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Autore: depy91    21/11/2009    1 recensioni
Ecco gli avvenimenti immediatamente antecedenti alla partecipazione di Sergei Dragunov al quinto torneo. Uno strano ritrovamento cela infiniti misteri...
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Sergei Dragunov
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Diario del prof. Harrison

Ho intrapreso la stesura di questo taccuino, affinché la mia voce possa superare le barriere di quella che temo stia divenendo una vera e propria prigionia. Spero che  quanto mi appresto a documentare su queste pagine riesca a venire alla luce prima possibile, poiché ritengo a buon diritto, che il risultato delle mie ultime ricerche, mantenuto sotto stretta segretezza contro il mio volere, necessiti un’immediata divulgazione, allo scopo di prevenire terribili conseguenze. Per una più chiara comprensione e giustificazione di quanto sopracitato, mi accingo a narrare le recenti vicende che hanno coinvolto la mia persona e mi hanno spinto a redigere questo diario.

Mi chiamo Philip K. Harrison, svolgo da anni l’attività di archeologo e di studioso di antiche simbologie, detengo la cattedra di storia antica al St. Edwards College di Oxford. Una mattina di circa sei mesi addietro impartivo, come di consueto, una lezione ai miei allievi, ma fui interrotto dalla sagoma di due uomini, riconoscibile dall’apertura vetrata sulla porta d’ingresso dell’aula. La coppia mi fece cenno di raggiungerla. Sorpreso, mi scusai con i ragazzi ed uscii dalla stanza. Due uomini elegantemente abbigliati mi stavano attendendo dietro lo stipite. I loro volti mostravano i tipici lineamenti dell’Est, i loro sguardi erano gelidi come le terre da cui provenivano, la loro voce grave e decisa. Sebbene per me fosse la prima occasione in cui li vidi, entrambi mi rivolsero un saluto, pronunciando il mio nome. Domandai dunque se avessimo già avuto modo di conoscerci in passato, ma uno di loro prese la parola ed, esprimendosi in un inglese fortemente viziato dalla cadenza di qualche nazione dell’Europa orientale, negò tale possibilità, ma tuttavia ammise che a coloro i quali li avevano condotti a me era perfettamente noto chi io fossi e il mio reale valore. Appresi questa notizia con comprensibile turbamento, che mi spinse ad interrogare i misteriosi individui sulla loro identità. Mi invitarono a proseguire il discorso in un luogo più tranquillo di un corridoio universitario, dove orecchie indiscrete avrebbero potuto udire quanto gli sconosciuti avevano da dirmi. Non privo di preoccupazione, accettai e decisi di trasferirci nella grande biblioteca del College, della quale nemmeno un angolo mi era nuovo, poiché lungamente amavo fermarvici per consultare i rari e antichi manoscritti di cui dispone. Una volta preso posto attorno ad uno dei banchi della sala lettura, il dialogo riprese. Uno dei figuri diene finalmente inizio alle presentazioni, indicando sé stesso e il collega come membri di un dipartimento segreto delle forze armate russe a cui corrispondeva nome in codice SPETSNAZ. L’organizzazione avevano ricevuto l’ordine dal Cremlino, di svolgere delle indagini sullo strano ritrovamento in cui si erano imbattuti dei ricercatori, durante degli scavi in Siberia risalenti a diverse settimane prima. Quest’informazione non mi era del tutto nuova, poiché la notizia di un’orribile strage, apparentemente inspiegabile, avvenuta nel corso di una spedizione scientifica in quell’impervio territorio, era più volte apparsa nei titoli dei telegiornali di tutta Europa. Domandai cosa potessi avere a che fare io con tutto questo. Non ricevetti risposta, ma i due soldati scelti si scambiarono un’occhiata, poi uno di loro estrasse dal taschino della giacca una foto. Me la esibì e quanto vidi bastò per accendere la mia curiosità insieme con un intimo timore: lo scatto mostrava un sarcofago scoperchiato, contenente i resti perfettamente conservati dal ghiaccio subartico, di una creatura che con molte difficoltà avrei potuto ritenere umana. Solo allora mi fu chiaro cosa intendessero i due militari per “obiettivi speciali”, riferendosi al corpo militare d’appartenenza. Mi riferirono che il quartier generale delle SPETSNAZ mi aveva selezionato tra migliaia di studiosi dell’antico in tutto il mondo, per la mia personale propensione verso le civiltà perdute, di cui da anni mi occupavo pubblicando frequenti saggi sull’argomento, ma senza riscuotere la fiducia della comunità scientifica, restia ad ammettere l’esistenza di una storia differente dalla consueta. A questo punto pretesi di sapere in cosa sarebbe consistito il mio lavoro per l’organizzazione. Fui informato che i laboratori militari erano giunti a scoperte sconvolgenti, ma necessitavano della mia competenza per svelare gli arcani celati da quelle inquietanti spoglie. Il loro scopo era quello di scoprire l’identità della creatura e di comprendere se essa potesse costituire nuovamente un pericolo, come già era accaduto al momento del rinvenimento. Mi accordarono qualche giorno di tempo per ragionare sulla proposta, che innegabilmente aveva sollevato il mio interesse sin dall’inizio. Così come erano venuti, i due soldati lasciarono l’istituto rapidamente e senza rivelare più di tanto la propria presenza. Non richiesero né concessero degli estremi per un’eventuale comunicazione, ma mi avvisarono che quello non sarebbe stato il nostro ultimo incontro.

  
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