Capitolo
7
La
navetta procedeva silenziosa
e a velocità moderata giù per il tubo di vetro trasparente, quasi come
un
ascensore.
Nola
e Mick, incredibilmente
simili nonostante le differenze caratteriali, ammiravano il paesaggio
come due
bambini.
Per
un breve periodo non videro
altro che la nuda roccia della Repubblica dell’Aria, il consistente
ammasso di
terra fluttuante nell’aria che ospitava un continente intero.
Poi
la loro vista cambiò
improvvisamente: la roccia terminò, lasciando spazio all’immenso cielo
che,
all’orizzonte, si congiungeva con un meraviglioso oceano azzurro e
brillante.
Sul versante opposto si estendeva il territorio del Regno della Terra,
il
continente più ampio di tutti.
-
È proprio vero! L’estate è
arrivata! – disse Wythe, sistemandosi sul sedile della navetta.
-
Voglio andare al mare! – si
lamentò Nola, muovendo le gambe.
Mick
rise, e dalla tasca dei
pantaloni estrasse un foglietto, su cui era disegnato un fiocco di
neve. Lo
mostro a Nola, poi lo strappò in tanti piccoli pezzi e li nascose in
una mano.
Quando la riaprì, al posto della carta si trovava una conchiglia rosa
perlata.
-
Per te! – disse, porgendola
alla ragazza. – Un “assaggio” di mare in anticipo! –
I
due risero.
Shia
girò la testa per non
guardarli.
Con
un leggero sobbalzo, la
navetta atterrò alla stazione.
I
ragazzi recuperarono
velocemente tutti i loro bagagli, scendendo in fretta dalla navetta.
-
Se non ci sbrighiamo
perderemo la coincidenza con il treno che ci porterà a Neapolys! –
esclamò
Wythe, correndo come una forsennata seguita dagli altri.
-
Ma come? Non dovevamo andare
direttamente a Beryl City? Perché andiamo a Neapolys? – fece Mick, già
con il
fiatone.
-
È troppo lontana, il treno
non ci arriva… Ecco! È questo! Sbrighiamoci o lo perderemo! –
La
stazione dove erano arrivati
con la navetta, Stazione Centrale, era il punto di arrivo e di partenza
più
importante del Regno, e qui si incrociavano anche tutti gli altri mezzi
di trasporto:
da qui partivano treni, bus e aerei, servizi di taxi e navette.
Shia
salì sul treno, un
gigantesco serpentone di vagoni metallizzati con una striscia verde
acqua che
li divideva in senso orizzontale, e poi prese Nola per i fianchi, senza
sforzo,
issandola su.
Salito
anche Mick, la
locomotiva sbuffò rumorosamente, e il capostazione fischiò un’unica
potentissima nota.
-
Wyhte! Sbrigati, si stanno
chiudendo le porte! – gridò Mick e si sporse fuori da esse, tendendo un
braccio.
La
ragazza afferrò la sua mano
saldamente e lui tirò con tutta la sua forza.
Le
porte si chiusero con uno
sbuffo, subito dopo che i piedi di Wyhte toccassero lo scalino.
-
Per un pelo! – sospirò lei,
poi si rese conto che Mick le teneva ancora la mano.
-
Ti spiacerebbe mollarmi? Così
mi consumi! – disse, e il ragazzo obbedì, fissandola con uno sguardo
strano.
Qualcuno
bussò alla grande
porta bianca. Non aspettò neanche che gli dicessero avanti, che
spalancò la
porta con un colpo.
-
Mio caro Dray! Ho saputo che
tu e la tua… “compagna”… avete fatto cilecca anche questa volta? Ne
sono
compiaciuto! –
Dray,
seduto alla poltrona
della scrivania, alzò lo sguardo da alcuni fogli che stava leggendo.
-
Anthias. Che piacere vederti.
– disse, con scarso entusiasmo.
Anthias
fece un passo avanti,
in modo che la luce potesse illuminarlo bene in viso.
Era
un bell’uomo, più basso di
Dray, ma più grande di età. Aveva i capelli corti e scarmigliati, e un
paio di
occhiali tondi con la montatura fine. Indossava una lunga tunica blu
con i
bordi dorati che gli arrivava fin sotto la vita, sotto la quale portava
un paio
di pantaloni e degli stivali.
Dallo
specchio di lato sbucò
Morgan. – Dray ti piace di più la panna o… - la ragazza non concluse la
frase,
lanciando un’occhiataccia al nuovo arrivato.
Anthias
rise. – Ehilà, Morgan,
giochi a fare la mogliettina? –
Lei
si sistemò di fianco a Dray,
che le prese una mano.
-
Cosa vuoi? – sibilò.
-
Giusto! – esclamò Anthias,
come se si fosse ricordato solo in quel momento. – Sono venuto a dirvi
che il
Sommo Langarth mi ha affidato il prossimo attacco alle Starlight! –
disse, con
voce melodiosa.
-
Che cosa? – esclamò Dray, sbattendo
un pugno sulla scrivania e
alzandosi in piedi.
-
Non può farlo! Io ho
eliminato molte Starlight della vecchia generazione, compresa quella
dell’Acquario! –
- Oh, è vero! Immagino che
ci voglia un sacco
di coraggio e di forza per eliminare una vecchietta indifesa! – fece
Anthias,
applaudendo compiaciuto.
-
Sta zitto! – gli intimò Dray.
Anthias
sorrise.
-
Ora devo andare, amico mio.
Le mie donne mi aspettano! – disse, poi, invece di uscire dalla porta,
sfiorò
lo specchio e sparì.
-
Quanto lo odio! – mormorò
Morgan, stringendo un pugno.
Dray
si alzò dalla poltrona,
andando ad osservare il paesaggio dalla finestra.
-
Andrò a fare una
chiacchierata con Langarth. – disse.
Morgan
lo guardò preoccupata.
-
Vado in bagno. – disse Wythe,
aprendo la porta dello scompartimento. Con un balzo, Mick si alzò e la
seguì,
lasciando Nola e Shia soli.
-
Che c’è? – chiese Wyhte. –
Non puoi entrare nella toilette delle donne, sai? – rise.
-
Devo dirti una cosa molto
importante! – mugugnò il ragazzo.
-
Prima fammi andare in bagno…
-
-
Aspetta! È urgente! –
-
Va bene, ma sbrigati, me la
sto facendo addosso! –
Nola
guardò fuori dal
finestrino le immense pianure che sfilavano veloci.
-
Ti piace qui? – chiese Shia,
che la fissava dolcemente.
Lei
sorrise, annuendo, però poi
un’ombra passò sul suo viso.
-
Mi dispiace solo di aver
abbandonato la mia terra. Non avevo mai viaggiato così lontano come
adesso. –
-
Non l’hai abbandonata. Sono
certo che quando tutto questo sarà finito ci tornerai. – disse,
prendendole una
mano.
Lei
sorrise. E capì. Capì che
ormai avevano dato origine a qualcosa che li avrebbe cambiati
completamente nel
profondo e da cui non ci si poteva ritrarre. Dovevano andare fino in
fondo e
trovare tutte le altre Starlight. Dovevano proteggersi a vicenda.
-
Shia! – fece Nola,
improvvisamente. – Qui nel Regno della Terra c’è la tua famiglia!
Potrai andare
a trovarla! –
Gli
occhi del ragazzo si oscurarono
improvvisamente, e grazie al contatto con le loro mani,
involontariamente lui
trasmise una fortissima emozione alla ragazza, che fece aumentare il
suo
battito cardiaco.
-
Che cosa? – esclamò Wythe,
scoppiando a ridere, ma trattenendosi subito dopo. Non poteva
rischiare, visto
che tutte le sue mutandine erano in valigia.
-
Non sto scherzando, vuoi
essere la mia ragazza? – chiese Mick con enfasi.
-
Senti… io… -
-
No, scusa, non avrei dovuto
chiedertelo… io… non lo so, appena vedo una ragazza mi escono queste
parole di
bocca! –
Wythe
rise ancora di più, e gli
mise una mano sulla spalla.
-
Tu sei malato, te ne rendi
conto? E poi che significa “appena vedo una ragazza”? –
-
Ehm… l’ho chiesto anche a
Nola… - rise lui.
A
quel punto Wythe corse in
bagno, scoppiando a ridere come una scema.
Ne
uscì poco dopo.
-
Scusami tanto, ma se non correvo
subito sarebbe successa una tragedia! –
-
Non preoccuparti, e poi sono
io che dovrei farlo! Hai ragione tu, sono malato, malato
d’amore! – esclamò interpretando la frase come un attore
melodrammatico.
-
Su, non fare così. Quando
troverai la donna giusta te ne accorgerai! –
-
Una curiosità: ma tu lo
chiedi a tutte le ragazze che vedi, sul serio? –
-
Purché vivano e respirino…
Tranne alle vecchie e alle bambine, però! –
I
due risero, dirigendosi allo
scompartimento.
Il
treno ebbe un sobbalzo.
-
Che succede? – chiese Nola,
ridestandosi da un piccolo sonnellino.
Vi
fu un altro sobbalzo, poi un
altro ancora.
-
Vado a chiedere al
macchinista se va tutto bene. – disse Shia, alzandosi dal sedile.
Appena
mise la testa fuori
dallo scompartimento, vide che anche gli altri passeggeri avevano fatto
lo
stesso, per vedere cos’era successo.
Shia
si diresse verso la
locomotiva, camminando velocemente. I sobbalzi si susseguivano ormai
quasi
ritmicamente.
Il
ragazzo capì che qualcosa
non andava fin dal principio. La porta della locomotiva era scardinata,
e il
macchinista con il suo secondo erano privi di sensi a terra.
-
Signore! Signore, si sente
bene? – esclamò Shia, accucciandosi vicino al primo, ma non ricevendo
risposta
andò dall’altro.
Sentì
il polso ad entrambi.
-
Sono vivi, meno male! –
sospirò di sollievo.
Poi,
lo colse una repentina
folgorazione. Mentre sentiva il polso del secondo, un’immagine balenò
nella sua
mente: quella di tre bellissime ragazze che tramortivano i due uomini.
Improvvisamente
sentì un grido
provenire da uno degli scompartimenti.
-
Nola! - mormorò, stringendo
un pugno.
I
ragazzi tesero le orecchie.
-
Hai sentito quel grido? –
fece Wyhte, allarmata.
I
tre ragazzi si alzarono
contemporaneamente dai sedili.
Il
treno entrò in galleria.
Nola guardò fuori dal finestrino, ma l’unica cosa che riusciva a vedere
era il
suo riflesso nel vetro.
Inaspettatamente,
sul vetro
sembrava accadere qualcosa. All’inizio fu poco più di una vibrazione,
ma Nola
non riusciva già più a staccare gli occhi da quella vista. Il vetro
continuava
a vibrare, ed era come se sulla sua superficie si formassero delle
piccole onde
che si ingrandivano man mano.
Nola
gridò.
Dalla
superficie ondosa
fuoriuscì una mano, poi un braccio ed infine tutto il resto del corpo
di una
bellissima ragazza. Dietro di lei sbucarono altre due ragazze,
altrettanto
belle ma anche altrettanto diverse.
-
Finalmente li abbiamo
trovati! – disse la prima, sistemandosi le pieghe leggere dell’abito.
-
Te l’avevo detto che la
cabina non era quella giusta, ma tu mi ascolti? Certo che no! – fece la
seconda
ragazza alla terza, che per tutta risposta le fece una linguaccia.
La
porta dello scompartimento
si spalancò ed entrò Shia, affannato.
Guardò
prima i suoi compagni,
atterriti, poi quelle tre affascinanti ragazze, una bionda, una rossa
ed una mora.
-
Voi chi siete? – gridò il
ragazzo, parandosi davanti a Nola con discrezione.
La
bionda, il capo, fece un
passo avanti.
-
Io sono Phoebe. – disse.
-
Io invece sono Ivy. – disse
la rossa, con una risatina da civetta.
-
Il mio nome è Bellatrix.
- fece l’ultima.
Wythe
si voltò verso Shia.
-
Sono delle Ombre! – esclamò.
I
quattro ragazzi si misero in
posizione da combattimento, sfoderando le loro armi magiche.
-
Quattro contro tre non è
leale! – disse Ivy, trattenendo una risatina.
-
Inoltre qui non c’è spazio
per combattere! – dichiarò Bellatrix, e con un agile salto, attraversò
di nuovo
il finestrino.
-
Dove sono andate? – chiese
Nola, allarmata.
Sopra
le loro teste si sentì un
rumore di passi.
-
Sono sul tetto! – gridò Shia,
che corse fuori dallo scompartimento, seguito dagli altri.
Mentre
si dirigevano alla fine
del vagone, dagli altri comparti giungevano strilli di paura e grida.
Shia,
alla testa del gruppo,
aprì la porta del vagone, e subito i ragazzi vennero rinfrescati dalla
profumata brezza marina.
A
lato della porta si trovava
una scala a pioli metallici, che portava sul tetto del treno. I ragazzi
riposero le armi e salirono ad uno ad uno.
Arrivati
sopra, scoprirono che
la lieve brezza si era trasformata in un vento molto forte, che, anche
se non
freddo, riusciva comunque a trattenerli.
-
Non riesco a camminare!
Questo vento è troppo forte! – si lamentò Wythe, socchiudendo gli occhi.
-
Non fare la lagna! – disse
Phoebe, apparsa alle sue spalle.
Wythe
aprì gli occhi per vedere
meglio, scoprendo così di essere rimasta sola.
-
Dove sono gli altri? – gridò,
per sovrastare il rumore del vento.
-
Se ne stanno occupando le mie
“sorelle”. Ora non pensare a loro e combatti! –
Wythe
non se lo fece ripetere
due volte.
-
Libra! – gridò, e premendosi
le mani sul petto, da esse fuoriuscì una luce verde molto intensa, che
pian
piano prese la forma di due eleganti pugnali d’argento, dall’elsa
elaborata che
terminava con un decoro a forma di rosa.
-
Oh! Vedo che hai gusto! –
mormorò Phoebe, trasformando il suo braccio sinistro in un’ascia lucida
e
tagliente.
-
Lo sapevo! Sono rimasto solo.
E adesso? – esclamò Mick, gironzolando sul tetto, cercando di ripararsi
dal
vento con le braccia.
-
Non sei solo. – disse una
voce. Era Ivy.
-
Oh, sei tu. Suppongo tu
voglia batterti con me, vero? Da un po’ di tempo tutti vogliono
battersi con
me… -
-
Hai capito le mie intenzioni,
vedo… - rise Ivy.
-
Prima di combattere posso
chiederti una cosa? –
-
Spara! – fece lei.
-
Vuoi diventare la mia ragazza?
–
Ivy
spalancò la bocca,
guardandolo con occhi da pesce lesso.
-
Sai che il mio compito è
ucciderti, vero? – fece lei.
-
Si, certo, però quando ti ho
vista ho pensato: che bella ragazza! È proprio il mio tipo! E così… -
Ivy
si sedette a gambe incrociate
sul tetto, lasciando che il vento la rinfrescasse.
-
Per essere una Starlight sei
strano! Nessuno mi aveva mai detto queste cose, e ne sono molto felice,
ma sei
consapevole che dovremmo combattere? –
-
Perché invece di combattere
non giochiamo a scacchi? – fece Mick, improvvisamente illuminato. –
Già! –
continuò. – Al posto della violenza la pura e semplice logica!
Fantastico! –
-
Tu sei un caso disperato… -
sospirò Ivy, coprendosi gli occhi con una mano.
-
E va bene! – si arrese alla
fine. – Tu hai una scacchiera? –
Mick
sorrise, furbetto.
Da
una tasca dei pantaloni
tolse fuori un cubo di legno, che, aperto e dovutamente composto formò
una
bella scacchiera i cui quadrati neri e color legno risplendevano alla
luce del
sole.
Sbottonò
una manica della camicia
e la scosse un po’. Dal polsino uscirono tutte le pedine.
Ivy
lo guardò con occhi
sognanti.
-
Sei un mago! –esclamò.
Shia
e Nola camminavano chini,
cercando di evitare il vento.
-
Stammi vicina! – gridò Shia,
e le prese una mano. – Così non ci separiamo! – spiegò.
-
Che teneri! Mi viene voglia
di risparmiarvi ma… non lo farò! – disse Bellatrix, parandosi davanti a
loro,
gelida.
Shia
e Nola estrassero la loro
arma, mentre la mora Bellatrix alzò le braccia al cielo, trasformandole
in due
scimitarre dalla lama ricurva.
-
Sembra fatto apposta! Due
spade, due avversari! – disse la ragazza, leccandosi il labbro
superiore.
Si
lanciò su Shia, che spinse
di lato Nola, mentre parava un fendente con il suo bastone d’ariete.
Nola
diresse il getto della sua
anfora contro Bellatrix, che, colta alla sprovvista, venne presa in
pieno.
Shia
si spostò, per non essere
colpito dal getto, ma questo lo distrasse, permettendo a Bellatrix di
ferirlo
ad un braccio.
Il
ragazzo urlò.
Nola
sentì montare la rabbia
dentro di se, e all’improvviso, l’anfora smise di risucchiare aria, ma
ne
espulse un getto fortissimo che colpì la nemica in pieno.
Bellatrix
si guardò il braccio,
incredula, su cui spiccava visibilmente una ferita uguale a quella di
Shia.
-
La… la mia anfora ha copiato
gli effetti dell’attacco e… li ha restituiti al mittente! – esclamò
Nola.
Infuriata,
Bellatrix si scagliò
contro la ragazza, lanciando fendenti a destra e a sinistra. Nola era
in
difficoltà, perché non poteva parare quei colpi in nessun modo, ma solo
schivarli.
Notando
questo, Shia alzò il
suo bastone in aria, per poi colpire la nemica in piena pancia.
Bellatrix
rantolò, sentendosi
mancare il fiato. Arretrò di qualche passo, mentre le sue scimitarre
tornavano
ad essere mani.
Purtroppo
per lei, fece un passo
di troppo. I ragazzi si voltarono appena in tempo per vederla cadere
oltre il
bordo del tetto.
Corsero
verso quella parte e si
sporsero.
Non
videro altro che i binari
scorrere sotto di loro, oltre un una scarpa con il tacco che sfuggiva
attraverso il riflesso sul finestrino.
I
due si alzarono.
-
È scappata. – sibilò Shia,
trattenendo un gemito,
Nola
si voltò verso di lui, con
le lacrime agli occhi.
-
Stupido! Ti sei fatto ferire!
– gridò Nola, tra i singhiozzi.
Lui
rise, con quella risata che
Nola adorava più di ogni altra cosa al mondo.
-
È solo un graffio! Non devi
preoccuparti! –
La
ragazza gli si fiondò
addosso, abbracciandolo.
-
Scemo! Scemo, scemo! Se provi
un’altra volta a farti ferire… ti uccido io! –
Shia
ricambiò l’abbraccio,
sorridendo dolcemente.
Wyhte
era in difficoltà, e di
questo se ne rendeva conto, come anche Phoebe, che non esitava a
colpirla
violentemente. Wythe riusciva a parare tutti gli affondi e i vari
attacchi, ma
aveva già il fiatone, mentre la sua nemica era fresca come una rosa.
“Devo
fare qualcosa, altrimenti
questa belva mi affetta!”
Sempre
difendendosi, Wythe
cercava di osservare i movimenti della sua rivale. Poi, qualcosa scattò
nella
mente della ragazza.
Nell’istante
in cui un fendente
stava per dividerla in due parti, Wythe spiccò un agile salto,
atterrando alle
spalle di Phoebe, e, prima che questa potesse voltarsi, la ragazza
affondò uno
dei suoi pugnali nel fianco dell’avversaria.
Phoebe
emise un grido di
dolore, e cercò di colpire Wythe, ma lei scansò l’attacco con un passo
indietro.
La
bionda non riusciva più a
stare in piedi, perché la ferita perdeva sangue a fiotti.
-
Maledetta! Come ti sei
permessa! – disse lei, tra i denti.
Wythe
rise.
-
Se tu ti fossi concentrata di
più sulla battaglia, forse non sarebbe successo! L’ho notato, sai? –
disse,
lanciandole un’occhiataccia. Phoebe si accasciò sul tetto, in
ginocchio,
fissandola gelidamente.
-
Ho notato che hai un leggero
ritardo nei riflessi. Per questo motivo riuscivo a pararti tutti i
colpi,
nonostante i miei pugnali talmente piccoli. Inoltre la tua ascia non
dev’essere
tanto leggera, ho indovinato? – continuò Wythe.
Phoebe
ringhiò.
-
Sai quanto mi è costato
questo vestito? Ora dovrò comprarne un altro! – disse in tono lamentoso.
-
Beh, mia cara… Questi sono
gli inconvenienti di combattere per la parte sbagliata!-
-
Bella mossa! – esclamò Mick,
mettendosi una mano tra i biondi capelli.
Ivy
sorrise, spostando una
pedina.
-
Sai… tu sei diversa dagli
altri nemici… -
-
Cos’è, un complimento? – fece
lei.
-
In un certo senso… Mi piace
il tuo colore di capelli. Color lampone. Mi piacciono i lamponi!
Inoltre ho
scoperto che i lamponi fanno bene alla circolazione, l’ho letto su una
rivista.
Tu compri di quelle riviste? Io si, perché mi piace prendermi cura del
mio
corpo… - attaccò a parlare Mick, ma la cosa più improbabile era che
anche Ivy
ciarlava così tanto.
-
Si! Anch’io compro quelle
riviste! Ho scoperto proprio ieri una maschera speciale per il viso. È
molto
efficace, ma puzza un po’ di carciofo. Che buoni i carciofi!
Soprattutto fatti
a sformato, con l’uovo e la pancetta! –
-
Sono buoni anche con le
patate! Sai che le patate… -
Un
fischio improvviso
interruppe l’inconcludente conversazione dei due.
Ivy
scattò in piedi.
-
Accidenti! È Phoebe, devo
andare! Quando ci rivedremo continueremo la conversazione, ok? –
sorrise la
ragazza, e con un balzo si dileguò.
I
ragazzi si ritrovarono sul
tetto del vagone da dove erano partiti.
-
Mi chiedo come abbiamo potuto
separarci senza accorgercene… - fece Mick.
-
Oddio! Shia, sei ferito! –
esclamò Wyhte, correndogli incontro.
Dal
polsino sbottonato della
manica, Mick tirò fuori tre fazzoletti legati tra loro, uno blu, uno
giallo e
uno rosso.
-
Scegli quello che vuoi. –
disse il ragazzo.
Shia
prese quello rosso, e Nola
lo aiutò ad avvolgerlo attorno alla ferita.
-
Quando arriveremo a Neapolys
andrai di filato da un medico! – gli ordinò lei.
Il
ragazzo rise. – È solo un
graffio! Ti ho detto di non preoccuparti! –
Alla
vista dei due in intimità,
Wyhte si frappose tra loro e prese il ragazzo sottobraccio.
-
Torniamo dentro Shia, qui c’è
freddo! -
Il
treno proseguì la sua corsa senza
intoppi.
I
passeggeri, anche se ancora un po’ scossi
per l’accaduto, ripresero i loro posti, e così fecero i quattro amici.
-
Dovremmo esserci, vedo una città in
lontananza… - esclamò Mick.
-
Che bello! È una città sul mare! -
Anthias
camminava a passo veloce lungo un
corridoio illuminato solo da fiaccole, imprecando tra i denti. Aprì di
scatto
una porta di legno alla sua sinistra ed entrò.
Adiacente
ad una parete si trovava un
grande letto a due piazze, occupato da una ragazza bionda circondata da
medici.
Nel
vedere arrivare l’uomo, i dottori si
fecero indietro rispettosamente.
Anthias
si avvicinò al letto, e prese una
mano della ragazza tra le sue.
-
Phoebe… - mormorò. Poi si voltò dai
medici.
-
Le sue condizioni? – chiese.
Un
dottore si fece avanti titubante.
-
Stabili, mio signore. Ha perso molto
sangue, ma la ferita non era troppo grave, una settimana e dovrebbe
rimettersi
completamente… -
Anthias
sorrise e rivolse nuovamente le sue
attenzioni a Phoebe.
-
Presto starai meglio. – le disse.
Phoebe
sorrise.
Dray
sorrideva vittorioso.
-
Lo sapevo! Quelle tre galline di Anthias
hanno fallito. Ora chi è il tuo preferito, eh Langarth? – disse tra i
denti.
-
Devo ricordarti che anche tu hai fallito,
e tante volte? – rispose gelido il despota.
Si
trovavano in una stanza ampia e scarna,
con le pareti di nuda e fredda pietra.
L’unico
oggetto di arredamento di quella
sala era un maestoso trono fregiato, posto su una piattaforma rialzata,
che
incuteva timore su chi si trovava al suo cospetto.
Langarth
occupava il seggio, e al suo
fianco stava una donna dall’aspetto diafano, con i lunghi capelli
biondo
platino raccolti in una treccia, che le ricadeva al lato del viso.
Il
sovrano assoluto aveva un aspetto
assolutamente autoritario.
Era
un uomo di bell’aspetto, sulla
quarantina. Indossava un’armatura nera come la notte, che gli ricopriva
l’intero corpo ed era modellata su di esso. Dalle spalle gli ricadeva
un lungo mantello
rosso sangue, mentre sulla testa portava un elmo che aveva la forma
della testa
di un leone, con le aperture per gli occhi e per il naso e la bocca,
che era
unica.
Dray
non sapeva come ribattere.
-
Beh… Almeno io combatto in prima persona,
non mando i miei suddetti a farlo per me! –
Langarth
parve pensarci un po’ su.
-
Non hai tutti i torti… però sai una cosa?
Così mi offendi! Io utilizzo lo stesso identico metodo di Anthias:
mando i miei
sottoposti a fare le cose al posto mio. Questa tua affermazione non mi
è
piaciuta… -
-
Ti prego! Fammi combattere un’altra
volta! Ti giuro che li sconfiggerò, ma tu non fare del male a Morgan!
Langarth…
- supplicò Dray, inginocchiandosi.
-
Come ti permetti di dare del tu al Sommo!
Chiedi perdono! – disse la donna bionda, facendo un passo avanti.
Con
un cenno della mano venne zittita da
Langarth.
-
Ti concedo un’ultima possibilità, dopo
della quale, se non mi avrai portato almeno una Starlight, potrai dire
addio a
quella bambinetta che ti porti appresso. –
Con
il magone alla gola, Dray assentì con
un cenno del capo, poi si alzò e uscì dalla stanza.
Ed
eccomi tornata, dopo secoli di
assenza dai vostri monitor!
Scusate
il vaneggiamento... <.<
Dunque,
nuovi personaggi, eh? In genere
nelle mie storie non compaiono molti personaggi, perciò mi sono detta,
perché non
infarcire di gente sconosciuta questa storia? E invece alla fine quella
gente
sconosciuta mi è rimasta nel cuore...
Le
tre sorelle, Phoebe, Ivy e Bellatrix,
erano nate solo come comparse, e per giunta molto cattive e
determinate, ma
alla fine l’affetto della mamma ha
prevalso, e le adoro come fossero protagoniste anch’esse!
X
Ladywolf: hai proprio ragione, Mick è un
ragazzo stravagante! Ce ne vorrebbe di gente così, al mondo! L’ho
creato
immaginando un saltimbanco, ma alla fine è uscito un biondino pieno di
piercing... Vabbè... Che poi non si lamenti se nessuna ragazza lo
guarda, anche
se quella Ivy un pochino l’ha fatto! Mah...
Per
quanto riguarda Wythe, come avrai
notato, la sua era una tregua temporanea nei confronti di Nola, ma
quest’ultima
è talmente buona (o forse un po’ tonta, più probabile) che non si
accorge che
Wythe ce l’ha con lei.
Perfetto!
Se la prossima volta riuscirò a
postare più in fretta datemi un premio!
Ci
leggiamo al prossimo capitolo, cari
lettori! ^________________^