Un’altra
possibilità
Benjamin
trascorse circa quaranta minuti imbottigliato nel traffico serale di
Washington, prima di riuscire a raggiungere la casa di Mary Anne. Ma era
contento, stava per rivedere la sua Alexandra dopo quell’orribile sogno, e ciò
valeva senz’altro quaranta minuti di traffico. Valeva molto di più. Fermò
l’auto e scese dalla macchina, entrò nel vialetto della famiglia Ross – i
genitori di Mary Anne – e suonò al campanello. Un gattino sul davanzale miagolò
in sua direzione.
−
Ciao micetto. − lo salutò Benjamin con un sorriso.
Il gatto
parve quasi capirlo, tanto che saltò giù e andò a strusciarsi alle sue gambe.
Anche i gatti mi amano, pensò divertito.
Finalmente
la porta si aprì, mostrando una ragazzina con i capelli rossicci e gli
occhiali.
−
Buonasera signor Linus. − lo accolse la giovane.
−
Ciao Mary Anne, come va? −
−
Benissimo signore, prego entri. − e si spostò per farlo entrare.
Benjamin
entrò e attese che la ragazza chiudesse la porta.
−
Alex mi ha mandato un messaggio dicendomi che tua madre è dovuta uscire, spero
nulla di grave. − domandò serio.
Mary
Anne scosse il capo. − Oh no, nulla di che. Un’amica di mia madre non si
sentiva bene ed è andata a vedere come sta. Mi ha già avvisato dicendomi che
non è niente di grave. − rispose stringendosi nelle spalle.
Alex era
in salotto e non appena intravide il padre in corridoio, buttò a terra il gamepad
della playstation, con la quale entrambe le ragazze stavano giocando, e si
precipitò ad abbracciarlo.
−
Papà! − esclamò raggiante saltandogli addosso.
Benjamin
l’accolse tra le braccia, piacevolmente sorpreso da tanto slancio.
−
Ehi dolcezza, suppongo che io ti sia mancato. − commentò ricevendo un
bacio sulla guancia dalla figlia.
−
Sì! Scusami se ti ho fatto venire fin qui, ma non sapevo che la mamma di Mary
uscisse a quest’ora. − si scusò la ragazza liberandolo dalla trappola del
suo abbraccio.
Suo
padre la guardò attentamente: era… Alex! Cioè, la sua Alexandra. Una bella
ragazzina di sedici anni, dai capelli scuri e gli occhi chiari. Sì, era proprio
lei, e stava benissimo. Che emozione vederla sana e salva.
Benjamin
sorrise. − Non preoccuparti tesoro, anzi hai fatto bene ad avvisarmi.
Andiamo? −
−
Posso finire la partita? − gli domandò sua figlia indicando la Tv.
−
Partita? Partita di cosa? − chiese lui di rimando, leggermente incuriosito.
−
Tekken. – si intromise Mary Anne. Benjamin la guardò confuso.
−
Un videogioco sulle arti marziali, papà. Gente che si picchia. − gli
spiegò Alex.
−
Io pensavo che le ragazze avessero gusti più… da ragazze. – dichiarò sorpreso.
Le
giovani scoppiarono a ridere.
−
Certo papino, ma non ci impedisce di amare anche l’azione. Vuoi vedere come si
gioca? −
Voleva
rifiutare e dirle che era ora di tornare a casa, invece rispose: − Perché
no? Dieci minuti e andiamo, però. −
Le ragazze
andarono a sedersi per terra, davanti alla Tv, mentre l’adulto si accomodò sul
divano.
−
Io sono la ragazza di destra, Mary è il tizio giamaicano. Guarda ora cosa ti
combino! − annunciò Alexandra entusiasta.
Benjamin
annuì e fissò i personaggi fermi sullo schermo. Una delle due ragazze premette
qualcosa e le figure ripresero vita. Iniziarono una serie di salti, calci,
pugni, strane mosse e il tizio giamaicano fece addirittura una specie di danza
per poi colpire il personaggio femminile in piena faccia.
−
Che cafone. − commentò Benjamin, suscitando le risate delle ragazze.
−
Ora guarda che gli faccio io, però! − annunciò sua figlia.
Infatti
pochi istanti dopo, la ragazza del videogioco stese il teppista a calci in
faccia.
−
Ho vinto di nuovo! − esultò Alex alzando le braccia al cielo.
−
Però non è giusto! Voglio la rivincita! − gemette l’altra. Poi entrambe
si voltarono a guardare Benjamin, con un sguardo supplichevole.
L’uomo
si arrese immediatamente. − Ragazze, dieci minuti e basta. Altrimenti la
mamma si arrabbierà con noi Alex….−
−
Promesso! Un altro paio di calci al tizio e andiamo! −
−
No, sono io che prenderò a calci la tua cinesina! − promise Mary Anne.
La
partita iniziò e mentre le due giovani giocavano minacciando l’una il
personaggio dell’altra, Benjamin osservava divertito sia loro che il
videogioco. Doveva ammettere che era abbastanza interessante.
Il tempo
trascorse e da dieci minuti si arrivò a più di mezz’ora. Benjamin guardò
l’orologio e si accorse che erano quasi le otto.
−
Oh Signore… Alex, andiamo. Questa sera tua madre mi sgriderà per davvero. −
Alex
obbedì, lasciò andare il gamepad a malincuore e seguì il padre verso la porta.
Prese la
propria giacca e la borsa della scuola e salutò la sua amica. – A domani Mary. −
−
Ciao Alex, a domani. Arrivederci signor Linus. −
−
Ciao Mary Anne, salutami i tuoi genitori. −
Ed
uscirono dall’abitazione dei Ross.
Salirono
in macchina e partirono, per fortuna il traffico era diminuito.
−
Sei arrabbiato, papà? − gli domandò la ragazza dopo un po’.
−
Arrabbiato? E perché mai dovrei esserlo, tesoro? − disse lui sinceramente
stupito.
−
Ti ho fatto perdere tempo con il videogioco…−
−
Al contrario, era divertente. Anzi se non fosse stato così tardi, sarei rimasto
a guardarvi giocare ancora. Però non lo dire a nessuno, non è molto da adulti
quello che ti ho confessato. −
Alex
sorrise divertita. − Giuro che non lo dirò ad anima viva! −
−
Bene. Dimmi un po’, com’è andata oggi a scuola? − domandò alla figlia.
−
Così, come tutti i giorni…− rispose evasiva.
−
Che tradotto vuol dire? −
La
ragazza sospirò. − Beh, ho avuto la verifica di matematica, oggi….−
−
E…? −
− Non è andato benissimo…− bisbigliò
come a non voler farsi sentire dal padre.
−
Alex, potresti parlare più forte? Il mio udito non è più quello di una volta…. −
in realtà aveva capito, ma voleva farglielo ripetere per bene, ammettendo la
piccola defiance.
−
Ho preso una “D”, papà. Mi dispiace. − si scusò imbarazzata.
−
Beh amore, non devi scusarti con me. Se non studi seriamente, il torto lo fai a
te stessa, non a me. Comunque sia, pensavo peggio. Certo non è un bel voto, ma
puoi recuperare, no? − le disse guardandola per un attimo.
−
Quindi non sei arrabbiato? − domandò sorridendo.
Benjamin
scosse il capo. − No, ma devi impegnarti di più la prossima volta. Errare
è umano, e tutti meritano una seconda possibilità, non credi piccola? −
−Hai
perfettamente ragione! − sentenziò la figlia.
Benjamin
era così felice di vederla in perfetta salute, che le avrebbe perdonato
praticamente tutto.
−
Papà? −
−
Sì? −
−
Ti ho già detto che ti adoro, vero? −
L’uomo
sorrise. − Sì, ma fa piacere sentirselo ripetere ogni tanto. −
−
E tu mi adori? − gli chiese lei in tono scherzoso.
−
Più della mia vita, tesoro. − rispose senza esitazione .
Alexandra
annuì soddisfatta.
−
Allora siamo pari. − ed accese la radio nell’auto di suo padre.
Benjamin
tacque, godendosi quei momenti insieme a sua figlia.
Quella
figlia che nel suo terribile incubo, aveva perduto.
Per
colpa sua.