Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Mystery Anakin    09/11/2009    3 recensioni
Quando la vita sembra averti tolto tutto, è proprio allora che bisogna avere la forza di ricominciare e ritrovare da qualche parte la speranza...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Leah Clearweater
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
and if I say I love you 5 corretto

Capitolo 5:
Tutta la verità

Alcuni giorni erano passati, e ancora non riuscivo ad adempiere al compito che mi ero imposta di portare a termine: controllare il mio dolore. Pian piano mi accorsi che il problema era che ogni luogo, ogni situazione più disparata, mi ricordava i momenti belli passati con lui. Ed ogni volta, le lacrime minacciavano di cogliermi di sorpresa. Erano reazioni incontrollabili, che non riuscivo a prevedere né a gestire. Sentivo di star diventando moralmente instabile e la cosa mi preoccupava. Forse avevo bisogno di uno psicologo. Il problema era che tutto quanto mi era successo metteva a dura prova la mia natura più profonda. Io, ragazza forte e determinata, che sa sempre ciò che vuole e fa di tutto per ottenerlo, avevo perso lo scopo più grande per il quale avessi lottato nella mia vita. E questo faceva sì che ogni cosa che prima aveva tanta importanza per me, e per la quale ero disposta a lottare, aveva perso significato. Ero diventata depressa e taciturna, quando invece ero stata sempre molto aperta e vivace. Ogni cosa aveva perso la luce che aveva prima, quel contorno tenero e dolce che mi conferiva l'amore. Tutto mi sembrava buio e freddo. La mia stanza era un nido vuoto nel quale mi rifugiavo sempre più spesso. La spiaggia era diventata fonte dei più tristi dolori. La corsa aveva perso il suo fascino per me. Non avevo fame, sentivo freddo, nonostante fosse estate. Tutte quelle sensazioni mi spaventavano; avevo paura di star diventando pazza.
Io non potevo essere debole. Non potevo arrendermi a quel dolore che mi trascinava verso il baratro o mi sarei persa per sempre. In un disperato tentativo di riuscire a dimenticare, decisi di impiegare il mio tempo in modo utile, per non restare a crogiolarmi nel mio dolore. Trovai impiego nell'unico bar di La Push. Ai miei genitori dissi che era per racimolare un po' di soldi. In realtà quel lavoro mi stancava abbastanza da riuscire a dormire la notte e a non pensare durante il giorno.
Non avevo ancora preso il coraggio per recarmi da Emily e non avevo intenzione di farlo per il momento. Sapevo che questo mio indugiare non sarebbe servito a molto. Infatti avevo saputo da mia madre che Emily avrebbe tolto le bende all'occhio a giorni, e se tutto fosse andato per il meglio l'avrebbero dimessa subito dopo. Ormai non potevo più evitarla, il giorno in cui avrebbe tolto le bende sarei dovuta andare da lei, e a quel punto mi avrebbe parlato. Mi sentivo una codarda ad evitarla, ma quello che mi serviva in quei giorni era non pensare a tutto quello che era successo. E poi non volevo rivedere Sam.
Quel giorno di fine agosto il bar era molto affollato. La gente, che aveva passato quella calda giornata a First Beach, ora si era fermata lì per uno spuntino. Man mano che frequentavo il posto, mi accorsi che c'erano clienti abituali, che si sedevano sempre allo stesso tavolino e dicevano quasi sempre le stesse cose. Mentre ripulivo il bancone o servivo gli altri clienti, i loro discorsi mi giungevano all'orecchio. La maggior parte della volte li ignoravo, anche perché non m'interessavano. Ma quel giorno non fu una di quelle volte. Quattro vecchi che erano seduti sempre allo stesso tavolo quel giorno parlavano fitto fitto e con lo sguardo di chi ha notizie fresche da riferire.
"Sì, proprio qui, appena fuori dal confine di La Push" disse uno dei vecchi. Aveva un’espressione arcigna e una barba lunga.
"Non vedo cosa ci sia di strano, se una famiglia viene ad abitare in una villa nel bosco..." commentò un altro dei quattro, magro e con capelli grigi un po' lunghi.
"Ma questi sono straricchi dicono! Josh l'altro giorno è andato a dare una sbirciatina. Dice che la villa è enorme! Ma il vero mistero sono i suoi abitanti. Josh ha detto che sono bianchissimi, escono solo se non c'è sole e sembrano...freddi" raccontò il primo vecchio, soffermandosi sull'ultima parola, come se dicesse tutto.
Un'esclamazione di sorpresa si levò dal gruppo.
"Non penserai che...ma è impossibile! Sono solo leggende, Michael. Valle a raccontare ai tuoi nipoti" lo rimbeccò un altro del gruppo. Era un uomo che probabilmente si avvicinava ai sessanta, con capelli e baffi striati di grigio.
"Non sono leggende, Albert. Io c'ero l'ultima volta che...mi avete capito. I nostri giovani subiranno cambiamenti notevoli ora. Ci potrebbe essere una nuova guerra" disse il vecchio con la barba sgranando gli occhi.
"Oh, suvvia, basta con queste sciocchezze!" esclamò Albert.
"Pensa ciò che vuoi, ma...ti basti sapere che sono stati trovati parecchi animali di grossa taglia...azzannati...appena oltre il confine di La Push" riferì con fare furbo il vecchio Michael.
"Questo non prova niente" ribatté Albert.
"Io ci credo alle storie..." intervenne il vecchio magro dai capelli lunghi "Ma Albert ha ragione, Michael, non puoi dire con certezza che si tratti... di quello insomma"
"Staremo a vedere" disse Michael assumendo la sua consueta espressione arcigna.
"Una limonata con ghiaccio, per favore"
Mi riscossi all'improvviso. Davanti a me c'era Jacob Black, il ragazzino dai lunghi capelli figlio di Bill, l'amico di mio padre. Prima che se ne andasse da La Push, io e sua sorella eravamo amiche.
"Ehi, ciao, Leah!" esclamò "Ora lavori qui?"
"Sì" risposi.
Mi misi subito all'opera e preparai la limonata che mi aveva chiesto.
"Fai bene! Un po' di soldi in più non fanno mai male" disse.
Certo, magari fosse stato solo per i soldi.
"Si hanno notizie di Sam per caso?"
"La tua limonata" esclamai secca, mettendogli il bicchiere in mano bruscamente per interrompere quella conversazione.
Lui se ne andò un po' stupito dalla mia reazione. Ovvio. Non poteva capire.
Jacob non era un ragazzino immaturo. Conoscevo la storia di sua madre, e sapevo quanto avesse sofferto la sua famiglia. Però non poteva sapere cosa volesse dire amore vero, incondizionato. Non poteva sapere quanto anche solo nominare il suo nome mi facesse male.
La voce degli uomini di cui prima avevo ascoltato la conversazione mi distolse dai miei pensieri. Mi ricordai quello che avevano detto e la curiosità che in me avevano suscitato. Avevano parlato di una ricca famiglia stabilitasi tra Forks e La Push, e di una guerra che si sarebbe scatenata. La cosa era davvero curiosa. Poteva anche darsi che il vecchio volesse fare uno scherzo di cattivo gusto ai suoi amici, ma dalla sua serietà pensai che forse non era così. O ancora: forse non avrei dovuto indugiare ulteriormente su delle stupide storie raccontate da dei vecchi che non avevano nulla da fare tutto il giorno. Il problema era che riscuotevano in me un'insolita attrattiva. Era come se mi sentissi coinvolta in quella storia. Forse stavo davvero male. Forse quell'interesse insolito per le assurdità faceva parte delle molte reazioni strane che avevo avuto dopo l'abbandono di Sam. Al solo pensiero sentii lo stomaco ribellarsi. Così cercai di scacciare tutti i pensieri che erano indissolubilmente uniti alla parola "Sam".
Per il resto della giornata mi riempii il tempo di lavori da svolgere. In compenso servì, visto che, quando tornai a casa, la mia testa era ancora al bancone del bar. A riportarmi alla realtà però sarebbe stata mia madre, poco dopo essere tornata.
Mi gettai sul divano del salotto sfinita. Chiusi gli occhi, apprezzando l’inutile tentativo di pensare della mia mente.
"Oh, sei tornata! Stai tutto il giorno in quel bar…ma a cosa ti serve? Non hai bisogno di soldi" sbottò mia madre entrando nella stanza.
"Ma', lo sai, voglio essere un po' indipendente" risposi.
Quella risposta l'avevo già data almeno tre volte. Per un motivo inspiegabile, però, i miei genitori continuavano a ripetere sempre che non avevo bisogno di quel lavoro.
"Comunque la cena è pronta" aggiunse.
Mi alzai dal divano, trascinando i piedi fino in cucina, dove mi sedetti al mio solito posto a tavola. Non me ne accorsi nemmeno, ma avevo una fame da lupo. Quando fummo tutti seduti, mia madre iniziò quello che sembrava essere un discorso preparato da un po'.
"Leah," iniziò "non so cosa sia successo tra te ed Emily"
Trasalii a sentire il suo nome.
"Tuttavia" continuò la mamma "Sono parecchi giorni che chiede di te e tu non sei ancora andata a trovarla. Ti ricordo che tra pochi giorni toglierà la bende. Ha bisogno anche del tuo sostegno. Siete molto legate e non puoi mancare ora"
"Lo so" dissi imbronciata.
"E allora cosa aspetti?" mi chiese.
Esasperata, dissi: "Ok, ok, ci andrò"
Detto questo, cominciai a giocherellare col cibo nel piatto, con lo stomaco vuoto.
"Vado a dormire" annunciai, dopo un po'.
"Non hai mangiato quasi nulla!" esclamò mia madre.
"Non ho fame...scusa, mamma" dissi.
Finalmente mi abbandonai al silenzio della mia camera. La luce era spenta e un sottile raggio di luna penetrava dalla finestra.
Così, ormai era inevitabile: sarei dovuta andare da Emily. Cosa voleva dirmi? Non bastava ciò che avevo visto quel giorno? Cos'altro doveva dirmi? Nessuna giustificazione sarebbe stata sufficiente a farmi rassegnare a tutto ciò che era successo. E neanche a perdonarli. Soprattutto Sam. Non potevo, era più forte di me. Sapevo che dovevo capire, perché tutto ciò che era successo era impossibile, impensabile; ma non volevo che la realtà mi si ripresentasse di nuovo come quella volta all'ospedale.
“Posso entrare?”
Alzai di scatto la testa e vidi mio padre che aveva semichiuso la porta e spiava nella stanza.
“Ok” risposi.
Avrei preferito stare da sola, ma ero curiosa di sapere cosa avesse da dirmi. Mio padre entrò, e si soffermò su una foto di quando ero piccola. In quella foto avevo circa sei anni ed ero stata immortalata durante una partita di calcio con alcuni miei compagni di classe.
“Che bella questa foto…potrei stare ore a vederla. Ti ricordi tutte le partite sulla spiaggia con gli altri ragazzi della riserva?”
Risi a quel ricordo così bello. Ero l’unica bambina che aveva il coraggio di sfidare i maschi a calcio.
“Sì” dissi, sorridendo “A volte vorrei tornare indietro nel tempo…”
“Anche io” disse mio padre con un sorriso “Quando si è bambini è tutto più semplice, no?”
“Già…”
“Hai meno problemi, meno pensieri. Però si cresce. E quando si è grandi, e ci si  trova di fronte a situazioni difficili, a volte il modo migliore per superarle, è ritrovare la semplicità di quando eravamo piccoli. Agire d’istinto senza farsi troppi problemi, perdonare, può essere delle volte una buona soluzione” consigliò lui e mi fece un occhiolino.
Io gli sorrisi, ringraziandolo per quelle parole e per lo sforzo di aiutarmi senza chiedermi che cosa fosse successo. Ero davvero contenta di avere un padre così, sul quale potevo contare sempre.
Lui stava quasi per andarsene, quando mi venne in mente una cosa.
“Papà, posso chiederti una cosa?”
“Anche due” sorrise.
“Oggi al bar ho sentito parlare di una storia alquanto…bizzarra. Dicono che i ragazzi di La Push diventeranno non so cosa a causa dell’arrivo di certi esseri che sbranano gli animali del bosco. Che vuol dire?” chiesi.
Mio padre ci pensò su. “Sono solo leggende, Leah. Si dice che qui a La Push i nostri antenati abbiano fatto una specie di patto con i freddi (che sarebbero delle specie di vampiri), per impedire loro di aggredire gli abitanti della riserva. E a difesa del villaggio si dice che furono posti dei licantropi…uomini in grado di trasformarsi in lupi. Ma sono solo storie, mi sembra ovvio. Nessuno ha mai accertato l’esistenza né di freddi, né di licantropi”
“Capisco, grazie”
Lui mi fece un cenno di saluto e uscì dalla stanza.
Ma sì, dai, pensai, in fondo erano solo dei vecchi con le rotelle un po’ fuori posto…
Il resto della sera la passai studiando, cercando di portarmi avanti con i compiti delle vacanze che mi avevano assegnato. L'anno successivo sarebbe stato il mio ultimo anno di liceo. Chissà cosa avrebbero detto tutti del fatto che io e Sam ci eravamo lasciati. Chissà cosa avrebbe detto Lise.  
Era parecchio che non la sentivo. Dopo il ballo ci eravamo sentite qualche volta per telefono, ma nulla di più. Sembrava andasse meglio per lei. Lo speravo. Ora sapevo quello che aveva passato. Avevo pensato, con troppa sicurezza, che io non mi sarei mai trovata nella stessa situazione, ma mi sbagliavo. Non si deve essere mai certi di qualcosa nella vita, perché basta un attimo a distruggere tutto. Bisogna vivere il momento presente, perché è l'unica cosa che abbiamo, l'unica cosa certa. E io, senza rendermene conto, avevo perso tutto in un attimo. Mi resi conto di essere stata anche parecchio egoista. Sapevo che Lise voleva stare da sola, ma forse se fossi andata a trovarla le avrebbe fatto piacere. Mi avrebbe sentita più vicina e si sarebbe sentita confortata. Ora che anche io era in una situazione simile alla sua potevo capirla meglio. E magari la sua vicinanza sarebbe servita anche a me.
Alla fine decisi che il giorno seguente l'avrei chiamata e sarei andata da lei. Guardai l'orologio sulla scrivania. Era  mezzanotte. Meglio andare a dormire, il giorno dopo avrei dovuto lavorare.

"Ciao Lise" dissi quando la sentii rispondere al telefono.
"Leah!! Da quanto tempo!" esclamò entusiasta Lise.
Era la pausa pranzo al bar, e, come ormai era mia abitudine, stavo seduta sul muretto del bar a mangiare un panino e a guardare i passanti. Come mi ero ripromessa, avevo chiamato Lise. Ma l'ultima cosa che mi sarei aspettata era una voce entusiasta.
"Hai passato una bella estate?" chiesi.
"Sì! Oh, Leah, ho tante cose da raccontarti! E tu che mi dici, tutto bene?"
"Eh, insomma, ho avuto un periodo un po' difficile..." risposi vaga.
"Cosa è successo?" domandò subito, ma poi ci pensò un po' su e aggiunse: "Forse è meglio non parlarne per telefono. Perché non ci vediamo?"
"Per me va bene! Solo che in questo periodo sono impegnata, sto lavorando…di sera per te va bene?"
"Sì, sì, va benissimo!"
"Allora ci vediamo alle otto...mmh, dove?"
"Vengo a prenderti io con il mio pick-up, ok?"
"Uhm, sicura che non disturbo?"
"Ma daaai!"
Dopo ciò ci salutammo e chiusi la comunicazione. Chissà per quale motivo Lise era così felice. Beh, quel giorno lo avrei scoperto.
Mezz'ora prima dell'appuntamento, arrivai a casa, mi lavai e vestii in fretta. Mia madre entrò in bagno e, vedendo che mi stavo preparando per uscire, chiese: "Dove vai?"
"Esco" risposi.
Mia madre mi guardò in modo strano. Evidentemente doveva essere sorpresa dal fatto che uscissi, visto che erano settimane che stavo chiusa in casa o al lavoro. Comunque non fece domande, e per questo la ringraziai.
Alle otto ero finalmente pronta. Lise fu abbastanza puntuale. Quando arrivò, mi saltò letteralmente al collo e mi abbracciò.
"Leah! Che bello vederti! Sono così felice!" esclamò con un sorriso.
"Anche io sono felice di vederti" dissi abbozzando un mezzo sorriso tirato.
"Che hai? Sei pallidissima nonostante la pelle scura!" notò osservandomi.
"Dai, usciamo, così parliamo mentre passeggiamo" dissi.
Non era bene che continuassimo a parlare lì. C'era la mia famiglia che avrebbe potuto sentire.
Salimmo sul pick-up e ci dirigemmo verso un locale in riva al mare. Ci sedemmo ad un tavolino e ordinammo due bibite.
"Allora, che mi racconti, Leah?" chiese Lise, dopo qualche minuto di silenzio.
Esitai prima di rispondere. Sarebbe stata la prima persona a cui parlavo di tutto ciò che mi era accaduto. Lise c'era sempre stata, mi aveva ascoltata sempre, e anche quella volta sarebbe stato così. Io invece mi sentivo un'egoista, perché sapevo di non averla ascoltata altrettanto bene come lei aveva fatto con me. Ma prima ero capace di vedere solo la mia egoistica felicità, e non pensavo che si potesse arrivare a soffrire così tanto. Ed era quello che lei aveva provato con Marcus. Solo che io allora non lo capii.
"Inizia tu, dai" dissi con un finto sorriso.
"Io? Ma no, tu mi hai chiamato, quindi volevi dirmi qualcosa d'importante" rispose lei.
Mi rabbuiai.
"Scusa" feci "Non mi sono fatta sentire per parecchio tempo e per questo devo chiederti perdono"
"Ma che dici?" esclamò "E' evidente che devi aver avuto problemi"
"Sì...ma parla prima tu, dai, voglio farmi perdonare" insistetti.
Lise fece un sospiro rassegnato.
"E va bene..." disse.
Fece un attimo di pausa, poi disse: "Mi sono fidanzata"
Per poco non caddi dalla sedia alla notizia.
"Sul serio?" esclamai.
Lei mi lanciò uno sguardo arrabbiato ma scherzoso: "Sì, anche una come me si è fidanzata"
"Ma cosa hai capito?!" la interruppi "Volevo dire, pensavo che Marcus fosse tornato con la sua vecchia ragazza"
Lise si irrigidì un attimo. "No, Marcus non c'entra nulla"
"E allora di chi stai parlando?"
Lei mi guardò come per dirmi che ci sarei potuta arrivare facilmente.
"Jim?" azzardai.
Lei annuì diventando tutta rossa.
"Oh, Lise, ma è fantastico!" esclamai entusiasta "Mi devi raccontare come è andata!"
"Beh...dopo che Marcus mi ha lasciata, per me è iniziato un periodo orribile. Va beh, questo lo sai, ci sentivamo ancora. E ti ringrazio per essermi stata vicino"
"Forse non abbastanza..."
"Non dire sciocchezze!" Lise mi guardò male, poi riprese: "Nello stesso periodo anche Jim mi è stato vicino, mi ha ascoltata. Abbiamo passato tanto tempo insieme. Due mesi dopo che Marcus mi aveva lasciata, lui ha detto che doveva dirmi una cosa importante. Ci siamo incontrati e mi ha detto tutto. Mi ha detto che era innamorato di me da tantissimo tempo, che quella sera al ballo avrebbe spaccato la faccia a Marcus se avesse potuto, che avrebbe voluto invitarmi lui, ma che non l'aveva fatto perché era arrivato troppo tardi..."
Mi sentii sciogliere dentro, colta dall'improvvisa dolcezza di ciò che Jim aveva detto e ricordando il ballo di fine anno, quando tutto era diverso. Sembrava che fosse passata un'eternità, eppure erano solo due mesi. Allora ero un'altra persona, con un'altra vita. Ora di quel tempo meraviglioso era rimasto solo un doloroso ricordo, e la consapevolezza che non sarebbe mai tornato indietro.
"All'inizio io non mi sono sbilanciata. Sebbene provassi qualcosa per Jim, il ricordo di Marcus era ancora vivido dentro di me. Mi sembrava di tradirlo, sebbene non fossimo mai stati insieme e lui non si fosse mai fatto scrupoli nello scaricarmi" raccontò Lise.
Per un attimo mi venne in mente ciò che avevano fatto Sam ed Emily con me. Davvero non avevano avuto scrupoli nel mettersi insieme? Lise non voleva tradire la memoria di Marcus, e non erano stati neanche insieme. Sam, invece, aveva agito direttamente senza chiedersi come l'avrei presa. Sapevo che quei pensieri erano cattivi, ma non potevo fare a meno di avere questa opinione su di loro. Li avrei perdonati, se avessero scoperto di essersi innamorati, e Sam mi avesse detto tutto. Ma così, facendo le cose di nascosto, sarebbe stato molto difficile per me accettarlo. Ero orgogliosa, lo sapevo, e accettare quanto mi era successo senza reagire non era da me.
"E' passato parecchio tempo, quasi un mese, durante il quale ero divisa tra l'amore che ancora sentivo per Marcus e qualcosa di nuovo che sentivo per Jim" continuò Lise. "Poi, un giorno, ho rivisto Marcus e ho capito. Non sentivo più nulla per lui. Tutto ciò che provavo era solo il ricordo di ciò che avevo provato. Quei mesi con Jim mi avevano cambiato dentro. Avevo capito che senza di lui non potevo stare. Piano piano, lui si era reso indispensabile per me. A quel punto ho preso la mia decisione, sono andata da lui e, beh, avrai capito cosa è successo."
Sorrisi al pensiero del bacio fra Lise e Jim. Era così bello pensare che anche lei adesso poteva essere felice. Peccato che non potessimo condividere questa felicità insieme, ma quando è felice un'amica così importante, finisce sempre per contagiarti. Infatti parte del mio umore si era risollevato.
"Sono felicissima per te, Lise! Davvero, è ciò che hai sempre desiderato, l'amore, e ora che l'hai trovato, non posso che non essere felice per te!" esclamai.
Lei fece un tenero sorriso, probabilmente pensando a Jim. Poi si riscosse e mi guardò.
"E...a te come va?" mi chiese.
Io mi strinsi nelle spalle, ma non risposi. Lise mi guardò attendendo una mia risposta.
"Sam mi ha lasciata". Lo dissi così, a bruciapelo, credendo di mitigarne l'effetto.
"Cosa?" chiese scandalizzata.
"Sì..."dissi.
"Ma...ma perché?"
"Si è innamorato di un'altra" risposi, sempre con tono secco. Mi accorsi che non mi risultava difficile dirlo, il dolore non aumentava, era sempre lo stesso.
Lise mi guardava ad occhi spalancati, evidentemente non credendo alle proprie orecchie.
"Ma non è possibile!" esclamò.
"E invece sì!" sbottai, ribollente di rabbia. Poi mi accorsi che me la stavo prendendo con la mia amica, che in fondo non aveva fatto nulla. "Scusa..."
"Oh, Leah!" esclamò la mia amica.
Si avvicino a me e mi abbracciò. Il suo abbraccio fu confortante, e per questo la ringraziai. Era bello sapere che c'era qualcuno disposto a consolarti se ne avevi bisogno, ad ascoltarti se tutto andava male.
Quando ci sciogliemmo dall'abbraccio, lei mi guardò. "Mi sembra impossibile crederci, ti amava così tanto...non poteva esistere altra ragazza per lui..."
"Evidentemente sì" risposi.
Lei mi osservò. Di sicuro dovevo sembrare uno straccio. Erano parecchi giorni che mangiavo poco, che mi uccidevo di lavoro, e tutto per dimenticarlo. Ma non volevo che Lise lo sapesse, di sicuro mi avrebbe impedito di continuare così.
"Ma forse è solo una sbandata che ha preso...forse si ricrederà, capirà chi è il suo vero amore" disse la mia amica.
"No, Lise. L'ho letto nei suoi occhi quando me l'ha detto. Non mi ama più. E comunque non è mai stato tipo da "sbandate". E' finita, devo mettermi l'animo in pace, anche se non sarà facile. Ma nulla è facile a questo mondo" spiegai.
"Io ti sono vicino, sappilo. Quando hai bisogno, basta una telefonata, e sono da te. Se ti sembrerò troppo apprensiva, poi, dimmelo" fece con un sorriso.
Di questo le fui immensamente grata, anche se sapevo benissimo che non l'avrei cercata per farmi consolare. Ora lei stava vivendo un momento felice della sua vita, non potevo rovinarglielo con i miei problemi.
Tuttavia per essere gentile risposi: "Grazie".
La serata finì un po' malinconicamente. Era evidente che Lise non sapeva come comportarsi con me. Ci eravamo trovate sempre nella situazione opposta. Ero io a consolarla, e non lei. In ogni caso il problema non si poneva, perché non avevo intenzione né di essere consolata, né di essere compatita. Volevo solo stare sola per un po'. Certo, con Lise mi sarei sentita comunque, ma senza parlare di Sam. Era l'unica cosa di cui avevo bisogno ora. Non pensare, non ricordare. E forse tutto sarebbe andato meglio.

Se avevo pensato di riuscire ad evitare Emily, evidentemente mi ero sbagliata. Il giorno dopo mia madre mi fece alzare di soprassalto dal letto.
"Oggi vai a trovare Emily" ordinò categoricamente.
Mi lamentai nel sonno e feci un cenno di diniego.
"E invece sì"
"Devo andare a lavorare" biascicai con voce impastata dal sonno.
"Oh, non c'è problema, ho già telefonato per farti avere la giornata libera!"
Imprecai mentalmente. Non era giusto, non poteva costringermi. Lei non sapeva il motivo per cui non volevo vedere Emily, perché allora s'impicciava?
"Avanti" ordinò.
"Mamma, lasciami in pace. Non voglio andare da Emily. Non oggi" protestai.
"Il dottore ha annunciato che la bende saranno tolte domani" disse lei.
Mi sentii male. Domani. Oh, no, era già arrivato. Cosa avrei fatto? Non ero pronta.
"Ok" feci rassegnata "Stamattina no...ma oggi pomeriggio prometto di andare"
"E va bene, ma non voglio sentire più scuse" disse categorica.
"Ok" conclusi rassegnata.
Visto che avevo la giornata libera, e sarei dovuta andare da Emily solo quel pomeriggio, decisi di fare una passeggiata.
Dopo un'ora ero pronta. Uscii di casa portandomi l'iPod come compagnia. La musica mi avrebbe aiutato a distrarmi. Ultimamente il mio genere si era spostato verso il rock. Almeno era abbastanza rumoroso da tenermi la mente occupata.
La giornata era piacevole: c'era un bel venticello fresco, anche se faceva sempre caldo. Camminavo in modo lento, incurante del dolore che sentivo dentro. Era come ignorare una voce che costantemente ti martellava la testa. Sembrava una cosa da pazzi, ma era così, dovevo accettarlo. Non era facile, non quando tutto, dagli alberi, alle case, alla gente di quella città, mi ricordava i nostri momenti più belli, piccoli flash di una vita ormai andata. E tutto in un attimo. Incredibile quanto fosse crudele il destino: era capace di portarti via tutto in un momento. E Sam per me era tutto. Era come la luce del giorno, senza la quale tutto era una notte senza fine. E adesso mi sembrava di vagare nel buio più profondo di una vita che al quel punto richiedeva solo di essere riscritta. Ma non avevo l'inchiostro giusto per ricominciare a riscriverla quella vita. Non potevo averlo, se il dolore mi continuava a ricordare ciò che era stato.
Senza neanche accorgermene, era passata un'ora ormai da quando avevo cominciato a camminare ed ero arrivata al confine di La Push. Il bosco che segnava il confine si stagliava netto e scuro di fronte a me. Ricordavo ancora le tante volte che io e Sam avevamo fatto qualche piacevole pic-nic d'estate. C'era in particolare un albero che mi piaceva moltissimo, vicino al quale io e lui avevano un giorno nascosto un segreto. Senza volerlo le mie gambe cominciarono a camminare da sole e m'inoltrai nel folto degli alberi.
Dopo aver camminato per un po', lo vidi. L'albero era sempre lo stesso, lì fermo nella sua consueta posizione seminclinata. Mi accovacciai vicino alle radici e scavai per un po' nella terra. Lì trovai una piccola pietra che recava su di sé una scritta: "Leah e Sam".
Ricordavo ancora il significato di quella scritta risalente a tanto tempo fa. Voleva dire che il nostro amore doveva essere duro come una pietra, solido come una roccia.
Che ingenua ero stata. Ci avevo creduto, eppure non era andata così. Ma allora l'amore vero, quello eterno, quello in cui avevo sempre creduto, esisteva? Non volevo pronunciare la risposta che ora dentro al mio cuore sorgeva spontanea. Faceva troppo male, e non volevo accettarla. Strinsi la pietra e mi rialzai.
Non feci in tempo a compiere questa azione, che ricaddi all'improvviso al suolo. Sentii una specie di ululato che proveniva alle mie spalle, e un immenso lupo grigio comparve.
All'improvviso ricordai: era lui, lo stesso animale che aveva ferito Emily. Ne ero sicura, perché era troppo grande per essere un lupo.
All'inizio ebbi paura che mi attaccasse, ma poi mi accorsi che si dirigeva verso un punto del bosco a circa cinquanta metri da me. Aguzzai la vista, e mi accorsi che lì in mezzo al folto del bosco c'era un uomo.
"Scappi!" urlai all'uomo, in preda al panico.
Mi pentii subito di averlo fatto. Il lupo voltò la testa verso di me, e mi guardò per un po'. Pietrificata dal terrore, non mi mossi, e l'animale tornò a concentrarsi sull'uomo.
Non seppi se stessi sognando oppure no, ma quello che vidi mi lasciò completamente a bocca aperta. Il lupo si trasformò lentamente: cominciò a diventare più alto, il suo pelo a diradarsi. Dove prima c'era un grosso lupo grigio, in quel momento c'era un essere umano in carne ed ossa.
Rimasi paralizzata per lo stupore per non so quanto tempo.
"Oltre questo confine non potete andare" disse una voce familiare proveniente dal ragazzo che aveva sostituito il lupo.
"Perché?" chiese l'uomo tranquillamente, per niente sconvolto dalla trasformazione del lupo.
"Perché questa è la nostra legge. Di qui in poi i freddi non possono passare" rispose ancora il ragazzo. Non capivo il senso delle cose che diceva, ma capii di chi era la voce.
L'avrei riconosciuta tra mille persone.
La voce di Sam.
"Ne riparleremo" rispose l'uomo e corse via ad una velocità elevata.
Sam si girò verso di me. Il dolore nel rivederlo era più forte di quanto pensassi, ma era accompagnato da uno stupore ugualmente grande. Mi resi conto di avere ancora una faccia stupita e mi affrettai a ricompormi.
"Cosa significa?" chiesi.
“Dimentica ciò che hai visto, Leah” ordinò lui.
“No! Voglio sapere cosa è appena successo!” urlai sconvolta.
Lui mi lanciò uno sguardo feroce, uno sguardo che non gli avevo mai visto prima.
“Non saresti dovuta venire qui! Torna a casa!”
“Sam, ora basta! Sono stanca di tutti questi segreti, stanca!” gridai “Spiegami le cose come stanno una volta per tutte!”
“Vuoi saperlo? Ebbene sono ciò che hai visto! Un licantropo!” urlò lui, assumendo un’espressione sofferente.
Io rimasi in silenzio per un attimo, incapace di realizzare.
"Ma...sono solo leggende..."balbettai, non potendo accettare tutto ciò.
"Lo pensavo anch'io, ma ho scoperto a mie spese che non è così! Cosa credi, che io sia felice di essere quello che sono? Io mi odio dal giorno in cui l’ho scoperto!”
Rimasi in silenzio, incapace di comprendere tutto quello che mi stava dicendo. Non era possibile, non era normale. Eppure l’avevo visto con i miei occhi! Avevo forse le allucinazioni, ero arrivata a questo, ora? Però, in effetti, molte cose avrebbero acquistato un senso in quel modo. Per esempio il comportamento strano di Sam, prima che lui e Emily...beh, non volevo neanche pensarlo. Ma forse anche...
“So a cosa pensi! Sì, ho ferito io Emily! E poteva finire molto peggio! Per questo non volevo dirti nulla all’inizio, per proteggerti! E ora vorrei proteggere anche Emily, ma non posso stare senza di lei! Puoi odiarmi quanto vuoi per tutto ciò, ma non l’ho scelto io!”
Allora...allora era stato lui a ferire Emily? No, non era possibile...Sam, cosa eri diventato?
"Non avevo il controllo delle mie azioni, è difficile quando sei trasformato. Ero guidato solo dall'istinto e con l'istinto ho agito. Ma ho commesso un terribile sbaglio, e l'ho capito nel momento stesso in cui ferivo Emily" spiegò Sam.
Io abbassai gli occhi al ricordo doloroso di quel giorno. Quante cose erano cambiate da allora? Tantissime. La mia vita era stata totalmente stravolta.
"So di averti fatto del male, Leah" cominciò. Io cercai di bloccarlo, ma lui andò avanti: "No, ascolta. Non volevo finisse così. Volevo dirti che quello che ho provato con te era un sentimento vero e sincero, ma ciò che mi è successo ora è connesso con la mia natura di lupo. E' una specie di magia, non so spiegartelo bene. So che non è facile, ma ti prego di perdonarmi, perché non è qualcosa che io ho voluto, anche se ora mi rende felice. E non incolpare neanche Emily, lei davvero non c’entra nulla”
"Non c'è bisogno che ti giustifichi, Sam" sussurrai, perché sentivo la voce tremare.
"Non si tratta di giustificarmi, voglio solo spiegarti le cose come stanno..."
"Questo non servirà a cambiarle"
"E invece sì, perché non voglio che tu serbi rancore nei confronti miei e di Emily. Sappi che sono stato io ad andare da lei"
"Sì, ma lei non ti ha rifiutato" dissi con voce sempre più tremante.
"Non è come pensi..."
Ora volevo davvero finirla, non avevo bisogno di sentire le sue scuse. "Basta. E' finita Sam. E' stato bello finché è durato, ora lasciami in pace e non mi cercare. E' meglio per entrambi, credimi"
"Ma..."cercò di continuare lui.
"Addio, Sam" dissi, e corsi via da lui, prima che potesse vedermi piangere.

Dunque era così che stavano le cose. Sam era un licantropo. Non potevo crederci, sembrava la concretizzazione di un incubo. Sam, un mostro sanguinario, una…bestia! Non potevo crederci, lui, che era stato sempre così buono e quieto, ora era una sorta di lupo dagli istinti omicidi! E poi, cos’era questa storia dei freddi? Esistevano davvero? L’uomo che avevo visto nel bosco era uno di loro? La paura per qualcosa di così inspiegabile e pericoloso mi assalì all’improvviso.  La cosa più spaventosa, poi, era ciò che erano capaci di fare: come dimenticare ciò che era successo ad Emily! E il bello era che, nonostante ciò, lei si era comunque innamorata di Sam. Forse allora era vero che l'amore era più potente di tutto?
La confusione pervadeva i miei pensieri.
"Leah, è ora"
Mi riscossi dai miei pensieri al suono della voce di mia madre.
"Ora vado" la rassicurai.
Visto che ero già pronta, presi solo la borsa nella mia stanza e mi diressi all'ospedale.
Cosa stavo facendo? Avevo troppa paura di incontrarla...Ma ormai ero costretta a farlo.
Entrai nel consueto corridoio che portava alla stanza di Emily e mi fermai un attimo davanti alla porta. Dovevo farmi coraggio. Per un momento mi ricordai l'ultima volta che ero stata lì, e l'incubo di rivedere ciò che era successo tornò. Ma non era possibile, quindi, prima che le mie gambe scappassero e non avessi più il coraggio di fare ciò che stavo per fare, aprii la porta.
Emily, molto dimagrita, stava guardando fuori dalla finestra, e quando entrai si girò verso di me.
"Leah!" esclamò stupita.
La guardai: il suo volto nascondeva la sofferenza che portava dentro, ma che dagli occhi spenti traspariva. Perché soffriva? Non aveva forse trovato ciò che aveva sempre desiderato?
"C-come stai?" chiesi.
"Bene, ho un po' paura per domani..." rispose.
Calò un silenzio imbarazzato. Non sapevo cosa dire, in fondo era lei che voleva parlarmi. Forse stava cercando le parole giuste, chi poteva saperlo?
"Sono contenta che tu sia venuta, ormai non ci speravo più" cominciò "Io..."
"Non c'è bisogno che tu mi dica nulla" intervenni, per non risentire ancora le stesse cose dette da Sam "Ho capito tutto"
"E invece no!" esclamò. Mi accorsi che aveva le lacrime agli occhi quando continuò: "Io voglio dirti di tornare da Sam! Va’ da lui, sei tu la sua ragazza..."
"Ma cosa dici? Ora vuoi fare anche la parte di quella che rinuncia al suo ragazzo per non ferire i sentimenti della sua ex? Non mi convinci!" dissi acida. Tutto il dolore e la frustrazione che mi avevano colpito in quei giorni mi stavano ribollendo dentro e aspettavano solo di poter essere scagliati fuori.
"No, ti sbagli" protestò lei.
"Se mi sbagliassi, non ti avrei trovata a stringere la mano al mio ragazzo!" urlai senza più controllo di me stessa.
Lei chiuse l'occhio non bendato, con un sospiro. "Lo so, ho sbagliato, ma non pensavo che saresti arrivata in quel momento. No...non pensare che volessi fare le cose di nascosto. Quella era solo la seconda volta che Sam veniva da me. Ed entrambe le volte ho cercato di rifiutarlo. In quel momento mi aveva preso le mani cercando di convincermi. Ma io non volevo, gli dicevo di tornare da te, perché tu sei il suo vero amore!"
"Tutte storie! Te lo stai inventando!"
"No, Leah...non ti ho mai mentito, e mai lo farò" disse lei calma.
Cercai di schiarirmi la mente, ma non era facile. Era vero, Emily non mi aveva mai mentito, né era tipo da fare cose così meschine. Ma...il rancore e la rabbia erano troppe.
"E allora perché Sam è venuto da me dicendomi di perdonarti, se tra voi non è successo nulla?" chiesi cercando di contenere il mio tono di voce.
Lei fece uno sguardo colpevole.
"Perché...perché...oh, no, Leah, basta..."
"Dimmelo! Sii sincera come dici!"
Lei scosse la testa.
"Perché lo ami anche tu, vero?" domandai, anche se sapevo già quale fosse la risposta.
Lei smise di scuotere la testa.
"Io non volevo, non volevo che finisse così" disse Emily piangendo "Ma forse si può ancora tornare indietro, va’ da lui e convincilo"
Riflettei per un momento su questa possibilità. Ma non potevo, non con Emily in quelle condizioni. E poi, da quello che mi aveva detto Sam, il loro legame era speciale, connesso con la sua natura di lupo.
"No, è troppo tardi ormai" decretai "Sam mi ha parlato del vostro legame"
Lei alzò l’occhio verso di me per un momento.
"Beh, se è come ha detto lui, io mi farò da parte" dissi, anche se il cuore mi urlava tutto il contrario.
"No, ti prego, finire per sentirmi per sempre in colpa!"
"No...non devi farlo" cercai le parole giuste da dire. Ormai avevo preso la mia decisione, e anche se non era ciò che volevo, era ciò che doveva essere fatto. Solo mentre lo pensavo lo capii. “Sei tu quella che Sam deve amare”
Lei scosse la testa, preda della disperazione. Ma ormai le cose non si potevano cambiare.
"Credimi Emily. Ora l'ho capito" non era affatto vero, ma se volevo che la farsa continuasse, dovevo continuare a fingere.
Lei pianse ancora. Mi dispiaceva vederla così, ma ormai era fatta: Sam amava lei, non si poteva più tornare indietro.
Era incredibile, riusciva ad amarlo nonostante ciò che le aveva fatto. Non aveva paura di lui e che ciò che era successo potesse in qualche modo ripetersi? Questo confermava il mio pensiero, e soprattutto la mia decisione.
La salutai un'ultima volta prima di andarmene.
E così alla fine ero riuscita anche a parlare con Emily. Dentro di me c'era un misto di sensazioni, quasi tutte sgradevoli. Sapevo che, dicendo tutte quelle cose, avevo decretato la mia sorte. D'ora in avanti sarei stata solo Leah Clearwater, senza Sam, senza nessuno. Avrei rinunciato per sempre all'amore, perché avevo perso l’unico amore che potessi avere. Ormai sapevo che era così.

Il giorno dopo tolsero la bende ad Emily. Andò tutto bene. L'occhio avrebbe ripreso le sue normali funzioni dopo un po'. Per lei tutto era andato per il meglio. Tra noi, invece, le cose non sarebbero più state quelle di una volta. Speravo solo che smettesse di sentirsi in colpa. Io, dalla mia parte, non sapevo se sarei riuscita a perdonare. Forse un giorno ci sarei riuscita. E allora finalmente sarei stata libera. Per sempre.


Salve a tutti! Prima di tutto vorrei scusarmi per il ritardo osceno nel pubblicare questo capitolo! Purtroppo ho avuto diversi impegni (fra i quali la scuola!), che mi hanno impedito di pubblicare in tempo! Quindi se potete, non mi ammazzate (XD)!!
Detto questo, torno alla storia. Allora come avete potuto notare, in questo capitolo succedono parecchie cose: Leah intrapende un lavoro estivo per non pensare a Sam; Lise raggiunge finalmente la sua felicità, purtroppo proprio quando invece la sua amica la perde; Sam si rivela nella sua natura di licantropo e in fine si ha il momento fondamentale nel quale Leah ed Emily si affrontano ed arrivano alla conclusione più triste per la protagonista. In questo capitolo ho voluto inserire anche una prima comparsa dei vampiri, segno del fatto che ormai temporalmente ci stiamo avvicinando all'inizio della storia della Meyer! Fatte queste considerazioni, passo a rispondere alle recensioni:
Shine: Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto! E soprattutto sono contenta di essere riuscita a comunicarti le sensazioni di Leah. Ho sempre un po' paura con l'analisi psicologica dei personaggi, è uno dei miei difetti. XD A parte questo, spero che questa parte così depressiva per Leah non ti stia stancando, e spero che apprezzerai anche questo capitolo! Ciao tvtttb
Sweetmoon:Ciao! Che bello vedere che continui a recensirmi! E grazie anche per i tuoi complimenti, anche se non credo di meritarmeli tutti! (*.*) Spero che anche questo capitolo continui a comunicarti tutte le sensazioni di Leah, io ho fatto il possibile per renderle! Mi raccomando, mi aspetto altre tue recensioni, fammi sapere!!! =)
Padme Undomiel: Salve! Prima di tutto grazie per la recensione, così professionale, come sempre (U.U). Sono contenta che il cap. ti sia piaciuto, avevo paura che fosse uscito peggio degli altri. Spero che l'analisi psicologica di Leah proceda bene! Per questo cap.: spero che questa versione finale ti sia piaciuta. Ho aggiunto la comparsa di Jacob, e ho inserito anche il padre di Leah che nel prossimo cap. sarà importante! Infine ti volevo ringraziare per il lavoro che fai per me (XD TVTTTTTTB) e spero che la storia continui a piacerti!! Ziau :)
SaryKrum Ianevski: Ciao! Che bello ricevere la recensione di qualche nuovo lettore! Sono contenta che il personaggio di Leah ti sia piaciuto! *.* Spero che questo anche questo cap. ti piaccia! Fammi sapere, magari in modo più dettagliato, così posso vedere anche come rendere meglio la mia storia! Grazie!!

Ringrazio anche chi ha solo letto il capitolo. Mi raccomando se avete l'account RECENSITE, mi serve davvero! Grazie e alla prossima!

Mystery Anakin    

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Mystery Anakin