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Autore: _Pan_    24/10/2009    4 recensioni
Mikan è al suo primo anno di superiori, ma niente si prospetta come lei lo aveva immaginato: tra l'amore, inganni, e addii, la sua permanenza nella Alice Academy si preannuncia molto movimentata.
La storia tiene conto del manga (a tratti da capitolo 51 in su), quindi ci sono spoiler disseminati un po' ovunque. Inoltre, sarà raccontata alternativamente sia dal punto di vista di Mikan che che da quello di Natsume, ma non ci saranno capitoli doppi, nel senso che uno stesso capitolo non sarà raccontato da entrambi.
Coppie principali: Mikan/Natsume, Hotaru/Ruka (accennata)
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 4 – Preparativi
(Natsume)

Mi svegliai verso le sei della mattina successiva; il mal di testa atroce del giorno prima non era ancora passato e i ricordi dei giorni precedenti che stavano riaffiorando non miglioravano la situazione. Mi ero addormentato subito soltanto perché ero stato sfinito dall'uso del mio Alice, infatti, cercai di riappisolarmi ma non ci riuscii. Tutto quello che era successo sembrava quasi un brutto sogno, adesso che mi trovavo nella mia stanza insieme a Mikan.
«Ahi...» sentii la sua voce, quando mi mossi per trovare una posizione più comoda. Cercò di togliere le punte dei suoi capelli da sotto la mia spalla, provando a sistemarsi. Poi sbadigliò, stiracchiandosi. «Buongiorno.»
«'giorno.» risposi, appoggiando di nuovo la testa al cuscino. Lei si avvicinò di più e mi guardò con espressione interrogativa. Ero di malumore, perciò non le dissi niente, perché altrimenti l'avrei sicuramente offesa.
«Qualcosa non va?» mi chiese, e trattenni la lingua per non chiederle se fosse davvero stupida. Non era colpa sua se avevo i nervi a fior di pelle e litigare non era la soluzione. Mi limitai ad annuire. «È per la missione di questi giorni, non è vero?»
«Sì.» risposi, senza guardarla. Non le avrei raccontato cos'avevo fatto. Primo, perché si sarebbe rattristata e lei era famosa per la sua allegria, e poi perché non credevo che turbarla sarebbe stata una magnifica idea.
«Non ti preoccupare!» mi disse e mi abbracciò talmente forte che rischiai di soffocare. «Non è stata colpa tua.» sospirai, mentre ricambiavo la sua stretta. Pensai che fosse facile dirlo, se non si conoscevano i fatti. «Qualunque cosa sia successa, non è stata colpa tua.»
«Mikan...» la chiamai, mentre stringeva più forte. Non avrei mai pensato che avesse tanta forza, o forse ero io che non avevo recuperato le mie. «Mikan, non respiro.»
«Scusami!» esclamò, preoccupata, allontanandosi all'istante. Allungò una mano per sfiorarmi ma la ritirò quasi subito, probabilmente perché le avevo sempre detto che mi dava fastidio darsi a certe smancerie. Allora, mi misi a sedere, e le porsi il braccio che stava per prendermi. «Non è niente di importante... davvero.» mi rassicurò, ma capivo benissimo dal fatto che era arrossita che per lei non era così. Sospirai di nuovo, porgendole il braccio con più insistenza. Strappo secco fa meno male, qualunque cosa avesse intenzione di farmi. «Va bene...» continuò, imbarazzata. «ma poi non ti lamentare.»
«Non una parola.» promisi. Lei prese qualcosa dalla tasca, ma prima mi guardò di sottecchi per accertarsi, forse, che non l'avrei scaraventata giù dal letto una volta che avesse finito ciò che aveva intenzione di fare. Almeno questo era quello che pensavo, anche se non avevo mai fatto una cosa neanche lontanamente simile. Gettai un'occhiata a ciò che stava facendo e la guardai legarmi il suo nastro per capelli intorno al polso. «Che diavolo è questa storia?» proruppi, chiedendomi, contemporaneamente, se fosse troppo scortese togliermelo subito e davanti a lei.
«Avevi detto “non una parola”» mi ricordò lei, un po' scoraggiata. Evitai altri commenti, ma davvero non capivo cosa potessi farci con un nastro per capelli intorno al polso.
«D'accordo, ma... perché?» insistetti. Lei distolse lo sguardo, e io alzai gli occhi al cielo. Il livello della mia pazienza era straordinariamente basso, quella mattina.
«Ho pensato che vedendolo, la prossima volta che vai in missione, se proprio ci devi andare...» cominciò a spiegarmi, torturandosi le mani l'una con l'altra. «ti saresti sentito un po' meno solo.»
La considerazione mi fece sorridere, per la sua ingenuità. Mikan era l'ultima persona con cui volevo condividere i momenti che passavo in missione. «D'accordo.» dissi, per farla contenta. Infatti, lei sorrise.
«Menomale!» rispose, tranquillizzandosi. «Pensavo che mi avresti detto qualcosa tipo “è una cosa inutile.” come hai fatto per quella collana.» assunse un'aria offesa e mi ricordai del mio compleanno. Gliel'avevo detto solo perché sapevo perfettamente che si sarebbe arrabbiata.
Appoggiai il gomito sul ginocchio e la testa sulla mano. «Avanti,» mi arresi, poi, vedendola sul punto di aggiungere dell'altro. Apriva la bocca e si fermava, e sapevo che quel qualcosa che doveva dirmi riguardava in qualche modo me. «spara.»
«Beh, già che siamo qui, e io ho urgente bisogno di una doccia...» mormorò lei, rivolgendo più attenzione alle sue mani che a me, arrossendo di nuovo. Detestavo quando non mi guardava in faccia e non sapevo che cosa le passava per la testa. «in camera mia c'è il cambio della divisa, e già che sai dov'è il cassetto della biancheria, dato che ci hai curiosato dentro... non è che potresti...?» pensai che io non avevo curiosato proprio dentro niente, ma dal suo punto di vista, evidentemente, non doveva essere così. Mi alzai senza protestare, capendo esattamente dove voleva andare a parare, ma prima di allontanarmi dal letto le scompigliai tutti i capelli. «Natsume!» mi sgridò.
Uscii dalla finestra perché ero certo che una consistente quantità di persone fosse davanti alla porta della stanza; non avevo voglia di fare la passerella come le celebrità tra i paparazzi, soprattutto perché avrebbero passato tutto il loro tempo a borbottare. Forse non era stata esattamente una furbata baciare Mikan nel cortile, ma dal momento che Persona sapeva, a che serviva continuare a nasconderlo? Ero addirittura arrivato a seguirla fino al dormitorio delle ragazze, per essere sicuro che non lo incontrasse. Era meglio essere paranoici, quando c'era di mezzo Persona, ma alla fine era stato tutto inutile.
Entrai nella stanza di Mikan nello stesso modo, e trovai difficile perfino camminare toccando direttamente il pavimento. C'erano decine e decine di carte per terra, come se non pulisse da giorni e si fosse impegnata il più possibile a sporcare. L'unica cosa visibile in mezzo a tutta quella confusione, era la divisa appena uscita dalla lavanderia: si capiva dal cartellino e dal fatto che era l'unica cosa appesa a una gruccia. La presi, per non perderla di vista, cosa che poteva benissimo succedere in mezzo a tutta quella montagna di cose. Mi parve incredibile, ma non vidi la cassettiera. Quando cercai di ricordare la sua posizione, scoprii che era sormontata da vestiti. Doveva aver svuotato l'armadio e buttato tutto lì. A meno che non fosse passato un uragano, il che mi parve meno probabile, perché avrebbe procurato sicuramente meno danni. Scossi la testa, pensando che a volte trovavo difficile capire certi comportamenti di Mikan.
Quando tornai in camera, erano quasi le sette, almeno a detta dell'orologio che c'era in camera mia, e mi stupii di quanto tempo ci avevo messo per prendere solo un paio di cose. La vidi seduta sul letto con addosso una mia camicia, le maniche arrotolate fino al polso e i capelli completamente fradici, mentre mangiava un gelato e guardava verso la porta: probabilmente aveva sentito delle chiacchiere. Rimasi perplesso, all'inizio, perché non mi era mai capitato di vedere qualcuno freddoloso come lei mangiare un gelato a dicembre. Mi avvicinai non so con che espressione, ma fui sicuro che fosse a metà tra il sorpreso e il costernato. Lei mi restituì uno sguardo innocente e, mi venne da aggiungere, assolutamente irresistibile.
«Che c'è? Non hai trovato qualcosa?» mi domandò, continuando a gustarsi la sua colazione. Io scossi la testa: ci avevo messo un po', effettivamente, ma non era quello che mi dava problemi.
«Lasciamo stare la confusione che c'era in quella stanza,» cominciai, mentre la vedevo dondolare le gambe come una bambina. Non volevo neanche ricordare cos'avevo trovato in quella camera. «perché stai mangiando un gelato?»
«Avevo fame ed e non posso andare a colazione vestita così.» si giustificò lei, alzando le spalle. Poi guardò in direzione del piccolo frigo che avevo nell'altra stanza. «E poi c'era solo questo lì. E per la confusione in camera... stavo cercando il mio nastro per capelli e non ho avuto il tempo di riordinare.» Prestai più attenzione al suo abbigliamento, e scossi la testa, chiedendomi se ci avesse pensato prima di mettersi una cosa del genere in camera mia. Mi chiesi che cosa avrei dovuto fare. «Che hai? Ne vuoi un po'?» mi porse la sua colazione, mentre si toglieva dalle labbra il gelato rimasto. Neanche stavolta era quello il mio problema.
Alzai le spalle e mi sedetti vicino a lei. «C'è davvero una prima volta per tutto.» constatai. Quel gelato doveva essere lì dall'estate appena passata, quando quella scocciatrice di Sumire me l'aveva regalato con non ricordo che scusa. Non avevo mai aperto la scatola per principio. Non riuscivo a sopportare quella ragazza: era appiccicosa come il prezzemolo. «Come mai l'hai cercato per tutto questo tempo? Il nastro per capelli, intendo...»
Lo assaggiai: gelato al lampone. Lo mandai giù per pura forza di volontà. Detesto il lampone, lo trovo il gusto più orribile che fosse mai stato inventato.
«Non ti piace, vero?» si accorse Mikan, sorridendo. La mia faccia disgustata doveva averle dato la risposta. «D'accordo, vorrà dire che lo mangerò io.» rimasi a osservarla mentre finiva di mangiare, anche se avevo ben altro per la testa. «Lo cercavo perché sono molto affezionata a quei nastri per capelli.» era incredibile il fatto che fossimo riusciti a mandare avanti due conversazioni diverse contemporaneamente. «Sono l'unica cosa che mi è rimasta del nonno. Tutto il resto erano vestiti e li ho dati via da un pezzo: non mi stavano più.» a quel punto, mi chiesi per quale motivo uno me l'avesse lasciato. Pensai che avrei dovuto, perlomeno, comprargliene di nuovi, dato che sembrava che le piacesse tenerli legati in quelle codine. «Sono sporca?» mi domandò, poi, indicandosi il viso, una volta finito il gelato.
«Niente di grave.» dissi, avvicinandomi. «Ci penso io.» la baciai, leccando via tutto il gelato che le era rimasto sulle labbra. Lei mi avvicinò a sé e il suo scarso abbigliamento mi impedì di trattenermi: feci una leggera pressione su di lei, e cademmo sul materasso. Nel momento in cui cominciai a sbottonare la camicia che aveva addosso, la sentii respingermi. Piuttosto strano, pensai.
«Natsume...» si staccò, spingendomi quel tanto che bastava per mettersi a sedere. Io mi limitavo a guardarla, senza capire. «non è... non è il momento.» fu la sua illuminante spiegazione, mentre prendeva i suoi vestiti, teneva la camicia chiusa e si dirigeva verso il bagno, con le guance in fiamme.
«Asciugati i capelli,» le ricordai, stendendomi sul letto. «o ti prenderai un raffreddore.» poi sospirai, chiedendomi se per un ragazzo capire cosa passasse per la testa della propria fidanzata fosse una missione impossibile. Lei scomparve dietro la porta del bagno senza dire una parola. Un senso di irritazione si impossessò di me, al pensiero di non riuscire a capire il motivo di quel comportamento tanto diverso dal solito, dato che riuscivo sempre a capirla al volo. Mi domandai cosa potesse essere cambiato nello spazio di qualche ora: non si era mai comportata così, e avevo il presentimento che i giorni che avevo passato lontano dall'Accademia c'entrassero qualcosa. La prima persona che potesse avere a che fare con questa storia e che mi venne in mente era Naru. Cominciarono a prudermi seriamente le mani.
Poco dopo, Mikan uscì dal bagno e aspettai che dicesse qualcosa sul fatto che ero un maniaco sessuale, un pervertito o qualsiasi altra cosa, ma la discussione di prima sembrava non averla turbata neanche un minimo, e mi chiesi se ero l'unico idiota dei due che ci aveva pontificato sopra per dieci minuti. Compresi che mi ero fatto milioni di problemi assurdi per niente. «Io vado. Sbrigati o arriverai tardi.» era allegra ed esibiva un sorriso smagliante. Mi chiesi perché ancora mi sorprendevo dei suoi sbalzi d'umore.
Mi diressi in bagno: avevo urgente bisogno di una doccia, dato che erano tre giorni che non vedevo un bagno decente.

Quando entrai in classe, un silenzio tombale sostituì il suono confuso delle chiacchiere che avevo potuto sentire sin dal fondo del corridoio. È piacevole incutere così tanto terrore, quando si è l'oggetto dei pettegolezzi del giorno. L'unico a rivolgermi un saluto fu Ruka, il quale non sembrava prestare la minima attenzione alla notizia bomba che era passata almeno una volta sulla bocca di ogni studente dell'Accademia. Beh, di sicuro c'era un motivo se era il mio migliore amico.
Mi sedetti al mio posto, tra lui e Mikan che chiacchieravano allegramente sull'imminente festa di Natale. Già – pensai – dimenticavo. Non adoravo particolarmente la festa di Natale, solo perché c'era sempre uno stuolo di ragazze che cercava di poter essere la mia dama durante il ballo in maschera, e che, soprattutto, non sapeva accettare un no come risposta, e mi inseguiva la metà del tempo, solo perché, nell'altra metà, era impegnata a cercarmi.
«Ehi, Ruka!» Sumire lo chiamò e gli fece cenno di avvicinarsi con un gesto della mano. «Cosa ti piacerebbe ricevere per Natale?» poi cominciò a bisbigliargli qualcosa nell'orecchio, e mi domandai quanto ci avrebbe messo questo pettegolezzo ad abbandonare la priorità sulle discussioni.
«Preferivo quando non lo sapeva nessuno.» mi confessò Mikan, incrociando le braccia. «Adesso tutti mi guardano, o mi indicano e borbottano. Cioè, lo fanno più del solito. È... un po' irritante.» sì, lo era. Almeno, poteva capire cosa sopportavo io da quando ero entrato alla Alice Academy.
Infatti, alzai le spalle. «Io non sono più chiacchierato del solito.» risposi, con indifferenza. «Quasi non mi accorgo del cambiamento.»
«Ah, beh,» sospirò lei, sconfortata. «beato te.» non credo che l'avrebbe pensato se davvero avesse saputo quanto parlavano di me, visto che le dava fastidio essere la più chiacchierata della scuola solo da qualche ora.
«Posso sapere perché hai reagito in quel modo prima?» andai dritto al punto: girarci intorno era inutile. Lei si morse il labbro inferiore, sembrava in difficoltà. Non sapevo se dovevo preoccuparmi per lei, o andare a fare quattro chiacchiere con Naru: in fondo il giorno precedente sembravano così in confidenza, magari a lui aveva parlato dei suoi problemi, mentre a me no. Questa possibilità non mi entusiasmava particolarmente, anzi.
Distolse lo sguardo dal mio, mentre si strofinava le mani le une sulle altre. «Non...» provò a spiegarsi, poi fece una pausa. Io appoggiai il mento sulla mano, aspettando che trovasse le parole giuste per dire quello che doveva dire. Immaginai che spronarla a parlare avrebbe dato l'effetto contrario. «...non voglio che...» balbettò, a disagio. «...sì, insomma... non voglio che, tra noi, diventi solo quello.»
Quella fu la prima volta da che stavamo insieme che avrei voluto andare da tutt'altra parte e dare fuoco a qualcosa. Mi chiesi se davvero si fidasse così poco di me, se credesse così poco nelle mie parole. «Che stronzate.» fu il mio commento, più acido di quello che avrebbe dovuto essere, ma la sua affermazione aveva risvegliato la mia parte peggiore. Avrei voluto sapere se fosse convinta che avessi detto di amarla, l'altra sera, perché mi piaceva come suonava.
Ma quando lei si alzò, senza fare rumore, con le lacrime agli occhi, capii di essere stato un po' troppo brusco. «Natsume,» bisbigliò, tirando su col naso, mentre sembrava pensare a ciò che avrebbe dovuto dire. Tremava, ma non sapevo se era per rabbia o altro, e cercai di prenderle una mano per calmarla. Probabilmente era tutta colpa mia, già dalla mattina sapevo che avrebbe potuto succedere una cosa del genere. Lei si scostò, allontanando di scatto la sua mano dalla mia. «sei un... idiota.»
Si affrettò ad allontanarsi, senza correre, forse per non attirare l'attenzione del resto della classe che, sebbene impegnata in non si sa che discussione, guardava noi per avere le notizie fresche di giornata da portare in giro per la scuola. Era proprio fantastico essere famosi, pensai, sarcasticamente. Dopodiché Imai, senza fare neanche in tempo ad entrare in classe si ritrovò Mikan al collo. Insieme, andarono a sedersi e le guardai parlare; Mikan scosse più volte la testa. Ogni tanto, tra quelle che mi sembravano domande e risposte, Imai mi lanciava uno sguardo che immaginai avrebbe dovuto raggelarmi, ma che mi suscitò soltanto la mia solita indifferenza. Quella strana discussione venne interrotta dal professore, che entrava in classe. Tutti si zittirono e distolsero l'attenzione da ciò che stavano facendo , ed io cercavo un motivo per il quale il Natale avesse un tale ascendente su di loro, dato che per me era un giorno come un altro.
«Come già sapete,» esordì l'insegnante, posando i suoi libri sulla cattedra, e appoggiandovi sopra le mani. «oggi inizieranno i preparativi per il ballo di Natale. Come ogni anno, ognuno di voi dovrà usare il proprio Alice per contribuire alla sua perfetta realizzazione.» distolsi l'attenzione da lui, per rivolgerla al soffitto, trovandolo infinitamente più interessante di quelle inutili chiacchiere sul ballo. Dopotutto, tutti gli anni era sempre la stessa storia: dovevamo scendere in sala e preparare tutto quanto, dall'albero ai dolci. Non capivo il bisogno di ripetere le stesse cose ogni anno che passava. «Adesso andate. Da oggi fino alla fine della pausa natalizia, le lezioni sono ufficialmente terminate.»

Quando uscimmo dalla classe, fu come se mi avessero liberato da una prigione. Stare lì dentro mi sembrava un'enorme perdita di tempo. Fui quasi subito raggiunto da Ruka, che guardava Imai e Mikan e poi spostava lo sguardo su di me, alternativamente, come se volesse dirmi qualcosa con quel gesto. Alzai gli occhi al cielo: non anche lui!
«Che c'è?» sbottai, desiderando ardentemente che non tirasse fuori quel gossip che, sperai, non fosse già più interessante per nessuno.
«Avete litigato?» domandò, preoccupato. Io spostai lo sguardo su Mikan, che era appiccicata ad Imai, la quale stava seduta su quella sottospecie di papera volante che la accompagnava dalle elementari. Mi sarebbe piaciuto conoscere il motivo per cui Mikan continuasse a starle dietro, dato che quella che lei considerava, per qualche strana ragione, “la sua migliore amica” la trattava sempre e comunque come un tappetino, in ogni situazione. «Natsume?» mi girai verso Ruka e, fui quasi certo che il mio sguardo gli avesse trasmesso tutte le informazioni che desiderava. Sospirò, scuotendo la testa, mentre ci avviavamo verso la sala da ballo. Se lo conoscevo come sapevo di conoscerlo, potevo essere sicuro che sarebbero arrivate le carrellate di consigli che non avrei seguito. «Mi risponderai se ti chiedo perché?»
«Ha in testa strane paranoie.» fu tutto quello che uscì dalla mia bocca; non mi sbilanciai troppo: non mi piaceva molto divulgare questo tipo di dettagli, anche perché le orecchie in ascolto erano molte più di quelle di Ruka, e non volevo dare modo a tutti gli alunni di chiacchierare su me e Mikan ancora per molto.
Lui scosse la testa, rassegnato, e mi fece sapere con il solo aiuto dello sguardo che non aveva capito niente. «Non è che voglio impicciarmi degli affari vostri, ma...» si interruppe, accarezzando il suo coniglietto tra le orecchie. Mi domandai, senza un preciso motivo, se mi sarei comportato anche io così, se avessi avuto l'Alice dei ferormoni animali. Preferii non immaginarmi nei panni di Ruka. «...ecco, secondo me, dovresti essere più gentile con lei.»
Gli scoccai un'occhiataccia. Primo, perché non era giornata, secondo perché quel giorno in particolare detestavo che altre persone mi dessero lezioni di comportamento. «Ruka, per favore.» sbuffai. E poi, io ero gentile con lei.
«Dovevi vederla com'era ridotta, Natsume.» mi disse, e all'inizio non capii a che si stesse riferendo. Lui, apparentemente, capii ciò che stavo pensando. «In questi giorni, quelli in cui eri in missione. Nessuno di noi lo sapeva, e lei sembrava il fantasma di se stessa. Adesso è di nuovo la Mikan di sempre.» rimasi stupito dalla sua affermazione, dato che non riuscivo categoricamente ad immaginare Mikan senza la sua sconfinata allegria.
«Davvero?» mi ritrovai a chiedere, guardando in direzione di Mikan che, anche se Imai non la degnava di uno sguardo, aveva un sorriso felice stampato in faccia. Ruka annuì, e io sospirai: era irritante farsi dare consigli dal proprio migliore amico, soprattutto se questo non ha una ragazza e non ha mai avuto esperienza in questo campo. «Com'è che ora sei così esperto di psicologia femminile?»
Ruka arrossì, cosa stranissima. «Non c'entra affatto essere esperti e neanche la psicologia femminile!» ribatté, in imbarazzo, mentre cominciavo a pensare che il mondo stesse per cominciare a girare al contrario. Pareva che tutto fosse possibile, quella mattina. Mi domandai, sarcasticamente, se fosse la magia del Natale. Lo guardai, scettico. Lui sospirò. «Non l'ho notato solo io, anche Hotaru! È stata lei a dirmelo.»
«Hotaru?» domandai, quasi disgustato. Da quanto tempo Ruka chiamava Imai per nome? Adesso ero certo che ci fosse qualcosa che non andava. «Ruka, non è che mi nascondi qualcosa?» mi feci sospettoso.
Lui distolse lo sguardo, sempre più in imbarazzo. Dopodiché scosse violentemente la testa, facendomi presumere che fosse esattamente come pensavo. «Ti giuro che io e Hotaru non stiamo insieme!» esclamò, agitato, a voce leggermente più alta di quanto dovesse essere lecito per una discussione simile. Io inarcai un sopracciglio, scettico.
«Io non avevo pensato a niente del genere, se vuoi proprio saperlo.» risposi, sapendo che quella che avevo appena sentito era un'ammissione in piena regola. Solo che non riuscivo a immaginarmi Imai e Ruka insieme. Quando ero ritornato in Accademia, ero finito in un universo alternativo: questa era l'unica spiegazione.

Fui subito smentito appena entrammo nella sala da ballo. Di Mikan neanche l'ombra, a prima vista, ma venni distratto da un consistente gruppo di ragazzi intorno al tavolo centrale della sala. Mi domandai che ci facessero radunati lì come api al miele. Prima che potessi avvicinarmi, Ombra mi tirò indietro per un braccio, e la tentazione di ricordargli attraverso il mio Alice che non doveva farlo fu abbastanza difficile da reprimere.
«Che diavolo fai?» ringhiai, riprendendomi il braccio senza troppi complimenti.
«Meglio non andare a guardare.» mi consigliò, sistemandosi quel ridicolo cappello che portava in qualsiasi stagione. «Hanno deciso di portare il giornale.»
Compresi dalla sua espressione che non mi stava prendendo in giro, ma... il giornale? Quanto spesso lo portavano in Accademia dal “mondo esterno”? Tuttavia, non capii. «E allora?»
«Il titolo di prima pagina è più o meno così: l'auto di uno dei dirigenti della Watanabe Corporation, è stata trovata schiantata in un posto fuori città.» mi ragguagliò, e raggelai. Mi ricordava terribilmente qualcosa. «Ti è familiare?»
«Fai anche lo spiritoso?» chiesi, sbuffando. Ero curioso di sapere se lui aveva avuto il coraggio di leggere l'articolo. Ombra scosse la testa. «Ah, menomale.» conclusi, con ironia.
«C'è poco su cui scherzare.» ribatté lui, mentre distoglieva lo sguardo dalla folla. Chiusi gli occhi e rividi quel dannato magazzino. Scossi la testa, preferendo non ricordare altro. Se ripensavo di nuovo a quando Persona era entrato, quando stavo liberando quell'uomo, mi venivano i brividi. Avrei tanto voluto cancellare dalla mia memoria quel momento.
Mi chiesi per quale motivo il preside aveva dato il permesso di portare il giornale proprio oggi per farci leggere quell'articolo. L'unica cosa a cui riuscii a pensare era che fosse un maledetto bastardo e che provasse gusto a tormentarci solo perché aveva problemi più grandi dei nostri. Tutti, nella classe di Abilità Pericolose, conoscevano la sua storia, del suo problema con il ridimensionamento del suo corpo causato da una studentessa meno di vent'anni fa.
«Beh, per me può restare lì.» dichiarai, mentre guardavo con compassione quelli che cercavano disperatamente di leggere le notizie del mondo. «Non ho nessuna intenzione di prenderne uno. Finirei per bruciare tutti i giornali.» come minimo, aggiunsi mentalmente.
Ombra annuì. «Nobara non ricorda niente.» mi fece sapere, guardandola. Per Nobara era assolutamente normale, dal momento che lei aveva una doppia personalità; in quel momento, incurante di tutto, stava in piedi e rideva liberamente insieme a Mikan. Dopotutto, forse, il suo, non era un problema così mostruoso come avevo creduto che fosse. «Beata lei.» quello avrei dovuto dirlo io, in fondo Ombra, benché avesse partecipato alla missione, si era di sicuro perso i pezzi peggiori. Lui non aveva dovuto torturare qualcuno contro la propria volontà, cercando di non essere scoperto a portarlo in salvo, per via di ciò che altri avrebbero fatto ai suoi amici in Accademia.
«Già,» convenni, sbuffando. «beata lei.» alla fine, l'unico che ricordava tutto per intero, a parte Persona, ero io. Non mi faceva sentire meglio.
«Mi raccomando,» continuò Ombra, accennando con la testa nella direzione di Mikan. Respirai profondamente, per non far esplodere qualcosa: anche lui voleva darmi consigli? Si erano improvvisati tutti terapeuti di coppia? «non mostrare a lei quest'espressione. Sarebbe triste.»
Io annuii, cercando di non mostrarmi troppo infastidito. C'erano un sacco di problemi: i fantastici ricordi della missione, tutti che si impicciavano dei nostri affari e che cercavano di darmi consigli. Mi domandai se davvero non avesse avuto ragione Mikan, quando aveva detto che era stato meglio quando non lo sapeva nessuno.

Quando Nobara si allontanò, Mikan sospirò depressa e decisi di avvicinarmi a lei, che alzò su di me uno sguardo carico di aspettative . Mi sarebbe tanto piaciuto sapere che cosa volesse che le dicessi.
«Ehilà, Campi-di-Fragole.» la salutai, suscitando la sua immediata reazione: sapevo che, quando la chiamavo così, si tirava un po' su di morale. Non questa volta. Quella ragazza era davvero imprevedibile. Arrossì.
«Come...» si bloccò, prendendo il bordo della gonna e addossandolo il più possibile alle gambe, in modo tale che non potessi vedere più su di lì. Non che ne avessi bisogno. «Come fai a saperlo?» inarcai un sopracciglio, dubbioso. Si era dimenticata che ero andato in camera sua, su sua richiesta?
«Le ho prese io dal cassetto, ricordi?» Avrebbe dovuto pensarci da sola. Un lampo di comprensione le passò attraverso gli occhi e strinse ancora di più la gonna.
«Sì, infatti! Ti avevo detto di prenderle, non di guardarle!» protestò, mentre mi dava un colpo, anche abbastanza forte, sul braccio. «Pervertito.» e gridando questo, si avviò verso le cucine. Non potei seguirla, perché mi beccò l'unica persona che volevo evitare e che mi incastrava ogni maledettissimo anno. Perfino dopo il diploma, era rimasta in Accademia, quella maledetta ragazza.
«Hyuuga!» la sentii chiamarmi, sulla porta delle cucine. Alzai gli occhi al cielo, preparandomi psicologicamente al mio noiosissimo lavoro. «Muoviti, non sei qui per poltrire! C'è un forno da riscaldare.» mi domandai che cosa sarebbe successo dopo il mio diploma. Chi avrebbe riscaldato il forno quando nessun altro con l'Alice del fuoco avrebbe frequentato l'Accademia? Non potevano pensarci già da ora, così avrei potuto evitare di impiegare le mie energie in un modo meno inutile? Non avrei mai saputo il nome della mia aguzzina, che non mi interessava particolarmente, se una mia compagna di classe – neanche di lei ricordavo il nome –, con degli stranissimi capelli rosa, non l'avesse chiamata Miruku. Sbuffai. «Arrivo.»
«Sarà meglio.» rispose, facendomi cenno di seguirla. Quando arrivai alla mia destinazione, quel dannato forno, mi sedetti lì vicino e cominciai a buttarci dentro, svogliatamente, le fiamme un po' a casaccio. Nessuno si era mai lamentato e, quantomeno, si riscaldava in fretta. Fu quando sentii una voce fin troppo familiare che, per la prima volta, pensai di essere nel posto giusto al momento giusto.
«Non è niente.» era la voce di Mikan, ma non compresi subito con chi o di cosa stesse parlando. Sembrava arrabbiata. Sentivo il rumore di coltelli e mi domandai che stesse facendo. «Sono solo particolarmente arrabbiata con qualcuno.»
«Guarda che non devi ucciderla quell'arancia.» le ricordò la sua interlocutrice. Avevo già sentito la sua voce, e mi innervosii non poco non ricordare chi fosse. «Parli di Natsume? Avete fatto molto scalpore, da ieri.»
Sentii Mikan sbuffare. «Misaki-senpai... sono terribilmente confusa a riguardo.» dallo spazio che c'era tra il forno e il muro, si vedeva dall'altra parte, e potei scorgere Mikan che si sedeva sul tavolo. Mi chiesi cosa intendesse per “confusa”. «È come se avesse tre personalità differenti. La prima è la solita, quella sarcastica e divertente, la seconda, che tira fuori dannatamente di rado, è quella romantica e gentile, mentre la terza è quella dell'idiota arrogante. Capisci? Quando è entrato in classe, stamattina, era l'idiota arrogante.» appoggiò il mento su una mano, con rabbia. «Non lo capisco. Ha comportamenti così contraddittori che... boh!» di sicuro, non avevo tre personalità e non ero un arrogante idiota.
La ragazza di Ombra si avvicinò a lei e le diede una pacca affettuosa sulla schiena. «Sii un po' più comprensiva, in momenti come questo.» le consigliò, e io sospirai, alzando gli occhi al cielo. Erano davvero tutti esperti in amore, nel periodo di Natale! «È appena tornato da una missione, e...» Mikan la guardò, dubbiosa. «so che, magari, non è una giustificazione! Però... ecco, io non so cosa succede in quelle missioni, e Tsubasa non vuole mai dirmi cosa fanno. È molto diverso dal solito Tsubasa, subito dopo che torna. Non dev'essere facile per loro. Magari non c'entra col tuo caso, ma il fatto che ti tratti diversamente, non significa che non ti voglia bene.» Non ero convinto che fosse stata una buona idea mettermi ad ascoltare una discussione tra ragazze, ma, quando sentii Mikan tirare su col naso, mi feci di nuovo subito attento. Se quella stupida l'aveva fatta piangere, per l'ennesima volta da che si era svegliata, avrei potuto bruciarle tutti i capelli.
«Hai ragione, non ci avevo pensato.» esclamò, però, Mikan, e la vidi passarsi un braccio sugli occhi per asciugarsi le lacrime. «Sono una piagnona, e so solo pensare a me stessa! Ho detto un sacco di scemenze, oggi, senza pensare ai suoi sentimenti!» vederla piangere in quel modo mi fece venire la tentazione di andare lì e consolarla, ma non volevo suscitare reazioni spiacevoli, dato che avrebbero di sicuro capito che avevo sentito tutto. Non volevo peggiorare la situazione già abbastanza precaria: Mikan reagiva in modo diverso anche in situazioni simili. «Sono pessima.» sciolsi una scatoletta di metallo a quella parola. Pessima?
«Dai,» la sua amica tornò nel mio campo visivo con un fazzoletto di carta in mano. «basta piangere.» le asciugò le ultime lacrime e l'abbracciò. «Sono certa che, parlandogli, sistemerete tutto.»
«Misaki!» sentii la voce di Ombra chiamarla dalla sala. Lei si girò in direzione della porta. «Sbrigati, qui abbiamo bisogno del tuo Alice per il personale!»
La sentii sbuffare. «Non posso!» fu la sua risposta. «Sto consolando un'amica!»
«Non fa niente!» la rassicurò Mikan, alzandosi, con un sorriso sulle labbra, come se non avesse pianto neanche per un secondo. Era incredibile che pensasse agli altri anche quando si sentiva triste. «Se hanno bisogno di te, vai.»
«Sicura?» pensai che avesse annuito, dato che la lasciò da sola. Mikan si stiracchiò e mi diede le spalle, anche se lei non poteva saperlo. Sfruttai l'occasione per avvicinarmi; si spaventava spesso quando la prendevo di sorpresa, ma non era quello il mio intento. Non si accorse di niente e le passai un braccio intorno alla vita e uno intorno alle spalle. All'inizio si irrigidii, ma si rilassò immediatamente: di sicuro doveva aver capito che ero io.
«Natsume...» mormorò, infatti, mettendo una mano su una delle mie. Era straordinariamente fredda. Usai una quantità minima del mio Alice per riscaldargliela.
«Non dirlo più.» fu tutto quello che dissi, appoggiando il mento sulla sua spalla. Lei appoggiò la testa contro la mia e sospirò.
«D'accordo, se non vuoi, non ne parl...» da come aveva iniziato, avevo compreso che non aveva capito un bel niente. La interruppi, prima che andasse avanti.
«Non dire più che sei pessima.» la strinsi più forte e la sentii trattenere il respiro. Annuì, girandosi verso di me. Sorrideva e, stranamente, mi venne naturale sorriderle di rimando. Le circondai la vita con le braccia, e lei si sollevò sulle punte dei piedi, per baciarmi. La strinsi più forte, mentre le nostre labbra si sfioravano, e lei mi stringeva le braccia intorno al collo. Il momento venne rovinato da una ragazzina, che in quel momento non riuscivo a ricordare dove avevo già visto, anche perché l'unico pensiero che avevo era di farla allontanare con un bel po' di fuoco. Ero quasi convinto che, da allora in poi, non saremmo riusciti a stare due minuti da soli, o quantomeno per un tempo decente per scambiarci se non altro due parole.
«Mikan, ti vogliono per...» si zittì, e si mise una mano davanti alla bocca, stupita, come se avesse assistito all'evento del secolo. Avevo la tentazione di chiederle se volesse una macchina fotografica per scattarci una foto e spedirla ai giornali più famosi del pianeta.
«A... arrivo subito!» rispose Mikan, imbarazzata, mentre la ragazzina annuiva, senza convinzione.
«Dirò alle altre di aspettare un po'.» fece lei, trotterellando via. Sospirai, sconsolato. Che rompiscatole!
«Pessima giornata.» commentai, pensando a cosa sarebbe successo se avessi creato un muro di fuoco fuori dalle cucine. Perlomeno, nessuno si sarebbe avvicinato. Mikan rise, alle mie parole, e mi diede un bacio sulla guancia.
«Grazie.» sussurrò, andando via. Sì, proprio una pessima giornata.

*****

Risposte alle recensioni:

marzy93: e io che ero incerta su capitolo 3 XD. Che te ne pare dei pensieri di Natsume, in questo? E della loro pseudo litigata? XD
smivanetto: io l'ho trovato per caso su Google, cercando tipo “manga scan ita”, mi pare di averlo trovato così (non ho postato link, io XD). Davvero ti ha emozionata? Sono contenta, grazie XD. Fammi sapere che ne pensi di questo, mi raccomando.
nimi_chan: grazie per i complimenti, spero che tu stia continuando a seguire la fanfiction! Io ho visto alcuni episodi su DeaKids, ma poi l'hanno interrotto per fare Pippi Calzelunghe e non sono sbroccata per poco XD. Per fortuna che esiste Youtube.
Kahoko: Beh, si sa che Mikan è poco perspicace :P e che Hotaru non è mai stata una campionessa di diplomazia, consolazione o empatia; in fondo voleva solo farla ragionare sul fatto che Natsume non l'avrebbe mai abbandonata. O almeno questo era l'intento XD.

Inoltre, ringrazio tutte le persone che hanno inserito la mia storia tra i preferiti:

1.bella95
2.Erica97
3.Kahoko
4.mikamey
5.piccola sciamana
6.rizzila93
7.smivanetto
8.marzy93

In particolare, le new entry:

9. nimi-chan
10. sakurina_the_best


E anche chi ha inserito la mia storia tra le seguite:

1.Mb_811
2.punk92
3. naruhina 7
4. MatsuriGil

  
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