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Autore: angiiie    08/01/2010    5 recensioni
Allora, innanzitutto bisogna specificare che questo non è altro che un esperimento. Una prova. Non  ho mai scritto una storia su Twilight, quindi spero di non farmi uccidere. Non ho visto storie del genere in giro, almeno mi pare, ma se qualcuno vede che la mia storia sta in qualche modo plagiando la sua me lo dica subito, che mi metto direttamente da parte ^^. Questa storia parte da un capovolgimento essenziale: e se Edward non accettasse la morale bizzarra dei vampiri vegetariani? Se scegliesse di diventare il protagonista di una delle leggende più spaventosi della tribù dei Ticune? Vi ricordate Breaking Dawn, quando Edward parla a Bella del Lobishomen, un vampiro che si nutre di belle donne, e se Edward, non avendo ancora incontrato Bella, facesse suo questo personaggio? Cosa succederà quando incontrerà Bella Swan?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tornataaaaaaa! Buonasera mondo! Sì, lo so che vi ho lasciato in sospeso con quel poco di prologo, ma scrivere questa storia è così…strano. Cioè non è che non mi ci trovo ad immedesimarmi in Edward, ma è strano. No saprei come altro definirlo. A proposito di questo, ci terrei a precisare subito una cosa:

OVVIAMENTE, NON CONDIVIDO I PENSIERI DI EDWARD A PROPOSITO DELLE UCCISIONI, ECC… LO DICO SUBITO PERCHE’ NON VORREI MAI CHE QUESTA STORIA VENISSE PRESA COME UN INCITAMENTO ALLA VIOLENZA.

Detto questo, non mi resta che rispondere alle vostre recensioni, ringraziare immensamente chi mi ha aggiunto ai preferiti ed alle seguite chi legge soltanto, chiunque.

Ovviamente, e come sempre, un ringraziamento particolare va alla mia Beta, con la “B” maiuscola, che oltre ad essere la mia principale fonte di ispirazione, è una cara e fidata amica: Grazie Carmels!

Grazie Angelo, e non c’è bisogno di aggiungere altro, tanto sei sempre il migliore, no?!

E, se mai leggerà, ringrazio infinitamente anche Eli. Lo sai che ti adoro, vero?

 

Cap. 1: Occhi di cacao.

Non credevo nelle favole.

Nelle storie dell'orrore sì.

Io stesso ero frutto di quel tipo di racconti. Più che me stesso, la mia immagine, il ruolo che avevo deciso di ricoprire. Avevo rispolverato una vecchia leggenda, e l'avevo interpretata, a mio uso e consumo.

Venivo da una famiglia particolare, molti l'avrebbero chiamata "strana". Quei molti avevano ragione. Il mio creatore, Carlisle, sua moglie Esme ed i miei fratelli, non di sangue, erano degli occhi gialli. Dei vegetariani. Rinnegavano la nostra natura per degli schifosi umani.

Rinnegavano ciò che erano solo per salvaguardare del cibo. Mio padre aveva provato a convincermi a fare lo stesso. Povero Carlisle, mi amava come si può amare un figlio, e lo torturava il fatto che lacerassi la mia anima.

La mia anima.

Che cosa stupida pensare, anche solo sperare che un vampiro ne mantenga una, dopo la trasformazione. Sapevo che il dolore dei miei familiari era autentico, grazie al mio singolare dono di leggere nel pensiero. Vedevo esattamente il mondo come appariva ai loro occhi. Mi sarebbe piaciuto donargli per un attimo il mio potere, per illustrare loro com'era tutto ciò che ci circondava, guardato dai miei occhi. Avrebbero visto i loro amati umani come li vedevo io, degli esseri spregevoli, privi di morale.

Se si fossero soffermati per un istante sul sudiciume, sulla cattiveria della gente che loro proteggevano a tutti i costi, avrebbero finalmente capito l'inutilità massima dei loro sacrifici. Perché soffrire per risparmiare la vita a delle bestie? Perché non erano altro che questo, animali rabbiosi.

Bastava soffermarsi un attimo a leggere i loro giornali, per capire che, in fondo, loro non erano meno mostri di me.

Da quando, nel 1918 Carlisle mi trasformò in una creatura immortale, ho sempre odiato gli umani. Però, per amore della mia famiglia, mi prendevo delle lunghe pause, che duravano decenni. Ma era fastidioso, troppo snervante vedere Carlisle mettersi il camice per andare a salvare la vita a degli sporchi animali.

Troppo insopportabile sentire i pensieri di tutti, preoccupati perché la vecchia signora Cope aveva avuto l'ennesimo infarto. Mi faceva sentire in qualche modo solo, diverso. Credevo che Jasper avrebbe potuto capirmi, così solo e affamato pure lui, eppure la sua voglia di sforzarsi, di andare contro la sua stessa natura mi spiazzava, mi inorridiva.

Provavo sinceramente a trovare un senso a questa loro morale, tentavo di provare pietà per le mie vittime, ma per quanto scavassi dentro me, non riuscivo a trovare neanche l'ombra della grande compassione di Carlisle.

Perché mettevano da parte i loro bisogni? Io non me la sentivo più di ingabbiare i miei. Ero un vampiro, un eterno diciannovenne.

Avevo bisogno solo di due cose: del sangue umano, per soddisfare la sete del mostro insito in me.

E del sesso, per appagare la virilità che il mio ultimo residuo di umanità mi dava. Avevo trovato il modo di accontentare ambedue le parti grazie al lobishomen. Ero lieto che queste tradizioni venissero dal Brasile, era una terra antica e misteriosa in cui mi sentivo a casa, come se fosse il posto giusto per una creatura soprannaturale come me. E poi, non lontano dalle coste di Rio de Janeiro, dove svolgevo il mio lavoro, c'era una bellissima isola, di proprietà di Carlisle, in cui abitavo e portavo le mie prede: l'isole Esme.

Il posto dove agguantavo le mie vittime era l'hotel più lussuoso di tutta la città, in cui svolgevo la professione di portabagagli. Stare a contatto con le persone era facile, possedevo un perfetto ed impeccabile controllo di me. In fondo, cacciavo umani non perché dovevo, ma perché volevo. Per far si che prendessi due piccioni con una fava, prediligevo le ragazze bionde. Per esperienza, la loro bellezza era direttamente proporzionale alle loro prestazioni, ma inversamente proporzionale alla loro intelligenza.

Gli umani amavano usare un termine per descriverle: oche.

Questo glielo dovevo concedere, in quanto ad abilità descrittiva, la razza umana era infallibile.

Stavo portando quattro grosse valige. 3 di un arancione sgargiante, e la quarta di un anonimo grigio scuro. Erano dirette alla suite 511, uno dei nostri migliori appartamenti. Registrai appena quel particolare, preso dal tentativo inutile di estraniare dalla mia testa la massa di pensieri informi che mi circondava. Se non fosse stato per la voce mentale degli individui, che donava ad ognuno un timbro proprio ed inconfondibile, avrei perfino detto che era solo una la mente che produceva tutto quel borbottare conformato. C'era solo una voce che si distingueva dalle altre, per il fastidio che recava ed il suo flusso ininterrotto. La percepivo, in contemporanea con il suo odore, avvicinarsi a me, fino a seguirmi. Vedevo il mio fondoschiena attraverso gli occhi della ragazza sconosciuta che lo guardava, e capii che era la proprietaria di tutte le valige che stavo portando. Non sentivo nessuno accanto a lei, non vedevo le mie gambe procedere in avanti da altre angolazioni oltre a quella della ragazza dalla mente troppo sveglia. Ne dedussi che era sola. Quattro valige per una persona.

Come poteva Carlisle biasimare il mio odio?

Senza volerlo, mi concentrai per un millesimo di secondo sul suo odore. Mi immobilizzai per un attimo. Aveva un retrogusto vampiresco.

Strano.

Impossibile, perché sentivo distintamente il suo cuore battere. Mi girai d'istinto, sorpreso. Vidi una ragazza bassina, con dei capelli che sembravano arrampicarsi l'uno sull'altro, tanto erano scompigliati e corti. E soprattutto, vidi il lieve rossore delle guance, tipico della sua razza. Mi ero sicuramente sbagliato, anche se questo era praticamente impossibile. Capitava però che alcuni umani avevano un sangue meno delizioso, tanto che il loro profumo si avvicinava debolmente al nostro, senza nessuna attrattiva. Era sicuramente il caso della ragazza.

“Ehilà, che visione!”

 Pensò questa. La osservai meglio, teneva il braccio spasmodicamente attaccato a quello di un altro individua.

Un altra ragazza.

Due occhi del colore dei chicchi di cacao.

Belli, intensi. Profondi. Spiazzanti.

Dalla mente logorroica della nanetta riuscii a carpire il nome Bella.

Bella.

Che ironia, chiamarsi come un aggettivo qualitativo italiano. Chissà se lo sapeva, chissà se lo apprezzava. Isolai il mondo intorno a me, in attesa di sentire la sua voce mentale. Era strano che mi sentissi così curioso. Era... Bello.

Bella.

Silenzio.

Mi concentrai di più. Che storia era questa? Da quando i pensieri di qualcuno mi erano nascosti? Per di più quando volevo sentirli?

« Hey, scusa? Stai sognando ad occhi aperti? Non preoccuparti, capita anche a me. Ma smettila di fissare la mia amica, se non fossimo donne di mondo, ti scambieremmo per un maniaco! Ahah, che bella battuta. Comunque io sono Alice. Alice Brandon» .

Quella ragazzina aveva interrotto le mie speculazioni con una mega presentazione, mentre mi tendeva la mano. Mi ripresi in tempo per deviare la sua stretta. Agitai animatamente la mia:

 «Ciao ragazze. Io sono Edward» .

Forse non avrei dovuto farlo, ma tenni gli occhi incollati alla ragazza dagli occhi di cacao.

"Oooo perfetto! E' il momento di combinarla a Bella! Guarda come se la squadra...Perfetto! Questa vacanza si preannuncia uno spasso"

Alice fece il suo monologo interiore mentre si girava verso la ragazza ed esclamava:

«Bella! Non fare la maleducata! Presentati, dai».

Bella si girò per guardare l'amica, sembrava sorpresa, quasi esterrefatta. Cercai di nuovo di sondare la sua mente, senza successo.

Odioso.

Lentamente si voltò verso di me, lo sguardo cauto, preoccupato, sembrava quasi che sapesse di avere di fronte un vampiro.

«Bella» disse solo, alzando le spalle. Registrai le lamentele mentali di Alice per il fatto che la sua amica avesse poco charme.

Mi venne da sorridere a Bella. Non il sorriso-trappola, quello che usavo con le mie prede. Un sorriso sincero, come quello che facevo ad Esme per dirle che le volevo bene e che non doveva preoccuparsi.

Volevo...rassicurare quella ragazza? Quella muta mentale? Quell'umana?

Mi vergognai di me stesso, mi girai e ricominciai a camminare e spingere il carrello con le valige. Arrivato all'ascensore, osservai la figura che la superficie dello specchio rifletteva: me. I miei occhi, frutto della combinazione del mio bordeax naturale e dell'azzurro delle lenti a contatto, erano di un blu intenso. Sarebbero durate un'altra mezzora. Dovevo cambiarle, avevo un compito da svolgere.

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Recensioni:

Asfe: Grazie cara, spero che questo capitolo ti piaccia! Mi fai sapere? =)

Elly4ever: Wow, quanto entusiasmo! ^^ Non può farmi che piacere, sono troppo contenta dei tuoi complimenti. Allora, che ne dici del primo capitolo? Bacio, A.

Nanerottola: Eccoti accontentata! Incrocio le dita, spero di non averti delusa!  Grazie, sapere che ti piace è veramente bellissimo. Kiss Kiss.

Pinkgirl: UU, la mia prima recensitrice, avrai sempre un posto d’onore (non lo dire a nessuno, eh!). Mi fa piacere che tu abbia apprezzato quello che ho scritto. Bhè, presentare Edward…è sempre un piacere XD . Chissà cosa ne pensi  di questo capitolo… Spero di scoprirlo presto! Bacio!

 

Ehmm…penso che sia tutto. Sì lo so che è un po’ corto come capitolo, ma preferisco suddividerli e postare con più assiduità.

Ovviamente, per qualsiasi dubbio, chiedete.

Eee… piccola pubblicità: ho anche un’altra storia, su RobPattz e un nuovo personaggio… non so, se vi va di dare un occhiata…

A presto, baci, A.

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