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Autore: kiku77    14/12/2009    6 recensioni
Sanae e Tsubasa si sono sposati e vivono a Barcellona con i loro due gemellini. Sembra una favola, ma forse c'è qualcuno che ancora sta cercando se stesso...... Ce l'ho fatta........!!buona lettura!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a Tutti!

Grazie mille per tutto quello che avete scritto….

Per i prossimi giorni non potrò pubblicare perché devo portare il computer all’”ospedale”, quindi, se vedete che non ci sono nuovi capitoli… portate pazienza! Comunque spero sia roba di 2, massimo 3 giorni…

Naturalmente se commentate, mi fa un gran piacere….

Buona lettura!

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Naturalmente Genzo non disse quasi nulla a Tsubasa. Era rimasto scioccato dalla frase “..invece di salvare il suo matrimonio…”, cioè pensava sì, di trovarla arrabbiata ma non fino a quel punto. L’aveva osservata e aveva visto una persona determinata. Non stava scherzando. Lui ne doveva restare fuori. Non poteva intromettersi: era stato chiaro il messaggio di Sanae “…la tua visita è stata inutile…” Perciò si limitò solo a consigliare a Tsubasa di farle le sue scuse “per bene”. Si era raccomandato.

La partita fu uno spettacolo. I giocatori diedero il meglio di loro stessi. Durante i novanta minuti, i calciatori da cui ci si aspettava qualcosa d’importante, mostrarono la loro bravura, il loro estro e la sintonia con i compagni.

Alla fine fu un pareggio. Tsubasa non riuscì a fare goal, anzi se ne mangiò uno clamoroso, ma come regista, dimostrò tutto il suo valore. Non sembrava neanche lontanamente lo stesso giocatore della partita precedente.

Appena entrati in campo, aveva notato la sua presenza. Non l’aveva guardata di proposito perchè sapeva che altrimenti avrebbe indagato e ispezionato i suoi occhi per poter attraversare i suoi pensieri.

Gli era bastato sapere che c’era per poter dare il meglio.

Al fischio finale lei si alzò e fece per andarsene. Non voleva vederlo. Ne’ salutarlo. Non riusciva a staccarsi dal pensiero di tutte le cose brutte che le aveva gridato, non riusciva  a non sentirsi arrabbiata. Il fatto poi che le avesse mandato Genzo, per capire come muoversi, l’aveva ancora più delusa. Sentiva che doveva finalmente imporsi un po’ di più. Ed era intenzionata a seguire quella linea. Lei aveva ottenuto quello che aveva voluto nella vita; perché avrebbe dovuto smettere proprio adesso?

Una volta alzata, suo padre la fermò.

“Adesso vai giù con le altre ragazze e lo saluti. Tra poco partono per fare quel giro nelle scuole calcio giovanili  nella Prefettura  di Tokyo e non lo vedrai per altri 2, 3 giorni. Lui ha bisogno di vederti e tu hai bisogno di dirgli qualcosa, no?”

L’avvicinamento a suo padre era stato solo un’illusione. Lui la voleva a modo suo. Anche lui aveva la sua Sanae in testa. La ragazza che aveva fatto il grande passo, si era sposata ed era madre, e ora pagava il prezzo delle sue scelte. “Niente colpi di testa, Sanae” pensò.

I bambini erano con loro: cominciavano a capire; loro percepivano le vibrazioni della mamma e lei doveva cercare di sembrare serena. Lo doveva fare almeno per loro.

La gente scattava foto coi telefonini e le telecamere erano puntate a quella tribuna adesso. Per un attimo si immaginò fuori di se’, oltre il suo corpo mortale e  si guardò dall’obbiettivo di uno di quei telefonini che scattavano continuamente foto. Era come una sagoma, un contorno sfocato e vuoto. Non poteva fare quello che voleva. Non poteva disobbedire al padre. Almeno per il momento.

Yukari le si avvicinò con Yayoi e insieme scesero giù.

Sperò che succedesse qualcosa, che la sicurezza non le facesse passare. Ma quello era il “loro” momento di gloria: Yayoi camminava elegante, a testa alta, sicura sui suoi bei tacchi. Yukari , con i capelli sciolti sulle spalle sembrava più slanciata, più importante.

Erano bellissime e sembravano così felici…..

Lei restò un po’ più indietro: aveva un vestito rosa, scollato a V, stretto sotto il seno, che si apriva leggermente e si gonfiava a palloncino sopra il ginocchio. Le gambe erano nude e ai piedi, portava i suoi sandali bassi . Quell’abitino se l’era fatto prestare da Yayoi, mentre quest’ultima aveva provato a chiederle scusa per quel che era successo. Ma lei non era arrabbiata con l’amica. Non era colpa sua. Tanto sarebbe accaduto qualcosa lo stesso. Ormai lo sentiva.

Appena aveva aperto l’armadio, e aveva visto quell’abito, aveva pensato che sarebbe stato perfetto per nascondere il suo segreto e per non sembrare una studentessa. La volevano tutti più donna, no? E donna avrebbe provato ad essere.

 

I giocatori erano fuori dallo spogliatoio e c’era un gran caos di gente, voci, giornalisti,  dirette tv.

Genzo rideva con i compagni, ma quando la vide arrivare non rise più.

Solo guardarla gli dava un senso di calma. Si domandò come avesse potuto dirle il giorno prima  che aveva un brutto aspetto. Con che coraggio era riuscito ad esser così bugiardo? Lui non aveva mai toccato una ragazza così. Sanae non lo sapeva di essere bella, non ne era assolutamente consapevole ed era questo il segreto. L’innocenza con cui si muoveva creava come un alone intorno a sé. Era qualcosa che si faceva fatica a spiegare. Ma si coglieva facilmente appena si avvicinava.

Le altre cercavano di ostentare le loro qualità, di accentuare le forme.

Lei faceva proprio il contrario. Lei, sembrava che cercasse di scappare da se stessa.

Genzo si voltò e vide lo sguardo di Tsubasa.

Nei suoi occhi non c’era altro che lei. Tutti lo chiamavano e, lui, mostrando indifferenza, come sempre, rilasciò qualche breve dichiarazione.

Sanae rimase in diparte e si appoggiò alla parete.

“Avanti “pensò, “vieni, facciamo questo siparietto e facciamola finita. Voglio andare  a casa….non ti voglio amare più….. non ti voglio più toccare…. Voglio buttare via la mia bambina…..”.

Dopo poco Tsubasa si avvicinò a lei.

Sanae si staccò dal muro e abbassò lo sguardo. Le guance si arrossarono subito. Appena gli era accanto, non capiva più niente, non riusciva a rimanere razionale, era come se la terra sotto i suoi piedi non fosse più solida, come se il cielo non fosse più consistente…..“Ti amo, ti voglio amare….. ti voglio toccare… io non la butto via questa bambina….” Pensò esattamente il contrario di quello che si era detta un minuto prima.

Ma perché? Perché non poteva lasciarlo e scappare?

Lui le si avvicinò di un altro passo. Lo sapeva che avevano tutti gli occhi addosso. Faceva fatica a deglutire.

“Ho sempre sete quando sei a un centimetro da me. Mi fa male il petto…..” disse lui accarezzandole una guancia. Quando la toccava, si rendeva conto di provare le stesse emozioni di quando l’aveva fatto la prima volta. Non cambiava mai niente. Aveva sempre sete. Aveva sempre bisogno di toccarla. Non sapeva dove guardare perché ogni punto del suo corpo o del suo viso sembravano così morbidi, così accoglienti….

 

“Tsubasa bisogna che andiamo…… eh… salve Signora Ozora”, il dirigente della nazionale guardò la ragazza imbarazzato. Sapeva che aveva interrotto l’incanto, ma non si poteva aspettare oltre.

Lei diventò ancora più rossa.” Salve… allora….io vado…..”

Lui non parlo’. Staccarsi da lei era come non sentirsi più vivi. Era come non sapere più dove si trovava e quale fosse il suo posto.

Le sorrise.

“Allora?” chiese Genzo impaziente, “Che cosa le hai detto?”

“….niente….”

   
 
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