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Autore: Mistral    09/01/2010    2 recensioni
MOMENTANEAMENTE INTERROTTA
Fay D. Fluorite alle volte si faceva scappare qualcosa, si concedeva delle minime sbavature nella sua esecuzione perfetta di un vivace con brio: ma poi si riprendeva sempre in un attimo e ricominciava instancabile a mentire. I suoi occhi invece non mentivano mai, perché nemmeno una briciola della sua allegria artefatta li toccava. Quelle pozze azzurre, sempre troppo fredde soprattutto a contrasto con il calore dell'atteggiamento del mago, nascondevano un segreto nelle loro profondità e Kurogane voleva a tutti i costi scoprirlo, perché altrimenti si sarebbe sentito preso in giro da un idiota - ed era una cosa che non poteva assolutamente accettare.
[Un tentativo di rileggere le vicende di Tsubasa dal PoV di Kurogane e nella prospettiva del rapporto tra il mago e lo spadaccino]
Capitolo 3 - Secondo Movimento
“Se qualcuno cerca di uccidermi, lo uccido. Se qualcuno cerca di far del male alle persone che amo, lo uccido. Ormai ho perso il conto di quante persone ho ammazzato. Non sono il tipo che usa belle parole, ma sappi che quelli che odio di più sono coloro che buttano via le loro vite prima che sia svanita ogni speranza”
“Ciò significa che io sono il tipo di persona che odi di più...”
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo

Titolo: Out of the Blue (Symphony of the Magician and the Swordsman)

Capitolo: 3 di (per ora) 17 - Secondo Movimento

Personaggi: Kurogane, Fay (e sullo sfondo tutti gli altri)

Rating: Verde

Genere: Introspettivo

Note: Shonen-ai

Disclaimer: Tsubasa e i suoi personaggi appartengono alle CLAMP

 


 

Out of the Blue

Symphony of the Magician and the Swordsman

 

 

III.SECONDO MOVIMENTO - ALLEGRO

Dopo quell’inutile paese immerso nella nebbia, la polpetta li aveva sballottati ancora parecchio qua e là, attraverso una serie di mondi di cui Kurogane non ricordava molto, forse complice anche il fatto che l’idiota non avesse fatto niente di particolarmente idiota… - ehi, da quando in qua i suoi ricordi erano legati al comportamento dello stupido mago?!

Alla fine comunque erano approdati in una dimensione all’apparenza pacifica, in cui erano stati accolti da una pattuglia di festanti ragazze pon-pon: decisamente un mondo di gente fuori di testa…

Quelle gentili signorine li avevano poi scortati al municipio della città, in cui avevano scoperto di trovarsi in un paese chiamato Oto, dove chiunque poteva vivere come più gli piaceva e a tutti era garantito il diritto ad un’abitazione e un lavoro.

Sembrava un bel posto, non fosse stato che, appena preso possesso della loro casa, erano stati attaccati da delle strane creature, il cui sterminio (avevano poi appreso il giorno successivo, sempre al municipio) era uno dei mestieri meglio remunerati del paese e quello che permetteva di raccogliere più informazioni - cosa che per loro era vitale nella ricerca della piuma.

Logica conseguenza era quindi stata che il ninja e Shaoran si dedicassero alla caccia di questi oni, mentre Fay, aiutato dalla principessa e da Mokona, aveva deciso di aprire un caffè. A Kurogane quella soluzione non dispiaceva affatto, perché gli permetteva di fare ciò che più amava: combattere. E per giunta combattere demoni, in una sorta di sterile vendetta contro i mostri che avevano sterminato la sua famiglia. Oltretutto avrebbe anche avuto poche occasioni di avere a che fare con l’idiota, il che non era mai un male.

Si erano quindi registrati al municipio in quelle vesti - o meglio, il mago aveva registrato tutti, visto che pareva saper utilizzare la scrittura del luogo. Peccato che, al momento di fornire i loro nomi per completare le formalità per l’ingresso nel paese, Fay (che in realtà non conosceva affatto l’alfabeto di Oto!) li avesse registrati con dei nomi vergognosi: Gattone, Gattina, Cagnolino e… Cagnolone! Quando era venuto a saperlo, il ninja stava davvero per compiere un omicidio!

Smaltita, non senza difficoltà, la rabbia del moro per quella stramaledetta presa in giro dell’idiota, la loro vita aveva cominciato ad incasellarsi in una certa routine, fatta di giornate passate a distruggere demoni o ad insegnare a Shaoran a tirare di spada, mentre il mago e la ragazzina servivano i  clienti nel loro bar, il “Cat’s Eye”.

 

Poi un giorno, per ottenere notizie su un nuovo misterioso oni che poteva avere qualcosa a che fare con la piuma, Kurogane era stato indirizzato verso un locale in cui avrebbe potuto incontrare un informatore. Non essendo un posto per bambini, lo spadaccino era stato costretto ad andarci in compagnia dello stupido mago (chissà perché poi quei tre non l’avevano lasciato andare da solo).

Sulla strada erano stati attaccati da un gruppo di oni, impazziti forse a causa di questa nuova creatura di cui nessuno sapeva nulla. Il ninja era riuscito comunque a liberarsene con una certa facilità, pur distruggendo la propria spada, però Fay aveva di nuovo rischiato grosso - come a Koryo, contro quella strega. E, come a Koryo, pareva non aver provato nessuna istintiva paura di fronte alla prospettiva della morte (eppure quella paura tutti la provano, anche i guerrieri più esperti). Durante il combattimento si era limitato a schivare gli attacchi degli oni, ma senza metterci poi tutto quell’impegno, e alla fine era stato colpito in pieno da uno di loro.

Kurogane odiava ammetterlo, ma si era spaventato quando l’aveva visto con la coda dell’occhio volare a terra e finire contro un muro. E il cuore gli batteva innaturalmente forte quando si era parato tra il suo corpo esile riverso sulle macerie e gli oni, eliminando il più vicino con un solo fendente e quindi uccidendo gli altri con un unico devastante attacco. Poi per un attimo tutto era stato silenzio, rotto infine solo dai pezzi della sua katana che cadevano tintinnando al suolo e dal debole applauso del mago che, malconcio, gli sorrideva.

“Coma stai? Ti fa male la gamba?” gli aveva subito domandato brusco lo spadaccino, notando la caviglia piegata in maniera innaturale.

La risposta di Fay aveva però spiazzato il ninja, facendogli tornare prepotente un sospetto sul biondino che già aveva avuto a Koryo - cosa che l’aveva indispettito non poco.

“Beh, sembra che io non sia morto…”

“Non è che non sei morto, è che non sei riuscito a morire”

L’aveva rimbeccato seccamente e, davanti allo stupore che aveva attraversato per un attimo gli occhi blu del mago - forse in un’implicita ammissione di colpevolezza, Kurogane si era sentito autorizzato a continuare: se voleva tirar fuori la verità all’idiota non poteva sempre trattarlo con i guanti, o non avrebbe ottenuto nulla. Aveva quindi premuto la custodia della spada sulla caviglia ferita di Fay, ignorando la sua smorfia di dolore, e poi aveva proseguito il proprio ragionamento, puntandogli il fodero alla gola.

“Se qualcuno cerca di uccidermi, lo uccido. Se qualcuno cerca di far del male alle persone che amo, lo uccido. Ormai ho perso il conto di quante persone ho ammazzato. Non sono il tipo che usa belle parole, ma sappi che quelli che odio di più sono coloro che buttano via le loro vite prima che sia svanita ogni speranza”

Come aveva finito di parlare, il ninja aveva visto quell’insolita espressione sorpresa sul volto pallido del mago sciogliersi in un sorriso, luminoso sì, ma per la prima volta immensamente stanco.

“Ciò significa che io sono il tipo di persona che odi di più”

Poche parole, che però avevano per un attimo aperto come un varco nel mare delle sue iridi: Fay voleva morire, perché ormai riteneva di non avere più nessuna speranza, nessuna ragione per vivere. Intuire quella verità dai contorni oscuri, sicuramente figlia del segreto che il biondino portava con sé, aveva lasciato lo spadaccino senza parole. Poi l’arrivo della proprietaria del locale che stavano cercando (a cui senza saperlo erano già arrivati prima di combattere con gli oni), aveva spezzato quel momento che si stava facendo forse troppo teso.

 

Ma evidentemente, per Kurogane quella era destinata ad essere la serata delle confessioni.

All’interno del bar si esibiva una cantante; gran voce, canzone forse un po’ troppo sdolcinata che parlava di una donna in attesa di qualcuno che la portasse via. Il pezzo aveva strappato al ninja un’osservazione caustica, buttata lì più per fare da bastian contrario al mago, incantato ad ascoltare, che per altro.

“Se uno vuole andare da qualche parte, che ci vada da solo. Non c’è bisogno di aspettare nessuno”

La risposta di Fay l’aveva di nuovo preso in contropiede, soprattutto per la malinconia di cui era pervasa.

“Kuro-chan, solo tu faresti così… Io la capisco, perché anch’io ho aspettato: ho aspettato per tanto tempo qualcuno che stesse al mio fianco e mi portasse via”

Ancora una volta lo spadaccino non aveva replicato, ma stavolta volontariamente: capiva ancora troppo poco di quel che il mago celava dietro i suoi sorrisi. Quei sorrisi che, probabilmente assieme a quel suo fastidiosissimo atteggiamento fin troppo vivace, ogni giorno di più si stavano rivelando, se non assolutamente fasulli, perlomeno un modo per scappare da qualcosa.

Sì, decisamente Fay D. Fluorite era uno splendido trompe l’œil, accuratamente predisposto per ingannare le apparenze e, con la sua esuberanza, distrarre l’attenzione di tutti dalla verità. 

Ora che Kurogane l’aveva capito, riuscire ad arrivare oltre la sua facciata tutta sorrisi, fino a toccare il cuore di quella creatura così sfuggente, era diventato il suo obbiettivo primario perché lui odiava le illusioni e le finzioni di qualunque tipo.

A rendere il tutto più irritante c’era anche il fatto che nei giorni a seguire il mago aveva ripreso a comportarsi esattamente nel solito modo assurdo, come se nulla fosse mai accaduto tra loro: continuava con le sue patetiche imitazioni di fischio, con i nomignoli irriverenti e i modi scanzonati, si attaccava ai suoi abiti e si strusciava neanche fosse un gatto e gli propinava in continuazione schifezze troppo dolci.

Eppure lo spadaccino sentiva che qualcosa era cambiato, benché non sapesse determinare con precisione cosa fosse.

 

C’era un’altra cosa che il ninja non sapeva e che probabilmente l’avrebbe parecchio sorpreso: lui non era l’unico ad essersi accorto della profondità cupa nascosta negli occhi blu di Fay. E ad essersene accorto era stato proprio il componente più insospettabile del gruppo, la piccola Mokona, che non aveva esitato a parlare direttamente con il mago, spiazzandolo non poco.

“Quando eravamo nel mondo con quel grande lago, hai detto a Shaoran di sorridere ed essere felice. Per Fay è lo stesso: nessuno lo odierà se sorride”

“Io sono sempre felice!” Una risposta banale, scontata, data solo per cercare di deviare da sé un’attenzione che si stava avventurando in territori delicati. Ma la creaturina magica, esattamente come il ninja, non era per niente ingenua.

“Ma quando Fay sorride, Fay pensa ad altro”

Anche davanti a lei il mago sorridente e triste aveva dovuto arrendersi. Davanti a lei però non aveva ammesso nulla di più - già si era concesso di abbassare per un attimo la maschera con lo spadaccino e non doveva ripetere quell’errore.

“Mokona, sei davvero intelligente”

“Io so che tutti siamo soli. Ma so anche che stando insieme in questo viaggio alla fine ci sentiremo meno soli. Mokona la pensa così!”

“Sarebbe bello…”

La voce di Fay era carica di rimpianto e i suoi occhi, per un attimo così trasparenti sul dolore che celavano, guardavano senza vedere, mentre la piccola manju tentava un impossibile abbraccio consolatorio.

Durò solo un istante.

Prima che la campanella sulla porta del caffè avesse smesso di tintinnare per annunciare l’arrivo di un cliente, il biondino aveva già cancellato quel breve momento di malinconia in uno dei suoi soliti sorrisi luminosi. La persona sulla soglia, però, non era affatto un visitatore qualsiasi e il mago non aveva tardato a rendersene conto. Come si era reso subito conto che, viste le intenzioni ostili di quell’uomo - quel Seishiro, era abbastanza scontato che per lui non ci sarebbe stato scampo. Certo, se avesse usato la magia sarebbe stata un’altra storia… ma non poteva farlo: aveva promesso.

La fine era arrivata in fretta, Fay però poteva dire di essersi battuto con onore, di aver cercato fino all'ultimo di proteggere i suoi compagni: che strano gli faceva anche solo pensarlo! Eppure gli era stato così naturale...

Chissà se Kurogane questo l'avrebbe apprezzato almeno un po'...

Chissà se l’avrebbe odiato forse un po’ di meno sapendo che, mentre perdeva conoscenza dopo l’ultimo, fatale attacco del suo avversario, il mago per la prima volta aveva avuto paura, per la prima volta aveva desiderato di non morire…

Chissà cosa avrebbe detto, se avrebbe capito che un po’ era anche merito delle sue parole e di quei suoi occhi color del fuoco, che parevano voler attrarre a sé e sciogliere il ghiaccio in quelli di Fay.

Ma era inutile chiedersi queste cose, perché lo spadaccino non avrebbe mai saputo nulla di quel combattimento, delle parole che si erano detti con Seishiro, né dei sorrisi palesemente falsi che si erano scambiati (e che tanto l’avrebbero fatto arrabbiare). Non avrebbe mai saputo nulla perché per il mago il viaggio si sarebbe concluso lì, nel suo delizioso caffè di Oto… e no, non era contento che finisse così: perché ora aveva qualcosa da perdere, qualcuno da lasciare…

 

Quando Kurogane era rientrato al Cat’s Eye, l’aveva trovato completamente sottosopra; solo il divano su cui dormiva la principessa sembrava essere stato risparmiato e dello stupido mago non c’era più traccia.

Vedendo quella devastazione e ascoltando il racconto incerto della palla di pelo, lo spadaccino aveva sentito nascere dentro di sé una rabbia feroce, che era riuscito a dominare a stento: perché erano state la sua casa e la sua «famiglia» (per quanto assurda essa fosse) ad essere ferite e deturpate. E lui non era certo il tipo da lasciar correre impunemente un affronto simile - non avrebbe permesso a nessuno di toccare ciò che gli era ormai divenuto caro (sebbene ancora si ostinasse a non riconoscerlo).

Per questo aveva apprezzato l’atteggiamento del ragazzino, che aveva voluto farsi carico di combattere contro l’uomo che aveva provocato quel disastro, benché egli fosse il suo vecchio maestro.

Per questo, dopo che il bastardo aveva eliminato anche Shaoran ed era toccato a lui affrontarlo, non si era risparmiato nel duello, nonostante la maledizione di Tomoyo-hime che gli impediva di uccidere chiunque se non voleva veder diminuire la sua forza.

E quando alla fine aveva rivisto il mago e il ragazzo vivi e incolumi, il sollievo era stato inspiegabilmente più forte del disappunto per un combattimento adrenalinico interrotto sul più bello dalla dannata Strega. Perché se c’era una cosa di cui Kurogane non si era ancora pienamente reso conto, era lo spazio sempre più grande che i suoi compagni di viaggio si stavano ritagliando nel suo animo scontroso.

E non l’avrebbe detto mai a nessuno, ma ormai aveva deciso di partecipare attivamente a quel viaggio; perché voleva veder sorridere la principessa, voleva rendere forte il ragazzino… e voleva scoprire il segreto di quello stupido mago e dargli una ragione per vivere.

 


 

Terzo capitolo e secondo movimento della sinfonia, dedicato agli intensissimi capitoli di Outo/Edonis. Personalmente quella è una delle parti che più mi piacciono del manga, soprattutto perché, rileggendola a posteriori, ti rendi conto che già lì Fay ha praticamente confessato ogni cosa a Kuro-pon… solo che lui non ha modo di capirlo! Ma quanto sono bastarde le CLAMP?!

A parte questo, chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione e colgo l’occasione per ringraziare naco-chan e xallychanx per le recensioni. 

Tutte le battute riportate tra virgolette sono mie traduzioni di dialoghi del manga, se volete i riferimenti precisi chiedete pure.

 

 

PREVIEW

Capitolo IV: Terzo Movimento - Lento

Bloccato da un muro di silenzi e falsi sorrisi, il ninja non aveva modo di capire cosa passasse in quei momenti nella testa dell’idiota, ma col tempo un’idea gli si era affacciata sempre più spesso alla mente.

Perché non erano certo un caso quegli sguardi che, seppur per un istante, si perdevano nel passato, rubandogli tutto il colore dal viso, ogni volta che il mago udiva pronunciare «Ashura-ou».

Dopo sei mesi passati in quel mondo, ad osservarlo di sottecchi giorno dopo giorno, Kurogane era ormai certo di avere ragione, ma il suo orgoglio (o forse non era solo quello?) esigeva che fosse l’idiota biondo ad ammettere che le cose stavano così.

 

   
 
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