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Autore: StillAnotherBrokenDream    12/01/2010    1 recensioni
E se l'isola e i suoi segreti fossero solo un sogno? E se tutte le sue vicissitudini fossero solo ingredienti di un brutto e contorto incubo? Benjamin Linus si sveglia di soprassalto e scopre che.... (Ben&Juliet)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Benjamin trascorse circa quaranta minuti imbottigliato nel traffico serale di Washington, prima di riuscire a raggiungere la c

 

Un’altra possibilità

 

 

 

Benjamin trascorse circa quaranta minuti imbottigliato nel traffico serale di Washington, prima di riuscire a raggiungere la casa di Mary Anne. Ma era contento, stava per rivedere la sua Alexandra dopo quell’orribile sogno, e ciò valeva senz’altro quaranta minuti di traffico. Valeva molto di più. Fermò l’auto e scese dalla macchina, entrò nel vialetto della famiglia Ross – i genitori di Mary Anne – e suonò al campanello. Un gattino sul davanzale miagolò in sua direzione.

− Ciao micetto. − lo salutò Benjamin con un sorriso.

Il gatto parve quasi capirlo, tanto che saltò giù e andò a strusciarsi alle sue gambe.

Anche i gatti mi amano, pensò divertito.

Finalmente la porta si aprì, mostrando una ragazzina con i capelli rossicci e gli occhiali.

− Buonasera signor Linus. − lo accolse la giovane.

− Ciao Mary Anne, come va? −

− Benissimo signore, prego entri. − e si spostò per farlo entrare.

Benjamin entrò e attese che la ragazza chiudesse la porta.

− Alex mi ha mandato un messaggio dicendomi che tua madre è dovuta uscire, spero nulla di grave. − domandò serio.

Mary Anne scosse il capo. − Oh no, nulla di che. Un’amica di mia madre non si sentiva bene ed è andata a vedere come sta. Mi ha già avvisato dicendomi che non è niente di grave. − rispose stringendosi nelle spalle.

Alex era in salotto e non appena intravide il padre in corridoio, buttò a terra il gamepad della playstation, con la quale entrambe le ragazze stavano giocando, e si precipitò ad abbracciarlo.

− Papà! − esclamò raggiante saltandogli addosso.

Benjamin l’accolse tra le braccia, piacevolmente sorpreso da tanto slancio.

− Ehi dolcezza, suppongo che io ti sia mancato. − commentò ricevendo un bacio sulla guancia dalla figlia.

− Sì! Scusami se ti ho fatto venire fin qui, ma non sapevo che la mamma di Mary uscisse a quest’ora. − si scusò la ragazza liberandolo dalla trappola del suo abbraccio.

Suo padre la guardò attentamente: era… Alex! Cioè, la sua Alexandra. Una bella ragazzina di sedici anni, dai capelli scuri e gli occhi chiari. Sì, era proprio lei, e stava benissimo. Che emozione vederla sana e salva.

Benjamin sorrise. − Non preoccuparti tesoro, anzi hai fatto bene ad avvisarmi. Andiamo? −

− Posso finire la partita? − gli domandò sua figlia indicando la Tv.

− Partita? Partita di cosa? − chiese lui di rimando, leggermente incuriosito.

− Tekken. – si intromise Mary Anne. Benjamin la guardò confuso.

− Un videogioco sulle arti marziali, papà. Gente che si picchia. − gli spiegò Alex.

− Io pensavo che le ragazze avessero gusti più… da ragazze. – dichiarò sorpreso.

Le giovani scoppiarono a ridere.

− Certo papino, ma non ci impedisce di amare anche l’azione. Vuoi vedere come si gioca? −

Voleva rifiutare e dirle che era ora di tornare a casa, invece rispose: − Perché no? Dieci minuti e andiamo, però. −

Le ragazze andarono a sedersi per terra, davanti alla Tv, mentre l’adulto si accomodò sul divano.

− Io sono la ragazza di destra, Mary è il tizio giamaicano. Guarda ora cosa ti combino! − annunciò Alexandra entusiasta.

Benjamin annuì e fissò i personaggi fermi sullo schermo. Una delle due ragazze premette qualcosa e le figure ripresero vita. Iniziarono una serie di salti, calci, pugni, strane mosse e il tizio giamaicano fece addirittura una specie di danza per poi colpire il personaggio femminile in piena faccia.

− Che cafone. − commentò Benjamin, suscitando le risate delle ragazze.

− Ora guarda che gli faccio io, però! − annunciò sua figlia.

Infatti pochi istanti dopo, la ragazza del videogioco stese il teppista a calci in faccia.

− Ho vinto di nuovo! − esultò Alex alzando le braccia al cielo.

− Però non è giusto! Voglio la rivincita! − gemette l’altra. Poi entrambe si voltarono a guardare Benjamin, con un sguardo supplichevole.

L’uomo si arrese immediatamente. − Ragazze, dieci minuti e basta. Altrimenti la mamma si arrabbierà con noi Alex….−

− Promesso! Un altro paio di calci al tizio e andiamo! −

− No, sono io che prenderò a calci la tua cinesina! − promise Mary Anne.

La partita iniziò e mentre le due giovani giocavano minacciando l’una il personaggio dell’altra, Benjamin osservava divertito sia loro che il videogioco. Doveva ammettere che era abbastanza interessante.

Il tempo trascorse e da dieci minuti si arrivò a più di mezz’ora. Benjamin guardò l’orologio e si accorse che erano quasi le otto.

− Oh Signore… Alex, andiamo. Questa sera tua madre mi sgriderà per davvero. −

Alex obbedì, lasciò andare il gamepad a malincuore e seguì il padre verso la porta.

Prese la propria giacca e la borsa della scuola e salutò la sua amica. – A domani Mary. −

− Ciao Alex, a domani. Arrivederci signor Linus. −

− Ciao Mary Anne, salutami i tuoi genitori. −

Ed uscirono dall’abitazione dei Ross.

Salirono in macchina e partirono, per fortuna il traffico era diminuito.

− Sei arrabbiato, papà? − gli domandò la ragazza dopo un po’.

− Arrabbiato? E perché mai dovrei esserlo, tesoro? − disse lui sinceramente stupito.

− Ti ho fatto perdere tempo con il videogioco…−

− Al contrario, era divertente. Anzi se non fosse stato così tardi, sarei rimasto a guardarvi giocare ancora. Però non lo dire a nessuno, non è molto da adulti quello che ti ho confessato. −

Alex sorrise divertita. − Giuro che non lo dirò ad anima viva! −

− Bene. Dimmi un po’, com’è andata oggi a scuola? − domandò alla figlia.

− Così, come tutti i giorni…− rispose evasiva.

− Che tradotto vuol dire? −

La ragazza sospirò. − Beh, ho avuto la verifica di matematica, oggi….−

− E…? −

Non è andato benissimo…− bisbigliò come a non voler farsi sentire dal padre.

− Alex, potresti parlare più forte? Il mio udito non è più quello di una volta…. − in realtà aveva capito, ma voleva farglielo ripetere per bene, ammettendo la piccola defiance.

− Ho preso una “D”, papà. Mi dispiace. − si scusò imbarazzata.

− Beh amore, non devi scusarti con me. Se non studi seriamente, il torto lo fai a te stessa, non a me. Comunque sia, pensavo peggio. Certo non è un bel voto, ma puoi recuperare, no? − le disse guardandola per un attimo.

− Quindi non sei arrabbiato? − domandò sorridendo.

Benjamin scosse il capo. − No, ma devi impegnarti di più la prossima volta. Errare è umano, e tutti meritano una seconda possibilità, non credi piccola? −

−Hai perfettamente ragione! − sentenziò la figlia.

Benjamin era così felice di vederla in perfetta salute, che le avrebbe perdonato praticamente tutto.

− Papà? −

− Sì? −

− Ti ho già detto che ti adoro, vero? −

L’uomo sorrise. − Sì, ma fa piacere sentirselo ripetere ogni tanto. −

− E tu mi adori? − gli chiese lei in tono scherzoso.

− Più della mia vita, tesoro. − rispose senza esitazione .

Alexandra annuì soddisfatta.

− Allora siamo pari. − ed accese la radio nell’auto di suo padre.

Benjamin tacque, godendosi quei momenti insieme a sua figlia.

Quella figlia che nel suo terribile incubo, aveva perduto.

Per colpa sua.

 

 

 

 

   
 
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