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Autore: Beatrix Bonnie    05/02/2010    4 recensioni
-Seguito de "La lancia di Lugh"-
Questa volta i tre amici, Mairead, Laughlin e Edmund si ritroveranno coinvolti in un'avventura che turberà la tranquillità del Trinity College per Giovani Maghi e Streghe... un'oscura minaccia, una setta di incappucciati che sparge terrore tra gli studenti del castello... Riusciranno i tre amici a risolvere la situazione?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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CAPITOLO 2

Villa Maleficium






Andare in giro per le strade affollate di Dublino trascinando un enorme baule non era certo un'impresa facile per Edmund, ma il signor Maleficium non accennava a rallentare il passo. Edmund era convinto che per persuadere l'assistente sociale a lasciarlo partire, Eoin Maleficium avesse fatto un incantesimo alla direttrice, perché quando lui e Laughlin li avevano raggiunti nel suo ufficio, la donna aveva un'aria stranamente pacifica dipinta sul volto e reggeva in mano la cornetta del telefono con il quale aveva chiamato il distretto comunale. «Allora ci vediamo l'estate prossima Edmund» aveva detto con voce sognante.

Così ora si trovava a trascinare il suo baule per Nassau Street con la prospettiva di passare l'ultima settimana delle vacanze a villa Maleficium. C'era solo un dubbio che frullava nella sua testolina. «Come facciamo ad arrivare a casa tua? Prendiamo ancora l'autobus?» domandò rivolto all'amico.

Laughlin gli riservò un sorriso incoraggiante. «No, certo che no. Un altro viaggio come quello farebbe impazzire papà. Useremo la Metrombino».

«La che?» ripeté Edmund scioccato: non aveva mai sentito parlare di nulla del genere.

«Vedrai» gli rispose Laughlin, battendogli una mano sulla spalla.

Il signor Maleficium li condusse senza indugio verso una viuzza laterale poco frequentata. Edmund non capiva cosa stesse cercando il signor Maleficium con gli occhi fissi a terra, quando quello si accovacciò con aria soddisfatta accanto ad un tombino. Sotto lo sguardo allibito di Edmund, Eoin Maleficium levò la grata che copriva il buco. «Vado prima io, così ti faccio vedere» spiegò con aria seria.

Edmund non aveva la più pallida idea di cosa il signor Maleficium volesse mostrargli, ma non riuscì a trattenere un urlo quando quello si buttò con un salto nel tombino, esclamando nel frattempo “Villa Maleficium!”

«Che cosa...?!» strillò il ragazzino, accucciandosi accanto al tombino e scrutando il fondo con aria spaventata.

Laughilin nel frattempo era scoppiato a ridere come se qualcuno avesse fatto una battuta di spirito particolarmente divertente. Non appena si fu ripreso dalla risata, spiegò all'amico: «Ed, quella è la Metrombino. Tu salti nel tombino e pronunci il luogo dove vuoi arrivare, così sbuchi fuori da un tombino collegato alla rete, esattamente nel luogo che hai richiesto».

Ingegnosi questi maghi!

Edmund osservò ancora il buco, questa volta non per scoprire che fine avesse fatto il signor Maleficium, ma per cercare di capire che magie regolassero quel meccanismo. «Ma... puoi buttarti in qualsiasi tombino?»

Laughlin ridacchiò, perché non si rendeva mai conto di quante cose il suo amico non conoscesse sul mondo magico. Gli spiegò che c'erano una serie di metrombini collocati in tutta l'Irlanda, controllati dal Dipartimento dei Trasporti Magici, di cui più di una ventina nella sola Dublino. Saltandoci dentro, potevi andare in qualsiasi luogo dove ci fosse un altro metrombino collegato alla rete e per averne uno di fronte a casa propria bastava pagare un canone annuo al Dipartimento.

«Avanti, ragazzi. C'è anche altra gente» protestò un mago anziano alle spalle di Laughlin, indicando con il bastone il tombino accanto al quale era ancora accucciato Edmund.

«Certo, mi scusi» rispose Laughlin, incitando l'amico con un cenno del capo a buttarsi nel tombino. «Ti porto io il baule» aggiunse poi, afferrando la maniglia del bagaglio.

Edmund fece un sorrisetto tirato, poi prese un respiro e si tuffò dentro, gridando con quanto fiato aveva in gola la sua destinazione.

L'idea di buttarsi in un tombino non gli piaceva affatto, per questo aveva chiuso gli occhi. Per prima cosa sentì un freddo glaciale che gli penetrava fino alle ossa, ma forse era solo una sensazione: come poteva esserci freddo, in piena estate?

Per qualche secondo ebbe l'impressione di cadere, perché sentiva come se qualcuno si fosse aggrappato alle sue gambe per trascinarlo verso il fondo, poi improvvisamente avvertì un terreno elastico sotto i suoi piedi e aprì gli occhi di scatto. C'era solo buio intorno a sé. In una frazione di secondo la sua caduta si arrestò e l'elasticità del terreno gli restituì uno slancio tale che Edmund cominciò a risalire. Urlò, finché non venne risputato fuori.

Luce e un prato verde.

Atterrò maldestramente sull'erba, con la faccia a pochi centimetri da una formica che trasportava una grossa briciola. Il viaggio in sé non doveva essere durato più di una manciata di secondi, tanto che poco dopo arrivò Laughlin, atterrando con naturalezza in piedi al suo fianco, reggendo tra le braccia il suo baule. Scoppiò a ridere quando lo vide con la faccia a terra.

Edmund si alzò in fretta e cercò di ripulirsi il più possibile la divisa grigia dell'orfanotrofio. La Metrombino non era certo il suo modo preferito di viaggiare.

«Benvenuto a casa» esclamò Laughlin, allargando le braccia.

Edmund non ci aveva nemmeno fatto caso: era arrivato in un giardino molto curato, con aiuole di fiori e il prato tagliato all'inglese. Una stradina di ghiaia bianca conduceva ad un'immensa villa in stile neoclassico, con un colonnato davanti all'ingresso. «Uau...» si lasciò sfuggire Edmund, osservando il tutto a bocca aperta.

Laughlin gli sorrise, poi cominciò a trascinare il suo baule verso l'entrata.

«Ma, Laugh, stai sradicando tutta l'erba!» protestò Edmund allibito, osservando l'effetto disastroso del passaggio del suo baule.

Laughlin si voltò con noncuranza ad osservare la scia che aveva lasciato sul prato: non sembrava eccessivamente preoccupato del danno che aveva provocato. Infatti, sotto gli occhi sgranati di Edmund, l'erba cominciò a ricrescere rigogliosa, cancellando completamente la traccia del passaggio di Laughlin. «Papà utilizza un fertilizzante molto potente» ridacchiò l'amico, facendogli l'occhiolino.

Edmund rimase immobile a fissare il prato che pian piano si riformava dopo il transito del pesante bagaglio. Quel fertilizzante doveva essere una cosa molto comune tra i maghi, ma per Edmund era uno spettacolo. Chissà quante cose non conosceva del mondo magico, cose che non avrebbe mai imparato sui suoi adorati libri!

«Ed, vieni?» lo richiamo Laughlin, che ormai era quasi arrivato davanti alla porta di casa.

Edmund si affrettò a raggiungerlo. Sull'uscio li stava attendendo una bella signora, vestita in modo molto curato, con i capelli rossi legati in un nodo dietro la testa: Daire Maleficium. Edmund l'aveva vista una volta sola, quando a giugno era venuta a prendere Laughlin alla stazione di Dublino.

Li accolse con un sorriso benevolo e aprì loro la porta. «Benvenuto Edmund» lo salutò dolcemente.

«Ehm... grazie. Permesso» bisbigliò nell'entrare in casa. Non era sicuro di sapere che cosa prevedesse l'etichetta dei maghi in situazioni come quelle, ma cercò di essere il più educato possibile.

«Accomodati pure» rispose la signora Maleficium con gentilezza.

La sala d'ingresso era enorme, curata nell'arredamento in ogni minimo dettaglio: mobili d'antiquariato, tappeti dall'aria costosa e quadri raffiguranti vari antenati della dinastia Maleficium, che lo fissavano con aria austera dalle cornici elaborate. Sembrava che il biondo fosse una caratteristica di famiglia, perché tutti i soggetti ritratti avevano lo stesso colore di capelli di Laughlin e di suo padre Eoin. Apparentemente non c'era nulla di magico nella stanza, ad esclusione dei personaggi che si muovevano nei quadri, ma Edmund era sicuro che ogni singolo mattone di quella casa nascondesse un incantesimo di qualche tipo.

«Ehi, ciao!» strillò una vocetta acuta. Edmund alzò gli occhi sulla scalinata di marmo che stava di fronte alla porta d'ingresso e vide un bimbetto biondo dall'aria esagitata che lo salutava con la mano.

«Bearach, mio fratello» lo presentò Laughlin con un cenno del capo. Non sembrava particolarmente entusiasta della presenza del fratellino. «Nove anni ma è una peste. Farà di tutto per intrufolarsi nei nostri divertimenti in questi giorni» sussurrò infatti poco dopo all'orecchio dell'amico.

Edmund ridacchiò sotto i baffi, poi salutò il piccolo Bearach.

«Vieni, ti mostro la stanza degli ospiti, dove dormirai tu, e dopo ti faccio vedere camera mia» disse Laughlin, cominciando a salire la scalinata dalla quale era appena sceso suo fratello.

«Ehi, Laugh, ehi... posso venire con voi, eh, Laugh, posso?» esclamò eccitato Bearach, saltellando da un piede all'altro.

Laughlin si voltò verso di lui con aria contrariata. «No».

«Ma... dai, per favore, per favore!» lo supplicò il fratellino.

Per fortuna intervenne la signora Maleficium. «Bearach, lascia in pace tuo fratello. Vieni qui con me» disse con un tono di voce sereno, ma che non ammetteva la possibilità di disubbidire.

Finalmente liberi dall'esagitato bimbetto, i due amici si recarono al piano di sopra. La stanza degli ospiti era una camera da letto enorme, con il soffitto a cassettoni e una grande vetrata che dava sul giardino. Al centro c'era un letto a baldacchino, ai piedi del quale Laughlin sistemò il baule. «Ora vieni a vedere qualcosa di davvero straordinario!» esclamò poi, trascinando l'amico per la manica verso camera sua.

«I signorini gradiscono dei biscotti?» domandò una vocetta stridula alle loro spalle.

Edmund si voltò, ma trattenne a stento un urlo. «Oddio, e questo cos'è?»

La cosa che aveva parlato era un mostriciattolo verdognolo alto meno di un metro, con due occhi sporgenti e delle spropositate orecchie a punta.

«È Lappy, il nostro elfo domestico» rispose Laughlin, afferrando un biscotto dal vassoio che la creatura reggeva in mano.

«Lappy non voleva spaventare il signorino, no, no, voleva solo portare dei biscotti al padroncino e al suo amico» cantilenò il piccolo elfo, dondolandosi avanti e indietro.

«Tranquillo, Lappy, è tutto a posto. Ed non è abituato a vivere in una casa di maghi» rispose Laughlin, dando un buffetto sulla testa all'elfo. «I biscotti sono ottimi, comunque» aggiunse poco dopo, afferrandone una manciata dal vassoio.

La creaturina si sciolse in un sorriso di ringraziamento. «E l'amico del padroncino non vuole assaggiare i biscotti di Lappy?» domandò poi, porgendo il vassoio con aria estasiata verso Edmund.

Il ragazzo, ancora troppo sorpreso dalla scena, ne prese uno con aria titubante, senza dire una parola.

«Grazie, Lappy, sei stato davvero gentile» lo congedò Laughlin, mentre quello retrocedeva con una serie infinita di inchini.

«Per Lappy è un piacere servire la famiglia Maleficium!» esclamò con entusiasmo, prima di sparire dietro l'angolo.

Vedendo la faccia scioccata dell'amico, Laughlin fu costretto a spiegare la natura del servizio degli elfi domestici e di come fossero attaccati alla famiglia che servivano, soprattutto se venivano trattati con gentilezza.

Dopodiché, finalmente, lo condusse alla sua camera. Entrando nella stanza pareva di essere passati in un'altra dimensione: non c'era più traccia del curato stile neoclassico che permeava tutto il resto della casa. Le pareti erano verdi e appeso c'era lo stendardo e un poster della sua squadra preferita di Quidditch, i Kenmare Kestrels. Il letto era in un angolo, ancora disfatto, e i vestiti che vi erano abbandonati sopra erano talmente tanti che sembrava che l'armadio vi avesse vomitato sopra tutto il suo contenuto. In un altro angolo c'era una scrivania completamente ricoperta di pergamene, libri e boccette di inchiostro lasciate a metà.

La stanza nel complesso era molto luminosa, grazie all'ampia vetrata che si apriva sulla parete davanti a loro. Al centro della camera, venerata come fosse un'antica reliquia, stava l'arpa celtica che Eoin Maleficium aveva regalato al figlio il Natale scorso. L'unica cosa che potesse vagamente ricordare l'appartenenza di Laughlin ad una nobile stirpe di maghi, era lo stemma di famiglia che troneggiava sopra il letto.

«Questo è il mio regno!» esclamò il ragazzino, allargando le braccia.

Edmund sorrise, cercando di reprimere quel vago senso di invidia che faceva capolino nel suo cuore. Dopotutto, lui non avrebbe mai avuto nulla del genere.

«È fantastico, Laugh».



Ecco qui il nuovo capitolo!

Per rinfrescare un po' la memoria, scrivo le pronunce dei nomi irlandesi fin qui citati.

Mairead = Mayreed; Laughlin = Locklin (l'abbreviativo Laugh, si leggerà dunque Lock); Eoin = Owen; Bearach = Barock; Daire = Dora.


@ Salice: grazie mille del commento! Anche a me piace molto la famiglia Maleficium, perché dimostrano che essere purosangue non va necessariamente a braccetto con l'essere cattivi. Ma questo lo sappiamo bene io e te, che scriviamo storie molto simili! ;-) Per la correzione, grazie mille, ho provveduto a cambiare il vocabolo. Se trovi qualche altro errore, segnalamelo pure. Anzi, mi fai un favore se mi correggi, perché quando sarà finita, intendo regalare questa storia alla mia sorellina (è una fan di HP!), quindi meno errori ci sono, meglio è!

Ciao ciao, a presto!




EDIT: continua l'opera di sistemazione dei dialoghi; visto che ci siamo, QUI l'immagine che rappresenta Bearach Maleficium!

   
 
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