbia detto di rimanere là perché ci sono troppi disordini qui in zona. Le cameriere… se ne sono andate… e il padrone è a Versailles, a corte, è tanto arrabbiato per quello che è successo… arrabbiato e addolorato, dice che non può dimenticare cosa avete fatto...”

C’era di nuovo un’accusa di tradimento a suo carico, Oscar se l’aspettava.

“Quindi sono esiliata da corte?”

“Dicevano che siete un’eroina, una condottiera… ma dovete essere prudenti, potrrebbero farvi del male, ma ora io veglierò su di voi...”

Oscar guardò André, semmai spettava a loro vegliare sull’anziana Marie, ma c’erano altre cose da chiarire.

“Nonna, non hai mica sentito delle urla e dei pianti?”, disse ad un tratto André.

“Ma sì, c’erano, c’era sofferenza, ma poi adesso non li sento più”, rispose lei, “ma per ora il signor conte non credo che vi perdonerà, anche se non vi vuole più fare del male come quella volta.”

Oscar ed André annuirono. Si sentivano meglio con Marie lì e André cercò di non pensare a cosa aveva visto nella sua stanza…

 

Non mi ero accorta ieri arrivando di questa meraviglia a due passi dalla mia nuova casa: un viale di ciliegi di rara bellezza, che in questo periodo è in fiore.

Cammino sotto gli alberi, ammirando i mille fiori, tutti rigorosamente rosa pallido, ricordando cosa simboleggiano in Oriente, la bellezza ma anche gli eroi caduti troppo presto, il coraggio del primo tra gli uomini, il guerriero.

Tanti petali sono già per terra e fanno come un tappeto magico, altri mi cadono addosso, lievi come carezze.

E poi li vedo, come in un flash venuto fuori da un altro momento del tempo, due cavalieri sui loro destrieri, uno biondo, che forse è una lei, e l’altro bruno, giovanissimi, che percorrono questo viale infinito, simbolo della loro vita, di tutto quello che può loro aspettare, bello come sono belli loro.

C’è qualcosa di magico e struggente, che mi stringe il cuore e resto a lungo a bearmi sotto i ciliegi, sapendo che domani sarà già tutto diverso.

Alla fine, giunge il momento di tornare verso casa e mentre mi avvicino la vedo, quella donna anziana che ho intravisto dietro ad una finestra, stavolta è ben visibile, ferma sull’uscio, a guardare anche lei verso i ciliegi, forse ha visto anche lei i due giovani.

Ma ora guarda me e c’è odio nei suoi occhi. Odio e paura, come se potessi fare del male a qualcuno.

“Andatevene!” sibila mentre mi avvicino e vado verso il mio alloggio.

La guardo per un attimo, fa paura, certo, ma non devo spaventarmi e fuggire. L’importante è che non faccia del male ai miei gatti, non devo dargliene l’occasione…

 

 

  
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