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Autore: Beatrix Bonnie    01/02/2010    9 recensioni
-Seguito de "La lancia di Lugh"-
Questa volta i tre amici, Mairead, Laughlin e Edmund si ritroveranno coinvolti in un'avventura che turberà la tranquillità del Trinity College per Giovani Maghi e Streghe... un'oscura minaccia, una setta di incappucciati che sparge terrore tra gli studenti del castello... Riusciranno i tre amici a risolvere la situazione?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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CAPITOLO 1

Una visita tanto attesa






La vecchina alla fermata dell'autobus stringeva con fare frenetico il manico del suo ombrellino. «Sssh, buona Roxy...» ordinò alla sua cagnetta, che continuava ad abbaiare contro quei due sconosciuti. In effetti il loro aspetto bizzarro non convinceva nemmeno l'anziana padrona, che riservava loro occhiatacce infuocare con intervalli di pochi secondi. L'uomo indossava un completo verde scuro che sembrava uscito da un romanzo dell'ottocento, con tanto di ghette bianche e bastone da passeggio. Il ragazzino biondo al suo fianco portava una buffa mantellina marrone che lasciava scoperte le ginocchia ossute e un paio di calzettoni verde bottiglia. La vecchia strinse a sé la borsetta con foga, come sa la cosa potesse salvarla da una possibile aggressione.

Non gli piacevano proprio quei due.

«Laughlin, ricordami perché dobbiamo muoverci con questi mezzi Babbani» sibilò l'uomo, rivolto al ragazzino, guardandosi intorno con aria scocciata.

«Papà, Edmund vive in un orfanotrofio di Babbani. Avrebbero seri problemi se uscissimo dal tombino davanti al loro marciapiede!» spiegò animatamente il giovanotto, tenendo d'occhio la strada, per controllare che non arrivasse l'autobus.

Riuscire a salire su quella vecchia scatola di latta con le ruote fu un'impresa epica per Eoin Maleficium, una di quelle che i nonni raccontano ai nipoti, se non fosse che il signor Maleficium non avrebbe mai ammesso ai nipoti di essere salito su un autobus Babbano.

La vecchia con in braccio la sua cagnetta spelacchiata che abbaiava come una gallina strozzata si catapultò verso le porte del pullman non appena quello rallentò davanti alla fermata. Lanciando occhiatacce a chiunque le capitasse sotto tiro, si arrampicò sui due gradini dell'autobus e si piazzò davanti all'entrata.

Gli altri che dovevano salire la guardarono perplessi, ma quella non accennò a muoversi.

Il signor Maleficium era straniato. Rimase immobile davanti alla vecchia acida che, sebbene fosse sopra due gradini, non riusciva ancora a superarlo in altezza. Fu Laughlin a riscuoterlo, strattonandolo per la manica, alla vista degli altri che furibondi si dirigevano verso le porte sul fondo. Queste tuttavia erano destinate alla discesa dei passeggeri, quindi ci fu un cozzare di gente tra chi tentava di scendere e chi spingeva per salire.

Laughlin si intrufolò tra gli spintoni e riuscì a salire sull'autobus, ma il signor Maleficium, troppo poco avvezzo ai mezzi Babbani e troppo di classe per trasformarsi in una belva da ora di punta, rimase a terra. Le porte gli si chiusero davanti al naso e il pullman riprese la sua corsa.

«Si fermi! Si fermi!» strillò Laughlin dal fondo dell'autobus, battendo i pugni contro il vetro, dal quale osservava l'aria costernata del padre, appoggiato con nonchalance al suo bastone da passeggio. L'autista frenò tanto bruscamente che Laughlin si ritrovò con il naso spiaccicato contro la porta a vetri.

«Che succede?» domandò l'uomo allarmato, convinto che ci fosse un guasto al suo mezzo.

«Mio padre è restato giù!» esclamò un ragazzino biondo sul fondo dell'autobus.

L'autista sbuffò scocciato, ma ormai si era dovuto fermare, quindi tanto vale far salire anche il genitore. Schiacciò il pulsante rosso e le porte sul fondo si aprirono: un signore dall'aria indispettita che sembrava essere uscito da un film in costume salì sull'autobus.


Era passato un anno dal giorno in cui il professor Captatio era venuto a dirgli che lui era un mago. Esattamente un anno. Eppure Edmund era ancora lì, nell'angolo più buio dell'orfanotrofio con un libro appoggiato sulle gambe e la stessa divisa grigia che ormai gli era diventata irrimediabilmente corta. Solo una cosa era cambiata, all'apparenza: il libro che stava leggendo parlava di cose che i Babbani non si potevano nemmeno immaginare.

In realtà nel profondo di Edmund erano cambiate molte più cose di quanto non sembrasse: aveva trovato degli amici, aveva scoperto che aiutare gli altri lo faceva stare bene e che sentirsi amato era una sensazione impagabile.

Mancava solo una settimana all'inizio del nuovo anno scolastico e Edmund, al contrario di qualsiasi altro tredicenne del mondo, non vedeva l'ora di ricominciare. Era stato obbligato a fare i compiti che gli avevano assegnato al Trinity nelle sale comuni dell'orfanotrofio, suscitando l'ilarità nei suoi compagni, che si facevano beffe delle pergamene e delle piume d'oca con l'inchiostro o che si divertivano a rubargli gli enormi volumi rilegati sui quali doveva studiare. Per Storia della Magia aveva dovuto svolgere una ricerca sulla battaglia di Mag Tured, tra i mitici abitanti dell'Irlanda, i Tuatha e Danann e i demoniaci Fomori, ma aveva a disposizione delle informazioni così scarse che era stato costretto a recarsi alla biblioteca Babbana, nella speranza di trovarvi qualcosa che gli permettesse di allungare il suo misero tema.

Laughlin gli aveva promesso che sarebbe venuto a prenderlo prima della fine delle vacanze, ma non aveva ancora specificato la data esatta, così Edmund era in febbrile attesa del suo arrivo da giorni. Tutte le volte che qualcuno suonava al cancello, il ragazzino alzava gli occhi dal libro, ma si trattava quasi sempre del lattaio o del postino. Così ogni sera tornava al suo dormitorio con aria sconsolata, cercando di convincersi che Laughlin sarebbe venuto a prenderlo il giorno dopo.

«Rassegnati, non verrà nessuno. Sei solo uno sfigato!»

Edmund non alzò nemmeno gli occhi dal libro: era Shannon, lo riconosceva da quella sua voce odiosa.

«Verrà invece» rispose con tono tagliente.

Sì, Laughlin glielo aveva promesso, ma sarebbe venuto davvero?

Mairead gli aveva mandato un sacco di lettere, ma quando la direttrice dell'orfanotrofio aveva sparato con il suo fucile a sale contro l'ennesimo barbagianni che aveva recapitato la posta ad Edmund, la sua amica si era rassegnata a usare i mezzi Babbani. Per fortuna era cresciuta in un paese Babbano, quindi lei sapeva come spedire una lettera, mentre Laughlin, che aveva smesso di scrivergli dopo l'increscioso incidente con il barbagianni, non sapeva nemmeno da che parte incollare il francobollo. Era arrivata solo una sua lettera, con incollati tredici francobolli, disposti a caso sulla busta, e con l'indirizzo scritto sbagliato. Era in quell'occasione che aveva scritto a Edmund che sarebbe venuto a prenderlo prima della fine delle vacanze, ma da allora erano passati quindici giorni e di Laughlin non si era vista nemmeno l'ombra.

«Sei solo uno sfigato e sfigati sono i tuoi amici!» continuò Shannon, tirandogli addosso manciate di ghiaia del vialetto.

Edmund mise a terra il libro e si alzò di scatto. «Lascia stare i miei amici!» esclamò con veemenza, stringendo i pugni.

Shannon gli mise una mano sulla spalla, come se fingesse di volergli dare un consiglio amichevole. «Quali amici, sfigatello? Dici da giorni che verranno a prenderti, ma io non ho ancora visto nessuno» E poi scoppiò a ridere.

Edmund distolse gli occhi: Shannon aveva sfondato una porta aperta. Laughlin non era venuto.

«Edmund!» esclamò qualcuno alla sue spalle.

Era una voce che conosceva bene. Si voltò incredulo: un ragazzino biondo gli stava rivolgendo un sorrido smagliante. «Laughlin!» strillò pieno di entusiasmo.

Alla fine era venuto! Avrebbe lasciato l'orfanotrofio, sarebbe andato a casa di Laughlin, una vera casa di maghi!

Alle spalle del suo amico, l'elegante signor Maleficium si guardava intorno con aria sospetta. Era buffo vedere un uomo vestito con un frac verde e un bastone da passeggio circondato da agitati ragazzetti Babbani. Sebbene Edmund ora fosse abituato al mondo magico, si rendeva benissimo conto dell'effetto che faceva agli altri l'abbigliamento eccentrico del signor Maleficium.

Arrivò la direttrice dell'orfanotrofio a rompere l'incanto. «Non credo che Edmund possa venire con voi, signore. I ragazzi non possono allontanarsi dall'orfanotrofio per più di ventiquattro ore senza il premesso dell'assistente sociale» disse la donna con un tono incerto. Probabilmente quanto sosteneva la direttrice era vero, e certo sarebbe stata più disposta a chiudere un occhio se il signor Maleficium non si fosse presentato all'appuntamento vestito in quel modo.

Edmund fu preso dallo sconforto: tanto per cominciare l'assistente sociale che lo aveva in cura pensava che non fosse un ragazzino del tutto a posto, e sicuramente se avesse visto chi era venuto a prenderlo, non lo avrebbe mai lasciato andare a casa di Laughlin.

Ma Edmund non aveva tenuto in conto quanto potesse essere influente Eoin Maleficium. Si piantò davanti alla povera direttrice e la fissò con uno sguardo che avrebbe fatto tremare anche il più impavido. «Senta, signora, non ho affrontato un traumatico viaggio in autobus fin qui per sentirmi dire che Edmund non può venire a casa con noi».

La direttrice si allontanò impercettibilmente. «Non dipende da me, signore».

«Non sono qui per negoziare una resa. Ragazzo, vai a prendere il tuo baule. Noi intanto troveremo il modo di contattare questo assistente nosoché».

Non era una proposta amichevole, era un ordine.

Laughlin sollevò un pugno al cielo esultando come se la sua squadra del cuore avesse vinto la coppa di Quidditch. «Andiamo Ed» disse poi, trascinando per un braccio l'amico incredulo.

In realtà il baule di Edmund era già pronto da una settimana abbondante, ma questo evitò di farlo notare all'amico, per non far trapelare l'ansia con cui l'aveva atteso.

«Caspita, e così tu dormi qui?» domandò Laughlin, quando Edmund lo accompagnò fino al suo dormitorio. Era una stanza enorme con le pareti di un tristissimo color grigio: cinque letti su una parte ed altrettanti difronte con una serie di comodini erano l'unico mobilio. Laughlin indovinò subito quale fosse quello del suo amico: innanzitutto era l'unico che era stato rifatto e poi sul comodino c'erano una serie di grossi volumi rilegati in pelle. Edmund li prese e, insieme a quello che stava leggendo in giardino, li ripose nel baule che teneva sotto il letto, dove c'erano tutte le sue cose, perfettamente ordinate.

«Allora, sei pronto?» domandò Laughlin.

Edmund gli rispose con un sorriso. Guardò per un istante solo il suo dormitorio, che non avrebbe più rivisto fino all'anno prossimo.

«Assolutamente sì».



Eccomi di nuovo qui, con il seguito delle avventure del trio irlandese! Spero che vi sia piaciuto il primo capitolo e che continuerete a leggere il resto della storia.

A presto, Beatrix



EDIT: comincia anche per questo racconto la mia (coraggiosa e fiaccante) opera di sistemazione dei dialoghi, che consiste nella sostituzione di – con « e » e nell'andare a capo ogni volta che parla un personaggio diverso, con l'obiettivo di rendere il tutto più leggibile; oltre a ciò, correggerò alcuni piccoli errori qua e là. B.B.

   
 
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