Videogiochi > Tekken
Segui la storia  |       
Autore: Evilcassy    12/11/2009    6 recensioni
Il 6° Torneo del Pugno d'Acciaio finisce con la morte dei Mishima e di Jin Kazama, e il crollo dell'impero della Mishima Zaibatsu e della G.Corp. Nina Williams è ora braccata da varie fazioni che cercano di ucciderla, ma inaspettatamente, il suo destino cambierà radicalmente. - EPILOGO E DOVUTI RINGRAZIAMENTI.
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nina Williams, Sergei Dragunov
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Chilling Saga'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Two Pairs of Chilling Eyes

 

21: La Pared.

 

Era riuscita a smettere di piangere, ma continuava a restare rannicchiata nel letto freddo, abbracciata al cuscino.

Si sentiva spezzata, sfibrata, come se quegli occhi di ghiaccio, così carichi di disprezzo nei suoi confronti, avessero cancellato qualsiasi traccia di linfa vitale.

Vuota come quell’appartamento spartano e freddo, quando l’avrebbe voluto riempito da almeno un’altra persona.

Che invece se ne era andata sbattendo la porta, lasciandola sola.

Sola, come quando scappava dagli americani che la braccavano, prima che venisse colpita da quel (benedetto) proiettile nella gamba.

Sola come a Dublino, bersaglio dei suoi ricordi, della pioggia e della primavera umida e timida dell’Irlanda.

Sola come nell’entrata dell’Hotel Supreme, con il fucile in braccio, mentre nella stanza di fianco si festeggiava la nascita di suo nipote, quando lui era venuto di persona a recuperarli.

Sola come nella prigione di Alexandersson, quando ormai era certa che per lei fosse arrivata la fine, in compagnia del dolore, delle allucinazioni e della febbre, quando lui l’aveva portata via, mandando a quel paese tutto e tutti,  pur di salvarla.

Sola buio del coma, Sola con i test di gravidanza tra le dita, Sola sull’aereo per e da Nassau, Sola ad uccidere un uomo davanti a sua figlia, Sola in quella casa, a lasciarsi inghiottire dalle proprie lacrime.

 

Ed adesso?

Lo sguardo di Sergei era stato eloquente. Disprezzo, disgusto, rabbia. Si era voltato perché non sopportava di vederla davanti agli occhi. Doveva sparire.

La sua fiducia era qualcosa di prezioso, liquido raro spillato per poche persone, tra cui lei.

E non era solo una questione di fiducia. C’era di più –altrimenti non avrebbe avuto quella reazione, altrimenti non le avrebbe lanciato quello sguardo terribile.

Qualcosa che lei non aveva compreso ed apprezzato sino in fondo. Che diavolo si aspettava, gesti plateali, dichiarazioni da film?

Pensava di avere in mano della sabbia, ed invece era polvere d’oro quella che si era lasciata sfuggire tra le dita. E quando se ne era accorta, era troppo tardi, e il palmo era vuoto.

Stupida.

Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso.

Idiota.

 

Si alzò dal letto come se fosse stata un automa. C’era solo una cosa da fare.

Non aveva più senso restare in quella casa, non aveva più senso ferirsi con quelle lame azzurre che sino a pochi giorni prima le rivolgevano sguardi molto diversi.

Aprì la valigia sul letto, era ancora piena dei vestiti che si era portata alle Bahamas. Non li tolse, ma la riempì ulteriormente con tutti gli altri suoi vestiti presenti nella camera.

Poi si trascinò nella loro camera (no, nella camera di Dragunov) a prendere quelli che le mancavano.

Ne aveva un paio in quell’armadio. Si fermò un attimo a fissare la divisa di ricambio di Sergei appesa.

Gliel’aveva mai detto che quella divisa gli stava alla perfezione, e che adorava quando abbandonava il berretto sul tavolo e si sfilava al volo la cravatta, senza smettere di guardarla negli occhi, avvicinandosi a lei?

E che quando partiva sentiva sempre una fitta nello sterno, perché aveva sempre quel blando timore di non vederlo tornare?

 

E perché solo adesso notava che il braccio che Sergei gettava sul suo fianco quando si addormentavano sfiniti dalla passione era diventato un abbraccio sicuro e gentile?

Che i suoi baci non erano solo quelli con cui divorava le sue labbra nel mezzo della passione, ma anche quelli che percorrevano le sue mani, che saggiavano la sua pelle, che la salutavano al mattino e alla sera?

 

Si sedette sul letto.

Non aveva capito niente, e aveva rovinato tutto.

Sarebbe stato magnifico, se solo lei avesse fatto incrinare quella parete di ghiaccio che si era costruita.

Perché lui per lei l’aveva fatto.

E se lei fosse stata un pochino meno stupida e più umana, dentro di lei ci sarebbe ancora stato un figlio dall’uomo che…

amava.

E avrebbe corso il rischio di essere lasciata, di litigare, di finire nei guai, per proteggere ciò che più li avrebbe uniti.

Ma non era stata abbastanza forte.

 

Aveva bisogno di parlare con Anna. O forse no, con Steve.

No… suo figlio stava vivendo la sua vita magica, lontano migliaia di chilometri, perché intristirlo o farlo preoccupare?

E Anna… ora a Nassau era notte inoltrata, svegliarla sarebbe stata una cosa stupida.

Scivolò sul copriletto.

 

Sarebbe andata al comando e avrebbe presentato le dimissioni, chiedendo di lasciare il paese.

Si, il dopo-Sergei doveva assolutamente cominciare dall’altra parte del mondo, senza neve e senza freddo, perché nessuno l’avrebbe più riscaldata.

E se non le avessero concesso di dimettersi… beh, che almeno le dessero un altro alloggio.

Lì non poteva più restarci.

Faceva troppo male.

 

La chiave che girava nella toppa la scosse dai suoi pensieri. Aveva passato ore e ore sul letto, pensando e ripensando a tutti i momenti, in quei due anni, vissuti Sergei.

Si alzò di scatto, il fiato che le mancava. Percorse lentamente, quasi come se fosse nel bel mezzo di una missione, impegnata a non dover fare il minimo rumore, pena la propria vita.

Nina si affacciò alla sala, conscia che stava aprendo il capitolo conclusivo, che era arrivata alla resa dei conti. Sergei Dragunov, seduto sul divano, sembrava attenderla.

La donna rimase appoggiata allo stipite, mantenendo le distanze, temendo ogni singola parola, gesto, espressione che le sarebbe stata rivolta.

Dopo un lungo silenzio, fu lui il primo a parlare.

“Ho pensato a tutto quello che è successo.” Fece una pausa, guardandola vagamente, quasi senza incrociare il suo sguardo. “E credo proprio che non si possa continuare così.”

Nina annuì. “Hai ragione. Chiederò al comando di accettare le mie dimissioni e di permettermi di lasciare il paese. Oppure” Prese respiro e forza, cercando disperatamente di cancellare quel leggero tremolio della voce: “di assegnarmi un altro alloggio. Così non funziona, è distruttivo.”

Dragunov rimase immobile un istante, come se stesse soppesando le sue parole, se le stesse metabolizzando, poi si alzò in piedi, raggiungendola a passi lenti. “Vorresti davvero andar via?”

“Si.” rispose veloce. Poi però si morse le labbra, serrando le ciglia, intrappolando le lacrime al suo interno. Non era vero. L’unica cosa che voleva davvero era tornare indietro nel tempo alla sera prima, anzi, alla settimana precedente, digli subito che era incinta, parlare subito con lui e trovare una soluzione, un accordo, qualsiasi cosa. Ma non esisteva nessun tasto REWIND da nessuna parte.

Non si azzardò ad aprire gli occhi, neppure quando sentì il fiato di Sergei sul suo volto e le sue mani tra le sue, le dita che si intrecciavano.

“Sono successe tante cose, Nina, e ci siamo spinti troppo oltre. Sarebbe meglio rientrare nei ranghi, riprendere il controllo, non trovi?”

Nina annuì di nuovo, abbassando il volto. Il Capolinea.

Le labbra di Sergei premettero sulla sua fronte. “Andarsene, restare… La decisione spetta a te. Io la mia l’ho già presa. E spero tu sia d’accordo.”

Sfiorò le sue labbra con le sue, le accarezzò, le assaporò, come se fosse la prima (e non l’ultima) volta che le sentiva sulle sue. Le sue mani si chiusero a pugno su quelle di Nina, che tentava disperatamente di imprimere dentro di sé, nella sua mente, nella sua memoria, il tepore di quel bacio.

Si staccò lentamente, come se volesse prolungare quell’attimo il più possibile. Appoggiò la fronte sulla sua. Un secondo. E poi si staccò, si voltò, riprese il berretto della divisa dal mobile su cui l’aveva abbandonato e uscì.

Sola.

Sola di nuovo con le lacrime che scendevano dagli occhi, con il suo profumo nelle narici e le labbra che sapevano ancora di lui.

 

Fu solo dopo un istante che si rese conto che aveva entrambi i pugni chiusi, stretti al suo petto.

E che c’era qualcosa dentro la sua mano sinistra. Qualcosa di duro, circolare. Una moneta, forse. Qualcosa che Sergei aveva fatto scivolare sul suo palmo mentre la baciava.

Nina Williams schiuse le dita della mano. E scivolò per terra lungo lo stipite della porta, la bocca spalancata, il cuore che sembrava esploderle nel petto.

Aveva in mano la decisione di Sergei Dragunov.

C’era un anello sul suo palmo.

 

 

 

=========================================================================

 

PAUUUURA EH????

TEMEVATE, EHHHH????

Ecco il PENULTIMO (?)capitolo di questa fortunata serie!

Capitolo molto introspettivo, triste… e anche sdolcinato. (e OOC---soprattutto nel caso di Nina)

Scusate, ma avevo dimenticato il sadismo giù in cantina. Lo vado a riprendere? Meglio, eh?

Vi ringrazio per la penultima volta, voi, miei fedeli recensori… e anche chi ha seguito questa storia, chi l’ha messa tra i preferiti, chi l’ha leggiucchiata e l’ha chiusa arricciando il naso…

Insomma, tutti quelli che hanno cliccato su Two Pairs of Chilling Eyes.

Il titolo è una (splendida) canzone di Shakira.

Alla prossima… ma non temete, non ho intenzione di sparire. Non tanto presto, almeno. ;)

EC

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Tekken / Vai alla pagina dell'autore: Evilcassy