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Autore: Neve nera    14/06/2005    1 recensioni
La storia è ambientata più o meno nel periodo in cui Lorelai sta insieme a Jason, Rory è a Yale e Jess è già partito; proprio il ritono di quest'ultimo sconvolgerà i sentimenti della giovane Gilmore. Inoltre che tra Lorelai e Luke cominci ad esserci qualcosa di più di una semplice amicizia??!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano quasi le nove di sera; era passata quasi un’ora da quando aveva incontrato i suoi occhi, sempre così luminosi e penetranti, talmente chiari che non appena si posavano su di lui gli provocavano una scossa che saliva per tutto il corpo, facendogli qu

              Il coraggio di amare

 

 

Strani risvegli

 

Erano quasi le nove di sera; era passata quasi un’ora da quando aveva incontrato i suoi occhi, sempre così luminosi e penetranti, talmente chiari che non appena si posavano su di lui gli provocavano una scossa che saliva per tutto il corpo, facendogli quasi perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Dopo tanto tempo aveva avuto di nuovo la possibilità di vedere il suo viso, leggermente più diverso da quello che ricordava; naturalmente era sempre la Rory che aveva conosciuto anni fa ma, quel visetto che un tempo gli appariva così simile a quello della ragazzina che era, ora era quello di una donna matura che aveva già cominciato a frequentare il collage.

Mentre pensava a tutto ciò che riguardava Rory, Jess continuava a camminare su è giù per la città, ignorando deliberatamente sia tutte le facce che non appena lo vedevano non perdevano l’occasione di voltarsi, fissarlo e bisbigliare qualcosa a suo riguardo, sia il freddo dell’inverno, che più trascorreva il tempo e più si faceva pungente. Dopotutto, però, si trovava a Stars Hollow. Quante volte, da quando se ne era andato, aveva pensato di ritornare in questa città, tentando di rimediare a tutti i suoi errori e ricominciare tutto da capo, ma quante volte, ancora, si rendeva conto che non era possibile e, il più in fretta che poteva, accantonava quell’idea apparentemente così stupida. Ora però si trovava lì, precisamente di fronte al locale di Luke, il locale di suo zio, l’unica persona che fosse riuscita capire il suo carattere, trovando il modo di trattare con lui, andandoci più o meno d’accordo. Come quella volta in cui lui e Rory avevano fatto l’incidente con l’auto e lei si era rotta un polso. Quella volta tutti lo avevano fatto sentire colpevole e miserabile più di quanto già non si auto-ritenesse, continuando a ripetergli che era stata tutta colpa sua e che Rory era in ospedale per essersi fidata di lui; tutti lo facevano sentire così, tutti tranne uno, Luke. Suo zio quel giorno, pur di difenderlo, aveva litigato perfino con Lorelai, una persona che non gli era per nulla indifferente (nonostante Luke non volesse ammetterlo); inoltre, invece di pentirsi di ciò che aveva fatto, era andato a cercarlo per tutta Stars Hollow e, quando lo aveva trovato, era rimasto seduto accanto a lui per tutto il tempo. Luke, infondo, era uno dei principali motivi per cui era momentaneamente tornato e questo non poteva negarlo.

Quando vi si trovò davanti, il ragazzo entrò all’interno del locale, chiudendo la porta d’ingresso alle sue spalle e dirigendosi al piano di sopra, dove, in quel momento,  si trovava il fratello di sua madre. Non appena entrò nell’”appartamento”, Jess si diresse verso il frigorifero, dove vi depositò il latte con i cereali che aveva comperato poco fa al supermercato.

 

“hai preso tutto quello che ti serve?!

 

“sì…”

 

“bene…dormirai sul tuo solito letto...e…avrai i tuoi soliti posti in cui mettere la tua roba e…”

 

“lo so…non sono stato via trent’anni….ricordo ancora com’è fatta più o meno la stanza!”

 

“non si sa mai!”

 

“bè…ho visto che hai aperto un locale…carino…mi ricorda qualcosa, come se ci avessi lavorato…che dici, sarà un flashback?! 

 

si certo…sei molto spiritoso!...vado a chiudere il mio “nuovo” locale…comincia a sistemarti!”

 

Mentre Luke si stava avviando verso la porta, Jess, che in quel momento stava sistemando alcuni dei suoi vestiti sopra al letto, si voltò di scatto, con un espressione in volto totalmente diversa dalla precedente.

 

“ehi….grazie!”

 

“e di cosa?!

 

“per non avermi chiesto perché sono tornato…o per quanto rimarrò!”

 

“…quello che mi interessa e che tu stia bene…”

 

Dopo aver detto quelle parole, Luke aprì la porta di quello che un tempo era l’ufficio di suo padre; prima di uscire, però,  si voltò di nuovo verso il nipote, che in quel momento stava fissando il suo zaino, come se avesse intrapreso con quest’ultimo una sorta di dialogo metafisico.

 

comunque…sono davvero felice…che sei tornato a vivere qui…per ora!”

 

“…sono tornato da l’unica persona di cui mi fido….”

 

I due si scambiarono uno dei loro soliti sintetici sorrisi, ma che al loro interno contenevano tutti i sentimenti che i due provavano in quel momento.  Come succedeva oramai da tempo, tra di due non servivano mille parole per descrivere quello che provavano l’uno per l’altro, ma anche un semplice grazie era sufficiente; forse, era proprio per questo motivo che i due tanto litigavano quanto si trovavano d’accordo.

Dopo aver richiuso la porta alle sue spalle, Luke cominciò a pensare al ragazzo che in quel momento si trovava dall’altra parte della porta, sperando che quel trasloco, da momentaneo, tornasse ad essere permanente.

 

Con la stessa velocità con cui giunse la notte, il sole si levò alto nel cielo, cercando, invano, di far sciogliere quel telo bianco che ormai da giorni ricopriva gran parte della città. A differenza del giorno precedente, però, il gelo era meno pungente e penetrante; questo fatto allietava in particolare chi, come Lane, Zack e Bria, vedevano nel riscaldamento un, a dir poco, problema economico. I tre, infatti, nonostante il gelo, tentavano in tutti i modi di riscaldarsi, per la maggior parte del tempo, con cappotti e coperte di tutti i tipi; di conseguenza, naturalmente, ciò provocava non poche litigate tra gli abitanti dell’appartamento, soprattutto tra chi non aveva dei caratteri decisamente compatibili.

 

“ZACK!...”

 

“…Lane…Che c’è?”

 

“che c’è!?...c’è che il riscaldamento è ancora acceso!”

 

“ah…avrò dimenticato di spegnerlo!”

 

“…ti rendi conto che sono le nove passate del mattino…e il riscaldamento è ancora acceso!?perchè poi?!...ah sì certo…le tue amichette hanno la pelle talmente delicata e soffice che non si può permettere al gelo di sciuparla, come del resto è già successo al loro limitati cervelli!”

 

“prima era solo un sospetto…ma ora ne sono convinto: TU HAI DEI PROBLEMI MOLTO GRAVI!”

 

Come accadeva per la maggior parte del tempo, Zack e Lane stavano litigando, ieri per la bolletta del telefono, oggi per il riscaldamento, domani per chissà quale altro motivo. Mentre i due iniziavano la mattina dando libero sfogo alla loro reciproca semi- antipatia, Brian continuava a consumare la sua colazione, ossia una scodella di latte con all’interno dei cereali al riso; non che questi ultimi rispecchiassero l’ideale della colazione perfetta ma, visto che quelli al cioccolato costavano un dollaro in più, era di certo meglio di due fette biscottate con sopra un goccia di marmellata. Intanto che stava mangiando, però, un particolare del “dialogo” tra i due coinquilini lo lasciò leggermente perplesso, tanto che non lasciò trascorrere un secondo di più e espresse subito la sua incertezza.

 

“Sei strana!”

 

Nel sentire quella tanto strana quanto improvvisa affermazione rivolta a Lane, quest’ultima rimase pressoché scioccata, assumendo un’espressione che lasciava trasparire completamente la sua momentanea confusione. Dal canto suo Zack, invece, non sembrava effettivamente sorpreso da ciò che aveva appena detto l’amico;al contrario, sembrava quasi spaventato, come se il suo sesto senso avesse già intuito l’errore che Brian  stava per commettere di li a pochi secondi. 

 

“e perché sarei strana?!

 

“bè…te la stai prendendo tanto perché Zack si è dimenticato il riscaldamento acceso, ma l’incidente alla batteria non ti ha nemmeno sfiorata!...sei strana!”

 

“…q…quale…i…incidente alla…BATTERIA!”

 

Dal tono di voce con cui Lane pronunciò l’ultima parola della sua così traballante frase, si intuiva perfettamente il fatto che la “tragedia”stava, oramai, bussando alla porta. In quel millesimo di secondo le reazioni dei tre ragazzi furono ognuna diversa dall’altra: Lane sembrava si trovasse con il corpo in cucina assieme agli altri, ma con la testa in un pianeta in cui ci fossero mille idee per dare libero sfogo ai sentimenti di rabbia e disperazione che in quel momento avevano intrapreso una dura battaglia all’interno della sua mente; Zack, dalla disperazione, o forse dalla paura, si copriva il volto con la mano destra aperta, come se quel gesto gli permettesse di scomparire improvvisamente da quella stanza, soprattutto, dallo sguardo di Lane che, in quel momento, si faceva sempre più penetrante e accusatore; Brian, invece, non capendo assolutamente tutto quel gioco di sguardi e occhi che andavano su e giù per la stanza, preferì ritornare ad occuparsi della sua colazione.

Il silenzio che, da alcuni minuti, sembrava non voler abbandonare la stanza, venne improvvisamente spezzato dall’unica ragazza del trio, i cui occhi non smettevano di apparire profondamente spaventati per ciò che avrebbero visto. Lane, senza lasciar trascorrere altri secondi inutili, si diresse, con un aria a dir poco spedita, verso la stanza in cui si trovavano gli strumenti e dove i ragazzi trascorrevano gran parte del loro tempo per provare i pezzi assieme a Gil, l’altro membro del gruppo.

Ciò che la ragazza vide, piuttosto della realtà, pareva più la rappresentazione di uno dei suoi peggiori incubi. I piatti, sui quali fino a ieri ci si poteva specchiare, ora erano decorati con decine di dediche, scritte con un pennarello indelebile di un colore fucsia acceso; delle due bacchette, una sola era presente all’appello, per di più scheggiata in più punti del legno; infine, per rendere il tutto più drammatico di quanto già non fosse, oltre alle scritte fucsia erano incisi con una chiave i nomi delle artefici di tutta l’opera d’arte. A quella vista il cuore della ragazza sembrò bloccarsi di colpo come, del resto, il suo respiro; le mani che fino a poco fa tremavano in una maniera indescrivibile, ora si erano fermate, forse rassegnate nel vedere lo stato in cui era stato ridotto uno degli oggetti a cui Lane teneva di più. Pochi secondi dopo dal suo arrivo nella stanza, dietro di lei arrivarono anche Brian e Zack; quest’ultimo, in particolare, non sapeva cosa dire o, per lo meno, cosa fare per rimediare a ciò che era successo la sera precedente. Il disastro, infatti, era stata opera delle ragazze che la sera precedente erano rimaste nell’appartamento, Pamela ed Emma, i cui nomi erano risaltavano in maniera abbastanza evidente sulla batteria della giovane Kim.

 

“L…Lane…mi dispiace…te la pagherò io…non preoccuparti!”

 

Aveva faticato così tanto per avere quella batteria. La prima volta che l’aveva vista era stato nel negozio di musica che avevano aperto a Stars Hollow; era un sogno, uno di quei sogni che ti si materializzano davanti agli occhi, ma che sono quasi impossibili da toccare con mano da quanto sono lontani dalle proprie possibilità. A quel tempo abitava ancora con sua madre e l’idea di poter suonare all’interno di una band era possibile quanto quella di convincere Marylin Manson a diventare cattolico; in altre parole era impossibile. Era ancora il periodo in cui era obbligata a nascondere i cd, comperati in segreto da Rory, sotto al pavimento, in modo tale che sua madre non se ne accorgesse. Quel sogno, però, apparentemente così irrealizzabile, era divenuto realtà: dopo essere riuscita a convincere la proprietaria a farle suonare la batteria quando il negozio era chiuso, tutto aveva cominciato ad essere meno impossibile. Aveva imparato a suonarla come lei aveva sempre sperato, in più, dopo poco, incontrò Zack, Brian e Dave; quest’ultimo, in particolare, era uno di quei pensieri che rendeva tanto speciale lo strumento. Dave, dopotutto era stato l’unico ragazzo di cui si era davvero innamorata. Quello fu uno dei periodi più belli della sua vita; perciò, venne naturale trasformare la batteria nell’oggetto più importante che aveva, in quanto simboleggiava il totale cambiamento della sua vita e l’inizio di una nuova.

Ora, però, la sua batteria era completamente rovinata, non tanto per le scritte che con un po’ di costanza sarebbero sparite, quanto piuttosto per le incisioni; per eliminare quest’ultime, infatti, serviva ben altro della tenacia, quanto piuttosto un bel po’ di denaro, denaro di cui ne lei ne Zack, ne Brian disponevano. Questo pensiero fece aumentare ancora di più la rabbia e il dolore  all’interno del cuore di Lane, tanto che questa non riuscì più a trattenere le lacrime che, imperterrite, scesero giù dal suo viso, catturando l’attenzione degli altri due presenti; l’ultima cosa che voleva, però, era proprio sentire un mare di bugie da parte di Zack, la cui faccia in quel momento era meglio se non avesse avuto nulla a che fare con lei.

 

“Vado a lavorare!”

 

Velocemente, asciugandosi distrattamente le lacrime, la giovane ragazza coreana uscì dall’appartamento, lasciando i due ragazzi all’interno della sala prove.

 

“Te l’avevo detto…è strana…!”

 

Erano anni, ormai, che Zack conosceva Brina, perciò l’ultima frase che quest’ultimo gli aveva rivolto era pressoché scontata; era inutile prendersela con lui, dopotutto la colpa non era di Brian, ma sua e della sua enorme stupidaggine. In quel momento dire che si sentiva un’idiota era un eufemismo; la sensazione che stava provando in quell’istante, infatti, era mille volte più massacrante del semplice sentirsi un’idiota. Ma perché si sentiva così!? Non era la prima volta, infondo, che una delle sue amiche combinava qualche guaio; ma, ora che ci pensava meglio, era la prima volta che questo guaio andava a toccare proprio Lane. Non sapeva cosa significasse quel forte sentimento di colpa che stava provando nei confronti dell’amica, l’unica cosa di cui fosse certo, però,  era che gli stava bloccando la respirazione.

 

“ho bisogno di un po’ d’aria!”

 

Nel frattempo Lorelai, dopo aver salutato Sookie che era giunta a quell’ora del mattino per riprendere il piccolo Davey, si diresse verso l’unico posto di Stars Hollow che potesse renderle quel risveglio, che era stato così frustrante, leggermente più positivo. La donna indossava un paio di jeans scuri, una maglietta nera a collo alto con sopra il giubbotto corto di pelle dello stesso colore e una sciarpa blu notte talmente lunga che le cadeva fin sotto al ginocchio. In altre parole, i vestiti che indossava in quel momento rispecchiavano alla perfezione il suo attuale stato d’animo, che era ben lontano dall’essere definito solare. Quegli occhi che il giorno prima trasparivano felicità da tutti i pori ora erano visibilmente stanchi e per nulla luminosi.

Mentre la proprietaria dell’ormai prossimo Dragon fly Inn stava camminando per le strade ricoperte da una fitta coltre di neve, il telefono che si trovava dentro alla sua borsa, dello stesso colore della maglietta e del giubbotto, squillò, provocandole un brusco ritorno alla realtà.

 

“ciao mamma!”

 

“Rory…ciao!”

 

“…in questo momento hai lo stesso tono di voce di quella volta che Kirk ci aveva fatto ascoltare il nuovo cd degli ‘N Sync tutto di fila …!”

 

“…non ricordarmi quel giorno…ogni volta che ci penso il mio occhio destro comincia a tremare in un modo preoccupante!...comunque diciamo che non ho dormito molto bene!”

 

“me l’aspettavo!”

 

“cosa ti aspettavi?!

 

“questo!”

 

questo cosa?!”

 

“il fatto che non hai dormito!...Davey ha più resistenza di te nel fare le ore piccole!”

 

“non è per quello, anzi…si è addormentato di sasso non appena gli ho fatto vedere Titanic!”

 

Titanic!?...hai fatto vedere ad una piccola creatura innocente Titanic?!”

 

“certo…e devo dire che ha funzionato visto che non si è mai svegliato durante la notte!”

 

“ti credo! Ma…allora perché non hai dormito?”

 

“ho fatto un brutto sogno…sai uno di quelli che anche se ti svegli hai ancora l’ansia addosso, come se fosse accaduto davvero!”

 

“hai sognato la cena dalla nonna di questa sera?!

 

“ho detto che è stato un brutto sogno e non un incubo!”

 

raccontalo a qualcuno così non si realizza!”

 

“a quante persone?”

 

“come a quante persone?!

 

“devo dirlo ad un certo numero di persone perché non si realizzi o basta che lo dica a Babette e Patty così lo saprà tutta la città in un tempo da record?!

 

“a dire il vero dovresti raccontarlo a chi era principalmente presente nel tuo sogno…a patto che non si tratti di gente come Cher o i Linkin’Park….!”

 

“ah…davvero?! …tu come stai?”

 

“sto bene…diciamo che…ora che sono a  Yale mi sento leggermente meglio!”

 

prima o poi dovrete affrontare la situazione”

 

“lo so…..ora però  ho lezione….ci vediamo questa sera dai nonni!”

 

“ok…ciao tesoro!”

 

Dopo aver riattaccato il telefono, Lorelai ripensò al sogno che aveva fatto quella stessa notte, prestando particolare attenzione al “protagonista” del suo sogno; raccontarlo proprio a lui, che in quel momento non doveva essere esattamente entusiasta nel vederla, non sarebbe stato per niente facile, era anche vero, però, che si sentiva a pezzi e, visto che era di strada, parlargli non le avrebbe fatto di certo male. Neanche il tempo di finire il pensiero che la Gilmore si trovava già di fronte all’insegna che ogni mattina le appariva davanti prima di ricaricarsi con un buon caffé, ossia la scritta “Luke’s”; all’improvviso, senza che se ne rendesse conto, una strana sensazione le salì per tutto il corpo, infondendole una insicurezza a cui non era affatto abituata, ma che in quel momento occupava l’ultima posizione nei suoi pensieri. Senza farci troppo caso, infatti, aprì la porta del locale e, o per colpa del destino o per una semplice casualità, si trovò davanti  proprio ad uno dei semi-colpevoili del suo attuale stato d’animo.

 

“c…ciao Luke!”

 

“ciao!”

 

Il modo in cui Luke aveva salutato l’amica faceva trasparire alla perfezione la profonda seccatura che quest’ultimo provava in quel momento, in modo particolare nei confronti di Lorelai, visto che quell’espressione da cane arrabbiato dipinta sul suo volto era apparsa soltanto alla vista della donna. Naturalmente, visto che lo conosceva da circa otto anni, Lorelai se ne accorse immediatamente e la colpa di quell’atteggiamento lo diede in particolar modo a quello che era successo all’arrivo di Jason il giorno precedente.

Dopo averla salutata in quella maniera così poco cordiale, Luke si diresse verso il bancone, cercando di evitare, in una maniera piuttosto evidente, lo sguardo di quella così abituale cliente che pochi secondi fa aveva varcato la soglia del suo locale; ma come era suo solito fare, Lorelai non si fece abbattere da quel tono di voce e, velocemente, raggiunse il proprietario al bancone.

Non appena, però, lei si sedette sullo sgabello, successe una cosa che, per quanto Luke se ne ricordasse, non era mai successo nel giro di otto anni: Lorelai se ne stava zitta, lanciando lo sguardo da una parte all’altra del locale, assumendo così un comportamento decisamente insolito. Quando, però, il silenzio cominciò a toccare il minuto abbondante, Danes, che in quel momento indossava una camicia blu a quadri e un berretto, naturalmente a rovescio, più o meno della stessa tonalità, alzò lo sguardo dal foglio su cui stava scrivendo e lo spostò verso la donna che si trovava davanti a lui.

 

“cosa hai fatto?!

 

“niente…perché?”

 

“perché?!...perchè da quando ti conosco non ti sei mai seduta in questo locale senza aprire bocca. Ecco perché!” 

 

“bè…non ho niente da dire!...tu…hai qualcosa da dire?!”

 

“no!”

 

“ah ok…mi…mi porti una tazza di caffè?!

 

Luke rimase per qualche altro secondo a guardarla in quegli occhi che normalmente si divertivano a metterlo in difficoltà, facendogli credere di avere la capacità di leggere al suo interno, conoscendo ogni suo sentimento ed ogni suo pensiero; ma in quel momento quei grandi occhi blu non sortivano quell’effetto solitamente così normale. Mentre, però, si stava dirigendo verso la macchina del caffè, a Luke venne alla mente ciò che era successo il giorno precedente e il modo in cui si erano lasciati; così, dando a quest’ultimo aspetto la colpa dell’atteggiamento di Lorelai, Luke si bloccò voltandosi nuovamente verso la donna.

 

“non devi preoccuparti!”

 

cosa?!”

 

“non sei obbligata ad ascoltare ogni cosa che ti dico. È vero Jess è tornato, per ora, ma me la so cavare benissimo da solo quindi…non…preoccuparti…”

 

“io…”

 

“davvero…e…e scusa per come ti ho parlato poco fa..”

 

“sono io a dovermi scusare…per quello che è successo ieri…!”

 

“ti ho detto che fa lo stesso!”

 

“no…non è vero…io volevo che restassi!”

 

A quell’ultima affermazione Luke rimase decisamente a bocca aperta. Dopo tutti i pensieri che si era messo in testa non appena aveva visto Lorelai parlare con quel piccoletto con la barba, non si sarebbe, mai e poi mai, aspettato che lei, la mattina seguente, gli rivolgesse proprio quelle parole. Dopotutto, quel nanetto, era pur sempre il suo fidanzato e non doveva apparirgli così strano il fatto che andasse a trovarla senza preavviso; ora che ci pensava meglio, infatti, non era stato poi tanto corretto da parte sua andarsene in quel modo, apparendo, così, il solito scorbutico. Era anche vero, però, che in quel momento aveva bisogno di lei, della sua voce rassicurante e vederlo arrivare così all’improvviso non era stato certo d’aiuto in quel momento. In ogni caso, ora lei era lì e pensare al “piccoletto” non sarebbe servito a nulla.

A rompere il silenzio questa volta fu Lorelai, che tentò in maniera piuttosto evidente di spostare l’attenzione verso un altro argomento.

 

“non ho dormito…”

 

“come?!”

 

“non ho dormito!”

 

“è per questo che non parli?!

 

“diciamo di si…”

 

e perché non hai dormito?”

 

se te lo dicessi ti metteresti a ridere…”

 

“non mi sono messo a ridere quando non sapevi la differenza tra mousse-vestito e mousse-dolce….penso proprio che riuscirò a trattenermi!”

 

“bè…ho fatto un brutto sogno…”

 

“un brutto sogno!?

 

“si…”

 

e sentiamo…cosa succedeva in questo brutto sogno…”

 

“te lo racconto stasera!”

 

“stasera?!...ma non devi andare a mangiare dai tuoi?!”

 

“sì…ma tu mi offrirai il DOPOCENA!”

 

“il dopocena?!

 

“esatto…non ti va?!

 

“non si può offrire il dopocena!”

 

“e perchè no!?

 

 “perché ci si incontra dopocena, si va a dormire dopocena…ma non si offre il dopocena!”

 

“sì che so offre!”

 

e in cosa consisterebbe questo...dopocena?”

 

“nel…dopocena…”

 

.…”

 

“e va bene…ti darò un indizio: è del cibo che mi offrirai dopo aver cenato…ma non so ancor cosa…deciderò prima di venire!”

 

“ho capito…ora vattene che arrivano dei clienti!”

 

“ehi…guarda che io sono un cliente!”

 

si certo…VAI!”

 

Per rendere il suo invito leggermente più convincente, Luke mosse lentamente la mano in direzione dell’uscita, assumendo un’espressione decisamente seria nei confronti di Lorelai; tuttavia, dopo che quest’ultima si alzò dallo sgabello con un volto imbronciato come quello di un bambino a cui non era stato comprato il giocattolo tanto desiderato, il proprietario del locale smise di fare il serio e lanciò a Lorelai un timido sorriso. Ogni volta che Luke le sorrideva, Lorelai si sentiva subito meglio; non sapeva come o perché accadesse, stava di fatto che quel gesto sortiva, ogni volta,  quell’effetto ; naturalmente tutto ciò non la disturbava affatto.

Velocemente, la donna uscì dal locale, questa volta con un espressione decisamente diversa da quella che aveva pochi minuti prima. Dopotutto doveva immaginarlo che andare da Luke l’avrebbe sicuramente aiutata, nonostante fosse stato proprio quest’ultimo a rendere il suo risveglio tanto ansioso; già, quel sogno l’aveva davvero turbata da quando sembrava reale e così possibile da realizzarsi. Proprio riguardo a quest’ultimo particolare, si ritrovò a pensare alle parole che la figlia le aveva detto poco tempo fa, ossia che per rendere “inoffensivo” il sogno avrebbe dovuto raccontarlo proprio a Luke e visto che farlo non le costava nulla, mentre si dirigeva al Dragon fly, si promise che durante il “dopocena ”gli avrebbe detto tutto, coraggio permettendo.

 

Solamente quando furono le sei e mezzo della sera, la giovane Gilmore aveva terminato tutti i suoi corsi e il lavoro al giornale; in quel periodo si stava occupando di un articolo che riguardava le varie confraternite presenti all’interno del collage e le diverse prove che bisognava superare per poterne farne parte. Fino a quel momento tutto sembrava andare alla perfezione, la sua mente era carica di idee e, la maggior parte, erano di gradimento al “grande capo”, ossia Doyle; ma non appena la sua mente cominciò a staccarsi dalla sua vita scolastica, tutta la sua attenzione si spostò su Jess e la sua improvvisa presenza. Ora che si trovava ancora a Stars Hollow chissà quante volte le sarebbe capitato di trovarvisi faccia a faccia, come era accaduto, del resto, il giorno prima al supermercato di Taylor; di cosa avrebbero parlato la prossima volta che si sarebbero visti?! Del suo ritorno? Della sua partenza? Di libri, o di musica, o forse non avrebbero proprio parlato, come era successo la sera precedente.

Mentre Rory continuava a riflettere su ciò che sarebbe accaduto nei giorni avvenire e di come si sarebbe dovuta comportare, il telefono della sua stanza cominciò a squillare e, subito, scattò la segreteria.

 

“Ciao Rory…sono Dean…bè…ho sentito che è tornato Jess…o meglio me lo ha detto Babette! Sicuramente tu lo sapevi già…comunque…se hai bisogno…sai che sono sempre pronto ad aiutarti. Quando senti il messaggio richiamami...ok?!..ciao”

 

Non appena il messaggio si concluse, Rory si affettò a cancellarlo; sarebbe stato saggio richiamarlo?! dopotutto ora era un uomo sposato. Era anche vero però che lui rimaneva pur sempre Dean, il suo migliore amico ed ex-ragazzo; era un suo diritto chiacchierare con lui e parlare di ciò che le era successo; e poi era stato lui a chiamarla.

Già…ma queste cos’erano…scuse?!

Cercando di cacciare dalle sua mente tutte quelle inutili preoccupazioni, la ragazza alzò velocemente la cornetta del telefono e, con la stessa velocità, compose un numero, un numero che in quel momento l’avrebbe sicuramente aiutata.

 

“Pronto!”

 

“c…ciao Dean!”

 

 

 

 

 

  
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