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Autore: Jericho XVIII    31/01/2010    0 recensioni
Fondamentalmente, questa raccolta non ha senso.
Telosphobia. La paura dell'ultimo, di esserlo, di diventarlo. La paura di finire. Il terrore di una mente, di una fantasia, che impazzisce perché non vuole esaurirsi. E quindi scrive.
In generale sono original, ma a volte è presa libera ispirazione da film/libri/mitologia/musica ed altro; tuttavia nessun racconto può venire considerato una fanfic perché potrebbe parlare di chiunque. Per lo più sono brevi, a volte brevissime, altre invece potrebbero dilungarsi per più capitoli.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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«Ho paura, mamma»
«Guarda l'alba. Il castello è vicino»
Le nuvole pallide ancora non ricoprono il cielo, ma la pioggia arriverà.
«Non è vero. Qui c'è solo... il vento»
Dorothy ascolta, ed è vero. Lo sente frusciare contro la bandiera del carro sul quale è seduta, scuotere le foglie sulla strada, accarezzare le fronde. Quel tocco gelido che le scompiglia i capelli la fa rabbrividire. Con la mano destra, quella che non porta il guanto bianco, si sistema una ciocca dietro l'orecchio e torna a guardare la madre. Ma lei non c'è: riordina le cose, cheta gli animali, si assicura che il cavallo continui a marciare. Dorothy ha paura, però. Saltella tra le casse e le gabbie - un sorriso le fa sfuggire quella del leone che dormirà fino a tardi, oggi - finché non si siede sopra il tetto dipinto. E' là che svetta la bandiera rossa, con lo stesso motivo a quadri delle sue calze da pagliaccio. Lassù il vento è persino più forte.
«Dorothy, scendi, Manuel ha fame»
Non è vero, pensa la ragazza. Sente il neonato piangere nella sua culla di fasce e bende dentro la roulotte, ma non lo fa perché ha fame. La mamma non lo sa, non se lo ricorda, ma è stata proprio Dorothy a dargli da mangiare non più di qualche ora fa. No, il bambino piange perché ascolta il vento; e il vento, oggi, è cattivo.


  
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