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Autore: SimmyLu    30/11/2009    4 recensioni
Il villaggio di Amajitaku nel Paese della Pioggia viene attaccato da misteriosi ninja mascherati. Soltanto una geisha di nome Akisame viene trovata ancora in vita dalla squadra di ninja del Paese del Vento guidata da Kankuro. Il giovane jonin mette a repentaglio la propria vita per portare la ragazza al Villaggio della Sabbia in tempo per essere curata prima che sia troppo tardi. Fra i due si crea così un legame profondo, ma una volta raggiunto il Villaggio tutto comincia a cambiare...
Chi è e cosa nasconde questa misteriosa ragazza che per qualche motivo non ricorda nulla della propria aggressione?
Genere: Romantico, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Sabaku no Gaara , Temari, Nuovo Personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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PIOGGIA NEL DESERTO

di SimmyLu



Capitolo Tredicesimo: Come un'ombra trascinata da sagome scure senza volto



Temari lasciò il Palazzo del Kazekage leggermente perplessa e allo stesso tempo preoccupata per la conversazione avuta con il fratello minore. Camminava lentamente, sovrappensiero; le altre persone le passavano accanto superandola, per poi confondersi nella colorata confusione di un vicino mercato. Si sentì estranea a quella brulicante attività che la circondava e che nulla aveva a che fare col suo incedere insolitamente lento. Le voci sull'impresa di Kankuro, che già circolavano fra gli uffici del grande edificio e che con ogni probabilità si erano già diffuse nel Villaggio, erano state il punto di partenza della loro rapida interazione.
La ragazza aveva atteso con pazienza, nel corridoio del penultimo piano, che si concludesse la riunione straordinaria a cui Gaara stava partecipando per poterlo finalmente incontrare; quell'imprevisto le aveva impedito di potersi presentare come stabilito nel suo studio per far assegnare alla sua squadra una nuova missione.
Al Villaggio della Foglia avrebbe presto avuto luogo un nuovo esame di selezione dei chunin e Temari era impegnata con l'organizzazione di test e prove che avrebbe successivamente dovuto gestire. Le squadre ninja della Sabbia si sarebbero probabilmente divise per essere smistate in modo più equilibrato e riassegnate a nuovi leader nel caso in cui alcuni genin avessero superato con successo la prova per l'avanzamento di livello. Di conseguenza le occasioni per affrontare missioni di grado elevato stavano rapidamente esaurendosi perché vi era la possibilità che anche il suo gruppo non rimanesse il medesimo ancora a lungo. I membri più giovani di ciascuna squadra erano in fermento e, desiderosi di affrontare l'esame per dimostrare il loro valore, scalpitavano come puledri eccitati all'idea di vincere un'ultima gara, volendo presentarsi al meglio sotto la sella di un nuovo fantino.
Le sue assenze per la preparazione delle verifiche nel Paese del Fuoco le avrebbero quindi impedito di aiutare i fratelli in quella situazione, che si delineava come un percorso ricco di possibili ostacoli.
Una volta uscito dalla Sala del Consiglio, Gaara aveva quella particolare e familiare espressione che gli incideva una ruga marcata nel mezzo della fronte, sopra uno sguardo basso e distratto che suggeriva in maniera esplicita la presenza di qualche preoccupazione.
Accortosi di lei con un guizzo di sorpresa negli occhi verde acqua, l'aveva raggiunta, scusandosi per essersi dimenticato dell'appuntamento e per non averla avvisata dell'imprevisto.
«Non c'è problema.» aveva subito minimizzato Temari, «Che succede? Ho saputo di Kankuro...»
Per zittire la sorella al giovane Capovillaggio era bastata un'occhiata fulminea. I membri del Consiglio stavano uscendo dalla Sala, chiacchierando nel corridoio; il Kazekage cercava sempre di evitare che le sue conversazioni private venissero ascoltate, specialmente se riguardavano argomenti delicati come quello.
«Salve, Temari-san.» l'aveva salutata il vecchio Senaka mentre lei accennava un inchino, «Gaara-sama, le ricordo che a breve è previsto l'inizio dell'Udienza.»
«Ne sono cosciente. A causa della riunione non sono riuscito a comunicare a mia sorella un'informazione riguardo il suo prossimo incarico.»
Senaka aveva chinato la testa compiaciuto prima di proseguire oltre.
«Seguimi.» le aveva allora sussurrato il fratello quando i consiglieri li avevano ormai oltrepassati.
Si erano così rifugiati in una stanza vicina adibita al deposito dei documenti; l'odore di aria viziata e di carta ingiallita e muffita dal tempo era nauseante e le aveva ricordato quello dei vecchi rotoli custoditi con gelosia nella sezione riservata della biblioteca.
«Non ho molto tempo.» aveva detto brevemente, «Un villaggio di confine è stato raso al suolo. Kankuro è riuscito a portare in salvo l'unica sopravvissuta. Non sappiamo altro e sto per presiedere l'interrogatorio della ragazza. La situazione è preoccupante e si è preferito optare per la segretezza.» aveva aggiunto d'un fiato.
«Un codice porpora?» aveva chiesto sorpresa.
«Già.»
«Ma, Gaara... lo saprà tutto il villaggio a quest'ora! È stata Settai a dirmi cos'era accaduto.»
«Lo avevo previsto. Ma se gli abitanti sanno che Kankuro ha salvato una ragazza, non è poi così grave. L'importante è che non sia trapelato nient'altro.»
«Giusto.» aveva convenuto Temari riflettendo con più attenzione, «Come sta quell'incosciente?»
«Bene, non preoccuparti, lo vedrò fra poco.»
«Allora... Cosa posso fare?»
«Nulla, non è il momento adatto per assegnarti una missione. Temo che a breve cambieranno le priorità e preferisco che tu sia disponibile. Torna a casa, ti farò avere un messaggio.»
Gli aveva prontamente sorriso con quel fare materno che nascondeva un significato dalle sfumature più profonde e comprensive. Gaara si lasciava spesso cullare dall'istinto naturale della sorella, che le era proprio in quanto donna, ma a volte, come in quel caso, lo irritava perché lo faceva sentire infantile, debole e incapace per quel bisogno di calore che Temari gli offriva spontaneamente credendo ne avesse bisogno.
«D'accordo.»
Temari ripensò al duro sguardo che Gaara le aveva involontariamente riservato in quel breve attimo prima di separarsi. Il sole batteva impietoso sulla sua chioma dorata. Un frullare d'ali conquistò la sua attenzione e le piccole ombre di uno stormo si fusero con la sua, come a volerla trascinare lontano, fin sul tetto del palazzo del Kazekage.
Temari si voltò, osservando la sommità dell'edificio su cui gli uccelli si erano posati.
Erano soltanto sagome scure senza volto.


La piccola porta al fondo della Sala delle Udienze, dietro al palco di legno su cui prendeva posto abitualmente il Capovillaggio, conduceva ad un'angusta anticamera che a sua volta portava al corridoio principale del terzultimo piano. Lo spazio era ristretto e bastava a malapena per contenere una panca e una pianta in vaso, che sopravviveva grazie alla luce proveniente dall'unica finestra della stanzetta.
Quando Kankuro si chiuse l'uscio alle spalle, Gaara sbuffò sonoramente con le mani sui fianchi, cercando di allontanare con quel soffio tutto il nervosismo accumulato fino ad allora.
Il marionettista sapeva quanto fosse difficile per il fratello minore imbrigliare la propria collera, che scalciava e si dibatteva come un cavallo selvaggio, e quanto in definitiva gli costasse lasciarla sbollire in silenzio senza potersi sfogare in modo fisico come sicuramente la sua indole gli suggeriva di fare.
I due bambini, che si erano occupati di scandire i minuti rimanenti all'inizio dell'Udienza e di accompagnare il Kazekage nella Sala, come di consueto attendevano in quella stanza che si concludesse l'interrogatorio per ripetere gli stessi gesti in ordine inverso e sistemare la Sala per il programma successivo. Vedendo entrare Gaara-sama spalancarono gli occhi come pesci appena tirati fuori dall'acqua e boccheggiarono altrettanto sorpresi, confusi da quella visita inaspettata. Con le mani tremanti nascosero in fretta e furia le carte con le quali avevano cercato di ingannare il tempo, senza mancare di perderne qualcuna nella frenetica operazione.
«Venerabile Kazekage!» squittirono in coro, recuperando quella compostezza insolita per la loro età così acerba.
Dopo qualche respiro profondo Gaara parve recuperare una certa tranquillità; riaprendo gli occhi si trovò di fronte i due fanciulli che lo fissavano con un misto di ammirazione e paura. Un lampo attraversò le chiare iridi del Kazekage e, con un fremito che nasceva da un antico timore, Kankuro temette per un fugace istante per l'incolumità dei bambini. Con immediato sollievo, notò che lo sguardo del fratello si era subito addolcito, conquistando una nota di tristezza che probabilmente avrebbe sempre contraddistinto quella complicata sinfonia che rappresentava la sua esistenza.
«Prendi la campanella.» disse Gaara ad uno dei due, «Vai di là e suonala fra quindici minuti.»
«Sì, signore!» acconsentì prontamente il ragazzino recuperando l'oggetto sulla panca. Il secondo lo guardò con aspettativa, in attesa che gli fosse assegnato un compito da svolgere, ma non c'era altro che Gaara potesse chiedere loro e il sospetto unito alla delusione si fece largo sul roseo faccino. Il Capovillaggio sorrise comprensivo e gli accarezzò gentilmente la testa.
«Tu puoi aspettarmi qui.»
«Sì!» rispose quello, ammaliato.
Il Kazekage richiamò il fratello maggiore con un gesto ed insieme uscirono raggiungendo il corridoio, il quale era però troppo affollato per poter custodire gelosamente il segreto di una loro conversazione.
«Andiamo al piano superiore.» suggerì il jonin.
Il luogo si dimostrò essere più tranquillo per via dell'assenza di uffici operativi, ma Gaara preferì prendere ogni precauzione per evitare di essere interrotto. Si rifugiarono quindi nella Sala del Consiglio in cui avrebbero potuto discorrere indisturbati.
L'ambiente era quanto mai semplice e spartano; oltre al grande tavolo rotondo circondato da sedie con alti schienali, la Sala era completamente spoglia anche se ben illuminata da una serie di finestre circolari che proiettavano i loro giochi di luce nella stanza.
«Ah, ecco dove l'avevo lasciato.» disse Gaara raggiungendo la sua posizione abituale ed accomodandosi fiaccamente; davanti a lui, sul tavolo, c'era il cappello bianco e azzurro da kage con il kanji del vento ricamato sulla stoffa con fine precisione.
Kankuro sedette accanto a lui: era rimasto turbato da quel comportamento esageratamente previdente che spesso il fratello adottava per poter avere un dialogo privato senza che i membri del Consiglio venissero a conoscenza dei relativi contenuti.
Sbatté un pugno sul tavolo.
«Sei il Kazekage! Non dovresti essere costretto a nasconderti o ad assecondare il volere altrui!» ringhiò, facendo riferimento all'Udienza in sospeso.
«Calmati.» sillabò mollemente Gaara, «Il tavolo mi serve.»
«Non riesco a capire come riesci a sopportare quelle mummie! Se fosse per me...»
«Per fortuna io non sono te.» sorrise il Capovillaggio, «Altrimenti avrei bisogno di eleggere un nuovo Consiglio tutte le settimane.»
Kankuro grugnì e si acquietò un poco ripensando ai guai che aveva causato durante il dibattito: se il fratello si era trovato in difficoltà, la colpa era stata anche sua.
Gaara prese fra le mani il cappello e, dopo averlo controllato, se lo pose sul capo assumendo un'aria fintamente altezzosa.
«Come mi sta?» chiese con svogliata ironia, socchiudendo le palpebre segnate di nero.
«Gaara...» lo ammonì velatamente il ninja con la tipica smorfia che gli faceva chiudere un occhio e storcere la bocca.
«Mi mancano le missioni.» sospirò dopo qualche attimo di silenzio, lanciando quella banale confessione come un sassolino in uno stagno che increspa appena la superficie, «Quando convoco i leader delle squadre per assegnare un nuovo incarico... un po' li invidio.»
Kankuro lo fissò, colpito da quelle ultime affermazioni: raramente Gaara si confidava così apertamente. La rabbia di poco prima era sparita e ora, uno di fronte all'altro, non erano un jonin e un kage, ma solo due fratelli in un momento di intima vicinanza.
«Invece devo stare tutto il giorno chiuso in uno studio a firmare fogli e a discutere.» continuò con amarezza, «Forse hanno ragione. Sono un Capovillaggio troppo giovane...»
«Non dire assurdità!» intervenne Kankuro.
Gaara sembrò non averlo sentito. Sollevò una mano e la osservò attentamente.
«Troppo giovane... e troppo debole.»
Il fratello dischiuse le labbra, ma non riuscì a dire niente.
Dopo il rapimento da parte di Alba e la perdita del Demone Tasso, il cercoterio monocoda Ichibi, Gaara aveva subito un trauma per lui difficile da superare. Aveva convissuto con il Demone fin dalla nascita e aveva affrontato con la sua presenza ogni giorno della sua vita, ogni notte insonne. Aveva trovato dentro di sé la forza per sopportare quel peso, prima con disperazione e poi con estremo coraggio. Spesso Kankuro si rammaricava di non essere riuscito a comprenderlo pienamente o ad aiutarlo ad affrontare la dura lotta che lo attendeva in quanto Forza Portante del Villaggio della Sabbia. Lo aveva trattato invece con aggressività, nascondendo il terrore che provava nei suoi confronti dietro una maschera di dura freddezza, di presunta autorità e di falsa spavalderia.
Quello era uno dei momenti in cui Naruto Uzumaki avrebbe sicuramente detto a Gaara le parole più appropriate senza difficoltà.
L'imbarazzo di dover comunicare con il cuore frenava di frequente le parole di Kankuro.
Il Kazekage si passò una mano sugli occhi: «Sono stanco.»
Il marionettista approfittò subito del cambio di argomento che gli permetteva di concentrarsi su un problema pratico e di più facile risoluzione.
«Sei riuscito a dormire almeno qualche ora?»
«No.» ammise. La sua risposta parve durare un'eternità.
Kankuro non era nemmeno in grado di immaginare la vita senza riposo notturno, senza sogni, senza quel piacevole e gratificante abbandono; ma sapeva quanto fosse arduo per Gaara anche solo appisolarsi per pochi minuti. Ichibi non gli aveva mai consentito di perdere la concentrazione o di cedere al sonno; se il giovane ninja lo avesse fatto, il Tasso avrebbe preso il sopravvento. Il fatto che non riuscisse ancora a dormire non lo stupiva affatto, ma senza il chakra del cercoterio non avrebbe sopportato ancora a lungo la fatica e senza il dovuto riposo sarebbe crollato, mettendo in pericolo la salute.
«In alcuni momenti riesco ad assopirmi senza accorgermene... ma dopo qualche secondo mi sveglio di colpo.»
Kankuro abbassò lo sguardo. Il terrore del fratello era più che comprensibile considerando che vi erano altre preoccupazioni che agivano per il medesimo risultato. Con la riserva di chakra del cercoterio aveva inoltre perso parte della sua sicurezza e della sua forza. Il jonin era convinto che quella fosse solo una situazione temporanea dovuta allo shock e quando Gaara si fosse reso conto di quanto in realtà fosse diventato potente già da tempo senza l'ausilio del Demone, avrebbe riacquistato la fiducia nelle proprie capacità e avrebbe passato meno tempo di fronte alla tomba della vecchia Chiyo per riflettere, come sosteneva lui, o per tormentarsi, come credeva Kankuro.
«Devi rilassarti e provare o ti ammalerai.»
Gaara annuì, vago.
Il fratello sospirò e la sua voce conquistò un tono più basso, comprensivo e confidenziale: «Lascia che sia io a svolgere le missioni per te. Tu pensa solo ad occuparti del Villaggio che ami tanto.»
Gaara sollevò il viso dipinto di una triste dolcezza carica di affetto; la sua fronte si contrasse appena e un timido sorriso animò le labbra perfette.
Kankuro arrossì e balbettando qualcosa a proposito dei loro ruoli si passò nervosamente un dito sulla punta del naso. Il Kazekage sorrise divertito prima di riconquistare la propria serietà.
«Parliamo della proposta di quella ragazza.»
«Sì, anch'io penso che sia assurda.» disse con accondiscendente convinzione.
«Non ho mai detto che lo fosse.» rivelò il Capovillaggio.
Kankuro lo guardò fisso negli occhi con l'espressione basita e allo stesso tempo severa che lo faceva assomigliare in modo incredibile a loro padre in quella foto che figurava accanto alla sua e a quelle dei precedenti kage.
«La proposta di Akisame-san è perfetta.»
«Stai scherzando?» chiese il fratello ancora incredulo.
«Ragiona: lei è sola e...»
«Non sappiamo se ha una famiglia o un parente!»
«Se l'avesse avuto avrebbe espresso il desiderio di raggiungerlo. Inoltre le geishe vengono vendute da bambine. Pensi che da qualche parte ci sia una famiglia felice pronta ad accoglierla?»
Il marionettista si appoggiò allo schienale della sedia incrociando le braccia, corrucciato.
«È sola, senza un posto in cui andare. Ha perso ogni cosa e come se non bastasse è malvista dal Consiglio del Villaggio che dovrebbe aiutarla. È anche troppo perfetto.»
«Che intendi dire?»
«Il fatto che debba sdebitarsi con te è un'ottima scusa.» spiegò.
«Gaara, che cosa stai dicendo? Non voglio che sia la mia serva! Sei impazzito?»
«Vuoi usare il cervello? C'è un motivo se Amajitaku è stato raso al suolo. Forse gli abitanti erano a conoscenza di qualche segreto che gli assassini non volevano far trapelare, oppure era accaduto qualcosa che desideravano nascondere. Quella ragazza ha la risposta a questo interrogativo, ma è un segreto che può costarle la vita. Quale modo migliore di proteggerla, se non con una sorveglianza costante e ininterrotta?»
«Quindi... vuoi usare la sua proposta solo come facciata per tenerla invece sotto scorta a casa nostra?»
«Esatto. Sempre che tu sia d'accordo.»
«Non mi lasci molte alternative...» disse Kankuro toccandosi ancora una volta il naso, poi annuì e Gaara lo studiò mentre fissava lo sguardo sul pavimento.
«Non voglio che questo sia un obbligo e mi rendo conto di quanto gravoso sia il compito che sto affidando a te e a Temari.»
Sulla faccia del jonin comparve un sogghigno: «La casa è anche tua se non sbaglio.»
«Sì, ma io non conto: passo qui quasi tutto il mio tempo. La mia stanza sarà piena di ragnatele. Potresti usarla per le marionette invece di rintanarti nel capanno del cortile.» suggerì.
«Non scherziamo! In casa mia ci sarà sempre un posto per mio fratello.»
«E di Temari.» lo corresse il Kazekage.
«Cosa?»
«Tua e di Temari.»
«Cosa?»
«La casa, Kankuro.» ribadì con asciutta insofferenza, roteando gli occhi.
«Ah, ma certo! Anche se a giudicare da tutto il tempo che passa ultimamente con "testa d'ananas" per queste selezioni... penso che non sarà anche sua ancora a lungo.»
«Shikamaru Nara non ti piace?» insinuò Gaara, «Non immaginavo che fossi così protettivo nei riguardi di nostra sorella.»
«Non sono protettivo! Deve per forza piacermi? Non guardarmi in quel modo! Pensi la stessa cosa anche tu.» abbaiò.
«Allora ti farà bene avere un po' di compagnia in più a casa.» disse, riferendosi ad Akisame.
Kankuro sorrise mestamente.
«Dimmi la verità. Troveremo un'altra soluzione se...»
«No, non c'è alcun problema.» confermò; il fratello minore aveva riposto in lui la sua fiducia, non poteva deluderlo e lasciarlo ancora una volta senza il suo sostegno.
«Bene, ma c'è ancora un problema.» annunciò il Capovillaggio.
«Quale?»
Gaara perse per un attimo lo sguardo nel vuoto, poi lo sollevò: indossava ancora il copricapo da kage. Ogni tanto avrebbe desiderato separarsene anche se si era impegnato a fondo per ottenerlo, per essere accettato, per essere amato. La grande responsabilità che quell'oggetto simboleggiava lo rendeva più pesante di quanto in realtà non fosse. Spesso si domandava se le sue spalle fossero forti abbastanza per sopportare quel fardello.
Prese il cappello e lo appoggiò lentamente sul tavolo.
«Non posso approvare direttamente la proposta. Deve essere messa ai voti. Senza la maggioranza del Consiglio dalla nostra parte... non potremo fare nient'altro per lei.»







FINE TREDICESIMO CAPITOLO, continua...

Naruto © Masashi Kishimoto


N.d.A. - Come al solito, ringrazio le persone che seguono questa storia e in particolar modo tutti coloro che lasciano un commento e tutti gli utenti che hanno inserito questa fic nei loro preferiti o nelle storie seguite.
Mi scuso per il ritardo accumulato per la pubblicazione di questo capitolo che, pronto da due settimane, seguitavo a cambiare e a riscrivere. Qualcosa continua a non convincermi e non sono pienamente soddisfatta del risultato ottenuto. Spero che vi piaccia comunque.


Risposte alle recensioni:

x slice: ciao e grazie della recensione, è gratificante sapere che anche i piccoli dettagli vengono notati con attenzione! Mi rende davvero felice sapere che il capitolo precedente ti è piaciuto così tanto e mi mortifica sapere che questo invece non mi è riuscito allo stesso modo. Attendo la tua opinione. Amo i dialoghi, mi diverte scriverli anche se mi fanno impazzire quando ci sono tante cose da inserire come nel caso del capitolo 12. Mi piace curarli nel dettaglio e se non vengono come dico io mi arrabbio parecchio. Ma non tutte le ciambelle riescono col buco.
"cosa fa di una ragazza marchiata e venduta una prostituta?" Mmm... mi sorge il dubbio di non aver spiegato bene la faccenda. Se riprendi il primo capitolo troverai una battuta di Einen che recita «Fuyuba è la nostra principale fonte di guadagno. (...) Tu sei una geisha, Akisame, e, come se non bastasse... sei una sua proprietà.(...)» Con questo e con i discorsi successivi mi pareva di aver reso chiaro, solo implicitamente me ne rendo conto, che Fuyuba fosse già da qualche tempo il danna di Akisame. Per i dettagli ti rimando ovviamente ai capitoli che verranno. Sto diluendo tutto questo discorso sulle geishe e sui dettagli che ho inventato perché non mi sembrava accettabile fare un lungo discorso-polpettone che sarebbe sembrato più una lezione di storia che un capitolo di una fic. Comunque, se la cosa non si capisce la colpa è mia, forse avrei dovuto mettere in chiaro meglio le cose dal principio. Grazie come sempre, un bacio!
x Myluna91: ciao! Quello che vuole fare Atama è proprio mettere in cattiva luce il kage e il fratello perché ha una pessima opinione del giovane che governa il villaggio. Gaara reagisce forse a ragione, forse a torto, questo tocca a voi giudicarlo, per difendere il fratello di fronte ad un'accusa ingiuriosa e senza fondamento. Si rende poi conto di quando in realtà sia davvero inesperto e paga il suo errore. Ciò non vuol dire che sia uno sciocco, infatto porta, come hai notato, il discorso "dove vuole lui". A fine capitolo Akisame ha sorpreso tutti con la sua proposta. Questo capitlo non è avvincente come il precedente, ma si capiscono già delle cose che si svilupperanno nel futuro. ^_^ bacione!
x martufella87: Grazie, sei sempre gentilissima, anche se io ti istigo alla violenza! XD La diatriba "giovani VS anziani bigotti" è essenzialmente il riassunto del dibattito anche se è più uno scontro fra due modi dipensare diversi più che di persone. Mi piace scrivere dialoghi serrati, è una cosa che adoro fare. C'è stato tanto lavoro da fare per quello del capitolo precedente ma mi sono anche divertita. Mi piace informarmi prima di anciarmi in affermazioni senza fondamento, mi piace elaborare le cose, ma mi lancio anche nell'improvvisazione. Posso riassumere dicendo che mi piace scrivere e se ai lettori piace quello che scrivo, ancora di più! Grazie ancora, bacio!
x Valery_Ivanov: Ciao! XD Amo scrivere i dialoghi, mi piace che siano incalzanti e serrati, acuti e sciolti. Mi diverto, inutile nasconderlo! Per il dialogo della disputa del capitolo precedente sono impazzita davvero perché le cose da dire erano tante e ho faticato ad inserirle tutte. Mi fa piacere che tu abbia gradito. Per sapere come la spunterà Gaara ti rimando al capitolo 14 in cui GIURO finisce l'udienza! XDD Kisses
x piantina: ciao^^ in effetti tutta la scena ha qualcosa che ricorda un po' i tribunali dell'antica grecia... mi vengono in mente scene di vecchi film! XD Si vede che inconsciamente riaffiora quello che è rimasto in questo cervello dagli studi del liceo! Per quel che riguarda Arthur Golden e il suo stile... è ovvio che se l'idea della fic mi è venuta leggendo il suo romanzo qualcosa del libro mi avrà colpita oltre alla storia. Cerco comunque di mantenere il mio stile, traendo magari l'ispirazione, ma mai ricopiando o tentando di scimmiottare quello di un altro. La mia paura era che i personaggi potessero in qualche modo assomigliare troppo a quelli di "Memorie..." perché sarebbe stato qualcosa di non voluto e di cui mi sarei assai dispiaciuta. Continua comunque a dirmi tutto quello che pensi, anelo delle critiche! XD Rendere Gaara, o comunque i personaggi della Sabbia che Kishimoto tratta poco, è assai difficile, ma cerco sempre di dare il massimo e se questo rende e piace sono contentissima! Bacio!
x Yum: Ciao e grazie dei complimenti! ^_^
   
 
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