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Autore: tonksnape    07/06/2005    4 recensioni
Avevo lasciato Harry e l'E.S. dopo la battaglia di Hogsmeade a metà del sesto anno. Ora si addentreranno nello studio di se stessi per poter affrontare meglio lo scontro con Voldemort. Buona lettura. Grazie per i commenti. I personaggi sono di JKR (tranne qualche raro caso).
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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GINNY E PITON, HARRY E ASH

Finite le lezioni si ritrovarono alla porta d’ingresso, ben chiusi nei loro mantelli, pronti ad affrontare la neve che stava cadendo da qualche ora.

Velocemente arrivarono al capanno di Hagrid dal quale effettivamente stava uscendo del fumo.

Harry bussò con irruenza.

La porta di aprì leggermente e si ritrovarono davanti la faccia sospettosa di Hagrid, il quale quando si rese conto di chi si trattava esplose in un sorriso enorme.

Non si vedevano da mesi.

Li abbracciò e li stritolò a lungo, uno, due o tutti e tre insieme.

Poi si misero seduti attorno al tavolo sgangherato al centro della stanza, con tre tazze fumanti di the, mentre Hagrid sistemava i suoi bagagli.

Sistemare voleva dire che estraeva da una sacca enorme e molto usata una serie di vestiti, più o meno sporchi, li guardava e li buttava in un cesto altrettanto enorme.

“Cosa ne devi fare?” chiese Hermione indicando con la testa il cesto.

“Devo lavare. E’ un bel po’ di tempo che non gli do una lavatina come si deve.”

“Dove sei stato?” chiese incalzante Ron.

“In missione per Silente, lo sapete. E come facevate a sapere che ero tornato?”

“Dal fumo del camino. Lo hanno visto tutti oggi.” Ron gli sorrise

Hagrid guardò il camino e poi rivolse lo sguardo verso l’alto, quasi meravigliato che potesse essere visibile il fumo dall’esterno.

“Quale missione Hagrid?”

“Una meno rischiosa dell’ultima vostra, ho saputo. Cosa pensavate di fare? Siete in grande Rita Skeeterrdo sui Serpeverde ora!” Hagrid guardava Harry con uno sguardo, nel suo intento, serio e di rimprovero.

Harry era così contento di vederlo che avrebbe accettato anche una punizione da lui per quello che aveva fatto.

“Chi si è occupato di Grawp? Eh?”

Hagrid spalancò le enormi braccia verso di loro con fare sconsolato.

“Oggi lo ho trovato molto deperito poverino!”

I tre amici si guardarono meravigliati. Avevano continuato con regolarità a portare da mangiare a Grawp e a tentare di insegnargli a parlare e a loro non sembrava così deperito. Silente sapeva benissimo che si trovava e aveva provveduto a tutto quello che era necessario per fargli passare al meglio quel periodo lontano da Hagrid, compresa una capanna simile a quella dove si trovavano adesso, ancora più rovinata e disordinata dopo il passaggio del gigante.

Ron si ricordava ancora quanto aveva riso, fino alle lacrime, vedendo “Hermy” impegnata ad insegnare inglese a quel gigante, mentre lui cercava di pronunciare quelle strane parole osservando con la testa inclinata il movimento delle labbra della ragazza, affascinato più dagli animali che si muovevano intorno a lui che dal tentativo di Hermione di mantenere il patto con Hagrid. Sentire quel gigante pronunciare con voce cupa e stentatamente il nome dell’amica lo aveva divertito per parecchi giorni.

Ancora adesso, quando voleva farla arrabbiare, le si avvicinava di soppiatto e pronunciava sottovoce, con la stessa intonazione il suo nome: “Hermy”. Lei scattava immediatamente urlandogli che era un stupido bambinone poco cresciuto e gli toglieva l’aiuto nei compiti per parecchie ore.

Harry aveva partecipato per amicizia verso Hagrid, ma trovava quell’impegno decisamente inutile per tutti. Non si poteva fare nulla con quel gigante se non accudirlo.

A loro sembrava stesse al meglio possibile in quel momento.

“Hagrid…” disse Hermione “abbiamo fatto quello che hai chiesto. Mi pare che adesso parli anche meglio. Sai sono riuscita a fargli dire correttamente il tuo nome e anche quello di Silente.” Hermione gli stava sorridendo sperando che Hagrid riconoscesse l’enorme lavoro che lei aveva fatto solo per arrivare a questo piccolo risultato.

“Hai ragione sai.” le sorrise lui. “Mi ha chiamato per nome subito, appena arrivato, mi ha riconosciuto. Sei stata brava. Hermione!”

Lei si sentì fiera di se stessa.

“Dove sei stato, Hagrid?” Harry gli rifece la stessa domanda di Ron ed era importante per lui avere una risposta. Il mondo esterno adesso era chiaramente schierato con Silente, ma in realtà nessuno sapeva quali fossero le idee di alcuni popoli come quello dei giganti, che potevano rappresentare una forza notevole in caso di battaglia. I rapporti con gli uomini erano da sempre difficili. Era necessario un mediatore che aiutasse il dialogo tra loro e Silente e li portasse a sostenere l’Ordine.

Harry sapeva di non avere una chiara percezione di quello che stava avvenendo fuori da Hogwarts, delle trame che i maghi stavano tessendo sopra la sua testa, delle alleanze che si stavano stringendo, delle intrusioni che la politica aveva nelle decisioni.

Era preso da un vortice enorme e lui si sentiva al centro, quasi cieco.

Qualsiasi informazione serviva a chiarirgli un po’ le idee.

Ma Hagrid era fedele a Silente e al suo mandato.

“Ero in missione per conto di Silente, non posso dirti altro, Harry. Lo sai.” Hagrid sembrava quasi scusarsi.

Ron qualcosa aveva imparato negli anni e fece la domanda giusta al momento giusto.

“Come stava Madama Maxime? E gli altri giganti? Doveva essere molto che non li vedevi. E’ stato piacevole?”

Hagrid lo guardò sorridendo.

“Molto, Ron, molto. Lei è stata buonissima con me, anzi dolcissima e anche se sono stati molto diffidenti e scontrosi, almeno adesso hanno accettato di vedere Silente. Sarà un viaggio lungo per lui, ma…  oh, oh… questo non dovevo dirlo. Avanti, bevete il the adesso, non posso dirvi altro.”

Hagrid riprese a svuotare la sacca mentre Ron faceva l’occhiolino ad Harry e ad Hermione che ricambiarono.

 

La sera, dopo quel piacevole pomeriggio, Harry si ritrovò davanti all’ufficio di Piton per le lezioni di Occlumanzia, insieme a Ginny.

Harry si sentiva demoralizzato ancora prima di cominciare. L’ultima volta che aveva tentato di contrastare Voldemort alla presenza di Piton aveva ottenuto un buon risultato, ma ancora non aveva chiaro come era arrivato ad ottenerlo. E comunque Piton non gli piaceva, anche se aveva ben chiaro che l’odio verso suo padre e verso Sirius non era poi immotivato.

Ginny aspettava di poter parlare con Piton dei suoi incubi.

Bussò lei alla porta. Rimasero sorpresi quando aprì Tonks, con una massa di capelli arancioni e un gran sorriso di benvenuto.

“Ciao ragazzi. Io stavo andando, so che avete lezione con Sev… il professor Piton.” Si girò verso la stanza e anche se non potevano vedere entrambi capirono che stava salutando il professore con una certa… intimità.

Rivolse loro un altro sorriso e uscì dicendo a tutti un generico:

“A dopo.”

Harry e Ginny entrarono.

“Ben arrivati.” Il volto del professore era sempre cupo e serio, in tono con il nero dei vestiti. Era al centro della stanza, in piedi. Appariva forse, ma forse, un po’ più rilassato.

Fece cenno ad entrambi di entrare e di sedere davanti alla scrivania.

“Per iniziare, signor Potter, potrebbe illustrare lei alla sua compagna, quale è lo scopo di queste lezioni.”

Harry raccolse tutte le informazioni che ricordava e cercò di dargli un senso.

Almeno per Ginny era importante che fosse tutto chiaro.

“Vol…. Tu-Sai-Chi riesce a capire le emozioni degli altri, a leggerle, come se leggesse nel pensiero.”

Ginny lo guardò incuriosita. Non capiva cosa significasse “leggere nel pensiero”.

“Potter, si ricordi che è un mago, non un babbano.” Dall’espressione sembrava che Piton stesse ridendo di lui.

“Beh, riesce a capire i sentimenti delle persone soprattutto quando abbiamo meno difese, come durante il sonno. E’ come se potesse vedere quello che proviamo, che pensiamo, i nostri ricordi e lo può usare per colpirci dove sa che farà più male.”

“Già meglio, Potter. Come ci si difende?”

“Allontanando da sé il più possibile le proprie emozioni, escludendole dal pensiero perché non vengano afferrate da lui. E tentando di disarmarlo o di bloccarlo con un altro incantesimo.”

“Beh, almeno qualcosa ha capito del lavoro dell’anno scorso, direi. Dopo l’ultimo di qualche settimana fa, ci sono stati altri episodi?”

“Solo un incubo, ieri notte.” Harry soffriva a dover condividere con quell’uomo  i propri ricordi.

“Cosa accadeva?”

“Non riuscivo a sentirlo, ma sembrava che volesse farmi parlare.”

“OK. Ci lavoreremo. E lei signorina Weasley, ci sono incubi anche per lei?”

Ginny spalancò gli occhi sorpresa. Come poteva saperlo?

“Nessuno può fare esperienza di un legame con l’Oscuro Signore pensando di eliminarlo del tutto. Lo ha conosciuto e gli ha consegnato parte delle sue emozioni, anche se involontariamente. Egli potrà farsi scudo di questi sentimenti per carpirla nuovamente. Non voglio conoscere i dettagli di ciò che ha confidato nel diario, ma desidero solo sapere se quelle emozioni possono essere ancora presenti in lei e nelle sue relazioni con altre persone.”

Ginny si sentì molto incerta nel rispondere. Nessuno conosceva il contenuto del diario che presentava ancora solo pagine bianche. Sapeva che si trovava al sicuro nello studio di Silente e che nessuno poteva risalire a quello che aveva scritto. Silente glielo aveva assicurato.

Rimase a riflettere, in silenzio e Piton attese senza pungolarla.

Harry era sorpreso dalla quasi gentilezza che dimostrava nei confronti di Ginny. In effetti non aveva mai sentito la ragazza lamentarsi degli atteggiamenti di Piton nei suoi confronti e non sapeva esattamente quali fossero i suoi voti in Pozioni. Questo era ancora un lato sconosciuto di Ginny.

“Ci sono alcuni sentimenti che sono rimasti gli stessi, altri sono cambiati, sono più forti o meno significativi, ma credo ci siano ancora tutti.”

“Potrebbe usarli contro di lei, se la ritenesse una avversaria pericolosa. E lo ha sognato recentemente?”

“L’ho sognato due volte dalla battaglia, professore. Solo il volto che mi parla, in particolare gli occhi.” rimase in silenzio per alcuni secondi. Piton non disse nulla, ma rimase in attesa.

“Non è come anni fa, so che è un sogno, ma ho paura che possa riprovarci. Se gli è andata bene una volta, significa che sono fragile e … raggiungibile in un certo senso. Come se avesse provato la mia resistenza e avesse scoperto che può creare un… tunnel che mi attraversa, … che può portarmi dove vuole lui.”

Harry la fissò pensieroso: non aveva mai sentito Ginny parlare così a lungo e con una tale lucidità di se stessa. Lui non sarebbe riuscito a descrivere così bene le sue sensazioni. Ma le ragazze erano tutte così? Doveva parlarne con Ron e … forse anche con Hermione.

Secondo lui Voldemort ora non aveva alcun motivo di servirsi di Ginny, aveva riguadagnato una parvenza di corpo, aveva riguadagnato la fedeltà dei suoi Mangiamorte, un ragazzina di Hogwards era inutile. Però poteva comprendere le paure di Ginny di essere guidata da qualcuno che non fosse lei stessa. Quando pensava di essere posseduto da Voldemort aveva provato una tale angoscia. Per Ginny doveva trattarsi di qualcosa di simile.

Piton fece un gesto assurdo per lui. Accennò un sorriso verso Ginny e le appoggiò una mano sulla spalla.

“Credo signorina Weasley che non dovrebbe dimenticare che il tempo ha cambiato lei, ha cambiato l’Oscuro Signore e ha cambiato l’intera situazione.

Adesso una domanda più difficile. Per poter impostare il lavoro devo sapere se ci sono sentimenti o emozioni che vi legano.”

I due si guardarono. Erano meravigliati dalla domanda e non sapevano come rispondere.

In effetti Harry non avrebbe saputo dare un nome esatto ai suoi sentimenti per la sorella di Ron. Era stata a lungo solo un elemento dello sfondo della sua vita, niente da spartire con la forte amicizia che lo legava ad Hermione per esempio, ma adesso era diventata… qualcuno alla pari, non una amica con cui confidarsi, ma certamente una persona importante. Era… era difficile da definire!

Per Ginny i suoi sentimenti per Harry erano sempre stati chiari, anche mentre si modificavano nel tempo passando dall’innamoramento incondizionato, alla vergogna per quello che aveva fatto, alla tristezza di trovarsi ignorata come persona, alla costruzione di una nuova amicizia dove sentimenti più profondi, che pure c’erano, venivano volutamente messi da parte. Harry non era più l’eroe perfetto, ma era diventato un ragazzo poco più grande di lei, un bel ragazzo, che commetteva parecchi sbagli, che aveva un carattere a volte difficile, che non capiva un accidenti del sesso femminile. Era molto più simile al fratello ora (Hermione avrebbe detto che l’imbecillità di Ron verso il sesso femminile non poteva essere raggiunta da nessuno e in effetti…), anche se i suoi sentimenti verso di lui ogni tanto avevano poco del fraterno.

“Siamo amici.” Disse Harry. “E’ anche la sorella del mio migliore amico.”

“Gli devo la vita.” Aggiunse Ginny con una semplicità che fece venire i brividi a Harry.

“Nessun legame… più forte?” sottolineò Piton.

Negarono entrambi con il capo.

“Non che la vostra vita sentimentale mi sia di interesse, ma devo comunque insegnarvi anche ad agire insieme e più i sentimenti che vi legano sono forti più diventa importante che sappiate eliminarli dalla vostra mente entrambi. Chiariti questi aspetti cominciamo la lezione. Prima lei signor Potter, dato che sa già come fare. Signorina Weasly, lei osservi e utilizzi solo quanto di positivo Potter ci farà vedere.”

Piton tolse i propri ricordi e li mise nel Pensatoio, seguito dallo sguardo curioso di Ginny che non conosceva lo scopo di quella danza d’argento che entrava nel bacile.

Harry si irrigidì nell’attesa dell’attacco, cercando nello stesso momento di escludere i ricordi dalla mente.

“Legilimens” pronunciò Piton puntando la bacchetta verso Harry.

Ginny vide l’amico tendersi nello sforzo di bloccare qualcosa alzando la bacchetta, ma senza pronunciare alcuna parola. Sembrava pietrificato.

Poi urlò: “No!” e dalla sua bacchetta uscì un lampo che mandò Piton a sbattere contro la scrivania.

Si alzò velocemente e guardò Harry con gli occhi socchiusi.

“Ci siamo Potter, ci siamo. Ho visto molto poco, ora.”

Guardò Ginny e le fece cenno di andare al posto di Harry.

“Cerchi di concentrarsi, signorina Weasley e si ricordi che potrò vedere solo quello che lei mi farà vedere.”

“Legilimens”

Ginny si sentì invadere e riemersero ricordi che non sapeva di avere. Ron che giocava con lei, gli scherzi di Fred e George con i suoi giochi, il primo volo sulla scopa con il padre, la tristezza del suo primo anno ad Hogwarts, il primo bacio con Dean, la Camera dei Segreti, la faccia di Tom Ridde.

Si ritrovò a terra, piangente con Harry a fianco che urlava contro Piton.

“La lasci stare, la smetta. Ma non vede cosa le sta facendo!?!?!”

Harry aveva in mano la bacchetta puntata contro Piton.

Piton la osservava in silenzio. Parlò quasi sottovoce, come se Harry non fosse presente:

“Non ha opposto nessuna resistenza signorina Weasley, Deve tentare di fermarmi.”

Ginny, consapevole delle lacrime, si sentiva scossa e impaurita.

Si alzò da terra, mentre Harry sempre al suo fianco la scrutava, preoccupato.

“Riproviamo, Ginny.”

“NO!” urlò Harry nuovamente, girandosi verso di lui con il volto teso dalla rabbia “Non ce la fa più. La lasci stare.”

Forse avrebbe chiesto di aspettare un po’ prima di ritentare se Harry non avesse detto che non era in grado di proseguire. Era sul punto di dirlo, di chiedere tempo e pazienza al professore. Ma ora, no. Non quando qualcun altro aveva fatto la richiesta a nome suo senza interpellarla.

“Va bene.” Rispose con la voce tremante.

“Ginny…” Harry era sorpreso.

“Tu hai fatto un solo tentativo la prima volta?” gli chiese.

“No.” Fu costretto ad ammettere.

“Allora posso farlo. Solo… stai qui.” Era sia una reale richiesta di aiuto, sia un modo per non farlo sentire inutile.

Con Piton riprovò altre due volte, come Harry, dimostrando, nell’ultima di cominciare a comprendere la strategia, perché Piton le disse di aver percepito la sua iniziale resistenza all’intrusione.

Alla fine dell’ora erano esausti entrambi.

“Bene. Ci rivediamo qui tra una settimana.”

Piton li guardò uscire, pensieroso.

C’erano due cose che lo lasciavano perplesso.

Il fatto che avessero detto di non provare forti sentimenti l’uno verso l’altra, quando poi il piccolo Potter l’aveva difesa con rabbia e determinazione.

E poi entrambi avevano chiaro lo stesso ricordo dell’Oscuro Signore, durante l’ultima battaglia che diceva loro che sarebbero morti, mentre si stringevano le mani. E il ricordo più forte sembrava questo per entrambi, ma non ne erano consapevoli.

Quello che lo preoccupava di più è che aveva percepito la stessa identica immagine e lo stesso identico sogno in entrambi: l’Oscuro Signore che tentava di farli parlare. Ma solo Harry riusciva a descriverlo, mentre per Ginny era prevalente il ricordo della battaglia.

Doveva parlarne con Silente.

 

Il giorno successivo per Harry fu pesantissimo. Oltre alle lezioni della giornata lo aspettava un incontro con Ash e poi allenamento di quidditch.

Era stanco ancora prima di scendere dal letto.

L’unico vantaggio era il programma delle lezioni che includeva Storia della Magia (dormire), Cura delle Creature Magiche (divertente), Difesa contro le Arti Oscure (utile) e Trasfigurazione (interessante). Nessun compito da fare o da consegnare.

In effetti la giornata trascorreva molto tranquilla.

L’unico pensiero fisso di Harry, in quella giornata, erano le ragazze.

Guardandosi attorno si era accorto che cominciava a preoccuparlo la maturità che vedeva in Hermione, Ginny, Susan o anche Luna a modo suo.

Era molto più tranquillo avere a che fare con persone come Lavanda o Padma: ridevano e chiacchieravano di sciocchezze.

Parlare con le altre invece richiedeva una buona dose di attenzione per non dire la cosa sbagliata al momento sbagliato e sentirsi un incapace.

Anche con Cho in effetti era stato più facile: al massimo piangeva, ma non era necessario impegnarsi molto.

Se fosse stato sufficiente dire qualche stupidaggine sul quidditch e ascoltare le loro scemenze poteva ancora farcela, ma se doveva fare lui la prima mossa era nei guai. E poi con chi? La scelta era un po’ imbarazzante.

Se avesse dovuto passare un pomeriggio con Hermione o Ginny o Luna, in modo romantico… cosa avrebbe fatto?

Doveva sentire Ron. Non che avesse più esperienza di lui, ma ultimamente era molto ricercato dalle ragazze dopo il successo come portiere e sembrava trovarsi a suo agio nel ruolo.

E del resto chi altro c’era? Chiedere a Dean come aveva fatto con Ginny? Sarebbero subito iniziati i bisbigli sul fatto che Potter voleva agganciare la piccola Weasley!

Dopo il pranzo cercò Ron e riuscì a distoglierlo dalla folla di ragazzine ridacchianti che elogiavano le sue partite e i suoi allenamenti.

Ultimamente l’amico sembrava anche usare molto meno quei maglioni larghi e sformati degli anni scorsi e sceglieva i maglioni più piccoli usati dai fratelli, quelli che aderivano di più al corpo. C’erano parecchie ragazze che, per l’altezza, potevano guardargli bene il torace.

Ad Harry venne da ridere. L’idea di Ron che chiedeva ad una ragazza di uscire o che faceva il romantico sembrava una barzelletta.

Andarono insieme verso la Biblioteca e trovarono un piccolo tavolo per loro due. Sistemarono una parete di libri e pergamene sufficienti a dimostrare che stavano studiando e poi Harry decise di agire.

“Come va con le ragazze? Mi sembra che tu sia circondato!”

“Hai visto?” Ron era euforico. Sorrideva e gli brillavano gli occhi. “Cioè, non so come ho fatto, davvero. Penso sia il quiddtch, come per te.”

“Io non ho quella scia di femmine intorno!” Harry non sapeva se sentirsi fortunato o geloso.

“Beh, veramente…” Ron lo guardò sorpreso “molte mi parlano anche di te.”

“Davvero?” Per Harry si apriva un universo nuovo.

“Certo. Ma tu non ne approfitti mai! È bello sai essere al centro dell’attenzione. Mi sembra di essere K…” Ron si fermò incerto, arrossendo.

“Krum?” suggerì Harry sottovoce.

“Sì, lui.” Ron sembrava dispiaciuto di doverlo ammettere.

Non era chiaro a nessuno dei due quali fossero i rapporti di Hermione con Viktor, sapevano solo che c’erano ancora lettere che partivano e che arrivavano. Per Harry non era importante, mentre Ron si mostrava ancora infastidito e scontroso quando osservava quel movimento di gufi.

“Perché non glielo dici?” Ad Harry la domanda uscì involontariamente e se ne pentì. Era talmente preso dai suoi pensieri che non fece attenzione a quello che stava dicendo.

“Cosa? A chi?” Ron si era irrigidito immediatamente.

“Lo sai Ron.” Adesso Harry era spazientito. Era chiaro a tutti cosa provasse Ron. Forse lui aveva bisogno di guardarsi allo specchio per vedersi!

“Cosa so? Io non so nulla!”

“Questo è vero. Sono due anni che ti perdi dietro a lei senza sapere cosa fare!”

Scese il silenzio. Harry non aveva voglia di affrontare la cosa e Ron sentiva il cuore saltare nel petto.

“Senti, non volevo parlare di te, ma di me. Cosa dovrei fare per uscire con una ragazza?” Non era esattamente questo quello che voleva sapere, ma non voleva parlare dei suoi due migliori amici e dei loro sentimenti in quel momento.

“Provaci.” Rispose Ron immediatamente, sorridendo, contento anche lui di cambiare argomento.

“Grazie tante, non ci avevo pensato! Mi servivi tu per capirlo!”

“E allora perché me lo hai chiesto?”

Sempre peggio. Entrambi non capivano di cosa stavano parlando.

“Senti Ron” disse Harry sospirando “non è questo il problema. Cosa faresti tu per invitare fuori una ragazza? Cioè quello forse ancora è possibile farlo, ma dopo cosa ci fai?”

Si guardarono preoccupati. Non ne avevano idea. L’unica lezione chiara di come comportarsi Harry l’aveva avuta da Hermione l’anno precedente per Cho. E era andata come era andata. Cosa accidenti poteva fare? A parte che non sapeva chi invitare!

“Tu cosa faresti?” Guardò Ron.

“La inviterei fuori ad Hogsmeade, credo. Per Natale. Le farei un regalo. Di solito i miei fratelli fanno questo.”

“Sì, ma cosa le dici? Di cosa parli?” Harry si stava quasi divertendo nel mettere in difficoltà Ron con i suoi problemi.

“Non lo so. Di quidditch?”

“Con Ginny, forse, visto che gioca. Ma lo faresti con Hermione?” Ron arrossì dai capelli al collo.

“O con Luna, O Susan? Cioè, dipende da chi ti piace. Con alcune sembra facile, ridono per niente! Potresti anche non parlare perché lo fanno loro per tutti e due. Ma con le altre? Ti immagini una conversazione romantica con Hermione? O con Luna?”

Harry si era lanciato e non si accorgeva della difficoltà di Ron che ogni volta che sentiva il nome “Hermione” saltava un battito del cuore.

“Ciao.” La voce di Hermione li fece sussultare.

La guardarono con gli occhi spalancati, Ron terrorizzato all’idea che potesse aver sentito qualcosa, Harry infastidito dall’intrusione.

Si mise seduta vicino a loro mettendo a terra i libri. Si trovava a capotavola tra i due.

Li guardò con uno sguardo interrogativo: le sopracciglia sollevate, un mezzo sorriso.

“Stavamo parlando di ragazze.” Il tono di Ron era quasi aggressivo.

“Oh.” Hermione rimase interdetta. Anche il suo cuore tendeva a saltare dei battiti in quella situazione con loro due. “Volete aiuto?”

Harry pensò che poteva essere di enorme aiuto.

“Se dovessi uscire con te, cioè… non che voglia… no… potrei anche… ma sarebbe come uscire con Ginny… per Ron intendo… cosa si dice quando…” Certo che se era così difficile con una amica!!

Harry non sapeva più come uscirne e la guardò sconsolato.

Hermione sorrise divertita. Le piaceva fare l’esperta anche fuori dalle lezioni.

“Ho capito. Vuoi sapere di cosa parlare?”

Harry annuì.

“Di cose normali, di scuola, dei professori, di musica, di libri, anche di quidditch. Certo con Cho o Ginny che giocano forse è più facile, ma tutte guardiamo le partite.”

“Anche i giocatori!” Ron si era rabbuiato pensando a Krum, Hermione arrossì pensando a Ron. Ma evitarono di dirselo, così Ron immaginò che fosse arrossita per il bulgaro e diventò ancora più cupo.

“Beh, anche i giocatori. Anche noi guardiamo i ragazzi e sparliamo di loro. Con quattro case che giocano, ce ne sono di argomenti.” Il tono della ragazza era un po’ sostenuto.

“Ah, vi limitate alle squadre di Hogwarts?” Il tono di Ron era sarcastico.

“E di chi dovremmo parlare?” Hermione era sorpresa, poi realizzò il significato della frase.

Sbottò infastidita: “Ron! Non passo il mio tempo pensando a Viktor e se trovassi qualcuno che mi invita ad Hogsamede, forse ci penserei ancora meno.”

 “Bene. Potresti venirci con me!”

Entramb avevano parlato aggressivamente senza riflettere, solo per contrastarsi a vicenda e poter avere l’ultima parola. Il fatto che Hermione avesse nominato Krum e che Ron lo avesse inserito nel dialogo aveva fatto scattare entrambi.

Si guardarono negli occhi.

“OK.” disse Hermione intimidita e temeraria allo stesso tempo “Quando?”

Ron realizzò quello che aveva fatto e guardò Harry sconvolto.

Harry cercò di dirgli, senza parlare, che se si tirava indietro adesso che lei aveva fatto la prima mossa, lo avrebbe preso a calci per le prossime settimane facendosi aiutare da tutti gli altri compagni di camera e forse Ron lo comprese, ma per evitare ulteriori danni Harry, ancora una volta, prese l’iniziativa.

“Il prossimo fine settimana. Stavamo parlando di questo: come invitare le ragazze ad uscire con noi. Ron pensava a te e io… ” Non sapeva davvero chi invitare a questo punto.

Ron e Hermione lo guardarono.

“Beh, non so… ci devo pensare ancora.” Disse Harry abbassando lo sguardo.

Evitando accuratamente di guardarsi negli occhi ognuno prese i propri libri e affrontò i compiti.

 

Dopo più di un’ora Harry si preparò all’incontro con Ash, lasciando Ron e Hermione alle prese con lo studio di Trasfigurazione, terreno neutro per entrambi. Potevano litigare e aiutarsi senza pericolosi coinvolgimenti.

Harry cominciò a dirigersi verso lo studio di Silente, ma si rese conto che in realtà non sapeva dove andare.

Si fermò in mezzo al corridoio dove fu raggiunto da Tonks, ancora dolorante che stava riprendendo le sue normali mansioni nella scuola, che gli sorrise e gli mise una mano sulla spalla.

“Ciao. Sono venuta a cercarti per portarti dal Professor Ash.”

Chiacchierando delle lezioni e di quidditch arrivarono nei sotterranei, nuovamente nello studio di Piton. Anche solo quella breve passeggiata con Tonks era stata sufficiente per rasserenare Harry. Quella ragazza era decisamente solare. Perché passasse così tanto tempo con Piton era davvero un mistero.

Lo fece entrare nello studio del Professore di Pozioni dove si trovava solo Ash, seduto sulla poltrona dietro la scrivania, leggendo un libro.

Quando lo sentì arrivare alzò lo sguardo e gli sorrise. Aveva la stessa identica espressione paterna e scherzosa di Silente.

Non gli assomigliava fisicamente. Era meno alto, più robusto. Aveva una massa di capelli rossastri, ma già striati di bianco, che sembravano una criniera.

Gli occhiali rendevano gli occhi più piccoli, come se lo sguardo scrutasse dentro le persone, oltre che guardarle.

Vestiva una strana tunica tra l’azzurro e il grigio, ampia. Sembrava tagliata malamente o forse indossata un po’ a caso. Non aveva però l’aria trasandata o disordinata. Sembrava solo un po’ stropicciato o poco attento all’esteriorità.

Fece cenno a Harry di avvicinarsi a lui e salutò Tonks facendole l’occhiolino.

“Ciao Harry.” Lo salutò Tonks “Ti lascio con uno dei miei migliori insegnanti.”

E così quell’uomo addestrava gli Auror!

“Lei insegna agli Auror?” chiese Harry immediatamente.

“Sì. E’ la mia principale attività.” La voce era leggera, bassa, molto chiara.

“Cosa esattamente?”

“Mi curo delle loro capacità di fare incantesimi, magie e difendersi da essi. Da quello che mi ha detto Minerva, avrò il piacere di insegnare anche a te, tra qualche anno.”

Harry era al settimo cielo. Qualcuno aveva preso sul serio il suo desiderio di diventare un Auror, tanto da parlarne ai diretti interessati!

Un sorriso gli si allargò sul volto.

 

E il sorriso, anche se nascosto dall’impegno che la lezione richiedeva, gli rimase per tutto il tempo.

In realtà non fecero altro che ripassare alcuni degli incantesimi e delle magie più semplici, alcune di quelle imparate il primo anno o addirittura copiando dagli altri. Il professor Ash gliele faceva semplicemente elencare e provare ripetutamente fino a renderle perfette e poi gli mostrava e gli faceva provare a renderle più decise e intense lavorando sulla concentrazione e sulla precisione.

Con Ash provarono ogni minimo movimento della bacchetta, ogni passaggio, ogni inclinazione del polso e del braccio, il tono della voce.

Il professore gli fece vedere le differenze nel creare una luce con il Lumos variando il movimento della mano e il tono della voce, da una piccola luminescenza che sembrava una lucciola, ad un chiarore quasi solare.

Harry era affascinato. Gli stava mostrando un mondo di opportunità infinito.

Il corpo diventava uno strumento da accordare, come nel quidditch.

Ad ogni movimento seguiva una azione e un effetto ben preciso.

Era molto difficile controllarsi, concentrarsi, dimenticare la frustrazione o la rabbia, accettare l’errore o l’incapacità di fare un movimento, ma Ash lo seguiva passo passo, indicando quello che doveva fare e mostrandogli gli errori, lasciandoglieli fare per potersi correggere.

Per la prima volta era autorizzato a sbagliare e a farlo anche più volte, analizzato e controllato, fino ad ottenere quello che gli era richiesto.

Tutti questi passaggi li fece solo per due o tre degli incantesimi più semplici, ma si sentiva potente, sicuro.

Quando il Professore decretò la fine del tempo a loro disposizione Harry ne rimase deluso. Gli sembrava di essere appena entrato.

“Ok, giovane Potter. Credo che abbiamo finito per oggi. Come ti senti?”

“Benissimo! Mi è piaciuto molto. Grazie.”

Ash gli indicò una sedia e poi si sedette di fronte a lui. Lo guardò a lungo negli occhi.

“Credo tu abbia capito Harry che sto lavorando con te come lavorerei con un Auror, forse anche di più. Rispondi molto velocemente agli insegnamenti. Questo ti rende diverso dai tuoi compagni, ma non deve mai diventare motivo di vanto. Se ti chiedono cosa facciamo rispondi pure che stai ripassando con me tutti gli incantesimi che conosci. Questo non vale per i tuoi migliori amici.” Gli sorrise.

“Con Albus abbiamo condiviso molte scelte, anche questa di renderti più potente dei tuoi compagni, ma è una grande responsabilità, enorme. Sappiamo che Voldemort ha riconosciuto in te il suo diretto avversario e la sua nemesi. Questo ti chiede di essere pronto a batterti. Ma non si scende in battaglia se non si hanno le armi adatte a farlo. E questo ancora non lo hai accettato.”

Harry cominciava a irritarsi. Erano i soliti discorsi sulla prudenza questi.

“Immagino che molti ti abbiano parlato di prudenza e attenzione, Harry e che tu non li voglia più sentire. Ma devono essere alla base della tua forza. Voldemort non è arrivato dove si trova facendo improvvisazioni e Silente non agisce senza avere pensato a lungo cosa fare e quali conseguenze ci saranno.

Questo lo devi imparare. Hai visto cosa si può fare con il controllo, con l’esercizio e con l’attesa. Non tutto si affronta direttamene, con uno scontro aperto. Ci possono essere altre strade fatte di collaborazione, di ascolto e di coinvolgimento di altre persone quando riconosci che ne sanno più di te. Pensaci fino al nostro prossimo incontro. Ricordati che se proverai a rifare quello che abbiamo provato potresti non riuscirci. Hai bisogno di esercizio, molto e lo faremo insieme.”

Gli sorrise e gli fece cenno di uscire.

Harry era incerto. Effettivamente con il controllo aveva ottenuto molto, ma doversi mettere tranquillo ad aspettare o a pensare non era per lui.

 

Arrivato in Sala Comune per la cena si trovò immerso in una lunga conversazione sui compiti di Pozioni e sugli schemi di gioco per il prossimo allenamento serale. Si dimenticò velocemente di quello che lo preoccupava e nessuno gli chiese nulla dell’incontro.

 

  
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