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Autore: tonksnape    17/06/2005    4 recensioni
Avevo lasciato Harry e l'E.S. dopo la battaglia di Hogsmeade a metà del sesto anno. Ora si addentreranno nello studio di se stessi per poter affrontare meglio lo scontro con Voldemort. Buona lettura. Grazie per i commenti. I personaggi sono di JKR (tranne qualche raro caso).
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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INCONTRI E SCONTRI

Il fine settimana era prevista una uscita ad Hogsmeade per tutte le case. Non c’erano segnali di rischio di ulteriori attacchi. L’Ordine della Fenice aveva indetto un incontro solo per questo cercando di valutare tutte le possibilità, ma non erano emersi elementi che facessero pensare ad un’altra battaglia.

I mangiamorte sembravano scomparsi: non c’erano segnalazioni, né avvistamenti. Harry non aveva avuto altri incubi. Solo Ginny continuava a sognare di notte, ogni tanto, il volto di Voldemort, ma era sempre la stessa immagine di Hogsmeade e anche lei aveva imparato a riprendere il controllo dei propri pensieri quando si risvegliava, tesa e in allarme, dall’incubo.

L’attività della scuola procedeva con lentezza, sempre uguale.

Gli studenti avevano concentrato nuovamente tutta la loro attenzione sulle lezioni e sui compiti.

Le riunioni dell’E.S. avevano ripreso la loro funzione originaria.

Si riunivano per insegnare e imparare con sempre maggiore sicurezza gli incantesimi, per provare a battersi tra pari, per osservare quello che facevano gli altri.

Harry non aveva accennato a quanto stava facendo con Ash, se non con Hermione e Ron, dicendo loro anche quanto fosse importante non diffondere la notizia.

I ragazzi avevano accettato la richiesta e nessuno aveva fatto loro domande.

Ginny e Luna erano estremamente impegnate per lo studio. Partecipavano a tutte le riunioni e, per Ginny, agli allenamenti, ma erano spesso immerse nei libri o in biblioteca.

Ron non aveva ancora capito con chi Harry intendesse partecipare all’uscita di Hogsmeade.

Da un lato desiderava che Harry non trovasse nessuna ragazza per avere la scusa di non lasciare solo l’amico e quindi di non dover rimanere solo con Hermione. D’altro lato desiderava talmente poter stare con lei che anche il suo miglior amico rappresentava un ostacolo.

Non sapeva cosa fare in realtà, non sapeva a chi chiedere informazioni. Aveva osservato e ascoltato i fratelli alle prese con le rispettive fidanzate o amiche, ma sapeva che non sarebbe mai riuscito ad essere così disinvolto, in particolare con Hermione. Ma come era possibile che Charlie o Bill non avessero mai sofferto di timidezza o di imbranataggine cronica?!

Aveva osato affrontare l’argomento con Harry solo una sera, dopo un allentamento di quidditch quando erano rimasti solo loro negli spogliatoi.

Harry era alle prese con i capelli e cercava di dare loro un certo disordinato ordine, mentre Ron, perso nei suoi pensieri aveva indossato i pantaloni e teneva in mano la maglietta con la quale giocherellava senza indossarla. Era seduto a capo chino su una panca, mentre Harry, seduto di fronte a lui si passava le mani nei capelli sospirando.

“Chi porterai ad Hogsmeade, Harry?”

Harry si bloccò e alzò lo sguardo.

“Non lo so. Non ci stavo pensando davvero di invitare una ragazza.”

“E tutti i discorsi che stavi facendo?”

“Erano solo domande, Ron. Palando con Ginny, con Luna e Susan mi sono reso conto che non saprei cosa dire o cosa fare se uscissi con una come loro. Ogni volta che parli sembra che abbiano il cervello metri e metri davanti al tuo! Con Ginny è una penitenza ogni volta. Persino da Piton sembra capisca più di me!”

Ron sospirò sonoramente. Cosa aveva fatto?

“Come farò con Hermione, Harry? Dove la porto? Di cosa parlo?”

“Beh, ma tu sei abituato a stare con lei. Lo fai ogni giorno.” Sapeva che stava dicendo una bugia: era molto diverso vedersi a scuola e passare del tempo volutamente insieme.

“Sei sempre con noi, ci sono i compiti. E poi non voglio litigare!”

Si mise le mani sulla faccia.

“Cosa ho fatto?”

La porta si spalancò di colpo.

“Harry!” Ginny esplose dentro la stanza con lo sguardo arrabbiato. Non guardò minimamente il fratello e si mise dritta davanti al capitano della squadra.

Hermione dietro di lei osservò la stanza che non aveva mai visto e fu attratta da Ron, a petto nudo, che guardava le spalle della sorella sorpreso. Quando lui la vide velocemente indossò la maglietta, arrossendo. Hermione distolse lo sguardo, deglutendo.

Harry spalancò gli occhi di fronte allo sguardo irato dell’amica.

“Cosa c’è?”

“Cosa c’è? COSA C’È? Questo c’è!!”

Ginny gli lanciò un copia della Gazzetta, con la data del giorno successivo, dove in prima pagina, di fianco ad un enorme titolo che ricordava il rischio di Voldemort, c’era un trafiletto piccolo piccolo, firmato da Rita Skeeter e intitolato: “Harry, la morte e l’amore”.

Harry cominciò a leggere già irritato dal titolo.

Dopo il primo paragrafo cominciò a capire che l’articolo parlava delle sue presunte fidanzate nominando oltre a Susan “dolce nipotina del nostro amato Ministro della Magia”, con la quale sembrava che avesse concluso una breve storia, la “piccola Ginevra Weasley, sua ultima conquista, ultimogenita di una nota famiglia da sempre fedele al Ministero della Magia, prolifica donatrice di uomini d’onore e di gloria.”

L’articolo descriveva Ginny come una ragazzina dolce e remissiva (e già questo era sufficiente a capire che Rita non l’aveva mai vista) che era caduta ai piedi di Harry dedicando a lui la propria esistenza, vivendo fianco a fianco nella stessa Casa di Hogwarts e nella squadra di quidditch. Sembravano la coppia perfetta: lui uomo votato al sacrificio per l’umanità e lei timida ragazza pronta a lasciarlo morire per la gloria.

“Non ne so nulla, Ginny, Non penserai che abbia detto queste scemenze di te?” Harry era arrabbiato per l’articolo e preoccupato per la reazione di Ginny.

“Lo so che non le hai dette, altrimenti sarei qui pronta a portarti a San Mungo con Allock!” Ginny aveva abbassato leggermente il tono della voce, ma si era posizionata davanti a Harry con le mani sui fianchi, pronta a dare battaglia.

“Tu” gli disse puntando un dito contro di lui, anzi spingendolo contro il suo sterno “tu avresti dovuto rilasciare una intervista a Rita Skeeter già da qualche giorno. Lo hai fatto?”

Harry si ricordò della richiesta che aveva ricevuto da Silente e alla quale non aveva mai risposto. Non desiderava rivedere Rita Skeeter in nessuna delle sue forme di Animagus non autorizzato!

Ma a quanto pare l’aveva sottovalutata.

“No” ammise sottovoce. “Speravo che nessuno mi ricordasse di doverci parlare.”

“Beh, ragazzo-che-salverà-l’umanità, a quanto pare lei se ne è ricordata. E a mie spese!”

Hermione e Ron stavano guardando i due senza dire parola. Ginny era una furia.

“Mi dispiace Ginny. Non credevo che reagisse così. Penserò a come risolvere la cosa. Io…”

“Ancora, Harry, lo fai ancora. Accidenti a te, io non voglio che tu mi risolva i problemi, voglio che tu non me li crei pensando solo a te stesso! Mi hai salvato la vita una volta, è sufficiente a farmi sentire in debito per sempre. Adesso vorrei solo che pensassi anche agli altri, quando decidi qualcosa e non mi facessi sentire sempre come mi descrive questa qui!”

Ginny si bloccò, rendendosi conto di aver appena sfogato tutta la sua rabbia contro la persona sbagliata e di aver detto ad Harry parte di quello che non voleva dirgli.

Gli occhi le si riempirono di lacrime per la frustrazione e uscì di corsa dalla stanza.

Harry guardava a terra, con lo sguardo tetro. Come poteva essere colpa sua se quella specie di serpente velenoso era bugiarda?!

“Harry.”

La voce di Hermione gli fece alzare la testa.

“Dovresti chiederle scusa.”

“Io? Non ho fatto nulla, io! È quella maledetta giornalista che dovrebbe chiederle scusa!”

“Harry, hai sentito cosa ti ha detto?” Hermione stava parlando con un tono molto materno.

Lui la guardò sorpreso: “Ha detto che è colpa mia.”

“Harry, è arrabbiata con Rita, non con te. Si sente presa in giro di fronte a tutti. Tu puoi capirla, ci sei passato due anni fa. Solo che Rita non c’è qui e devi ammettere che un po’ di responsabilità è anche tua se non hai rilasciato interviste. E poi ti ha detto che…”

“… che ho agito pensando a me stesso e non agli altri. E… ha detto che si sente davvero così pronta al sacrificio per me?”

Harry aveva terminato il ragionamento di Hermione, ma l’ultima frase era davvero incomprensibile.

“Tu lo stavi facendo per lei nella Camera. Non ti sentiresti un po’ in debito anche tu al suo posto? E poi lo abbiamo fatto tutti e tre a Hogsmeade poche settimane fa.” Ron lo guardava dalla panca, con le braccia appoggiate sulle ginocchia. “È mia sorella Harry e se non vai tu a consolarla devo andarci io. E penso che il casino lo hai creato tu.”

Harry si mise le mani davanti al volto.

“Lo vedi Ron, capisci? Non riuscirò mai a far andare il mio cervello alla loro stessa velocità. Ho persino bisogno del traduttore…  E dovrò parlare a Susan!”

Mentre parlava di alzò dalla panca dove si era seduto a leggere l’articolo, afferrò il mantello e corse fuori dalla stanza alla ricerca di Ginny.

“Chiedi a Ginny di farlo con te!” gli gridò Hermione.

 

“Cosa voleva dire Harry a proposito dei cervelli che corrono veloci?” Hermione di decise a guardare nuovamente verso Ron che si stava infilando il maglione.

“Stavamo parlando del fatto” disse Ron mentre la testa spuntava dal collo del maglione “che il cervello di voi ragazze, di alcune almeno, va troppo veloce e noi non riusciamo a seguirlo. Siete complicate.”

Hermione gli sorrise divertita.

“Così siete delle piccole meduse prive di ragionamento?”

“Hei, non ho detto questo. Ho detto solo che siete… difficili.”

“Anche io?”

“Si, anche tu. Ma almeno ci aiuti a capire le altre.”

Hermione rimase in silenzio aspettando che Ron mettesse in ordine e indossasse il mantello per rientrare a scuola.

“È difficile stare con me, Ron?”

Ron si fermò davanti a lei. Questo era l’esempio di quello che diceva Harry. Cosa poteva rispondere senza farla arrabbiare?

“Non sono quello più giusto per rispondere. Litighiamo sempre.”

“Oh.” La risposta di Hermione era un sospiro.

Quando furono alla porta arrivò la domanda che più temeva.

“Perché mi hai invitato ad Hogsmeade allora?”

All’improvviso decise che era inutile cercare di starci alla pari. O andava bene così oppure anche.

“Perché lo è un po’ di tempo che volevo farlo.”

Aveva parlato guardando il corridoio. Quando il silenzio diventò un po’ troppo lungo si decise a girarsi a guardarla.

Stava sorridendo.

Poi se la ritrovò addosso, mentre lo abbracciava, le braccia attorno al suo collo.

Lui appoggiò le mani leggere, leggere sulle sue spalle.

Mentre sentiva il profumo che le aveva regalato l’anno precedente salire verso di lui, Hermione si staccò, sorridendo e gli prese la mano.

“Dovrai dirmi da quanto tempo. Ma adesso andiamo a cena così mi racconti dell’allenamento.”

Finalmente un argomento tranquillo e calmo per parlare!

 

Harry aggiunse Ginny mentre attraversava il campo di quidditch, senza più correre.

La chiamò, ma lei non si fermava. Allora le mise una mano sulla spalla e le disse: “Ginny, aspetta. Non andartene arrabbiata.”

Ginny si fermò con la testa che guardava il campo.

“Ginny… è vero non l’ho cercata, ma non avevo voglia di ritrovarmi sommerso come due anni fa. Mi dispiace che ti abbia coinvolto.”

 “Mi dispiace, Harry. Non volevo aggredirti, ma non me lo aspettavo. Immagini le battute dei Serpeverde domani? Non le voglio sentire, non ancora. E poi i miei fratelli… Fred e George non faranno altro per settimane. Come spiego a Charlie o Bill che sono bugie? Sono stanca di essere solo la sorella di qualcuno o la ragazza innamorata di qualcuno. Non voglio che Dean pensi che l’ho lasciato per te, perché non è vero. È stato bello stare con lui, non cercavo qualcosa di diverso. Sono stanca, stanca, stanca!”

Si girò a guardarlo, ma non stava più piangendo. Era esausta.

Allora Harry immaginò quale poteva essere il motivo della sfuriata. O almeno quello che secondo lui era il motivo e che poteva evitargli di sentirsi troppo in colpa.

“È duro quest’anno vero?” sorrise Harry.

“Sì” sorrise tristemente Ginny. “Non lo credevo così.”

“Devo parlare con Susan. Mi daresti una mano?”

Ginny annuì. Andarono insieme verso la Sala Comune dei Tassorosso. Ginny chiamò Susan in corridoio e insieme ad Harry le fece vedere la copia della Gazzetta.

Il ragazzo era pronto a chiederle scusa, ma Susan indirizzò tutta la sua rabbia a Rita Skeeter e decise di scrivere immediatamente a casa e alla zia al Ministero per spiegare loro quello che era successo realmente.

Harry aveva deciso di chiedere di fare l’intervista, ma Ginny gli fece osservare che era più sicuro lasciare al Preside la decisione di cosa fare con quella donna.

Ad Harry tornarono in mente le raccomandazioni di Ash sull’aspettare e lasciare spazio a persone che sapevano meglio di lui cosa fare.

Disse a Ginny di andare a riposare, era stata una giornata lunga per lei. Lui avrebbe parlato con il Preside.

 

Arrivato davanti alla scalinata Harry non sapeva quale parola d’ordine usare. Dal corridoio vide arrivare Piton, nero e silenzioso. Era di ricognizione dato che osservava tutto con aria molto autoritaria.

“Potter. Siamo un po’ lontani dalla tua casa. Cosa fai qui?”

“Devo parlare con il Preside, professore.”

“Per quale motivo?”

Harry non voleva coinvolgere proprio lui nei suoi problemi. Ma aveva bisogno di vedere Silente e Piton era l’unica chiave disponibile per aprire quella porta.

“Luna Lovegood ha ricevuto questa dal padre. È l’edizione di domani. C’è un articolo stupido su di me, Ginny Weasley e Susan Bones. Volevo chiedere al Preside cosa è meglio fare.”

Consegnò il giornale a Piton che lo lesse velocemente.

“Mi pareva di aver capito che non c’erano legami particolari tra voi due.” Guardò Harry con aria di scherno.

“Infatti. Sono stupidaggini. Ma Rita Skeeter aveva chiesto un’intervista con me e io non ho ancora risposto. Credo sia questo il motivo di questa invenzione. Vorrei parlarne con il Preside.” Harry stava fremendo per l’irritazione.

Piton pronunciò sottovoce la parola d’ordine senza farsi sentire e salirono allo studio di Silente.

Piton bussò e entrò. Silente e Ash erano seduti alla scrivania, uno di fronte all’altro con due tazze di the davanti a loro.

“Potter desidera parlarle, Preside.” Piton si fece da parte e consegnò a Harry il giornale.

“Luna ha dato questo a Ginny, Preside. L’ha avuto da sua padre. C’è un articolo poco piacevole che coinvolge me e altre due studentesse, come due anni fa.” Lo consegnò al Preside che lo lesse in silenzio e lo passò ad Ash.

Ash sorrise divertito, dopo la lettura.

“Rita è sempre impossibile. Quanto c’è di vero, Harry?”

“Nulla.”

“Vorrei vedere la reazione di Amelia domani al Ministero. Saranno fuoco e fiamme.” Ash riconsegnò il giornale a Harry chiedendogli: “Come mai sei qui, Harry?”

“Lei mi ha detto di non agire avventatamente e di cercare aiuto da chi ne sa più di me. Io sarei andato da Rita Skeeter dicendole le avrei mai concesso nessuna intervista dopo questo per smentire tutto, ma non credo che funzionerebbe. Non so come fare, in realtà. Non riguarda solo me.”

Silente gli sorrise, scrutandolo negli occhi.

“Hai fatto bene, Harry. Parlerò con Amelia Bones domani e convocherò Rita Skeeter qui da me. L’intervista la farai alla mia presenza. Vai nella tua casa, ora. Ti accompagnerà il professor Piton.”

Mentre stavano uscendo, Ash si rivolse al professore dicendogli: “Devo rifarmi della sconfitta a scacchi, Severus. Non dimenticare di invitarmi nuovamente da te. Ci sono molte cose che ancora non so.”

Piton fece un leggero cenno di assenso, un sorriso e uscì con Potter.

Arrivati davanti alla Signora Grassa prima di attraversare il ritratto, Harry non riuscì a trattenersi:

“Buona notte, professore. Anche a Tonks” E senza guardarlo entrò.

Piton rimase fermo sulla soglia, irrigidito. Ma sapere che Ninfadora lo stava realmente aspettando, probabilmente leggendo qualche rivista babbana in quella poltrona coloratissima che aveva nella camera, gli fece dimenticare l’impertinenza di quel ragazzino.

 

Era arrivato finalmente il fine settimana di tutte le case ad Hogsmaede.

Il Preside e i professori avevano deciso di concedere un’uscita prima di Natale, anche se non prevista, visto che solo i Serpeverde avevano potuto partecipare a quella precedente.

Anche se non c’erano segnali di allarme L’Ordine della Fenice e parte degli ex-allievi che avevano partecipato allo scontro erano presenti anche in quella giornata, come sentinelle e guardie del corpo.

Harry era stato avvisato che sarebbe stato guardato a vista per tutto il pomeriggio e gli era stato chiesto di non avventurarsi fuori dal paese. Lupin era rientrato proprio per essergli vicino.

Anche per questo aveva deciso di non invitare nessuna ragazza. Si sarebbe rifatto più in là.

Le reazioni all’articolo della Skeeter erano state minime. L’intervento del Ministro della Magia aveva convinto la Gazzetta del Profeta ad una secca smentita il giorno successivo.

Il Cavillo, su indicazione di Luna, aveva presentato un articolo in cui si sottolineavano tutti i clamorosi errori fatti nel passato dalla giornalista.

Da casa Weasley non erano arrivate lettere particolari né per Ginny né per Harry.

Ron, a sua insaputa, aveva scritto ai gemelli chiedendo loro di limitarsi nelle battute e i suoi consigli erano stati ascoltati. Dal negozio erano arrivati solo due anelli per i fidanzatini fatti di miele che però rimanevano attaccati alla lingua se qualcuno li assaggiava. Potevano essere staccati solo da un’altra lingua…

Silente aveva preso accordi per un articolo natalizio in esclusiva da farsi nel suo studio, alla sua presenza. La richiesta di potersi aggirare liberamente nella scuola non era stata accolta.

 

Nella stanza maschile dei Griffondoro del sesto anno c’era un gran movimento.

Neville aveva invitato una ragazzina del quarto anno di Tassorosso, timida e silenziosa, con lunghi capelli biondi.

Seamus aveva descritto a tutti quanto fosse carina, mettendo Neville in imbarazzo. Ma si vedeva quanto fosse orgoglioso di sé.

Dean sarebbe uscito con una delle sorelle Patil, ma sembrava fosse una manovra per attirare l’attenzione di un’altra Corvonero del settimo anno.

Harry e Seamus uscivano in gruppo con Anthony, Susan, Ginny e Ernie. Terry usciva con Luna.

Ma l’attenzione di tutti era su Ron che cercava di apparire il più tranquillo possibile. Erano stati trovati indizi di schiuma da barba, di dopobarba, di almeno tre camicie indossate per prova, ma poi buttate sul letto. Seamus tentava delle battute e Dean lo punzecchiava sull’abbigliamento. Ron sentiva gli occhi di tutti addosso.

Alla fine lui e Dean, chiaramente più eleganti degli altri, anche se con jeans e maglione, si unirono al gruppo per uscire.

In Sala Comune arrivarono le ragazze, compresa Hermione. I cappotti e i mantelli non permettevano di vedere tutti i preparativi che avevano fatto le ragazze, la lunghezza delle gonne, controllata al millimetro, la scelta di maglioni e colori.

Lei e Ron si guardarono. Avevano deciso che sarebbero usciti con il gruppo all’inizio. Si misero nel mucchio, chiacchierando un po’ con tutti.

 

Ad Hogsmaede c’era neve alta e un colorato clima natalizio. Le decorazioni abbondavano ovunque, di carta, di plastica, di zucchero o luminose.

C’erano rami di vischio appesi in diversi punti. Harry evitò accuratamente di sfiorarne qualcuno, cercando di non ricordare l’anno precedente e non farsi prendere dalla tristezza.

Ron ed Hermione sembravano avere un radar anti-vischio. Quando arrivavano in prossimità di un angolo o di una tettoia o di un albero al quale era appeso un ramo di vischio erano distanti tra loro.

Nessun tentativo di imboscata creato dagli altri sembrava avere successo.

Anzi uno dei tentativi aveva costretto Ernie e Ron ad un bacio, orripilato, sulla guancia.

Dopo una visita prolungata tra i dolciumi, la cartoleria e i giochi arrivarono a sedersi da Madama Rosmerta con una bottiglia di Burrobirra a testa.

Erano tutti euforici per il Natale, per l’avvicinarsi delle vacanze. Anche i ragazzi del quinto anno sembravano aver dimenticato gli esami.

Si erano dedicati agli acquisti dei regali e avevano un discreto numero di pacchetti per ciascuno. Madama Rosmerta acconsentì a tenerli in custodia fino al momento del rientro ad Hogwarts.

Seduti intorno al tavolo, tutti chiacchieravano con tutti.

Harry si sentiva a suo agio anche a parlare con Ginny o Susan se c’erano attorno tutti gli altri. Poteva osservare le manovre di Dean e di Neville con le loro ragazze. Neville in realtà non se la cavava niente male. Rideva e parlava molto insieme alla sua ragazza.

Luna e Terry addirittura erano mano nella mano.

Ron e Hermione sedevano vicini, ma questo accadeva quasi ogni giorno a lezione, o a pranzo o mentre studiavano. E parlavano talmente poco tra loro che non c’era neppure occasione di litigare.

Solo quando uscirono dal pub, diretti verso la campagna attorno al paese, Ron si decise a mettere in pratica i suggerimenti arrivati via gufo da Charlie e Bill. Sfiorò il braccio di Hermione e le chiese sottovoce:

“Andiamo verso la Stamberga? Facciamo due passi.”

Hermione, presa di sorpresa, annuì.

Riuscire a fare quella domanda a Hermione aveva creato a Ron una tale ansia e preoccupazione che non disse altro per parecchi minuti.

Harry e il resto del gruppo rimase in paese secondo le indicazioni ricevute dal Preside.

 

Ron camminava a fianco dell’amica chiedendosi cosa dire o cosa fare.

Durante quei giorni di attesa aveva immaginato a varie situazioni, fermandosi molto prima di arrivare ad un qualsiasi contatto fisico prolungato. Anche prenderla per mano gli sembrava impossibile. Ma non aveva nessuna idea al momento.

Hermione era contenta che le avesse chiesto di stare da soli. La Stamberga non era una meta molto romantica, ma da Ron non poteva aspettarsi molto di più. Provò ad iniziare una conversazione.

“Mi sembra che Ginny sia un po’ più tranquilla ora.”

Ron rispose un po’ in ritardo, come fosse con il pensiero da un’altra parte.

“Sì. Studia molto però.”

“Beh, anche noi l’anno scorso.”

I ricordi dell’anno precedente li impegnarono per un po’ in una normale conversazione sulla scuola. Arrivarono ad un piccolo laghetto abbandonato e ghiacciato in mezzo ad un prato. Non c’era nulla intorno, solo qualche sparuto albero spoglio.

“Sai pattinare?” chiese Ron.

“Un po’. Non mi sento molto sicura.”

“Vuoi provare?”. Le sorrise. Qualcosa in cui poteva essere lui ad insegnare a lei. E poi aveva bisogno di muoversi.

“Ma è abbastanza ghiacciato?”

“Possiamo solidificarlo un po’ di più se serve. Dai, prova.”

Ron si avvicinò al bordo e fece apparire delle lamine alle proprie scarpe, entrando nello specchio ghiacciato.

Hermione si avvicinò e lo osservò muoversi agilmente sul ghiaccio. Arrivò vicino a lei con una frenata secca.

“Ok, ci provo, ma stammi vicino.”

Ron fece apparire le stesse lamine anche a lei e le tese la mano.

Hermione la afferrò con forza e appoggiò i piedi sul lago.

Ron si mise di fianco a lei  tenendole la mano.

Lentamente percorsero tutto il bordo. Ron le dava indicazioni di come muoversi e come tenere l’equilibrio.

In realtà non pattinava male, era solo incerta. Mancava molto di esercizio, ma in poco tempo si muovevano indipendentemente l’uno dall’altra. Hermione sorrideva felice. Stava sempre molto attenta che l’amico non si allontanasse troppo in caso di necessità.

Non immaginava di poter stare con Ron, da sola, così tranquillamente.

I pensieri di Ron erano più o meno gli stessi: si sentiva a suo agio, si stava divertendo ed era insieme alla ragazza più… più.

Continuarono a pattinare spensierati. Ron le insegnò a muoversi più velocemente, a frenare e accelerare, a girarsi di schiena. In molti momenti erano vicini e si tenevano per mano o si sfioravano senza imbarazzo, presi dal gioco. Entrambi tolsero il mantello per il troppo caldo. E entrambi finirono a terra più di una volta. Hermione accusò Ron di volerlo fare apposta per non far sentire lei troppo imbranata. Si preoccupò quando andò a sbattere con la schiena, sentendo tanto dolore da rimanere fermo, disteso a respirare, in attesa che le fitte diminuissero.

Provarono anche una figura insieme, tenendosi per mano, ma con scarsi risultati. Ridevano troppo per poter fare attenzione ai movimenti.

Quando sentirono le campane battere le ore capirono che era il momento di rientrare.

Ron fece sparire i pattini, infilarono i mantelli e ripresero la via del paese.

Erano entrambi accaldati, ma il vento della sera cominciava a soffiare freddo. Hermione si avvicinò a Ron e gli mise la mano sotto il braccio, per scaldarsi un po’. Ron, senza riflettere, le mise invece il braccio intorno alle spalle.

“Freddo adesso, vero?”

Solo a quel punto realizzarono entrambi quanto erano stati vicini durante quel breve spazio di tempo. Quanto si erano toccati senza imbarazzo. E senza pensare ad altro che al proprio divertimento.

Ron fece per allontanarsi, ma rimase con il braccio vicino alle sue spalle, incerto su quale fosse la mossa migliore.

“Scusami. Io… posso? Cioè… ” Nella penombra sperava che il rossore non si vedesse troppo.

“Si. Mi riscalda.” Hermione gli si accostò di più.

Proseguirono abbracciati in silenzio. Ron sentiva il braccio di lei, dolce, sulla schiena ed Hermione il calore del corpo di Ron e del suo braccio sulle spalle. Ron provò ad accennare ad una conversazione sul pattinare. L’imbarazzo iniziale era un po’ sparito.

Quando furono nelle vicinanze delle case, Ron le chiese:

“Cosa facciamo?”

“Andiamo dagli altri, no?” Hermione lo guardò.

“Certo.” Disse velocemente. Era felicissimo di come era andato il pomeriggio e non voleva rischiare di rovinarlo. “Intendevo dire che entriamo in paese e quindi… sai… così… le occhiate degli altri.” Aveva una espressione tra il preoccupato, l’orgoglioso e l’infastidito.

“Oh, non ci avevo pensato.” Hermione si fermò.

Erano sotto la tettoia della prima casa. Si misero uno di fronte all’altra.

Vicino a loro passò Lupin con Emmeline Vance, che perlustravano la zona.

Lupin li salutò con piacere e disse:

“Ehi, ragazzi, occhio sopra la testa.”

Mentre alzavano lo sguardo fece apparire un ramo di vischio.

Ron guardò in alto maledicendo e ringraziando il professore.

Hermione abbassò velocemente lo sguardo.

Ron trattenne il respiro e lo lasciò uscire lentamente.

Non poteva farsi sfuggire l’occasione adesso che non c’era nessuno.

Si chinò verso il volto della ragazza, a scatti e lentamente, mentre Hermione lo osservava cercando di non guardarlo. Le diede un leggero bacio sulla guancia come lei aveva fatto prima delle partite di quidditch.

Solo allora si ritrovarono a guardarsi, entrambi intimiditi.

Hermione gli buttò le braccia al collo stringendosi a lui. Ron ricambiò l’abbraccio istintivamente e appoggiò la guancia sui suoi capelli.

Nessuno dei due voleva staccarsi. Era troppo piacevole starsene così vicini e fuori dal mondo.

Ron voleva di più. Adesso che si erano lasciati andare doveva provarci. Non poteva essere così stupido da lasciarla andare!

Si scostò da lei e appoggiò leggero e incerto le labbra su quelle di Hermione.

Hermione accentuò il contatto.

Non sapevano cosa altro fare, ma quello era meraviglioso.

 

Delle voci di ragazzi arrivarono alle loro orecchie, spingendoli a dividersi.

Ron allungò le mani e Hemione gliele strinse.

Non sapeva cosa dirle. Non sapeva come spiegarle quello che stava provando. Tentò di non lasciarsi sfuggire quel momento:

“Io… mi piacerebbe… tu mi piaci… non sei solo un’amica…”

Non era esattamente una dichiarazione, ma per Ron era sufficiente.

“Anche tu mi piaci.” Sussurrò Hermione cercando il suo sguardo.

Accennando ad un sorriso entrarono nella via principale mano nella mano.

 

Vedendoli arrivare Seamus diede una gomitata sul fianco ad Harry. Ginny, impegnata in una fitta conversazione con Susan, sentì Harry esclamare:

“Era ora!”

Si girò verso il fratello e l’amica. Fece un gran sorriso e mimò un applauso.

Hermione, incerta, accennò a voler lasciare la mano di Ron, ma lui gliela strinse con possesso.

“Mi pare che sia stata una bella passeggiata.” Disse Susan.

“Molto produttiva.” Aggiunse Ernie.

Ron arrossì e lo guardò torvo.

“Oh!” sentirono dire a Luna che stava arrivando con Terry “Raccontate, raccontate!”

Rientrarono ad Hogwarts cercando di ottenere qualche informazione in più, ma Ron e Hermione sentivano di non voler condividere quello che era successo con nessuno, per ora.

Solo Harry, quando tutti ormai dormivano, si fece raccontare tutto da Ron, i dubbi che aveva avuto, la sensazione di serenità e di felicità che aveva provato in quel pomeriggio.

Harry sentì un po’ di invidia per l’amico.

 

Qualche giorno dopo Harry arrivò, accompagnato da Tonks, all’ufficio di Silente per l’intervista con Rita Skeeter.

Nella stanza c’erano solo loro. Non era stato ammesso neppure il fotografo.

Rita tentò di scusarsi, a suo modo, per l’articolo pubblicato.

Harry la sentiva ancora falsa e viscida. Non era a suo agio.

Si sedettero uno di fronte all’altra, Tonks alle spalle di Harry e Silente alle spalle di Rita.

“Allora, mio caro ragazzo. Come stai in questo momento?”

“Abbastanza bene.”

“Come va la scuola, gli amici, lo studio?”

“Abbastanza bene, direi. Mi piace stare qui.”

“Mio caro Harry, cerca di essere più aperto, esprimi pure i tuoi sentimenti…”

“Ho detto quello che penso.” Harry non aveva realmente nulla da condividere con quella donna.

“E come sta il tuo cuore?”

Harry la guardò accigliato.

“Cosa intende, scusi?”

“Dopo la triste storia con la giovane fidanzata del campione di Hogwarts, possiamo dire che il tuo cuore è nuovamente impegnato?”

“No.” La risposta fu secca.

“Un giovane ragazzo bello come te, capitano di quidditch, eroe della scuola, sarà l’idolo di molte ragazze, qui dentro.”

“Non so, non me ne sono accorto. Non ho nessuna fidanzata.”

“Lo studio ti impegna molto, allora. Soprattutto le lezioni aggiuntive che devi sostenere, più impegnative di quelle dei tuoi compagni…”

Harry guardò verso Silente. Era stato chiesto a lui di mantenere il segreto sulle lezioni con Ash; come mai quella donna lo sapeva?

Silente disse, lentamente: “Il signor Potter è molto impegnato con le lezioni del normale corso di studi e con gli allenamenti di quidditch, per potersi dedicare ad incontri o a lezioni diverse da quelle proposte dalla scuola.”

Era riuscito a dire la verità senza dire nulla! Harry era sorpreso dalla capacità del preside di raccontare esattamente quello che stava accadendo senza in realtà spiegare nulla a quella giornalista. Avrebbe voluto saperlo fare anche lui.

Rita sbuffò leggermente. Sembrava un grillo imprigionato. Ad Harry sfuggi un sorriso per il paragone.

“Che meraviglioso sorriso, mio caro Harry. Meriterebbe di essere immortalato per dare coraggio e speranza ai nostri lettori. Ma, dimmi, la cicatrice ti fa ancora male?”

“No, per nulla.”

“Ma la battaglia di Hogsmeade è stata resa possibile dalla tua capacità di prevenire le azioni di Tu-Sai-Chi.”

“No. E’ stato grazie all’Ordine della Fenice se tutto è finito per il meglio. E dei prof…” Harry si zittì sentendo la mano di Tonks artigliarli la spalla.

Non aveva intenzione di dire il nome di Piton!

“Dei professori, mio caro?” sorrise sorniona la giornalista.

“Certo. Ci hanno protetto.”

Beh, come giustificazione gli pareva adeguata.

L’intervista proseguì laconica come era iniziata, con Harry intenzionato ad offrire meno informazioni possibili a quella donna.

Gli domandò degli amici, delle materie, dei suoi genitori. Si informò del suo ruolo a quidditch, dei suoi progetti per il futuro (Harry evitò accuratamente di menzionare gli Auror).

Nonostante la scarsissima collaborazione del Ragazzo Sopravvissuto il giorno di Natale uscì un articolo in prima pagina, senza particolari scoop, dal titolo “La solitudine di un eroe.”

Per Harry almeno quello era esatto.

Ringrazio tutti coloro che hanno inviato i commenti. Li rileggo spesso ed è piacevole sapere che ci siete (Blacky, daffydebby, anonima, Cl4rien). DA questo capitolo sarò più veloce a postare e purtroppo anche a concludere, ma a breve avremo davvero il sesto libro da divorare. Ciao.

 

  
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