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Autore: Annoiata    28/10/2009    3 recensioni
Kazuya si girò, come gli aveva detto il padre. Davanti a lui c'era un vetro trasparente, che dava su una stanza dalle pareti completamente bianche. C'era poca luce. -Guarda bene, Kazuya...- disse sottovoce Heihachi. -Guarda e stupisciti- Kazuya si appoggiò al vetro, cercando di intravedere quello che c'era dentro. Nella stanza si accesero delle potentissime luci al neon, che costrinsero Kazuya a chiudere per un attimo gli occhi. Quando però li riaprì, ciò che vide nella camera, lo lasciò sconcertato.
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Heihachi Mishima, Jun Kazama, Kazuya Mishima
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Ok... sono... sono di nuovo qua.
 Vi prego non uccidetemi! Vorrei tanto dirvi che non ho potuto continuare la fic per motivi personali,o per problemi di qualsiasi genere, ma non è così. Non riuscivo più a scrivere nulla. Vi è mai venuto il famigerato "blocco dello scrittore?" è più o meno una cosa del genere. Oggi sono tornata prima da scuola e ho ripreso a scrivere. Sono come un fiume in piena. Adesso vi lascio a questo capitolo e ne scrivo subito un altro, e dopo mi occuperò dei vari temi lasciati in sospeso durante le vacanze :P
Sono tornata!

La storia di Jun-parte terza

Per un attimo si dimenticò di tutti i problemi, i motivi che l’avevano portata a quella decisione, e si concentrò solo nel riprendere fiato. Scivolò lentamente a terra fino a sedersi a terra. Si rigirò su un fianco e poggiò la fronte al palo che sosteneva il cartello. Il metallo era freddo e arrugginito, ma lei lo trovò comunque confortante. Dopo quella corsa, si sarebbe volentieri accasciata a terra per non risvegliarsi mai più. Respirò a fondo, una, due, tre volte. Pi si rialzò da terra.

Si appoggio nuovamente al palo d’acciaio e si guardò intorno. Oltre ai binari del treno non sembrava esservi nulla. Camminò fino ad arrivare di fronte alle rotaie, per poi accucciarsi a terra e sfiorare il terreno brullo. Il treno era stato costruito pochi mesi fa, come un altro pretesto per sfruttare le nuove tecnologie. Per far vedere ancora una volta come l’uomo può modificare tutto a suo piacimento. La stazione infatti sorgeva esattamente in mezzo alla foresta. Dove finiva la città e i suoi rumori venivano inghiottiti dal dolce suono della natura, l’uomo aveva pensato bene di deturpare il paesaggio edificandoci qualcosa sopra.

Ed ecco a voi l’ennesima “STAZIONE DI YAKUSHIMA”.

 Jun Ricordava i numerosi tentativi da parte degli ecologisti di bloccarne la costruzione, ai quali però lei non aveva preso parte. Durante quei mesi era impegnata a combattere nel tekken.

Un passerotto atterrò proprio accanto e lei e si guardò intorno spaesato. Dove probabilmente prima c’erano gli alberi, adesso non c’era più nulla. Provò una forte empatia verso quell’animale, e allungò timidamente una mano verso di lui. Il passerotto si fermò, come se volesse guardarla,  ma i suoi occhi neri che guizzavano da tutte le parti tradivano il suo vero stato d’animo. Piegò la testa di lato e volò via, prima che Jun potesse avvicinarsi ulteriormente. Jun si rialzò e guardando il volo irrequieto del passerotto, proseguì per la sua strada.

Aveva deciso di seguire il corso dei binari, non importava quanto le ci sarebbe voluto.  Aveva camminato per molto, troppo tempo. Ed era stanca, ma non doveva cedere. Si era accorta che, qualche metro dopo lo scambio si ergeva uno strano edificio, probabilmente la vera e propria sede della stazione. Quando arrivò alla porta la aprì con un calcio ed entrò ansimando.

Le poche persone che erano lì dentro ammutolirono all’istante, voltandosi verso di lei. Una bambina che stava sgranocchiando una barretta di cioccolata restò con le mascelle aperte, la tavoletta sollevata a mezz’aria. Un gruppo di ragazze ridacchiò indicando dalla sua parte, mentre un uomo seduto in disparte con una ventiquattrore poggiata sul tavolo si limitò a gettare un occhiata fugace imitando gli altri, per poi tornare a parlare al cellulare. Jun non badò a tutti gli sguardi incuriositi che le si posavano addosso, si diresse al bancone dove vi erano esposte leccornie di ogni tipo. Avrebbe voluto afferrarne una e correre via, ma si dette un contegno. Non aveva soldi, non poteva soddisfare la sua fame, anche se lo voleva tremendamente. Da quant’era che non mangiava qualcosa? Due giorni? Tre? Non riusciva proprio a ricordare.

“Forse anche il bambino ha fame” pensò. Già, il bambino. Non aveva più pensato a lui fino a quel momento. Si domandò a sarebbe potuto somigliare. Se più a lei o a Kazuya…

-Signorina?-

Jun si voltò. Una ragazza dai capelli rossi la stava fissando, fingendo preoccupazione. In realtà era solo intimorita da quella strana donna che era appena entrata. Jun la squadrò da capo a piedi. Aveva gli occhi verdi e tantissime lentiggini.

-Si sente bene, signorina?- disse timidamente la ragazza

-N… no. È tutto apposto. Sa… sa dov’è il bagno?- chiese Jun rassettandosi i pantaloncini sporchi di terra.

La ragazza le indicò velocemente la direzione. Jun corse verso il bagno e non appena vi fu entrata aprì il rubinetto del lavandino e cominciò a lavarsi la faccia. L’acqua fredda servì a calmarla un po’.

A qualche chilometro da lei un uomo arrancava per la strada seguendo i binari . Maledisse mentalmente chi aveva piantato quel cartello che diceva “STAZIONE DI YAKUSHIMA” a chilometri di distanza dal vero e proprio edificio, traendo in inganno gli ignari passanti. Sapeva bene che anche questa era una strategia. Era certo che, dopo aver scarpinato per così tanto, chiunque sarebbe stato preso dai crampi allo stomaco per la fame, oltre che dal bisogno impellente di darsi una ripulita. Avrebbe trovato il posto dove rifocillarsi, l’unico posto nel raggio di miglia dove avrebbe trovato cibo e acqua. E non avrebbe badato a spese. L’agente Lei Wulong odiava queste sottigliezze, eppure non vedeva l’ora di entrare lì dentro. Arrivò davanti la porta e la aprì lentamente. Non appena gettò un’occhiata dentro l’edificio, non potè fare a meno di spalancare gli occhi e la bocca dalla sorpresa. Una donna stava uscendo dal bagno, scostando le ciocche di capelli corvini che le ricadevano disordinate sul viso, tentando invano di rimetterle al loro posto, ordinate, raccolte dietro il candido fiocco sfilacciato. Si guardava intorno nervosamente, e i suo occhi neri erano lucidi e arrossati, come se avesse pianto.

-Jun?-

 Mmm... questa storia di Jun sta risultando piuttosto lunga. Mi sa che ne avrò ancora per due capitoli. E poi devo far entrare in scena un personaggio moooolto particolare *_*

  
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