Vi ringrazio molto per aver apprezzato il capitolo su Sulpicia: volevo dare spazio anche a lei, mostrarne il carattere e far capire chi è che ha Aro accanto... la pazzia, comunque, è contagiosa, si sa! XD
Con questo capitolo torniamo ad un personaggio più usuale per Proibito, anche se motivo di molte perplessità in senso lato: Jane.
A riguardo torno a fracassarvi le noccioline e a chiedervi ancora di leggere la drabble 'perdonami...' . A questo punto della storia, direi che leggerla può essere carino sia per me che per voi...
Arriviamo alle cose serie: ho 1 solo capitolo dopo a questo già scritto, il che significa che se non riesco nell'immediato a trovare tempo per scrivere ancora, l'attesa per i seguenti dovrà essere ancora maggiore... sono desolata, ma purtroppo sono oberata dal lavoro e... beh, la despressione post lavoro non aiuta affatto a trovare la mente propensa a scrivere.
Però c'è una buona notizia per chi segue Havoked: ho scritto un nuovo capitolo, che a breve pubblicherò!!!
A breve posterò lo spoiler per il prossimo capitolo sul mio BLOG fateci un salto!!!
PROIBITO
106 - La ladra - Jane
Ripetei ancora
la sequenza di note,
ormai era la decima volta che provavamo e i tasti stavano iniziando a
diventare
tutti ugualmente grigi: la noia sbiadiva il bianco brillante e il nero
onice,
li confondeva, così come confondeva le mie idee e tutto quello che si
agitava
nel mio cuore.
In quel momento,
mentre io ero con
Athenodora nella sua saletta musicale a provare ancora e ancora la
romanza de
‘I pescatori di perle’ di Bizet, Alice era in volo di ritorno da
Parigi, sempre
che ci fosse arrivata sana e salva, le due ragazzine che così tanto
male non
erano si stavano occupando di Alec e... e chissà cos’altro stava
accadendo
sotto al cielo di Volterra!
Pensai a dove
poteva essere il mio Felix
in quel momento: forse con Demetri ed Heidi, forse da solo. Forse era
andato a
caccia e stava tenendo tra le braccia una giovane umana, oppure aveva
iniziato
anche lui a cercare di farsi bastare il sangue animale. Forse era nella
sua
stanza, a leggere, oppure stava semplicemente disteso da qualche parte
a
pensare.
Ovunque fosse,
non era con me e questa
consapevolezza, che mi trascinavo nel petto da innumerevoli anni, mi
logorava
sempre di più.
Dovetti aver
sbagliato una nota della
mia partitura, perché Athenodora si bloccò e si rivolse verso di me.
-Va tutto bene,
Janina?-, mi domandò,
usando quel diminutivo che mi dava sui nervi. Eppure lei era sempre
stata
carina con me e negli ultimi tempi si era mostrata ancora più
comprensiva e
gentile.
Mi limitai ad
inspirare e a scuotere
rapidamente la testa in segno affermativo, mentre un sorriso forzato si
piegava
sul mio viso.
No, non va bene
nulla... Tutte le
persone a cui tengo sono in pericolo, io stessa mi sto incamminando su
un
sentiero pericoloso, l’uomo che amo non mi degna neanche di uno sguardo
e tu mi
trattieni a suonare per te! Non va proprio bene nulla, Athenodora!
-Hai mai provato
a parlargli
direttamente?-, mi domandò la vampira, sedendosi sullo sgabello del
piano
vicina a me, fissando i suoi occhi vermigli nei miei.
Sapeva tutto.
Anche lei sapeva ogni
cosa... possibile che proprio io, l’arma letale dei Volturi,
io che
terrorizzavo la gente con un solo cenno del capo fossi così nuda
davanti a
tutti? Scrollai le spalle e la testa, sconsolata.
-Signora,
riprendiamo a provare, per
favore-, le chiesi scorrendo all’indietro fino alla prima pagina lo
spartito e
mettendomi composta per ricominciare a suonare.
-No. Parlami di
lui-, disse lei in tono
gentile, eppure autoritario. Mi sgonfiai espirando e mi voltai
lentamente verso
di lei.
-E’ proprio
necessario?-, le domandai
piegando le sopraciglia in una smorfia implorante.
-E’ necessario
che tu faccia quel che
puoi per essere felice-, i suoi occhi nei miei, la sua affermazione a
riecheggiare nella mia testa.
Presi aria e mi
girai ancora verso il
piano.
-Per essere veramente
felice devo
arrivare in fondo a questa storia. E per farlo so che ora
io devo stare
qua a provare ancora la romanza per la festa. Facciamo entrambe molti
errori,
signora, rimettiamoci al lavoro-, stavolta ero stata io autoritaria e
per un
attimo temetti di aver esagerato.
Invece
Athenodora si alzò dallo sgabello
e, prima di tornare alla sua postazione dove c’era un leggio e il suo
spartito,
posò la sua mano sulla mia spalla.
Era una brava
donna, peccato che si
fosse legata ad una carogna come Caius...
-Peccato che non
ci sarà nessuna
festa... Aro l’ha categoricamente vietata-, borbottò prima di
rimettersi a
cantare.
Ma io sapevo che
la festa ci sarebbe
stata, Alice ne era certa, qualcosa o qualcuno avrebbero preso
decisioni che
avrebbero portato a quello scenario... Ero con Athenodora perché me lo
aveva
detto Alice e, finora, lei aveva avuto sempre ragione. Fu così anche
quella
volta: mi aveva mandato un sms con scritto:
aspetta che il
futuro si compia, resta con Athenodora
e vedrai che le
risposte arriveranno da sé.
Sto per
imbarcarmi per Paris
e io avevo
aspettato...
Stavamo
finalmente riuscendo a produrre
un’ottima unione di voce e strumento, entrambe stavamo dando il meglio
di noi,
quando, con un colpo secco e nessuna attesa di una risposta, alle prime
luci
dell’alba Sulpicia entrò come una furia nella saletta e si gettò a
sedere su
una poltrona, incrociando le braccia al petto, stizzita.
Indossava un
abito leggero e aveva tutto
il volto sporco di trucco.
-Cos’è successo,
stavolta?-, domandò
serafica Athenodora, sedendosi vicina a lei. Io rimasi in piedi,
accanto al
piano.
-Ho sete, Dora-,
disse Sulpicia,
sottintendendo che l’amica le doveva portare qualcosa da bere. Quando
la
vampira greca si alzò ed uscì dalla stanza, un punto imprecisato alla
mia nuca
iniziò a formicolare, come se avessi la netta sensazione che stesse per
accadere qualcosa, che avrei dovuto essere reattiva e approfittarne.
-Avevi ragione,
ragazzina-, disse la
Regina rivolgendosi a me, immobile al suo posto, -lui
lo sta facendo davvero. Io l’ho letto-
Non volevo
sapere nulla di più, non dovevo
sapere nulla di più! Alice mi
aveva chiaramente fatto capire che non ne avrei dovuto parlare con lei…
-Signora, mi
perdoni… non so di cosa stia
parlando e adesso… devo…-
…
andare via…
-Ecco,
Sulpicia-, Athenodora, rientrando
con una tazza di fine porcellana, coperta da un tovagliolino di candido
lino,
mi salvò.
Trovai una scusa
per uscire da quella
sala al più presto, mi congedai con due inchini e fissai con la vampira
che
avremmo provato in seguito, per perfezionare la nostra musica.
Prima che
sparissi dietro la porta di
pesante legno massello, la voce di Sulpicia mi raggiunse: -La festa si
farà,
cara Dora, si farà eccome... e Aro me la pagherà...-
Uscii di corsa
nella mattinata di
Volterra e lasciai che il debole sole facesse brillare la mia pelle,
protetta
dalle mura del Palazzo.
Mi tremavano le
mani, potevo quasi
sentire il cuore battere nel mio petto, se solo fosse stato possibile…
Tutto stava
compiendosi, come Alice aveva predetto: in quell’istante compresi tutta
la
forza di quell’immenso potere, contenuto in una folletta alta un metro
e un
tappo, come me. Eravamo entrambe piccole, anonime e spaventosamente
potenti...
ma avremmo saputo usare nella maniera corretta quello che l’immortalità
ci
aveva dato in dono?
Afferrai il mio
cellulare e digitai un
sms per Alice. Avevo bisogno di trovare immediatamente Edward…
Ed
è alla Watch Tower:
si
stanno occupando di Alec.
Jane,
perdonami...
Si
stanno
occupando di Alec…
Presi aria,
chiudendo gli occhi e
cercando di attingere a tutta la forza di volontà che sapevo di
possedere.
Si stanno
occupando di Alec...
Che
cosa gli stavano facendo? Quel... quel...
quell’idiota di mio fratello! Perché aveva dovuto comportarsi così,
perché li
aveva portati ad abbassarsi al livello delle bestie e combatterlo
usando le sue
stesse armi? Perché Alec aveva tradito il nostro patto?
La ‘WatchTower’
era la casa di Marcus:
lui vedeva, si informava, raccoglieva le informazioni e dava le
indicazioni.
Edward era ‘il Comandante’, ma Marcus era il nostro approdo, come se
fosse
stato un padre per tutti noi piccoli figli dispersi. Alec era lì,
Edward anche.
Per un istante credetti di trovarli a rotolarsi nella terra rossa
vicina alla
casetta bassa di Marcus, a prendersi a cazzotti, magari ferendosi la
pelle di
alabastro e squassando il terreno con i loro colpi andati a vuoto. Mi
immaginai
di doverli dividere, lottando contro la voglia di riprendermi mio
fratello e
quella di deprecarlo, lottando contro Edward.
Invece, prima di
loro, trovai, in un
angolo del giardino delle rose, accucciate sotto un cespuglio tanto
grande
quanto secco, Erica e Silvia. Dovevo andare da Edward, ma non potei
fare a meno
di fermarmi da loro, per capire che fosse successo, visto che una
tremava e
l’altra, stretta tra le braccia dell’amica, singhiozzava terrorizzata.
-E’ colpa mia-,
ripeteva come una
litania, -Solo colpa mia se lui ha scoperto tutto-
Mi feci spiegare
da Silvia che mio
fratello, dopo averle trovate all’albergo convenuto, le aveva
pesantemente
importunate e che l’uso del loro potere obnubilante era stato
disturbato dalle
sue avances: Alec era riuscito a spezzare l’incantesimo, colpendo
violentemente
Silvia. Erica aveva provato a fermarlo, prima che se ne andasse dalla
stanza e
lui aveva usato il suo malefico potere su di lei. Quando si era
svegliata,
aveva trovato i suoi abiti strappati e, benché Silvia continuasse a
ripeterle
che Alec era andato via senza torcerle un capello, lei si era sentita
violata
nel corpo e nell’anima da ‘quel mostro’ di mio fratello.
Quello che le
faceva stare male, però,
non erano le azione che le avevano viste, loro malgrado, vittime
sacrificali,
non soffrivano per le ferite della pelle o dell’orgoglio, bensì perché
Alec era
sfuggito loro e, anticipando il suo rientro in città, si era subito
accorto
della sparizione di Alice. Loro tremavano perché avevano paura che il
piano si
fosse compromesso a causa della loro paura. Però lo potevo capire che
erano
terrorizzate all’idea che Alec andasse a parlare con Aro e che lui le
punisse
per il complotto ordito, uccidendole. Avevano paura ma non osavano
dirlo: il
vero problema era che avevano fallito.
Piccine...
Non sapevo che
dire loro, che parole
usare per spiegare che avevano fatto anche più di quanto fossero tenute
a fare
e che tutta la colpa era di mio fratello: loro insistevano nel
colpevolizzarsi...
-Andate a casa-,
dissi loro, -E non
preoccupatevi: Alec non dirà nulla ad Aro, né lascerà che glielo legga
nella
testa. Vi garantisco che vi proteggerò e voi non comparirete in nessun
modo in
questa storia. Ora andate a casa. Quando potrò, verrò da voi e allora
mi
ascolterete, quant’è vero che mi chiamo Jane! E allora vedremo se
riuscirò a
farvi capire quanto siete state grandiose in tutta questa storia...
Allora
io...-, avevo scosso la testa e me n’ero andata, dando loro le spalle,
perché
chiedere scusa a chi non mi aveva mai fatto niente e che in cambio si
era
meritato il mio perpetuo disprezzo era così difficile...
-Grazie-,
mormorarono prima che sparissi
nel boschetto e io sorrisi, perché forse, in un modo alquanto perverso,
avevo
trovato altre due amiche...
Corsi fino alla
casa di Marcus, le grida
si sentivano da una discreta distanza: quando li vidi, erano in tre su
Alec, che
lo tenevano fermo, gli tenevano la testa come per staccargliela.
Un brivido lento
e graffiante mi
percorse la schiena e si scontrò con la mia coscienza.
Alec...
-Fermatevi!-,
urlai, pentendomene
istantaneamente: così facendo i ragazzi si distrassero e Alec ne
approfittò,
avvolgendo con il suo potere indebolito il più vicino a lui.
Felix...
Lo vidi
accasciarsi a terra,
accartocciandosi su se stesso e mi sentii morire. Mio fratello stava
distruggendo tutte le brave persone di Volterra, Erica e Silvia, Alice,
Felix...
-Alec basta!
Smettila!-, corsi verso di
lui e, facendomi strada tra Edward e Demetri, piombai su mio fratello,
strattonandolo per il bavero della sua camicia e scuotendolo. Aveva il
volto
sporco di terra e una sottile ferita, simile ad una crepa, si stagliava
sulla
pelle bianca del suo collo.
Mi guardò, per
un istante qualcosa
brillò nei suoi occhi, poi si voltò e, col dorso della mano, si ripulì
le
labbra dal fango.
-Basta, Alec!-,
gridai ancora,
inutilmente. Sapevo bene che poteva fare più cose contemporaneamente al
suo
potere, quindi non mi meravigliai che, quando lo schiaffeggiai con
forza, mi
prese per un braccio e mi strattonò così forte da lasciarmi cadere a
terra,
quasi su Felix.
-Vai e
difendilo, piccola strega!
Difendili tutti, i tuoi amici traditori! State tradendo Volterra!
Dovete essere
denunciati!-, sputò del sangue nella terra umida e allargò gli occhi
come se
fosse già vincitore sul podio.
-Dovrei
denunciarti io per quello che
hai fatto ad Erica e Silvia, dopo che ti sei fatto dare Alice, come se
fosse
una merce da vendere al migliore offerente! Io lo so che cosa hai detto
loro,
hai inventato un mucchio di storie su Edward solo perché la volevi
tutta per te
e adesso?-, mi rimisi in piedi, spostando una ciocca di capelli dalla
mia fronte.
Lo sguardo di
mio fratello si chiuse in
una sottile linea di puro odio verso di me: -Che stai dicendo?
Smettila! Sono
tutte bugie di una sciocca ragazzina sola!-
Edward e Demetri
erano come evaporati
dal luogo in cui stava avvenendo l’ultimo confronto tra me e quello che
era
stato un pezzo della mia anima: eravamo solo io e Alec e tutti i
rancori che
facevano a fette quello che eravamo stati l’uno per l’altra.
-Tu sei malato,
Alec! Devi smetterla di
comportarti così! Basta, lascia in pace Felix!-, lo implorai una volta
ancora e
fui duramente pagata.
-Ma cosa te ne
importa di questo qua! Tu
meriti di meglio di lui, sorella! Hai sprecato troppi anni dietro a lui
e
cos’hai ottenuto? Niente! O te lo prendi usando il tuo potere e dopo
lasci che
soddisfi tutti i tuoi pruriti, oppure basta, puoi lasciarlo a me!-,
rise di
gusto, in una risata diabolicamente isterica. Lo avrei voluto....
-Taci! Cosa ne
sai di me, eh? Questo è
quello che hai fatto tu ad Alice! Io non potrei mai... neanche solo
pensare
di... E smettila di usare il tuo potere!-, lo colpii con una scarica
breve, ma
intensa del mio dolore e subito Felix si scosse dal suo torpore.
Sapevo che non
avrei dovuto farlo, ma
fui subito su di lui, aiutandolo a tirarsi su, guardando riflessa nei
suoi
occhi spaesati tutta la mia vergogna.
-Mi... mi
dispiace...-, sussurrai e per
la prima volta nella mia vita, da quando lo conoscevo lui... Felix mi
abbracciò.
-Grazie... è
stato... terribile-, disse
soltanto, dopo scattò da una parte e si unì ad Edward e Demetri per
fronteggiare nuovamente mio fratello.
-E brava la mia
sorellina! Hai ottenuto
un abbraccio! Piccola illusa!-
-Stai zitto,
bastardo-, lo ammonì Felix
e qualcosa rotolò dalle parti del mio cuore, che però rimbombò cavo.
Poi tutto
avvenne rapidamente: ero stordita,
confusa dal gesto istintivo del vampiro che amavo e dalle parole
velenose di
Alec.
-Usalo su di
lui, il tuo potere!
Bloccalo, intrappolalo e fallo tuo! O hai paura del sesso, verginella!
Prendi
esempio dalle tue amichette, che invece non hanno avuto alcuna paura
con me! E’
bastato usare un pizzico della mia droga e loro sono subito cadute come
due
pere cotte ai miei piedi, fisicamente. Volevano
fregarmi! Volevate
fregarmi tutti! Alice ha organizzato tutto, eppure non ha capito che io
sono
più intelligente di lei: ho capito subito quali fossero le intenzioni
delle due
piccole puttane! Sono stato più veloce di loro e le ho sottomesse al mi
potere!
Sai, Jane, con loro mi sono anche tolto un paio di soddisfazioni che
non ero
riuscito a togliermi in passato! Devo dire che alla fine ho passato
proprio un
bel San Valentino e...-
Non ressi più:
quello che stava dicendo,
quello che aveva fatto o che diceva di aver fatto, quello che aveva
detto a
me... tutto tornò a galla nella frazione di un secondo ed io... non
ressi più.
Edward lo lesse
nella mia testa e cercò
di fermarmi, facendo un cenno a Felix che lo aiutasse, ma fui più
rapida e,
attingendo a tutto il buio che avevo nell’anima, indirizzai il mio
dolore
contro Alec.
Emise solo un
lamento strozzato, i suoi
occhi mi guardarono solo per un attimo, dopo rimase fermo a terra,
immobile,
tramortito dalla scarica enorme di dolore che gli avevo inflitto e che
continuava a erodere la sua coscienza. Era come se stesse provando le
sensazioni di uno smembramento, come se gli stessi strappando le dita
una ad
una, se gli segassi con una lentezza esasperante le viscere e il cranio.
Non avevo mai
usato una scarica di tale
intensità, mai avrei pensato di usarla contro la mia stessa carne.
-Fermati,
Alice-, il tocco deciso eppur
gentile della mano di Edward sul mio braccio teso verso Alec mi
ricondusse in
un attimo all’orrore di quel che stavo facendo. Alec stava riverso con
la
schiuma alla bocca, in preda a spasmi così violenti da immobilizzarlo
inchiodato al suolo. Felix mi guardava disgustato, eppure solo un
attimo prima
quel mio potere lo aveva aiutato... lui non avrebbe mai
accettato quello che
ero...
Chiusi gli occhi
e richiamai l’onda a
me, vedendo che il corpo di Alec, lentamente, si rilassava, rimanendo
immobile.
Demetri lo sollevò di peso e lo scosse, per capire se fosse...
Oh, tranquillo,
non l’ho ucciso... io
non posso uccidere, ma posso far desiderare di essere morti...
Alec
aprì lentamente gli occhi, mi fissò: per un
attimo credetti che una lacrima solitaria fosse sfuggita alle sue
ciglia e
stesse rigando il volto impolverato, ma decisi di ignorare quella
sensazione.
Deglutii e, con
la morte nel cuore, mi
avvicinai a lui, presi di nuovo il bavero della sua camicia, lo
strappai ed
infilai la mano nello squarcio, sul suo petto che si muoveva appena.
Trovai subito,
appesa ad una catena
d’oro, la stessa chiave dall’anello a forma di triskell che avevo anche
io.
Fissandolo negli occhi, gliela strappai dal collo e la gettai nella
polvere.
Scossi la testa,
lentamente, reprimendo
i singhiozzi e, in silenzio, feci cenno ad Alec che se ne andasse via
da lì.
-Accompagnatelo-,
ordinai a Felix e
Demetri, tornando per un attimo la vecchia Jane che incuteva timore.
Non avevo più un
fratello...
Nel
momento in cui Alec uscì dal mio campo visivo,
sentii le forze abbandonarmi e mi lasciai cadere in ginocchio per
terra,
sconvolta dai singhiozzi.
Quello che era
accaduto era... era una
cosa impossibile... Alec e io stavamo insieme da sempre, da quando...
Eravamo
gemelli, oh Signore! Era stato come prendere il mio cuore e strapparlo
dal
petto, infilandolo in un tritacarne... Alec!
Avevo lasciato
che disperazione mi
inghiottisse, stavo in ginocchio, con le mani al suolo e i capelli che
ricadevano sul mio viso.
Ogni cosa pareva
essere lì, ma io non
potevo vederla, afferrarla, perché ero io che non cero più, come se
fossi morta
una seconda volta. Il ciondolo... era stato calpestato e non si vedeva
quasi
più, coperto dalla terra e dalle foglie secche.... Un singhiozzo più
forte mi
fece tremare, piegandomi in avanti, finché dallo scollo della mia
maglia non
trovò l’uscita la mia collana, con un ciondolo identico a quello di
Alec.
Lo
strinsi forte in una mano, tirandomi su e
portandola al petto, dove avrebbe dovuto stare per sempre, perché Alec
ed io
dovevamo rimanere per sempre insieme, uniti, come eravamo stati
generati... Io
l’odiavo, ma lui... lui era tutto per me, la mia vita, la mia immagine,
lui era
la mia metà lui era...
Alec!
Un singhiozzo
violento, un lamento
fuoriuscito dal mio petto, senza che potessi fermarlo, un lungo, acuto
lamento
di dolore, come quello che avevo usato su di lui e nel quale stavo
lentamente
bruciando, da sola...
Non riuscivo più
a vedere nulla, come se
assieme a lui, se ne fosse andata la mia luce... gli avevo detto di
andar
via... avevo spezzato la nostra catena... Avevo rinunciato a lui...
Oh, Alec...
Non mi ero
accorta che due braccia forti
mi avevano stretta da dietro, non mi ero resa conto di essermi
aggrappata ad un
petto pronto ad accogliere le mie lacrime. Non mi ero accorta
che stavo
piangendo lacrime vere di dolore...
-Shhh... stai
calma...-, era
Edward. Era Edward
che mi
stava...
Perché mi aiuti?
Perché lasci che versi
le lacrime del mio peccato sopra di te? Perché sei qua, invece che da
Alice,
invece che su un aereo diretto dalla tua Bella? Perché tu mi aiuti? Io
non
merito niente, più niente, io...
-Tu meriti tutto,
Jane...-, Edward mi
strinse più forte e per un attimo mi parve di sentirmi davvero
protetta, come
se non fosse accaduto nulla, come se non fosse mai esistito il male, la
congiura, come se non fossi mai nata e fossi ancora nel limbo delle
anime
illuminate dalla debole luce del Signore, che un giorno avrebbe creato
per loro
una vita felice.
Non c’era nulla
di tutto ciò, non c’era
la luce e non c’era l’amore.
C’era solo Jane,
la strega... ed
avevo un compito da portare a termine...
Mi staccai dal
suo petto e lo guardai
negli occhi, per un attimo che parve durare una vita intera. Non
riuscivo a
vederlo bene, come se tutto il ribrezzo per quel che ero mi impedisse
di
tornare a vedere nitidamente le cose per cui ancora valesse la pena
lottare.
Era come se guardassi il mondo attraverso il vetro limaccioso di un
acquario di
piranha e mi rendessi conto di essere l’unica a poter ancora mordere
per far
del male: tutto il resto, attorno a me, lo avevo già ucciso.
Lui allungò una
mano verso di me, per
asciugare qualcosa dalle mie guance con il pollice, come se fosse una
legger
carezza, sorrise stupefatto e fece per parlare, ma non gli diedi il
tempo di farlo.
Deglutii ed
avvicinai la mia mano al suo
volto, sfiorandolo per la prima volta.
-Perdonami,
Edward…-, sussurrai e, prima
che lui potesse rispondere qualunque cosa, usai il mio potere segreto
infliggendogli un dolore inumano e mi cibai del suo potere, come
una ladra.
Rimasi connessa
a lui per un tempo
sufficiente a poter sfruttare appieno il suo potere, lo osservai
perdersi nelle
mille sfaccettature della pena che gli stavo causando, lasciandolo
senza
respiro, senza speranza, senza l’anima di cui mi stavo nutrendo.
Mi dispiace...
ma è necessario che tu
resti fuori da questa storia. Io ho perso ogni cosa, ormai: mio
fratello, il
rispetto di Felix... ogni cosa... Tu hai ancora tanto da poter dare...
Quando
pensai che fosse sufficiente, afferrai Edward
per un braccio e, facendolo passare sopra la mia testa, lo trascinai
fino alla
casa di Marcus: con una spallata ruppi la serratura, entrai e feci
stendere
Edward sul letto che c’era in un angolo. Avrebbe dormito per un bel
po’, finché
non avesse recuperato le forze che gli avevo tolto. Lo avevo
lasciato stremato: prima di andare via mi morsi un polso e,
avvicinandolo alla
sua bocca socchiusa, lasciai che un po’ del sangue che scorreva nelle
mie vene
scivolasse tra le sue labbra.
Di più non
potevo fare...
***
Trovai Sulpicia
che era sola, nella
stanza della musica, concentrata a suonare la sua arpa, dalla quale
proveniva
una melodia struggente e a tratti inquietante. La vampira era tesa
nell’esecuzione del brano, i capelli sciolti e mossi ricadevano sulle
spalle nude,
il petto sussultava lasciando che i mille veli del suo abito scollato
svolazzassero, muovendosi fino a terra: l’immagine che offriva di sé
era
veramente elegante e bella, sarebbe stata perfetta per posare per un
pittore.
La potevo
osservare, non vista,
attraverso la porta a vetri che dava sulla grande terrazza sulla quale
mi
trovavo: la sua musica usciva attraverso i vetri, i suoi pensieri
sarebbero
stati miei attraverso il potere che avevo rubato a Edward.
Mi concentrai e
cercai di scoprire quale
fosse l’origine della rabbia e della foga che impiegava nel suonare:
come
avrebbe potuto, il mio furto, rivelarsi utile alla nostra congiura?
Cosa
nascondeva Sulpicia, cosa Aro?
***
Stavo con la
testa appoggiata sul letto
dove giaceva, ancora inerte, Edward, guardavo un punto indefinito oltre
la
finestra: la brezza che filtrava dai vetri socchiusi faceva ondeggiare
le tende
di lino sottilissimo e, a ogni spostamento, un pezzetto di cielo si
svelava
alla mia vista appannata.
Non poteva
essere vero...
Avevo quasi
ammazzato Edward per... Non
poteva essere vero!
-Ehi, piccola,
calmati! Stai stringendo
quelle lenzuola così forte, che tra un po’ le strapperai...-, disse
Marcus,
carezzando i miei capelli.
Deglutii e mi
rizzai, mettendomi a
sedere composta.
-Sta arrivando
Alice-, dichiarai,
sfruttando ancora un po’ quel che restava del potere di Edward, -C’è
Esme con
lei-, dichiarai e il volto di Marcus si piegò in una smorfia di
perplessità.
-Aveva detto che
sarebbe dovuta rimanere
nascosta...-, bofonchiò tra sé e sé e si alzò per aprire la porta di
casa e
fare entrare le due donne.
Non mi mossi
dalla mia posizione e mi
maledissi per quel che avevo combinato con Ed: potevo sentire i
pensieri di
Esme e sapevo che sarebbe rimasta molto male, quando avrebbe scoperto
le
condizioni di suo figlio...
-Alice... va' un
attimo da lei, io
aspetto qua fuori con la signora Esme-, udii parlare Marcus, dall’altra
stanza.
Un attimo dopo, Alice fu al mio fianco di nuovo.
-Vedrai che si
riprenderà presto-, mi
disse, tentando di rincuorarmi. Il potere di Edward era svanito, non
potevo
leggere più quello che pensava realmente.
-Quello che io
ho fatto è...-, iniziai a
dire, ma Alice mi fermò.
-Quello che hai
fatto ci ha permesso di
scoprire quelle informazioni di importanza strategica, Jane: non
biasimarti se
hai dovuto fargli del male... Edward... Edward si sarebbe messo in
gioco per
primo, se solo...-, mi guardò negli occhi: -E’ stato un bene che sia
stata tu a
scoprire quelle cose: lui non avrebbe retto... Jane, promettimi che non
gli dirai
nulla e che starai attenta a far sì che non lo legga nella tua mente.
Lui è...
ancora troppo scosso per tutte le cose che gli sono capitate per
affrontare
anche questa: reagirebbe male, farebbe cose che potrebbero
compromettere
tutto...-
Mi sorrise ed io
annuii, promettendole
che avrei tenuto la bocca e la mente chiusa con Edward.
In quel momento
la signora Esme entrò
nella stanza e fu come se con lei fosse entrata la primavera...
-Va da Marcus,
ora, lui ti proteggerà-,
ordinò Alice e io, salutando con un gesto educato sua madre, uscii
dalla
piccola casa di pietra.
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Disclaimer: i personaggi e gli argomenti trattati appartengono totalmente a S. Meyer. La storia è di mia fantasia e non intende paragonarsi a quella concepita e pubblicata da S. Meyer.
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Twilight, New Moon, Bella Swan, i Cullen, i Volturi, Stefan e Vlad, il Clan di Denali, il Wolf Pack dei Quileute sono copyright di Stephenie Meyer. © Tutti i diritti riservati.
La
storia
narrata di 'Proibito', le circostanze e quanto non appartiene a
Stephenie Meyer è di invenzione dell'autrice della storia che è
consapevole e concorde a che la fanfic venga pubblicata su
questo sito. Prima di scaricare i files che la compongono, ricordate
che non è consentito
né il loro uso pubblico, né pubblicarli altrove, né la modifica
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GRAZIE A TUTTE PER LE RECENSIONI!!!
Adesso è molto tardi, ma ho voluto ugualmente postare ora, visto che domani sarò a lavoro
(!@°###/"R/"(/{é
Perdonatemi dunque se non rispondo a tutte voi personalmente!
Giusto due parole a
00Stella00 e a LadyEl, che si sono impegnate per raggiungermi in questa opera magna e sono riuscite a mettersi in pari con la storia!!
GRAZIE!!!
(PS. e un pensiero al povero papà di 00Stella00 che si è dovuto sorbire la stampa di alcuni dei miei capitoli... pover'uomo!!! O__O)
A tutte le altre: felicissima che vi sia piaciuto il POV di Sulpicia!!!
^____^
Se vi va, commentate che mi fate felice!