Il coraggio di amare
Strani risvegli
Erano quasi le nove di sera; era
passata quasi un’ora da quando aveva incontrato
i suoi occhi, sempre così luminosi e penetranti, talmente chiari che non
appena si posavano su di lui gli provocavano una scossa che saliva per tutto il
corpo, facendogli quasi perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Dopo
tanto tempo aveva avuto di nuovo la possibilità di vedere il suo viso,
leggermente più diverso da quello che ricordava; naturalmente era sempre
Mentre pensava a tutto ciò che
riguardava Rory, Jess continuava a camminare su è giù per la
città, ignorando deliberatamente sia tutte le facce che
non appena lo vedevano non perdevano l’occasione di voltarsi, fissarlo e
bisbigliare qualcosa a suo riguardo, sia il freddo dell’inverno, che
più trascorreva il tempo e più si faceva pungente. Dopotutto,
però, si trovava a Stars Hollow. Quante volte, da quando se ne era andato, aveva pensato di ritornare in questa
città, tentando di rimediare a tutti i suoi errori e ricominciare tutto
da capo, ma quante volte, ancora, si rendeva conto che non era possibile e, il
più in fretta che poteva, accantonava quell’idea apparentemente
così stupida. Ora però si trovava lì, precisamente di
fronte al locale di Luke, il locale di suo zio, l’unica persona che fosse riuscita capire il suo carattere, trovando il modo di
trattare con lui, andandoci più o meno d’accordo. Come quella
volta in cui lui e Rory avevano fatto
l’incidente con l’auto e lei si era rotta un polso. Quella volta
tutti lo avevano fatto sentire colpevole e miserabile più di quanto
già non si auto-ritenesse, continuando a
ripetergli che era stata tutta colpa sua e che Rory era in ospedale per essersi
fidata di lui; tutti lo facevano sentire così, tutti tranne uno, Luke.
Suo zio quel giorno, pur di difenderlo, aveva litigato perfino con Lorelai, una
persona che non gli era per nulla indifferente (nonostante Luke non volesse
ammetterlo); inoltre, invece di pentirsi di ciò che aveva fatto, era
andato a cercarlo per tutta Stars Hollow e, quando lo aveva trovato, era
rimasto seduto accanto a lui per tutto il tempo. Luke, infondo, era uno dei
principali motivi per cui era momentaneamente tornato
e questo non poteva negarlo.
Quando vi si trovò davanti, il
ragazzo entrò all’interno del locale, chiudendo la porta
d’ingresso alle sue spalle e dirigendosi al piano di sopra, dove, in quel
momento, si
trovava il fratello di sua madre. Non appena entrò
nell’”appartamento”, Jess si diresse
verso il frigorifero, dove vi depositò il latte con i cereali che aveva
comperato poco fa al supermercato.
“hai preso tutto quello che ti
serve?!”
“sì…”
“bene…dormirai sul tuo
solito letto...e…avrai i tuoi soliti posti in
cui mettere la tua roba e…”
“lo so…non
sono stato via trent’anni….ricordo
ancora com’è fatta più o meno la stanza!”
“non si sa mai!”
“bè…ho visto che hai
aperto un locale…carino…mi ricorda qualcosa, come se ci avessi
lavorato…che dici, sarà un flashback?!”
“si
certo…sei molto spiritoso!...vado a chiudere il mio “nuovo”
locale…comincia a sistemarti!”
Mentre Luke si stava avviando verso la
porta, Jess, che in quel momento stava sistemando alcuni dei suoi vestiti sopra
al letto, si voltò di scatto, con un espressione
in volto totalmente diversa dalla precedente.
“ehi….grazie!”
“e di cosa?!”
“per non avermi chiesto perché
sono tornato…o per quanto rimarrò!”
“…quello che mi interessa e che tu stia bene…”
Dopo aver detto quelle parole, Luke
aprì la porta di quello che un tempo era l’ufficio di suo padre; prima
di uscire, però,
si voltò di nuovo verso il nipote, che in quel momento
stava fissando il suo zaino, come se avesse intrapreso con quest’ultimo
una sorta di dialogo metafisico.
“comunque…sono
davvero felice…che sei tornato a vivere qui…per ora!”
“…sono tornato da l’unica persona di cui mi fido….”
I due si scambiarono uno dei loro
soliti sintetici sorrisi, ma che al loro interno contenevano tutti i sentimenti
che i due provavano in quel momento.
Come succedeva oramai da tempo, tra di due non servivano mille parole per
descrivere quello che provavano l’uno per l’altro,
ma anche un semplice grazie era sufficiente; forse, era proprio per questo
motivo che i due tanto litigavano quanto si trovavano d’accordo.
Dopo aver richiuso la porta alle sue
spalle, Luke cominciò a pensare al ragazzo che in quel momento si trovava
dall’altra parte della porta, sperando che quel trasloco, da momentaneo, tornasse ad essere permanente.
Con la stessa velocità con cui
giunse la notte, il sole si levò alto nel cielo, cercando, invano, di far sciogliere quel telo bianco che ormai da giorni
ricopriva gran parte della città. A differenza del giorno precedente,
però, il gelo era meno pungente e penetrante; questo fatto allietava in
particolare chi, come Lane, Zack e Bria, vedevano nel riscaldamento un, a dir poco, problema economico. I tre, infatti, nonostante
il gelo, tentavano in tutti i modi di riscaldarsi, per la maggior parte del
tempo, con cappotti e coperte di tutti i tipi; di conseguenza, naturalmente, ciò
provocava non poche litigate tra gli abitanti dell’appartamento,
soprattutto tra chi non aveva dei caratteri decisamente
compatibili.
“ZACK!...”
“…Lane…Che
c’è?”
“che c’è!?...c’è che il riscaldamento è ancora
acceso!”
“ah…avrò dimenticato
di spegnerlo!”
“…ti rendi conto che sono
le nove passate del mattino…e il riscaldamento è ancora acceso!?perchè poi?!...ah sì certo…le tue
amichette hanno la pelle talmente delicata e soffice che non si può
permettere al gelo di sciuparla, come del resto è già successo al
loro limitati cervelli!”
“prima era solo un sospetto…ma ora ne sono convinto: TU HAI DEI PROBLEMI
MOLTO GRAVI!”
Come accadeva per la maggior parte del
tempo, Zack e Lane stavano litigando, ieri per la bolletta del telefono, oggi
per il riscaldamento, domani per chissà quale altro motivo. Mentre i due
iniziavano la mattina dando libero sfogo alla loro reciproca
semi- antipatia, Brian continuava a consumare la sua colazione, ossia
una scodella di latte con all’interno dei cereali al riso; non che questi
ultimi rispecchiassero l’ideale della colazione perfetta ma, visto che
quelli al cioccolato costavano un dollaro in più, era di certo meglio di
due fette biscottate con sopra un goccia di marmellata. Intanto che stava
mangiando, però, un particolare del “dialogo” tra i due
coinquilini lo lasciò leggermente perplesso, tanto che non lasciò
trascorrere un secondo di più e espresse subito
la sua incertezza.
“Sei strana!”
Nel sentire
quella tanto strana quanto improvvisa affermazione rivolta a Lane,
quest’ultima rimase pressoché scioccata, assumendo
un’espressione che lasciava trasparire completamente la sua momentanea
confusione. Dal canto suo Zack, invece, non sembrava effettivamente
sorpreso da ciò che aveva appena detto l’amico;al
contrario, sembrava quasi spaventato, come se il suo sesto senso avesse
già intuito l’errore che Brian stava per commettere di li a pochi
secondi.
“e perché sarei strana?!”
“bè…te la stai
prendendo tanto perché Zack si è dimenticato il riscaldamento
acceso, ma l’incidente alla batteria non ti ha nemmeno sfiorata!...sei
strana!”
“…q…quale…i…incidente alla…BATTERIA!”
Dal tono di voce con cui Lane pronunciò l’ultima parola della sua così
traballante frase, si intuiva perfettamente il fatto che la
“tragedia”stava, oramai, bussando alla porta. In
quel millesimo di secondo le reazioni dei tre ragazzi furono ognuna diversa
dall’altra: Lane sembrava si trovasse con il corpo in cucina assieme agli
altri, ma con la testa in un pianeta in cui ci fossero mille idee per dare
libero sfogo ai sentimenti di rabbia e disperazione che in quel momento avevano
intrapreso una dura battaglia all’interno della sua mente; Zack, dalla
disperazione, o forse dalla paura, si copriva il volto con la mano destra
aperta, come se quel gesto gli permettesse di scomparire improvvisamente da
quella stanza, soprattutto, dallo sguardo di Lane che, in quel momento, si
faceva sempre più penetrante e accusatore; Brian, invece, non capendo assolutamente
tutto quel gioco di sguardi e occhi che andavano su e giù per la stanza,
preferì ritornare ad occuparsi della sua colazione.
Il silenzio che, da alcuni minuti,
sembrava non voler abbandonare la stanza, venne
improvvisamente spezzato dall’unica ragazza del trio, i cui occhi non
smettevano di apparire profondamente spaventati per ciò che avrebbero
visto. Lane, senza lasciar trascorrere altri secondi inutili, si diresse, con un aria a dir poco spedita, verso la stanza in cui si
trovavano gli strumenti e dove i ragazzi trascorrevano gran parte del loro
tempo per provare i pezzi assieme a Gil, l’altro membro del gruppo.
Ciò che la ragazza vide, piuttosto
della realtà, pareva più la rappresentazione di uno dei suoi
peggiori incubi. I piatti, sui quali fino a ieri ci si
poteva specchiare, ora erano decorati con decine di dediche, scritte con un
pennarello indelebile di un colore fucsia acceso; delle due bacchette, una sola
era presente all’appello, per di più scheggiata in più
punti del legno; infine, per rendere il tutto più drammatico di quanto
già non fosse, oltre alle scritte fucsia erano incisi con una chiave i
nomi delle artefici di tutta l’opera d’arte. A quella vista il
cuore della ragazza sembrò bloccarsi di colpo come, del resto, il suo
respiro; le mani che fino a poco fa tremavano in una maniera indescrivibile,
ora si erano fermate, forse rassegnate nel vedere lo stato in cui era stato
ridotto uno degli oggetti a cui Lane teneva di più. Pochi secondi dopo
dal suo arrivo nella stanza, dietro di lei arrivarono anche Brian e Zack;
quest’ultimo, in particolare, non sapeva cosa dire o, per lo meno, cosa
fare per rimediare a ciò che era successo la sera precedente. Il
disastro, infatti, era stata opera delle ragazze che
la sera precedente erano rimaste nell’appartamento, Pamela ed Emma, i cui
nomi erano risaltavano in maniera abbastanza evidente sulla batteria della
giovane Kim.
“L…Lane…mi dispiace…te la pagherò io…non
preoccuparti!”
Aveva faticato così
tanto per avere quella batteria. La prima volta che l’aveva vista
era stato nel negozio di musica che avevano aperto a Stars Hollow; era un
sogno, uno di quei sogni che ti si materializzano
davanti agli occhi, ma che sono quasi impossibili da toccare con mano da quanto
sono lontani dalle proprie possibilità. A quel tempo abitava ancora con
sua madre e l’idea di poter suonare all’interno di una band era possibile quanto quella di convincere Marylin Manson
a diventare cattolico; in altre parole era impossibile. Era ancora il periodo
in cui era obbligata a nascondere i cd, comperati in
segreto da Rory, sotto al pavimento, in modo tale che sua madre non se ne
accorgesse. Quel sogno, però, apparentemente così irrealizzabile,
era divenuto realtà: dopo essere riuscita a convincere la proprietaria a
farle suonare la batteria quando il negozio era chiuso, tutto aveva cominciato
ad essere meno impossibile. Aveva imparato a suonarla come lei aveva sempre
sperato, in più, dopo poco, incontrò
Zack, Brian e Dave; quest’ultimo, in particolare, era uno di quei
pensieri che rendeva tanto speciale lo strumento. Dave, dopotutto era stato
l’unico ragazzo di cui si era davvero innamorata. Quello fu uno dei
periodi più belli della sua vita; perciò, venne naturale
trasformare la batteria nell’oggetto più importante che aveva, in
quanto simboleggiava il totale cambiamento della sua vita e l’inizio di
una nuova.
Ora, però, la sua batteria era
completamente rovinata, non tanto per le scritte che con un po’ di
costanza sarebbero sparite, quanto piuttosto per le incisioni; per eliminare
quest’ultime, infatti, serviva ben altro della tenacia, quanto piuttosto
un bel po’ di denaro, denaro di cui ne lei ne
Zack, ne Brian disponevano. Questo pensiero fece aumentare ancora di più
la rabbia e il dolore
all’interno del cuore di Lane, tanto che questa non
riuscì più a trattenere le lacrime che, imperterrite, scesero
giù dal suo viso, catturando l’attenzione degli altri due
presenti; l’ultima cosa che voleva, però, era proprio sentire un
mare di bugie da parte di Zack, la cui faccia in quel momento era meglio se non
avesse avuto nulla a che fare con lei.
“Vado a lavorare!”
Velocemente, asciugandosi
distrattamente le lacrime, la giovane ragazza coreana uscì
dall’appartamento, lasciando i due ragazzi all’interno della sala
prove.
“Te l’avevo
detto…è strana…!”
Erano anni, ormai, che Zack conosceva
Brina, perciò l’ultima frase che quest’ultimo gli aveva
rivolto era pressoché scontata; era inutile prendersela con lui,
dopotutto la colpa non era di Brian, ma sua e della
sua enorme stupidaggine. In quel momento dire che si
sentiva un’idiota era un eufemismo; la sensazione che stava provando in
quell’istante, infatti, era mille volte più massacrante del
semplice sentirsi un’idiota. Ma perché si sentiva così!? Non era la prima volta, infondo, che una delle sue amiche
combinava qualche guaio; ma, ora che ci pensava meglio, era la prima volta che
questo guaio andava a toccare proprio Lane. Non sapeva cosa significasse quel
forte sentimento di colpa che stava provando nei confronti dell’amica,
l’unica cosa di cui fosse certo, però, era che gli stava bloccando la
respirazione.
“ho bisogno di un po’
d’aria!”
Nel frattempo Lorelai, dopo aver
salutato Sookie che era giunta a quell’ora del
mattino per riprendere il piccolo Davey, si diresse verso l’unico posto
di Stars Hollow che potesse renderle quel risveglio, che era stato così
frustrante, leggermente più positivo. La donna
indossava un paio di jeans scuri, una maglietta nera a collo alto con sopra il giubbotto
corto di pelle dello stesso colore e una sciarpa blu notte talmente lunga che
le cadeva fin sotto al ginocchio. In altre parole, i
vestiti che indossava in quel momento rispecchiavano alla perfezione il suo
attuale stato d’animo, che era ben lontano dall’essere definito
solare. Quegli occhi che il giorno prima trasparivano felicità da tutti
i pori ora erano visibilmente stanchi e per nulla
luminosi.
Mentre la proprietaria dell’ormai
prossimo Dragon fly Inn stava camminando per le strade ricoperte da una fitta
coltre di neve, il telefono che si trovava dentro alla sua
borsa, dello stesso colore della maglietta e del giubbotto, squillò, provocandole
un brusco ritorno alla realtà.
“ciao mamma!”
“Rory…ciao!”
“…in questo momento hai lo
stesso tono di voce di quella volta che Kirk ci aveva fatto ascoltare il nuovo cd degli ‘N Sync tutto
di fila …!”
“…non ricordarmi quel
giorno…ogni volta che ci penso il mio occhio destro
comincia a tremare in un modo preoccupante!...comunque diciamo che non ho
dormito molto bene!”
“me l’aspettavo!”
“cosa ti aspettavi?!”
“questo!”
“questo cosa?!”
“il fatto che non hai dormito!...Davey ha più resistenza di te nel fare le ore
piccole!”
“non è per quello,
anzi…si è addormentato di sasso non appena gli ho fatto vedere
Titanic!”
“Titanic!?...hai fatto vedere ad una piccola creatura innocente Titanic?!”
“certo…e devo dire che ha funzionato visto che non si è mai
svegliato durante la notte!”
“ti credo! Ma…allora
perché non hai dormito?”
“ho fatto un brutto sogno…sai
uno di quelli che anche se ti svegli hai ancora
l’ansia addosso, come se fosse accaduto davvero!”
“hai sognato la cena dalla nonna
di questa sera?!”
“ho detto
che è stato un brutto sogno e non un incubo!”
“raccontalo a
qualcuno così non si realizza!”
“a quante persone?”
“come a quante persone?!”
“devo dirlo ad un certo numero di
persone perché non si realizzi o basta che lo dica a Babette e Patty
così lo saprà tutta la città in un tempo da record?!”
“a dire il vero dovresti
raccontarlo a chi era principalmente presente nel tuo
sogno…a patto che non si tratti di gente come Cher o i
Linkin’Park….!”
“ah…davvero?! Bè…tu come stai?”
“sto bene…diciamo che…ora che sono a Yale mi sento
leggermente meglio!”
“prima o poi
dovrete affrontare la situazione”
“lo so…..ora
però ho lezione….ci vediamo questa sera dai nonni!”
“ok…ciao tesoro!”
Dopo aver riattaccato il telefono,
Lorelai ripensò al sogno che aveva fatto quella stessa notte, prestando
particolare attenzione al “protagonista” del suo sogno; raccontarlo
proprio a lui, che in quel momento non doveva essere esattamente entusiasta nel
vederla, non sarebbe stato per niente facile, era
anche vero, però, che si sentiva a pezzi e, visto che era di strada,
parlargli non le avrebbe fatto di certo male. Neanche il tempo di finire il
pensiero che
“c…ciao Luke!”
“ciao!”
Il modo in cui Luke aveva salutato
l’amica faceva trasparire alla perfezione la profonda seccatura che
quest’ultimo provava in quel momento, in modo particolare nei confronti
di Lorelai, visto che quell’espressione da cane arrabbiato dipinta sul
suo volto era apparsa soltanto alla vista della donna. Naturalmente, visto che
lo conosceva da circa otto anni, Lorelai se ne accorse
immediatamente e la colpa di quell’atteggiamento lo diede in particolar
modo a quello che era successo all’arrivo di Jason il giorno precedente.
Dopo averla salutata in quella maniera
così poco cordiale, Luke si diresse verso il bancone, cercando di
evitare, in una maniera piuttosto evidente, lo sguardo di quella così
abituale cliente che pochi secondi fa aveva varcato la soglia del suo locale;
ma come era suo solito fare, Lorelai non si fece
abbattere da quel tono di voce e, velocemente, raggiunse il proprietario al
bancone.
Non appena, però, lei si sedette
sullo sgabello, successe una cosa che, per quanto Luke se ne ricordasse, non
era mai successo nel giro di otto anni: Lorelai se ne
stava zitta, lanciando lo sguardo da una parte all’altra del locale,
assumendo così un comportamento decisamente insolito. Quando,
però, il silenzio cominciò a toccare il minuto abbondante, Danes,
che in quel momento indossava una camicia blu a quadri e un berretto,
naturalmente a rovescio, più o meno della
stessa tonalità, alzò lo sguardo dal foglio su cui stava
scrivendo e lo spostò verso la donna che si trovava davanti a lui.
“cosa hai fatto?!”
“niente…perché?”
“perché?!...perchè
da quando ti conosco non ti sei mai seduta in questo locale senza aprire bocca.
Ecco perché!”
“bè…non ho niente da
dire!...tu…hai qualcosa da dire?!”
“no!”
“ah ok…mi…mi porti
una tazza di caffè?!”
Luke rimase per qualche altro secondo a
guardarla in quegli occhi che normalmente si divertivano a metterlo in
difficoltà, facendogli credere di avere la capacità di leggere al
suo interno, conoscendo ogni suo sentimento ed ogni
suo pensiero; ma in quel momento quei grandi occhi blu non sortivano
quell’effetto solitamente così normale. Mentre,
però, si stava dirigendo verso la macchina del caffè, a Luke
venne alla mente ciò che era successo il giorno precedente e il modo in
cui si erano lasciati; così, dando a quest’ultimo aspetto la colpa
dell’atteggiamento di Lorelai, Luke si bloccò voltandosi nuovamente
verso la donna.
“non devi preoccuparti!”
“cosa?!”
“non sei obbligata ad ascoltare
ogni cosa che ti dico. È vero Jess è tornato, per ora, ma me la
so cavare benissimo da solo quindi…non…preoccuparti…”
“io…”
“davvero…e…e scusa
per come ti ho parlato poco fa..”
“sono io a dovermi
scusare…per quello che è successo ieri…!”
“ti ho detto
che fa lo stesso!”
“no…non è
vero…io volevo che restassi!”
A quell’ultima affermazione Luke
rimase decisamente a bocca aperta. Dopo tutti i
pensieri che si era messo in testa non appena aveva visto Lorelai parlare con
quel piccoletto con la barba, non si sarebbe, mai e poi mai, aspettato che lei,
la mattina seguente, gli rivolgesse proprio quelle
parole. Dopotutto, quel nanetto, era pur sempre il suo fidanzato e non doveva
apparirgli così strano il fatto che andasse a trovarla senza preavviso;
ora che ci pensava meglio, infatti, non era stato poi tanto corretto da parte
sua andarsene in quel modo, apparendo, così, il solito scorbutico. Era
anche vero, però, che in quel momento aveva bisogno di lei, della sua
voce rassicurante e vederlo arrivare così all’improvviso non era
stato certo d’aiuto in quel momento. In ogni caso, ora lei era lì
e pensare al “piccoletto” non sarebbe
servito a nulla.
A rompere il silenzio questa volta fu
Lorelai, che tentò in maniera piuttosto evidente di spostare
l’attenzione verso un altro argomento.
“non ho dormito…”
“come?!”
“non ho dormito!”
“è per questo che non
parli?!”
“diciamo di si…”
“e
perché non hai dormito?”
“se te
lo dicessi ti metteresti a ridere…”
“non mi sono messo a ridere quando non sapevi la differenza tra mousse-vestito e
mousse-dolce….penso proprio che riuscirò
a trattenermi!”
“bè…ho fatto un
brutto sogno…”
“un brutto sogno!?”
“si…”
“e
sentiamo…cosa succedeva in questo brutto sogno…”
“te lo racconto stasera!”
“stasera?!...ma
non devi andare a mangiare dai tuoi?!”
“sì…ma tu mi
offrirai il DOPOCENA!”
“il dopocena?!”
“esatto…non ti va?!”
“non si può offrire il
dopocena!”
“e perchè no!?”
“perché ci si incontra dopocena, si va a dormire dopocena…ma non
si offre il dopocena!”
“sì che so offre!”
“e in
cosa consisterebbe questo...dopocena?”
“nel…dopocena…”
“.…”
“e va bene…ti darò
un indizio: è del cibo che mi offrirai dopo aver cenato…ma
non so ancor cosa…deciderò prima di venire!”
“ho capito…ora vattene che
arrivano dei clienti!”
“ehi…guarda che io sono un
cliente!”
“si
certo…VAI!”
Per rendere il suo invito leggermente
più convincente, Luke mosse lentamente la mano in direzione
dell’uscita, assumendo un’espressione decisamente
seria nei confronti di Lorelai; tuttavia, dopo che quest’ultima si
alzò dallo sgabello con un volto imbronciato come quello di un bambino a
cui non era stato comprato il giocattolo tanto desiderato, il proprietario del
locale smise di fare il serio e lanciò a Lorelai un timido sorriso. Ogni
volta che Luke le sorrideva, Lorelai si sentiva subito meglio; non sapeva come
o perché accadesse, stava di fatto che quel gesto sortiva, ogni volta, quell’effetto
; naturalmente tutto ciò non la disturbava affatto.
Velocemente, la donna uscì dal
locale, questa volta con un espressione decisamente diversa
da quella che aveva pochi minuti prima. Dopotutto doveva immaginarlo che andare
da Luke l’avrebbe sicuramente aiutata, nonostante fosse stato proprio quest’ultimo
a rendere il suo risveglio tanto ansioso; già, quel sogno l’aveva
davvero turbata da quando sembrava reale e così
possibile da realizzarsi. Proprio riguardo a quest’ultimo particolare, si
ritrovò a pensare alle parole che la figlia le aveva detto
poco tempo fa, ossia che per rendere “inoffensivo” il sogno avrebbe
dovuto raccontarlo proprio a Luke e visto che farlo non le costava nulla,
mentre si dirigeva al Dragon fly, si promise che durante il “dopocena
”gli avrebbe detto tutto, coraggio permettendo.
Solamente
quando furono le sei e mezzo della sera, la giovane Gilmore aveva terminato tutti
i suoi corsi e il lavoro al giornale; in quel periodo si stava occupando di un
articolo che riguardava le varie confraternite presenti all’interno del
collage e le diverse prove che bisognava superare per poterne farne parte. Fino a
quel momento tutto sembrava andare alla perfezione, la sua mente era carica di idee e, la maggior parte, erano di gradimento al
“grande capo”, ossia Doyle; ma non appena la sua mente
cominciò a staccarsi dalla sua vita scolastica, tutta la sua attenzione
si spostò su Jess e la sua improvvisa presenza. Ora che si trovava
ancora a Stars Hollow chissà quante volte le sarebbe
capitato di trovarvisi faccia a faccia, come era accaduto, del resto, il giorno
prima al supermercato di Taylor; di cosa avrebbero parlato la prossima volta
che si sarebbero visti?! Del suo ritorno? Della sua partenza? Di libri, o di
musica, o forse non avrebbero proprio parlato, come era
successo la sera precedente.
Mentre Rory
continuava a riflettere su ciò che sarebbe accaduto nei giorni avvenire
e di come si sarebbe dovuta comportare, il telefono della sua stanza
cominciò a squillare e, subito, scattò la segreteria.
“Ciao Rory…sono Dean…bè…ho sentito che è tornato
Jess…o meglio me lo ha detto Babette! Sicuramente tu lo sapevi
già…comunque…se hai
bisogno…sai che sono sempre pronto ad aiutarti. Quando senti il messaggio
richiamami...ok?!..ciao”
Non appena il messaggio si concluse, Rory si affettò a cancellarlo; sarebbe
stato saggio richiamarlo?! dopotutto ora era un uomo
sposato. Era anche vero però che lui rimaneva pur
sempre Dean, il suo migliore amico ed ex-ragazzo; era un suo diritto
chiacchierare con lui e parlare di ciò che le era successo; e poi era
stato lui a chiamarla.
Già…ma queste
cos’erano…scuse?!
Cercando di cacciare dalle
sua mente tutte quelle inutili preoccupazioni, la ragazza alzò velocemente
la cornetta del telefono e, con la stessa velocità, compose un numero,
un numero che in quel momento l’avrebbe sicuramente aiutata.
“Pronto!”
“c…ciao Dean!”