Dovevo compiere sedici anni e non vedevo l’ora. Nelle mie adorate storie i sedici erano gli anni della svolta, gli anni in cui una ragazza cominciava le sue avventure… tu rovinasti anche quell’evento. Eri cambiato in quei due anni, diventando più adulto, perdendo quei tratti infantili che lasciavano intravedere un piccolissimo abbozzo dell’uomo che poi saresti diventato… e qualcun altro se ne accorse. Qualcuno apparentemente migliore di me ai tuoi occhi e che io conobbi proprio quel fatidico giorno, i miei primi sedici anni, le mie prime lacrime inconsolabili e incurabili. Piansi fino a stare male, fino a farmi scoppiare la testa. Non trovavo un modo per chiudere quella lacerante ferita che mi si era aperta dentro, era peggio della sensazione di vuoto, era sconfitta e umiliazione.
Poi di nuovo la luce, dopo poche settimane. Mi sembrò di respirare dopo un lungo periodo di apnea. Quella sofferenza lancinante se n’era andata, ma restava comunque una cicatrice di quella ferita. Mi ricordava fin dove potevi farmi male senza nemmeno accorgerti. I mesi passavano e io ero sempre lì, al tuo fianco. In ogni momento, in ogni attimo di vita sembrava che io e te dovessimo trovarci, forse era fatalità o forse era destino ma il mio cuore faceva le capriole ogni volta e io mi accontentavo anche solo di vederti ogni giorno, era già molto più di quanto avrei mai potuto sperare. E tu eri contento, ti vedevo scherzare con me, ti vedevo sorridermi e prendermi in giro affettuosamente… mi illudevo. Quando sentii la prima volta la tua mano stringersi sulla mia pensai che non sarei più stata in grado di respirare, le farfalle volarono fin sulla mia gola. Ero sbalordita, ma tu non spiegasti quel gesto così intimo e fuori dal comune. Per me avevamo passato una linea, o almeno così mi sembrava. Si, pensavo di essere giunta alla meta, ma non volli sforzare la fortuna, avevo imparato che parlare non era per me e portava solo male. Così, ancora una volta, mi accontentai di quel piccolo pezzo di vita perfetta che avevi creato, inconsapevolmente, per noi due.
Ora io era all’apice della mia gioia. E’ vero che quando si è innamorati si è ciechi e pazzi, per cui le mie emozioni di fronte a una stretta di mano potrebbero risultare alquanto infantili, ma questo è quello che era, che è, il mio amore per te. Puro e ingenuo come un bimbo, un fiore bianco in mezzo a un oceano di perversione. A me non interessava essere capita dal resto del mondo, io volevo solo te. Io amavo solo te e quel piccolo pezzo di paradiso che si era creato.
Forse troppo spesso ho lasciato correre la mia fantasia durante la mia breve vita, i libri, la mia linfa vitale ne sono per gran parte responsabili. Come ogni storia che si rispetta l’imprevisto era dietro l’angolo ed era un imprevisto biondo e dagli occhi azzurri. Abbastanza insignificante per me, non l’avevo registrata come un possibile pericolo, le avevo raccontato di me e di te, mi ero confidata e mi sentivo forse anche capita in qualche modo. Poi arrivò, la pugnalata sul mio cuore già pieno di cicatrici e dolorante. Sembra destino che la nostra storia abbia i suoi punti cruciali nel cuore dell’estate, così com’era iniziata in un giorno d’estate finì in una calda serata di luglio, come se tre anni non fossero passati e tutto si fosse svolto nell’arco di un solo giorno.