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Autore: GilGalahad    23/11/2009    1 recensioni
la maschera di ferro - è una storia che mi perseguita da anni, mi sono sempre domandata se in quella fatidica cella Filippo avesse scelto di rimanere fedele al suo re, anzichè andare con Aramis, se il re lo scoprisse? e se non fosse così cattivo come si vede nel film? il racconto parte da quando i carcerieri vogliono sbarazzarsi del prigioniero...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il secondo capitolo, ,grazie a chi ha recensito e chi ha letto, ho paura che ordalia sia impropria…

Ecco il secondo capitolo, ho paura che ordalia sia impropria…

L’ispirazione per la parte centrale del testo mi è venuta dal film Moll Flanders, anyway siate clementi!!!!!

 

 

Ma…” fece per chiedere Filippo alzandosi di poco dal letto.

 “Stai giù tranquillo, si parlerà poi”

Marie entrò in quel momento: “Lei è Marie, ti ha salvato la vita e si è presa cura di te.”

La ragazza fece una riverenza leggera ed elegante e sorridendo aggiunse: “Siete troppo gentile, voi siete fatto di un ottima pasta”

“Cerca di dormire un po’, domani parleremo ancora”

L’uomo annuì, e il re fece con gli occhi un tacito segnale alla ragazza che uscì seguendolo.

Appena chiusa la porta:

“Sua maestà non vuole che dica niente a suo fratello della sua attuale situazione.”non era una domanda ma una semplice affermazione

“Certo, Marie mi stupisci ogni volta…”

“E’ mio dovere compiacere il mio re e anticipare ove possibile i suoi desideri” per quanto ostentate potessero essere quelle parole, lo sguardo della ragazza non dava adito a dubbi, era un affermazione volta a sottolineare la differenza abissale di ceto che esisteva fra i due, tra chi comandava e chi obbediva niente di più 

“Torna al tuo assistito. Verrò domani mattina.”

Fece per andarsene ma si ricordò di una cosa: “Marie, tienti pronta per sta notte, qualunque cosa ti succeda sappi che non è in pericolo ne la tua vita ne il tuo onore, se come dici la tua virtù è intatta, altrimenti avrai di che temere, sarai comunque qui domattina e mi informerai delle condizioni di mio fratello, capirò dal tuo abito.” Detto questo uscì lasciando sgomenta Marie rientrando con le gambe tremanti in camera, aveva paura, non  per la sua virtù, sapeva di essere intatta, cosa le avrebbero fatto? Il tono e la faccia del re era poco rassicurante, con quel ghigno sembrava un gatto in procinto di agguantare un topo aveva una paura folle ma questo si disse non doveva impattare sulle cure che doveva al ferito.

Rientrò e vide gli occhi dell’uomo guardarla, se al re erano sembrati coraggiosi a lei sembravano solo incuriositi di vederla, ma erano occhi talmente belli, azzurri contornati da una sottile linea blu tra l’iride e il bianco, e il viso, incorniciato da quei folti capelli era pallidissimo, ma dai lineamenti talmente regolari e attraenti che nessuna donna sarebbe rimasta insensibile. Si avvicinò e cambiò la pezza che gli teneva sulla fronte con una più fresca, teneva gli occhi bassi intimorita da quello che poteva vedere, finì di tergergli la fronte e il collo e poi si risedette:

“Grazie” era la voce dell’uomo, debole, ma comunque chiaramente percepibile.

Quasi non rendendosi conto, Marie sollevò lo sguardo e sorrise mestamente: “Dovere. Ma non ho fatto niente.”

“Mi avete salvato la vita”

“Non sono stata io, ma è stato chi vi ha trovato e vi ha portato qui velocemente, ora dovete solo riposare e guarire

“Io ricordo voi comunque” poi aggiunse “Mi chiamo Filippo

“Solo Filippo?” chiese la ragazza

“Solo Filippo. Non è un bel nome ma è il mio”

“No, anzi trovo che sia bello, mi domandavo solo se non avete un cognome o un titolo”

“No, vi dispiace?” l’uomo la guardò di sottecchi, ma la vide rilassarsi contro lo schienale della poltrona e sorridere ancor di più ed era tanto tempo che non vedeva una donna sorridere.

“Al contrario, questo mi mette a mio agio.”

“Bene, da dove venite?”

“Sono nata e cresciuta in queste campagne, mi chiamo Marie

Non parlarono molto i pensieri di marie erano concentrati su quello che le sarebbe accaduto di lì a poco, filippo si era addormentato vinto dall’emozione. Per quanto si sforzasse, la ragazza non poteva staccare gli occhi da quell’uomo, il suo viso l’aveva colpita, come la vista del suo corpo, si domandò quante sofferenze avesse mai dovuto subire, aveva visto cicatrici sulla schiena, tagli, graffi e lividi, ma quanto le sarebbe piaciuto che fosse un uomo del popolo, un uomo verso cui indirizzare i suoi pensieri, con onore e senza paura di incorrere nell’ira, ma lui era di un'altra razza, dei vertici di un'altra razza, un fratello di re e i soli sentimenti a cui lei aveva diritto di aspirare erano di rispetto e di devozione nulla più, se fosse sopravvissuta alla notte che si preparava giurò che se mai avesse avuto bisogno lei sarebbe corsa in suo soccorso ne andasse della sua vita e non avrebbe mai chiesto nulla in cambio.

La porta si aprì silenziosamente, marie pensò che il cuore cessasse di batterle in petto, si alzò, comparve Ughette, che fermandosi al lato della porta, le disse tacitamente di camminare davanti a lei. Con qualche incertezza scese le scale, l’aria era fredda, o forse era la paura a farla sembrare tale, fuori un manto nero copriva tutto celando le campagne alla vista di chi quella sera era sveglio, la ragazza sentiva un ansia crescente percorrendo i corridoi, in attesa che il suo destino si compisse, scesero nei sotterranei, ed entrarono,  in quella stanza  vi erano altre quattro donne, tutte anziane e tutte con un aria di alterigia che non prometteva niente di buono:

“Spogliati e sdraiati lì” disse Ughette indicando un tavolo

“Come?” chiese Marie

“Hai sentito, fai alla svelta e non fare storie.”

“Ma madame.”

“Non voglio sentire storie, ho detto.” Urlò e la ragazza intimorita lo fece, rimase in sottoveste, pregando in cuor suo di non doversi esporre più di così.

Ora sdraiati, non fare scherzi.”

Marie già sull’orlo delle lacrime lo fece, erano tutte donne non avrebbe avuto niente da temere, ma c’era in gioco la sua vita, tutte le donne uscirono tranne ughette ed un'altra, l’altra signora si avvicinò e le allargò le gambe:

“Che sta facendo?” nessuna risposta, la signora guardò fra le sue gambe per un tempo che a marie sembrò interminabile, tremava di vergogna, quella parte era sempre rimasta privata, tentò di non pensare, aveva troppa paura, ed era impietrita, ora che cosa le avrebbero fatto?

Dopo un secolo, o così almeno sembrò a Marie la donna finalmente si tirò via da quella posizione e si volse verso ughette:

“Allora?”

La signora con un sorriso sommesso annuì e richiuse le gambe della ragazza, che quasi stava per svenire:

“Su Marie” disse Ughette con un tono di voce dolce “puoi alzarti ora

Stupita da un tale cambiamento di tono e di comportamento la ragazza si alzò e prese i suoi vestiti:

“No, mettiti questo e seguimi” le disse l’altra donna porgendole un mantello bianco che aveva preso da uno scaffale su cui ben piegato ce n’era anche uno nero, se lo mise sulle spalle mentre la signora glielo drappeggiava elegantemente anche sulla testa. Uscirono dalla porta, e ripresero a salire, camminarono ancora, finchè non entrarono in un'altra stanza, sta volta molto più elegante ed in cui era stato acceso un bel fuoco.

“Spogliati pure quel mantello. Non avere più paura, è finito tutto.” Disse ughette circondandole le spalle con un braccio tentando di farle passare lo spavento, e conducendola dietro un paravento, in cui c’era una vasca da bagno piena di acqua calda.

La fece entrare nell’acqua calda e le tolse anche la sottoveste, Marie si rese conto solo allora di quanto era stanca e l’acqua calda la cullò piacevolmente in un tranquillo dormiveglia, Ughette nel frattempo versava essenze nell’acqua, le sciolse la crocchia, che portava alla sommità del capo e prese a pettinarle i lunghi capelli poi la aiutò ad uscire dalla vasca.

“Marie indossa questi, per cortesia.” Le disse

Ma ci deve essere un errore, è troppo elegante.”

“Nessun errore è qui apposta per te”

“Non riesco a capirne il motivo”

“Non devi capirlo, devi solo metterle” la ragazza annuì e la signora la aiutò anche questa volta, le fece indossare le mutande, che Marie non aveva mai indossato, e il panno che a quei tempi si soleva mettere attorno al petto, il tessuto era morbido e caldo, di un tiepido color panna,  poi venne il turno del corsetto, stretto per mezzo di lacci dietro la schiena, la sottoveste inamidata.

“Che state facendo?” disse.

“Non fare domande e non portene, tra un ora sarai di nuovo nella stanza che hai lasciato, a prenderti cura del tuo paziente, chiunque sia, ma lascia che ti dica una cosa, non chiedermi di spiegarla, però, capirai quando ne avrai l’occasione: non cedere mai senza un anello al dito.”

Marie rise e riacquistò tutta la sua sicurezza:

“Signora, lo so, sono vergine, ma non stupida. Crede che non sappia le implicazioni, crede che non sappia del rischio a cui vado in contro, sono un anomalia nel mio campo come ben sa, ho visto molte ragazze più giovani di me rovinate da nobilotti di campagna, costrette a lasciare i propri figli alla ruota, il tutto solo perché i signori volevano essere sicuri di non ammalarsi, ho pregato tante volte di non fare quella fine, fin ora il signore mi ha ascoltato, ma cosa mi riserberà il futuro?”

“Dipende da te.” Sospirò Ughette, meravigliandosi di quanto quella misera ragazza avesse chiara in mente la cosa.

“Non del tutto, che potere ha una contadina? Posso pregare, ma il resistere ad un uomo che ha potere comporta sempre delle conseguenze.”  

“Hai ragione.” Convenne la donna mentre si avvicinava all’armadio lo aprì, ne tirò fuori una veste azzurra con delicati pizzi, la aiutò a metterla, era di una scomodità infinita, ma guardandosi allo specchio, non potè che essere soddisfatta di quell’immagine.

Uscì ed era mattina, presto Filippo si sarebbe svegliato e avrebbe dovuto mangiare, stando attenta a non farsi scorgere da nessuno percorse silenziosa i corridoi e rientrò in camera del suo protetto.

Un vassoio con del cibo era già stato preparato lì, lei lo portò nelle vicinanze del letto e si risolse ad aspettare per l’ennesima volta, la sua particolare professione lo esigeva e a lei non era mai pesato, ma i suoi pensieri e il suo lavoro erano inevitabilmente disturbate dal senso di profonda inesattezza della situazione, non si era, ne si era potuta dimenticare dello sguardo del re, era esattamente lo sguardo che ha di solito un predatore quando sa che la sua preda non ha più scampo. Si alzò e andò alla finestra, per riflettere e per godere del primo sole mattutino che elargiva con generosità il calore dei suoi raggi

“Chi siete?” domandò la voce del suo protetto.

“Sono solo io, Marie.”

“Marie, come siete bella,

“Vi prego ad un umile contadina non date del voi.”

“Sei bellissima Marie.”si corresse

“E voi siete un adulatore, ma vi ringrazio. Prego il vostro cibo, ce la fate a mangiare da solo?

“Certo, non ti preoccupare. Ma tu?”

“Ho già mangiato, non vi tormentate per me.” si sedette placidamente di nuovo, osservò Filippo bere un goccio di brodo dalla tazza e mordere un pezzo di pane, sebbene fosse un azione semplice e classica, la ragazza scorse quasi delle lacrime a fior di occhi, da parte di chi gli stava davanti, vide l’operazione ripetersi più volte, con calma; il sorriso le ornò il volto, la felicità la spinse a cantare sommessamente tra se e se, non muovendo la bocca, ma semplicemente emettendo un suono più o meno regolare. Filippo distolse gli occhi dal piatto e li spalancò:

“Perché, non canti ad alta voce? Mi farebbe tanto piacere, sempre se ti va

La ragazza sorrise e con la voce più bella che potesse sfoggiare cantò, la melodia si sparse nell’aria, la donna guardava fuori dalla finestra, ma in lei si rinnovava il voto di fedeltà che aveva fatto la sera prima, non avrebbe mai potuto andare oltre, anche se lo avrebbe davvero desiderato. Si voltò e vide che il sonno lo aveva preso, la stanchezza lo aveva sopraffatto e il suo corpo sebbene tanto forte da superare quelle settimane di stenti era ancora i

via di guarigione
  
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