Questo capitolo è
molto lungo. Il più lungo che abbia mai scritto. Sette pagine di word. So che
non è moltissimo per alcuni, ma per me si. Spero davvero di non annoiarvi. Leggete con
attenzione: ci sono molte cose che serviranno per il futuro.
Buona lettura.
Quando
sento i passi di Robins, facili da riconoscere perché pesanti e strascicati,
forse sintomo della recente sbronza, o forse anche di tutte le precedenti, mi
tolgo il cappuccio e spengo l’iPod, subendo le voci
insistenti dei miei compagni.
Il professore
entra dopo pochi minuti, portando con sé, fortunatamente, un gratificante
silenzio.
Senza neanche salutare annuncia: “Ragazzi, questo è Edward Cullen. Si è appena trasferito qui
dall’Alaska. Bene, Edward, puoi sederti… vicino a Bella in quel posto là in
fondo. Segui insieme a lei dal suo libro fin quando non ne
avrai una copia tua”. Lo congedò con un movimento frettoloso della mano,
come se fosse contento che le presentazioni fossero già finite. Sembra ansioso
di iniziare a far lezione, in modo da finire prima e potersene andare,
ignorando il fatto che la classe sarebbe rimasta senza un tutore.
Edward è
una favola. Lo so senza neanche sollevare lo sguardo. Mentre si avvicina,
continuo a fissare il mio libro, senza in realtà leggerlo davvero: so già fin
troppo bene dai pensieri dei miei compagni di classe. Per me, un ulteriore
momento di ignoranza mi dà un senso di beatitudine piena.
Tuttavia,
prendendo per veri i pensieri di Jessica Stanley, seduta due file davanti a me…
Edward Cullen è davvero un figo da paura.
Laurent,
la sua migliore amica, è completamente d’accordo con lei. E lo stesso vale per
Tyler, il ragazzo di Laurent. Ma questa è tutta un’altra storia.
Le due già
iniziano a lanciargli occhiate languide e sento dai pensieri di Jessica il suo tentativo
di far sembrare più carnose le sue labbra sporgendole un po’ verso avanti. Il
risultato è penoso.
Anche la
sua amica partecipa al piano di conquista per Cullen. Tira in dentro la pancia
e in fuori il seno, messo in risalto dalla profonda scollatura del suo
maglioncino rosa confetto. Non mi stupisce il fatto che il suo ragazzo non si
dimostri geloso o cose del genere: a quanto pare è troppo occupato a fissare il
lato B del ragazzo nuovo.
Un po’ mi
fa pena. Solo un po’. Perché ci sono passata anche io in quella fase: quella
dove tutti ti guardano e sei sempre al centro dell’attenzione del corpo
studentesco.
In fondo
Forks è talmente piccola da far venire il voltastomaco.
“Ciao”.
Edward si accomoda aggraziatamente nella sedia accanto alla mia, facendo cadere
la mia cartella con un piccolo tonfo. Mi dà fastidio che non abbia chiesto se
poteva spostarla. È ovvio che l’avrei fatto, ma
sarebbe stato più educato.
Annuisco,
rifiutandomi di cedere e guardare il suo volto. La sua voce melodiosa dice già
abbastanza. Sarà uno di quei figli di papà che mi piacevano tanto prima.
E mi basta
anche guardare le sue scarpe firmate Dolce e Gabbana, per capire che non
andremo affatto d’accordo. Non che mi interessi, naturalmente. I miei amici ce
li ho già. E mi bastano.
Quelle
scarpe non c’entrano niente con questa scuola. Tutti qui hanno scarpe mezze
rotte o scarponi per difendersi dalla pioggia. Un paio che costeranno più del misero stipendio di Robins mi sembrano molto inopportune.
Il
professor Robins dice con tono autoritario di aprire il libro a pagina 133.
Cosi, Edward si sporge impercettibilmente, ma non per me, verso il mio banco e
chiede: “Ti dispiace se leggo con te?”.
Esito,
nonostante sia stato più gentile di quando mi ha buttato lo zaino a terra. Temo
la sua vicinanza. Temo di scoprire un’altra storia che non ho proprio voglia di
leggere. Non mi interessa, non mi va.
Ma lascio
comunque scivolare il libro verso la sua parte di banco. Quando lo sento
avvicinarsi con la sedia, azzerando la breve distanza che ci divide, schizzo
sull’orlo della mia e alzo velocemente il cappuccio della mia felpa, lasciando
che mi copra anche il viso.
Lui fa una
breve risatina, ma non avendo ancora guardato il suo volto non ho idea di che
cosa esprima. So solo che mi è sembrata una risata leggera, divertita, ma anche
di quelle che sembrano voler dire anche qualcos’altro.
Mi faccio piccola piccola, stringendo le
spalle e nascondendo il volto con le mani, lo sguardo fisso sull’orologio.
Fortunatamente
Robins ha quasi fretta quanto me di finire questa stupida lezione. Sono decisa
a ignorare tutti i miei compagni che si girano costantemente verso il nostro
banco, lanciando uno sguardo amichevole, le più timide, o sensuale, come
Jessica, a Edward. Cerco di ignorare gli sguardi sarcastici dei ragazzi e i
loro pensieri. Questi sono quelli di Jessica, Laurent e
Tyler, ma anche quelli della maggior parte della classe: “Povero, il tizio
nuovo: figo, sexy, bellissimo, ed è costretto a starsene seduta accanto a
quella disagiata della Swan!”.
A pranzo,
tutti parlano di Edward Cullen. Anzi, mi correggo. Dei Cullen. Per a quanto pare, il signorino non è affatto solo. Anzi,
tutt’altro. Ha quattro fratelli. Cioè, fratellastri, ma per la maggior parte
degli studenti dirlo è brutto.
A quanto
pare, sono tutti e cinque bellissimi.
C’è Jasper
Hale, biondo e dall’aria tenebrosa, alla quale
nessuno si è ancora avvicinato. Pare che il suo sguardo glaciale abbia mandato
via la piccola massa di ragazzine che già gli fanno la corte.
E pare anche
che il motivo della scarsa voglia di fare conoscenza con le ragazze della
scuola superiore di Forks si chiami Alice.
Alice
Cullen è piccola e con corti capelli neri. Sembra che molti l’abbiano definita
come una strana. Per questo mi era
già un po’ più simpatica di suo fratello. Un po’.
Alice e
Jasper stanno insieme e, nella piccola e monotona Forks, questo è un vero e
proprio succulento pettegolezzo. Un pettegolezzo con i fiocchi, alimentato dal
fatto che anche gli altri due stanno insieme.
La
bellissima Rosalie Hale, gemella di Jasper, viene
vista dai ragazzi come una vera e propria dea. E pare che lei non abbia proprio
intenzione di passare inosservata. Il suo abbigliamento succinto dice tutto.
La ragazza
sta insieme a Emmett Cullen, un grosso omone che assomiglia più a una guardia
del corpo che a un fidanzato. Bello, naturalmente, come tutti gli altri.
A quanto
si dice per i corridoi della High School
di Forks, sono stati tutti adottati da signor Cullen e la moglie. Si vocifera
che lei non possa avere figli. Oddio, mi sento una pettegola come
E infine
lui, Edward.
“Hai visto
il nuovo tipo, Edward?”
“È
fichissimo”
“È
supersexy”
“Ho
sentito dire che viene dall’Alaska”
“No, credo
sia canadese”
“Vabbè, non fa differenza”
“Lo voglio
troppo invitare al ballo d’inverno”
“Ma se
neanche lo conosci”
“Puoi
stare certa che lo conoscerò”
“Ommioddio. Hai visto quel
tizio, Edward?”. Angela si è seduta accanto a me e mi
guarda con difficoltà dalla frangetta, che sta diventando troppo lunga.
Un po’ di tempo fa, quando Angela era ancora una ragazza tranquilla, non si
sarebbe interessata a Edward Cullen e ai suoi fratelli.
O forse
anche quella era semplicemente una delle sue tante fasi. Probabile, ma sicuramente
che secondo me le piaceva di più. Forse per una volta ha tentato di essere se
stessa e ha capito che è più facile sembrare qualcun altro. Come è più facile
per me sembrare una disagiata che una sensitiva che è morta ma stranamente è
ancora qui.
“Oh, ti
prego, non iniziare anche tu!”, sbotto. Mi dispiace prendermela con lei, ma i
pensieri di quattrocento ragazzi su come Edward
sia incantevole mi bastano. Anzi, non ne posso già più di questo tizio. E
poi dai, che razza di nome è Edward?
Addento
ferocemente la mia mela, come se potessi sfogare su di lei tutta la mia
frustrazione.
“Oh, non
essere scorbutica, Bella. Se lo diventi anche tu è la fine. E
comunque, dici cosi solo perché non hai avuto il privilegio di vederlo”.
Sai che
fortuna!, vorrei dire. Insomma, chi se ne frega di sto qui. Proprio a nessuno.
Angela
tira fuori il solito dolcetto dalla borsa, uno di quelli pieni di zucchero e
che fanno fare tanti soldi ai dentisti, e ne lecca la parte superiore, come
sempre. Per una che dovrebbe mangiare carne umana o che so io, i dolcetti non
vanno tanto bene. Altra cosa che si porta dietro dalla fase in cui Cristina
Aguilera era il suo idolo e se ne stava tutto il giorno a cantare “Candyman”. E non scherzo per niente.
Mike, il
secondo e ultimo dei miei amici, amici veri, arriva saltellando verso di noi.
“State parlando di Edward, vero? Troppo da sballo. E avete visto gli stivali? Roba
costosa bellezze. Penso che gli chiederò di diventare il mio
prossimo ragazzo”. I suoi occhi blu come il cielo ci scrutano furbi,
come se con questa sua affermazione fosse già deciso tutto. E chi se ne frega
se Edward è etero. Beh, non che mi interessi naturalmente. Può essere ciò che
vuole. Può anche buttarsi in un pozzo gelido dell’Alaska.
Angela lo
trucida con lo sguardo: “Mi dispiace, caro,
ma mi sono già prenotata io!”, dice acida, gettando i capelli neri all’indietro
con nonchalance. Gli occhi gialli, ai quali ancora non mi sono molto abituata,
le donano un’aria ancora più terrificante. Non che ce ne fosse bisogno. Quando
Angela ci si mette fa parecchio paura. Beh, ma penso che infondo
il suo intento sia quello di avere più l’aria cattiva, no?
“Scusa ma
non mi ero accorto che ti piacessero anche quelli che non sono goth”. Mike la
guarda come se avesse già la vittoria in pugno, come se avesse vinto il
diverbio tra loro. So che non è cosi.
Angela
scoppia in una risatina isterica. “Beh, non mi interessa se sono goth o no se sono fichi come lui. Può essere quello che
vuole”, dice, addolcendo la voce, e riprendendo, “ti giuro, Bella, devi
vederlo. È cosi arrapante… di un arrapante incendiario!”.
Ci manca poco
che non mi strozzi con il panino che ho fatto velocemente prima di venire a
scuola. E questa come le è venuta? Meglio non controbattere. Annuisco,
continuando a guardare fuori dalla finestra.
Mike mi
guarda allarmato, coprendosi la bocca spalancata con una mano, come se fosse
sconvolto. “Ancora non l’hai visto, Bella? Ma… ma… com’è possibile?”.
“È possibile, Mike. Semplicemente non l’ho seguito per
tutta la scuola come hai fatto tu”, dico, ridacchiando.
Lui
abbassa lo sguardo colpevole. Beccato.
Mi chiedo
se sia il caso di tralasciare il fatto che siamo seduti vicini alla lezione del
signor Robins. Forse non è cosi importante, potrei
farne a meno. Ne farebbero un affare di Stato e non mi lascerebbero in pace per
giorni. Forse settimane. Fin quando questa moda-Cullen
non finisce.
Sospiro,
rendendomi conto che la moda-Cullen probabilmente non
finirà, o se lo farà, ci metterà un bel pezzo.
“Ehm, siamo seduti vicini a letteratura. Lui non hai il
libro e siamo stati costretti a leggere dallo stesso”, ammetto, con lo sguardo
chino, come se avessi ucciso qualcuno.
“Costretti?
Costretti? Isabella Swan! Tu non ti rendi conto di ciò
che dici! Magari averla avuto io questa costrizione. Ma
ovvio, a me queste cose non succedono mai…”.
Ed ecco
che inizia con l’auto commiserazione. Cosa che si porta dietro dal periodo “emo”. Metto il cervello in modalità off e guardo Mike,
sperando che lui sia più comprensivo. So già che non sarà cosi.
Ignoro le
domande di Angela, fin quando non sento che si è fermata. Preoccupata, rivolgo
lo sguardo a lei e la vedo in attesa. Guardo Mike in difficoltà e lui mima con
le labbra “che libro era?”
“Ehm, cime
tempestose”.
“E il tuo cappuccio? Su o giù?”, chiede Angela.
Ci penso
un secondo e poi ricordo che quando Robins ha detto che avrebbe
seduto vicino a me…
“Su. Si, proprio su”, dico, decisa.
“Beh,
almeno in questo il Signore mi ha risparmiata”, borbotta lei spezzando a metà
il dolce zuccheroso, “L’ultima cosa che mi serve è una gara con la dea bionda”.
Curvo
ancora di più le spalle, mi faccio piccola e con lo sguardo chino, mi mordo il
labbro. Mi imbarazzo quando mi dicono cose del genere. Faccio presente ad
Angela che anche Mike è in gara, cercando di spostare l’attenzione da me a
qualcuno che la desideri.
“Oh, su
questo non c’è neanche da discutere. Mi dispiace, Mike, ma
per quanto bello tu possa essere, e lo sei tesoro, non dico questo, non hai
chance”.
“E
sentiamo, perché, tesoro?”, dice
Mike, punto nel vivo.
“Perché io i gay gli capto come un radar. E lui non è gay. Assolutamente. Sprizza sesso da tutti i
pori, quello li”, dice, leccandosi le labbra come se fosse pronta ad
assaggiarlo come fa con la sua caramella.
Non solo
Edward sta con me alla prima ora, quella di letteratura, ma anche a quella di
arte alla sesta. Non è seduto vicino a me ma è comunque una persecuzione. La
classe sembra urlare nella mia testa. Edward gli manda in agitazione, gli fa
sembrare tante molecole troppo cariche di elettricità che schizzano da tutte le
parti, impazzite. E sono proprio pazzi, per lui. Sbuffo, chiedendomi che cosa
mai possa essere di cosi speciali questo ragazzo.
Tutto
questo scalpore mi informa che Edward ha parcheggiato nel posteggio accanto al
mio. Impreco. Non dovrebbe farlo una ragazza, ma sembra proprio che la sfortuna
mi perseguiti.
Mike, che
accompagno sempre a casa, continua a blaterare, sgridandomi sul mio “stupido
comportamento”.
“Com’è possibile che tu non sia neanche minimamente curiosa di vederlo? Ne parla tutta
la scuola!”, dice ancora.
“È proprio
perché ne parla tutta la scuola”, dico, sbarrando poi gli occhi, rendendomi
conto di quanto per me quelle parole valgano più di quando Mike possa credere.
Per me una
cosa che interessa molti, diventa una tortura. Invece, ciò che viene ignorato,
considerato di poco conto, riesce a suscitare il mio interesse e la curiosità
che poche volte mi prende. Mi sento come fosse cent’anni che vivo. Come se
avessi visto troppe cose e ora fossi troppo stanca per andare avanti, per
continuare a lottare e a tentare di seguire quella giostra frenetica che è la
vita.
“Beh,
tanto prima o poi dovrai farlo e… allora ne riparleremo”. Sembra una minaccia.
Il suo sguardo malizioso dice tutto.
Alzo gli
occhi al cielo e decido definitivamente che ignorarlo è la soluzione migliore.
Nonché l’unica.
“Oh, ma
guarda un po’! Penso che il mio oroscopo di oggi ci abbia proprio beccato:
“No, Mike, non pensarci neanche. Quando avrai una tua macchina, potrai fare quello che ti pare. Ma
fin quando ti farai scarrozzare da me in giro non farai niente di pericoloso
che includa me o la mia assicurazione”, lo sgrido, cercando di far in modo che
la mia voce risulti autoritaria.
“Non pensarci neanche Mike. Gne gne gne.”, mi fai il verso, “brava,
distruggi tutti i miei sogni. Spero almeno che tu stanotte non dorma per i
sensi di colpa. Sai essere proprio cattiva quando vuoi, non
l’avrei mai detto”, frigna, non guardandomi più.
“Mike…”,
sospiro, ma mi rassegno. Non c’è modo di farlo ragionare.
“Sta
venendo qui. Oddio oddio oddio”, saltella.
Certo che questo è proprio un buon metodo per non far capire a Cullen che è
interessato a lui.
“Stai calmo. Mettiti in una posa casuale e quando arriva attaccagli bottone. Io aspetto in macchina”, gli consiglio, cercando cosi di farmi
perdonare.
“Mmm, ho
un’idea migliore”, sghignazza. Si avvicina a me velocemente e, dopo avermi
tirato giù il cappuccio, rubato l’elastico per i capelli, lasciandoli sciolti,
e gli occhiali scuri, corre via.
Un brivido
di pura paura mi attraversa la schiena. Non mi capita mai di essere cosi esposta, cosi me stessa, cosi in vista. Ho i capelli
sciolti, non ho il cappuccio e neanche gli occhiali. La luce pallida del sole
mi sembra quasi accecante senza di loro.
Mike è
fuggito verso Edward. Questo lo so. È dietro di lui e si sta sbracciando per
farsi notare da me.
Vuole che
io guardi il ragazzo. Infondo, seppure il suo scherzo sia per me di pessimo
gusto, non ha tutti i torti. Non posso evitarlo per sempre. Tutta la scuola ne parla,
sarebbe impossibile. Per giunta frequenta due dei miei corsi.
Per questo
motivo, lentamente, alzo gli occhi verso di lui.
E per la
prima volta vedo Edward Cullen.
I miei
sensi super sviluppati mi sembrano inadatti e deboli per poterlo ammirare veramente.
Alto
almeno dieci centimetri più di Mike, che sfigura, cosa che non fa con
nessun’altro ragazzo, accanto a lui, Edward mi fissa. Il suo sguardo è confuso,
stupito e…ammaliato.
Da lui non
viene niente. Nessun pensiero stressante, nessuna emozione, niente.
I capelli
rossi, di un’incredibile sfumatura ramata, ricadono selvaggiamente sugli occhi
e se ne fregano della mano di lui che cercano ripetutamente di sistemarli.
Chissà se lo fa perché è turbato dal mio sguardo indagatore. Forse è solamente
vanitoso.
Gli occhi
sono grandi, teneri come quelli di un cucciolo, ma il colore, oro puro, gli
rende seducenti, ammalianti.
La bocca è
carnosa, come quella degli angeli di Botticelli, grande, tentatrice. Respingo
l’irrazionale impulso di bacialo immediatamente. Come
mi vengono in mente certe cose?
Il fisico
è asciutto ma scolpito, sembra che stia tutto il giorno in palestra. Ma a
quanto ne so Cullen non pratica nessuno sport e non si è iscritto a nessun
corso extra in palestra.
Ho
definito tutte le ragazze di questo istituto come oche, dentro di me. Ho
pensato che un ragazzo carino, solo perché nuovo, possa essere definito da loro
un “figo da paura”.
Ma non
sbagliavano. Io sono in errore. Non ho mai visto nessuno cosi.
Nessuno con i suoi occhi, la sua bocca, i suoi capelli, le sue spalle forti, le
sue gambe muscolose…
Dopo tanti
mesi di isolamento, non solamente con gli altri, ma soprattutto con me stessa,
sento i miei muri cadere, crollare in un attimo. E io in quei muri ci credevo:
in loro avevo messo tutta me stessa. Dietro di questi era custodita la vera
Bella, quella da far vedere a pochi, quella da proteggere perché troppo fragile
per questo mondo cosi frenetico, terribile, cattivo.
Il mondo
non mi piace. Almeno non più, almeno non senza la mia famiglia. Tutto quello
che mi rimane non mi rende più felice.
Tutto è
fermo dentro di me e mi scordo che invece il mondo, naturalmente, non si è
fermato. Per niente. Edward Cullen ricambia il mio sguardo. Cioè, praticamente
mi sta facendo una radiografia come io la sto facendo
a lui.
Beh, a
lezione mi ha vista con lo sguardo chino e il cappuccio della felpa fino al
naso, quindi è come se mi stesse osservando per la prima volta. Con un gesto
nervoso passo la mano tra i miei lunghi capelli biondi per metterli a posto. È
strano sentili liberi di scompigliarsi per il vento; di solito o sono nascosti,
o legati. I capelli esprimono troppo di una persona. Troppo. E io non voglio
esprimere un bel niente.
Edward non
è attraente solo fisicamente: c’è qualcosa
in lui che lo rende terribilmente attraente, qualcosa che attira verso di
sé tutti, come se fosse una calamita. Più potente del miele per le api, più dei
soldi per gli uomini avari.
Dovevo
scoprire cosa fosse. E dopo averlo capito, dovevo fare di tutto per evitarla.
Mike ha smesso
di sbracciarsi: forse si è finalmente reso conto del disastro che ha combinato.
Sono caduta nella sua trappola anch’io. La sento, quell’assurda voglia, quasi
necessità, di avvicinarmi e di sentire la sua pelle sotto le mie dita. I suoi
occhi mi scrutano attenti, profondi, perspicaci, intelligenti e seducenti.
“Oh, Edward, mi devi scusare. Sai, la nostra Bella non è abituata alla vita. Di solito se ne
sta sotto il cappuccio”, ridacchia, nervoso. Non ha tutti i torti. Non
sono più abituata a vivere davvero. Ormai la mia esistenza è un continuo
susseguirsi di episodi terrificanti.
La cosa
più strana, quella che più di tutte mi convince del fatto che io non devo avere
niente a che fare con lui, è che Edward non ha un’aura.
O almeno,
io non la vedo. Ma lui non ce l’ha, perché io vedo l’aura di tutti, nessuna
eccezione. Fino ad oggi.
Il giorno
dopo la notte che mi ha distrutto la mia vita, quella dell’incidente, quando mi
ritrovai in ospedale capii di essere diversa, che tutto stava per cambiare.
Anzi, era già tutto segnato.
Non ho mai
avuto la possibilità di scegliere. Mi sembra giusto sottolinearlo.
Mi
svegliai in un letto di ospedale, con il terribile odore che caratterizza quel
luogo intriso nelle narici che ormai captavano aromi che nessun’altro umano sente.
Fu quando
dissi all’infermiera perché avesse intorno a se una strana luce rosa, che capii
che tutto sarebbe cambiato.
Anzi, in
realtà lo realizzai solamente quando non potevo più nascondere a me stessa che
sentire i pensieri della gente, saperne la storia solo con un tocco e avere
incontri regolari con mia sorella Riley, che è morta, non era una cosa normale.
Per niente normale.
Non vedere
l’aura di Edward, mi rifiuto che lui non ne abbia una, mi fa sentire un po’
meno strana, un po’ meno diversa. Il senso di tranquillità che mi infonde
questa cosa che dovrebbe invece preoccuparmi è straordinaria.
Mi
avvicino a Mike, sapendo che no posso rimanere un secondo di più impalata
vicino alla mia macchina, guardando Edward che guarda me.
In pochi
passi sono davanti a loro. Lo sguardo di Edward sembra amichevole.
“Isabella,
giusto?”, dice lui, sorridendomi calorosamente. Come se un fuoco si propagasse
dentro di me, il suo sorriso mi rende… stranamente serena.
“Bella”,
lo correggo, come faccio sempre. Odio il mio nome per intero.
Mike
tossisce teatralmente, come è solito fare quando si sente escluso da una
conversazione. Odia essere ignorato, lo so benissimo, ma l’assurdo senso di
familiarità tra me ed Edward mi da… pace.
Vorrei che
continuasse a parlare, vorrei poter sentire ancora una volta la sua voce
melodiosa.
“Ehm, giusto. Edward, lui è Mike. Mike… lui è Edward”, gli
presento, non riuscendo a sopprimere un sorrisino quando dico il nome del
ragazzo a Mike. È tutto il giorno che ne parla, è assurdo che sia io a dirglielo.
Edward
distoglie un solo attimo gli occhi da me per fare un cenno della testa a Mike.
Ma è in
quell’attimo, in quei pochissimi secondi, che succede la cosa più sbagliata di questo mondo.
Il senso
di vuoto, di solitudine che ho provato, non va bene. No che non va bene.
Perché?
Chi è questo ragazzo? Perché non riesco a vedere la sua aura, perché è venuto
proprio qui a Forks? Insomma, nessuno sano di mente ci vivrebbe se non
costretto. Io sono costretta. Lui ha una famiglia magnifica e un padre medico
di fama internazionale.
Cosa ci fa
qui?
Nell’attimo
in cui Edward torna a mettere gli occhi su di me, lasciandosi sfuggire un altro sorriso, al quale non so dare una spiegazione,
tutto torna al suo posto. Tutto è di nuovo caldo e accogliente. Come se fossi
tra le sue braccia. E invece un metro ci divide. Quanto vorrei che non fosse
cosi…
“Posso chiederti un favore? Mi presteresti la tua copia di cime tempestose? Devo rimettermi in pari e non ho
tempo di passare in libreria oggi”, dice, sorridendomi ancora. Desidero
che lo faccia ancora. Sorridi, Edward. Ancora, ancora,
ancora.
“Oh, si, non c’è problema, Edward”. Il suo nome esce come musica
dalle mie labbra. Vorrei poterlo cantare, lodare. È un nome bello, non stupido
come pensavo prima. Perché prima non potevo associarlo al suo volto, mentre
ora…
Ora i
capelli rossi mi piacciono. Prima li odiavo.
Prima non
pensavo che una persona potesse avere gli occhi di questa stranissima sfumatura
d’orata. Ora non riesco ad immaginare altri occhi se non quelli.
Prendo il
libro dalla cartella velocemente, con le mani che mi tremano senza alcun
motivo. Per un attimo penso che sarebbe meglio non darglielo. Ho letto quel
libro centinaia di volte, ho sottolineato le frasi che mi piacciono di più,
scritto versi di poesie che mi ricordavano qualche frase del racconto. Forse
sarebbe proprio meglio non darglielo.
Ma lui ha
già teso il braccio verso di me e io non posso far altro che cedere.
La sua
mano era li, a pochi centimetri da me, e toccandola avrei saputo tutto di lui.
Come se lo conoscessi da sempre.
Ma non
faccio in tempo a continuare con i miei pensieri, che Edward ha già preso con
delicatezza il libro dalle mie mani. Quando sento il tonfo della sua cartella nella sua Volvo grigio metallizzata, mi rendo conto che c’è davvero
qualcosa che non va.
Perché
oltre a una stranissima scossa, non ho sentito niente. Il suo tocco non ha
portato con sé…un bel niente.
Non faccio
in tempo a dire o fare alcunché, che lui è già fuori dal parcheggio della
scuola.
L’ondata
di panico non ci mette molto ad investirmi. Si, puro
terrore.
Perché le
uniche persone del quale non posso sentire i pensieri,
non vedo l’aura e non so la vita quando le tocco sono... morte.
Okay, tranquille, è finito XD. È stato noioso? Troppo
lungo? Troppo ripetitivo? Spero davvero di no.
Allora, anche in
questo capitolo potrebbero sorgere dei dubbi. Se me li spiegherete, ve li
risolverò, a meno che non venga spiegato in seguito.
Questa storia è tra i
preferiti di: 6 persone.
Questa storia è tra
le seguite di: 8 persone.
Rispondiamo alle
recensioni (vi ringrazio moltissimo):
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Ci vediamo al
prossimo capitolo gente. Vi abbraccio. E mi raccomando… RECENSITE!!!!!!