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Autore: Takkun    19/11/2009    0 recensioni
E se Takuto, prima di ottenere il suo primo incarico ufficiale da Shinigami, avesse trascorso un periodo di "addestramento", magari insieme a un'aspirante messaggera di morte un po' particolare...? Questo racconto è dedicato ad Aryuna... buon compleanno, sorellina!
Genere: Commedia, Drammatico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un pò tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3. Ricordi

 

 

            Mitsuki Koyama era sdraiata nel suo lettino, che era stato spostato da quelli di tutti gli altri, avvolta in una pesante coperta. Aveva il volto arrossato e piccole gocce di sudore le scivolano sulla pelle, mentre un termometro che le facevano tenere per dieci minuti ogni ora non faceva che confermare l’evidenza.

         Accanto al letto, su un piccolo vassoio di legno, c’era la sua cena ormai fredda. Non l’aveva neanche assaggiata.

         “…Che ci sarà scritto…” continuava a mormorare nei brevi momenti in cui la febbre alta le lasciava un po’ di tregua, e si sollevava dal suo torpore.

         La stanza era completamente vuota: erano tutti a cena. I soli occupanti della camera erano una bambina febbricitante e un’aspirante messaggera di morte che le accarezzava piano la testa.

         Aryuna, nel suo vestito di un arancione sgargiante, era seduta sulla sponda del letto di Mitsuki. Appoggiata accanto a lei c’era la sua asta a forma di chiave. Non ricordava più da quanto tempo fosse lì ad accarezzare i capelli della bambina malata, che non poteva avere il minimo sentore della sua presenza. Era passata una giornata intera da quando aveva salvato Yu dalle grinfie di quell’uomo, e per tutto il giorno lei e Takuto non si erano praticamente parlati. Quando si incrociavano nei corridoi dell’orfanotrofio si scambiavano solo un breve sguardo, pieno di un vuoto incolmabile.

Per tutto il pomeriggio, tenendosi sempre a debita distanza l’uno dall’altra, osservarono quel bambino biondo che trascorreva felice le ore, ignaro del destino che lo attendeva. I due spesso si rintanavano in solitudine, riflettendo per ore prima di ritornare a guardare Yu e così dimenticandosi tutti i risultati dei loro pensieri. Le occasioni sarebbero state infinite, ma nessuno dei due era riuscito a compiere la propria missione. Entrambi erano sovrastati da una serie infinita di dubbi, e in Aryuna questi si aggiungevano alla strana sensazione di aver già visto Yu molto tempo fa, contribuendo non poco alla sua indecisione.

         Nonostante il loro comportamento, Izumi non si era fatto vedere. Probabilmente li stava osservando con quel suo ghigno, chiedendosi come sarebbe andata a finire. Forse era anche divertito dalla situazione.

         Mitsuki emise un lieve gemito, e Aryuna le prese la mano con dolcezza. Si sentiva colpevole della febbre della bambina, e in un ennesimo momento in cui aveva un disperato bisogno di stare da sola aveva deciso di farle compagnia, per quanto le era possibile. Quella bambina le aveva ispirato subito tenerezza, e la sua curiosità riguardo a lei, Eichi e quello strano libro non si era ancora esaurita.

         I pensieri di Aryuna tornarono all’immagine che le si era stampata nella mente nella notte precedente. Era come il negativo di una foto, solo che ad essere ritratte non erano immagini, ma sensazioni. Non sapeva cosa riguardasse, se fosse uno scherzo della sua mente o un ricordo della sua vita passata, l’unica cosa certa in quella visione era Yu in una situazione di pericolo. Ma ogni volta che si concentrava, che cercava di tirarne fuori qualcosa di concreto, quella specie di ricordo si allontanava di più da lei.

         Esasperata, si alzò facendo scivolare lentamente la sua mano da quella di Mitsuki. Lentamente uscì dalla stanza, percorrendo il corridoio illuminato dai lampadari e dalla luce del tramonto che filtrava dalle finestre. Scostò con la mano una tenda e fece per uscire su un balconcino, ma la figura in piedi davanti a lei che divideva la luce rossastra del Sole la fece fermare: Takuto era in piedi sul muretto bianchissimo che delimitava il balcone, e guardava pigramente il cortile vuoto sotto di lui.

         Aryuna sgranò gli occhi. Non aveva certo intenzione di dividere quello spazietto con lui! Si girò e stringendosi nelle spalle il più possibile si incamminò in punta di piedi.

         “Con quel cappello e quella coda è proprio impossibile vederti!”

         Aryuna si bloccò, socchiudendo gli occhi e serrando le labbra.

         “Uh, sei qua! Non ti avevo visto…”

         “Ah, sì? Non penso di avere un cappello che si nota meno del tuo!” Takuto si girò e le fece l’occhiolino.

         Aryuna lo raggiunse sul balcone e gli si affiancò.

         “Non hai niente di meglio da fare che stare qua a fissare il niente?”

         “E tu non hai niente di meglio da fare che venire qua a chiedermi queste cose?”

         Silenzio.

         Dopo un paio di minuti aprirono tutti e due la bocca, ma appena videro che anche l’altro stava per dire qualcosa la richiusero subito.

         “Sai, ci sono due bambini qui dentro…” Cominciò a dire Aryuna “Pensa un po’, lui ha una specie di libro, e da ieri sera non fanno che… ma mi stai ascoltando???

         Lo sguardo di Takuto era perso nel vuoto.

         “Come?”

         “Ma come sarebbe, “come?” È proprio impossibile parlare con te! Una viene qui senza nessuna voglia di parlare, però rimane a parlare per cortesia e nonostante si metta a parlare con te tu non la ascolti mentre parla!” Tutte queste parole furono dette senza prendere neanche un respiro.

         Aryuna, ma che…”

         Ma che cosa? Accidenti a quando Izumi ci ha presi tutti e due per addestrarci! Sai che ti dico? Me ne vado! Ecco!”

         Aryuna si girò e si incamminò con passo deciso, ma si fermò non appena vide che Takuto non le stava dicendo nulla e non la stava seguendo. Dopo qualche attimo di incertezza tornò al suo fianco. Lui le concesse solo un breve sguardo.

         Rimasero un altro po’ in silenzio, osservando la notte che piano piano si univa alle lunghe ombre che i palazzi proiettavano negli ultimi minuti del tramonto.

         “Che pensi di fare?” Chiese Takuto. Aryuna si voltò di scatto, aprendo la bocca come per dire “non sono affari tuoi!” ma ci ripensò.

         “Non lo so. È tutto così confuso… tu?”

         “Non so. Ho pensato tanto oggi… e mi sembra di non aver pensato a niente.

         Un altro lungo silenzio.

         Takuto si voltò ed entrò nell’edificio. Aryuna lo seguì con la coda dell’occhio.

         “Comunque, il mio cappello è molto più bello del tuo.” Mormorò lei.

         “Ti ho sentito…” Disse Takuto sorridendo, mentre spostava la tenda per oltrepassarla.

         Aryuna rimase indecisa sul da farsi, poi si girò anche lei e lo seguì.

         Il corridoio si era riempito di bambini che correvano verso le loro stanze, senza sapere che in mezzo a loro c’erano un gattino bianco e una piccola volpe arancione.

        

 

 

         La Luna era quasi piena, e l’indomani avrebbe fatto capolino nel cielo un disco perfettamente rotondo. Yu stava dando da mangiare allo stesso gufetto che la sera prima aveva fatto la sua conoscenza, ridendo con gioia allo stesso modo.

         Aryuna e Takuto erano di nuovo in quella stanza, seduti su un letto vicino a Yu. Si erano richiusi in un mutismo, aspettando un qualunque segno che li avvisasse del fatto che l’ora del bambino stava giungendo. Ma non succedeva nulla.

         Yu chiuse la finestra e si sistemò nel suo lettino, aprendo il portafoto che aveva sempre con sé e osservando al suo interno.

         Takuto… hai intenzione di restare qui seduto tutta la notte?”

         La domanda improvvisa di Aryuna lo spiazzò, ma anche lei si stupì di averla posta. Takuto, però, rispose quasi subito.

         “Non chiederlo a me… sei tu quella convinta della missione, quella piena di obiettivi e senza problemi!” Lo disse con un tono calmo, ma nonostante questo Aryuna si arrabbiò.

         “E questo che c’entra?”

         “Dico solo…”

         “Facevi meglio a stare zitto!”

         “Ehi, fino a prova contraria hai iniziato tu! E ora non dire un’altra volta che con me non si può parlare!

         Aryuna, che stava per dire proprio quelle parole, si alzò in piedi stizzita.

         “Hai ragione, allora non ci provo nemmeno! Uh, guarda, lo strappo sul tuo cappello si sta riaprendo!”

         Takuto si alzò a fronteggiarla.

         “Avevi proprio ragione prima, maledizione al giorno…”

         “Buonanotte, Aryuna.” Sussurrò Yu.

         Fu come se all’improvviso un pugnale fosse affondato silenziosamente nelle loro schiene.

         Takuto e Aryuna si voltarono di scatto, fissando con gli occhi sbarrati quel bambino che stava guardando nel suo portafoto dorato. Si sentivano come un uomo che aprendo la porta di casa dopo una giornata di lavoro avesse visto al di là della soglia invece del suo salotto un deserto o una foresta intricata.

         La folla di pensieri che riempiva le loro menti non faceva altro che gridare una marea di suoni indistinti, e in quel caos l’unico gesto istintivo che fecero entrambi fu di avvicinarsi a Yu e guardare nel portafoto. E lì, incorniciata in un minuscolo spazietto, c’era una piccola fotografia che ritraeva Aryuna mentre schioccava un bacio sulla guancia di Yu, ancora più piccolo di com’era adesso.

         Takuto guardò Aryuna, che dopo un attimo di silenzio si mise a correre oltre la parete, spiccando il volo con un balzo, mentre cercava di andare il più in alto possibile. Ma le forze le mancarono dopo pochi metri e piombò a terra in mezzo al cortile. Poi si mise in ginocchio a singhiozzare, piangendo amaramente.

         In un attimo le si erano affacciate alla mente numerosissime immagini. Ricordava di essere stata assunta dai genitori di Yu come babysitter. Di essere diventata quasi di famiglia dopo molti mesi accanto al bambino. La gioielleria della famiglia del piccolo, che si trovava sotto la loro casa, dove spesso lei si divertiva con Yu, osservando i suoi genitori che servivano i clienti. I gioielli con cui il piccolo si divertiva a giocare, e che li faceva indossare a lei, ridendo di gusto. La risata, dolce e cristallina, che non mancava mai. Lo sguardo felice della mamma e del papà di Yu. Le volte in cui lo portava nel parco a giocare con gli altri bambini. Le fototessere con le facce buffe. Il giorno in cui il bambino le aveva detto che lei era la sua migliore amica, e lei lo aveva stretto forte al suo petto. Le sere in cui lei era da sola con Yu nella gioielleria, e giocavano a fare il ladro e la poliziotta che lo arrestava. I baci, gli abbracci, le carezze. I cioccolatini di cui lui era ghiotto e le scorpacciate che si facevano insieme. I suoi occhioni grandi che lo guardavano, che si rispecchiavano nei suoi, così azzurri.

         Le immagini si facevano sempre più confuse. Da momenti di serenità si passò ad un’angoscia tremenda. Ricordava un uomo col passamontagna. Una pistola. Tensione nella gioielleria, che esplodeva in una serie frenetica di gesti. Spari, sangue sul pavimento, grida spezzate, qualcuno che cadeva a terra davanti a lei, le mani che le tremavano, suoni di sirene della polizia e dell’ambulanza, una pistola puntata alla sua tempia…

         Aryuna!” Gridò Takuto, prima di buttarsi al suo fianco.

         Lei scoppiò a piangere ancor più a dirotto, abbracciandolo e spingendo la fronte contro il suo petto. Takuto, completamente spaesato, la strinse a sé cercando di darle un po’ di sicurezza. Rimasero così per molto tempo, mentre i singhiozzi di Aryuna si spegnevano lentamente, finchè nel cortile dell’orfanotrofio tornò a regnare il silenzio.

         Takuto non sapeva cosa dire, e nel terrore di rompere il silenzio nel modo sbagliato aspettò che fosse lei a parlare.

         Dopo un tempo che parve infinito, Aryuna iniziò a mormorare qualcosa.

         “Ero la sua tata, Takuto… la sua tata…”

Non c’era altro da dire. Le lacrime continuarono a scivolarle silenziosamente, bagnando la maglietta di Takuto.

“Non ce la faccio.” Tirò su col naso e si asciugò gli occhi col dorso della mano. “Non posso rubargli l’anima. Io mi ritiro.” E si alzò lentamente in piedi.

         Takuto un tempo avrebbe esultato sentendo queste parole, ma ora aveva voglia di tutto tranne che di essere felice.

         Aryuna…”

         “No, non dire nulla. Ti prego. Io me ne vado.”

         Si allontanò da Takuto, senza la forza di volare e riuscendo a stento a camminare fino al muro di cinta dell’edificio.

         “Non è scappando che risolverai il problema.” Aryuna si fermò. “Siamo condannati, lo sai. Per quanto vuoi fuggire?”

         Lei si prese il tempo di qualche respiro prima di rispondere.

         “Per il tempo che servirà. Ti auguro buona fortuna, Takuto.”

         Izumi verrà a prenderti. O qualcuno per lui.”

         “E allora gli spiegherò. Come hai detto tu, siamo condannati per sempre. Avrò tutto il tempo per diventare una messaggera. Ora tocca a te.”

          Takuto le si avvicinò di qualche passo, non sapendo neanche perché.

         “Ci ho pensato molto. Non so neanche io se riuscirò a rubare l’anima di questo bambino. forse…” Fu interrotto da alcune voci sommesse che provenivano dalla strada.

         Due uomini stavano discutendo animatamente, ma facendo attenzione a non farsi sentire. Aryuna rabbrividì.

         “Conosco questa voce.”

         Si diresse piano verso la siepe, fino al punto da cui provenivano le voci. Takuto arrivò poco dopo di lei, e quando furono abbastanza vicini si fermarono ad ascoltare.

         Haku, ti ho detto che non sono più sicuro di voler andare avanti!”

         Ma sei impazzito? Siamo così vicini!”

         Scrutando oltre la siepe Takuto si accorse che l’ultimo uomo ad aver parlato era lo stesso energumeno vestito di grigio che il giorno prima aveva tentato di rapire Yu.

         “Lo so, ma ieri stavi per essere scoperto!”

         Akito, domani sarà diverso! E dopo saremo ricchi! Ricchi, hai capito?”

         Haku, il più grosso dei due, troneggiava su Akito e mentre parlava agitava freneticamente le braccia. L’altro era più calmo, immobile a fissare il marciapiede. Tutti e due avevano un aspetto trasandato, erano vestiti di grigio scuro e la sagoma inconfondibile di una pistola che sbucava dalle tasche dei pantaloni. Lo sguardo di Haku era pieno di malvagità e disprezzo, la sua barba incolta gli scuriva ancora di più il viso, le sue manone callose sembravano pronte a strangolare qualcuno senza esitazione.

         “Non lo so…”

         “Vuoi finirla? Non posso farlo da solo, mi serve un complice!

         Aryuna sussultava ogni volta che la voce di Haku risuonava nel silenzio della notte.

         “Secondo me dovremmo rinunciare.”

         “Qui non sei tu a decidere!” Si avvicinò ancora di più all’altro e gli afferrò il colletto con entrambe le mani. “Comando io, e io dico che si va fino in fondo! Domani notte entriamo, facciamo quello che dobbiamo fare e ce ne andiamo! Chi vuoi che ci fermi? Quattro marmocchi e due maestre?”

         Lasciò andare Akito, che si allontanò bruscamente sistemandosi i vestiti.

         “E va bene, va bene, ma io domani non entro. Rimango fuori a controllare.”

         “Fai come vuoi, pezzo d’idiota.” Dopo aver mormorato tra i denti queste parole si allontanò, seguito a breve distanza dal suo compagno.

         Takuto e Aryuna rimasero ad osservare quei due mentre sparivano e riapparivano dal buio sotto le luci dei lampioni, finchè dopo un tempo che sembrò interminabile non girarono un angolo e scomparvero definitivamente.

         Ma chi…” Iniziò a dire Takuto, subito interrotto dalla voce di Aryuna.

         “La voce di quell’uomo… tempo fa ha rapinato la gioielleria della famiglia di Yu. E ha ucciso i suoi genitori.” Ricominciò a singhiozzare.

         “E ora cosa vogliono?”

         “Li hai sentiti anche tu, no? Non so perché, ma vogliono Yu! E domani entreranno nell’orfanotrofio!” Iniziò a camminare senza una meta nel cortile, con l’unica intenzione di fuggire da tutto ciò che la circondava. Si fermò solo quando Takuto le mise una mano sulla spalla.

         “Allora forse è per questo che domani notte Yu morirà. Dopotutto, come diceva la profezia, domani ci sarà anche la Luna piena.

         “Bene, allora domani sarai pronto per rubare la sua anima.”

         Sei ancora decisa ad andartene?”

         “Sì, e non voglio più parlarne. Addio, Takuto.” Si alzò lentamente in volo, inarcando la schiena e tenendo la testa all’indietro mentre i suoi capelli ondeggiavano per un lieve alito di vento che si era alzato in quel momento. Teneva gli occhi chiusi, cercando di non pensare a nulla.

         “A presto, Aryuna.” Le rispose lui quando ormai era troppo lontana per sentirlo.

         Dopo qualche minuto anche lui si sollevò da terra, dirigendosi pigramente al di sopra dell’edificio. Si sedette in mezzo al tetto dell’orfanotrofio, appoggiando il gomito su un ginocchio sollevato e la testa sul braccio.

         Restò in silenzio per tutta la notte, osservando la Luna che compiva il suo giro, le stelle che si facevano più luminose e poi sparivano lentamente, le luci della strada che si spegnevano e quelle delle case che si accendevano di tanto in tanto. Il cielo si schiarì lentamente, finchè il nero lasciò il posto al blu, il blu all’azzurro, l’azzurro al violetto chiaro. Aveva avuto davvero troppe cose a cui pensare negli ultimi giorni, e ora si sentiva davvero stanco. Sapeva che avrebbe preso l’anima di Yu e sarebbe diventato un messaggero di morte, ma non era più sicuro di nulla. Era questo che lo aspettava? Sarebbe diventato tutto più facile, oppure ogni volta avrebbe provato lo stesso tormento? Sarebbe successo anche a lui quello che era capitato ad Aryuna? Avrebbe dovuto rubare l’anima a qualcuno che gli era stato caro in vita, o qualcosa di simile, e i ricordi lo avrebbero dilaniato? Essere un messaggero di morte vuol dire tutto questo?

         Con un balenìo il Sole fece capolino all’orizzonte. In un attimo tutto si rischiarò, mentre quel puntino tremolante di luce si faceva sempre più grande, e un bianco abbagliante accecò per un attimo Takuto, che aveva guardato laggiù un secondo in più del dovuto. La luce si stese sulla città, non un manto soffocante come la notte, ma una linfa vitale che si riversava nelle strade.

         Takuto continuò a guardare l’orizzonte finchè il Sole non si liberò dell’abbraccio della terra e iniziò la sua ascesa.

         “Ora non mi resta che aspettare stanotte.” Pensò.

         Sotto di lui Mitsuki era affacciata alla finestra della sua stanza, osservando con meraviglia quello stesso spettacolo.

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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