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Autore: kiku77    09/02/2010    7 recensioni
seguito di "ALLA RICERCA DELLA FELICITA'"
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte……ieri mattina mi sono svegliata con in testa il seguito a questa storia….alla fine mi odieranno tutti…. in testa quindi, riassumendo, ho tre storie: peccato che non ne abbia ancora cominciata una, tranne quella yahoi (appena abbozzata)….va beh….lasciamo stare… se volete prenotarmi la croce verde, direi che è ora....

Vi ringrazio sempre molto per le vostre recensioni! Quante cose avrei da dire…solo che non ho molto tempo stasera, sarò un po’ breve…scusate!

Giusyna: da come ti esprimi si vede che ami scrivere…bella la definizione che hai dato al cap…grazie infinite!

Miki87: sì immagino anch’io che Tsubasa abbia reagito più o meno come dici tu!...poteva anche essere un’idea approfondire le reazioni, ma mi piaceva troppo chiudere il cap così…riguardo al padre, sì, hai ragione… ci voleva un po’ di tregua anche perché portare rancore non serve a niente…giusto?grazie mille per  i tuoi commenti!

Makiolina: ci voleva sì!... riguardo al corallo, c’è un motivo e sarà la storia a portarti la risposta….su Kumiko, beh, che dire, mi rendo conto che ormai conoscete il mio stile: c’è una frase che ho messo apposta per questo…chissà se è da quella che ti è venuta questa idea…sto vedendo che anche altre pensano lo stesso…..vediamo cosa succede….grazie per aver scritto!

Mareluna: grazie a te per dedicare del tempo alla storia e per scrivermi! Mi fa molto piacere! Grazie per tutte le tue considerazioni!

Sany: che bello che il cap ti abbia fatto venire in mente un episodio della tua vita…spero anch’io che Kumiko non si faccia scappare un ragazzo così…. Sta guadagnando dei punti, no?

Marychan82: grazie infinite per quello che mi scrivi…non so che dire….mi rende felice il pensiero che questi pers ti portino ad esprimerti così….è bello pensare che un “semplice “ racconto possa darci l’opportunità di tirar fuori tutto questo…grazie

Sanae78: ciao! È sempre bello quando mi scrivi… riguardo a kumiko.. non posso anticipare niente…..mentre sul nonno, beh, direi che sarebbe bello se ci fosse un contatto fra il padre di Genzo e Taro…chissà ….

Scusatemi se sono stata un po’ striminzita (odio rispondere così… di solito mi ci metto con più calma… ) ma in queste ultime settimane praticamente non ho mai tempo….

Ringrazio tanto anche tutte le persone che leggono semplicemente.

Ed eccoci al cap di stasera… uno di quelli a cui sono più “legata” emotivamente ….

A presto

___

Finalmente, era arrivata la tanto attesa partita con la Nazionale, la prima del girone per le qualificazioni. L’autunno era nel suo momento più intenso: ottobre profumava di giallo e  il vento portava via le foglie dagli alberi.

Tornare in Giappone era stato il sogno ricorrente di Genzo dall’estate, da quel giorno all’aeroporto di Miami in cui aveva dovuto separarsi da Taro e Kumiko. Tsubasa gli era accanto e poteva percepire quanto il portiere, nell’arco di quei mesi fosse veramente cambiato. Ne era fiero ed era felice di averlo sempre difeso: sapeva che prima o poi le cose sarebbero cambiate ed ora, quello stesso vento che fuori sembrava portare via solo foglie, dentro i loro cuori stava spazzando via, forse definitivamente tutta la tristezza, tutti gli avvenimenti brutti degli ultimi lunghi periodi della vita del suo migliore amico.

Durante i giorni del ritiro, finalmente poteva chiamare Taro ogni due-tre ore e già questo lo rendeva più felice. Sapeva che purtroppo Kumiko non avrebbe potuto portare il bambino alla partita, perché proprio quel giorno doveva seguire un servizio di catering per un hotel, ma appena finita la gara, sarebbe corso da loro e avrebbe potuto rivederli.

Al tramonto, dopo l’allenamento, si sedeva accanto a Tsubasa e, nonostante l’aria quasi fredda, si mettevano a guardare il cielo che imbruniva perché era lo sfondo alla malinconia. Non c’era più alcun bisogno di parlarne: tutti e due condividevano esattamente lo stesso stato d’animo. Tsubasa, anche se ormai era abituato, senza Sanae e i bambini, che erano rimasti a Barcellona, si sentiva vuoto. Genzo idem.

Restavano fermi e in silenzio a contemplare la luce e ognuno a suo modo, la scomponeva in mille piccole particelle come per imprimersele dentro  e associarle a un loro personalissimo ricordo, un’immagine della loro donna o dei bambini. Nelle loro teste, era come assistere alla proiezione di un film o alla recita di un attore.

Solo quando la notte era fitta e scura, si alzavano e rientravano.

 

Il piccolo Taro, si era addormentato piangendo, quando Kumiko gli aveva spiegato che non l’avrebbe potuto portare allo stadio. Si era messa a piangere anche lei, dallo strazio e dal senso di colpa, ma purtroppo quell’impegno di lavoro era stato programmato da tempo ed il cliente aveva espressamente richiesto la sua presenza, quindi non poteva fare altrimenti.

Tutto il suo corpo era in fermento ormai da giorni al pensiero di rivederlo, anche se sarebbe stato solo per poche ore: Sanae al telefono le aveva spiegato che dopo la partita, Genzo e Tsubasa avrebbero trascorso la notte a Nankatsu per poi riprendere il volo del mattino.

“Gli chiederò di restare qui tutta la notte…..” si disse fra sé e sé…” con me….tutta la notte” si disse ancora.

Lui tanto non avrebbe parlato come sempre, quindi lo avrebbe fatto lei.  Aveva bisogno di lui. Non ce la faceva più. Era lo stesso se era sbagliato; se insieme erano “una cosa che si rompe”; molto meglio rompersi, che restare così, sospesi e non sapere di che morte dover morire.

 

Taro, all’ora della partita tra il Giappone e la Tailandia, si piantò di fronte al televisore e non diede udienza a nessuno.

Kumiko l’aveva lasciato in casa da solo, con i due ragazzi che facevano il turno del pomeriggio in pasticceria, mentre lei era andata all’hotel con Ikeda e gli altri per il servizio di catering. Si muoveva con destrezza e controllava i piatti e i cabaret in ogni minimo dettaglio: tutto era vagliato dal suo occhio iper critico e anche il più piccolo difetto nella posizione di una fogliolina e di un petalo che facevano semplicemente da ornamento, veniva subito corretto. Questo modo di lavorare era stato trasmesso a  tutti i suoi dipendenti, specialmente ad Ikeda che, oltre ad essere diventato bravo almeno quanto lei, aveva ereditato una certa dimestichezza a guardare le cose anche con un forte senso dell’estetica. Doveva molto a Kumiko e cercava di apprendere tutto da lei.

Il cliente andò di persona a complimentarsi con loro che, una volta soli, stapparono una bottiglia di vino sudafricano per festeggiare il successo.

Quando rientrò trovò il bambino addormentato, girato su un fianco.

“E’ stato buonissimo” disse la ragazza che l’aveva messo a letto.

“Grazie….la partita è andata bene?” chiese.

“Sì abbiamo vinto 2 a 0, goal di Tsubasa e Taro. Genzo ha parato anche un rigore….” disse la ragazza.

Kumiko arrossì “Ah… bene…. Per caso ha chiamato qualcuno?”

“… no…. Perché?”

“No… beh… pensavo che Genzo fosse già qui… sono già le undici e la partita è finita alle quattro… sai domani mattina deve subito rientrare e speravo potesse salutare Taro…. Speravo che passasse….” disse sconsolata e un po’ amareggiata.

“Beh .. ci sarà stata la conferenza stampa e poi… ….. arriverà, non disperare…”

Kumiko le sorrise.

“Certo… grazie mille…. Vai pure a casa…. Buonanotte”

“Ok.. è tutto chiuso e in ordine di sotto. A domani”

 

Kumiko si affacciò al terrazzo senza aprirlo completamente: l’aria era già troppo fresca e aveva paura di far prendere freddo a Taro. Lo prese in braccio cercando di non svegliarlo e  lo portò nella sua cameretta.

Si tolse le pantofole e andò nella piccola cucina per farsi un po’ di tè. Sentiva che il cuore pulsava veloce: l’attesa e la speranza si mischiavano al terrore che qualcosa andasse storto e che Genzo non riuscisse ad arrivare.

Si annusò e sentiva che puzzava di sudore e di mangiare. Doveva fare la doccia ma non poteva perché sapeva che se si fosse infilata in bagno e lui fosse arrivato (e certamente non avrebbe suonato ma solo bussato, per via dell’ora tarda), probabilmente non avrebbe sentito e lui magari se ne sarebbe andato….

Prese il tè e si era già fatta mezzanotte.

Le veniva da piangere.

“Quanto sei stupida Kumiko…. Sarà in giro a fare baldoria… sarà in qualche locale a spassarsela… come sempre…. Invece di passare un po’ di tempo con suo figlio… invece di stare con me….”

Capì che ormai era troppo tardi e decise di fare il bagno.

Proprio quando stava per spogliarsi sentì bussare.

Corse ad aprire ed era lui.

“Scusa…. Ti ho chiamato mille volte ma hai il cellulare spento e il telefono della pasticceria dev’esser messo male…non riuscivo  a prendere la linea…”… disse lui

Kumiko lo guardò e aveva il cuore a mille: diede un’occhiata al cellulare sul tavolo e infatti non lampeggiava…. Il telefono sulla mensola aveva la cornetta spostata… sicuramente ci aveva giocato Taro. Lei, totalmente distrutta, dopo la giornata di lavoro, non ci aveva fatto caso, anche perchè col telefono non è che avesse molta dimestichezza.

Lo fece entrare ed era tutta rossa in volto.

“Io… non me ne sono accorta, scusa te….”

Genzo era molto agitato.

“Abbiamo trovato un incidente e siamo stati bloccati per almeno due ore …”

Kumiko si era allontanata; aveva aspettato tanto quel momento e adesso invece si sentiva a disagio e in disordine. Voleva scappare….

“Come stai…” chiese lui, che, allo stesso modo non sapeva bene come comportarsi.

“…bene..che bravo che sei stato… hai anche parato un rigore… mi hanno detto… chissà quanto avrai reso felice Taro….”

Genzo si tolse il berretto. Era nervoso ma non voleva nascondere il suo volto. Voleva che lei lo guardasse bene.

“Grazie… sono stato anche fortunato.. avevo studiato un po’ i rigoristi della squadra. Il numero 11 ha tirato dove tira sempre, quindi….”

Kumiko nel frattempo aveva fatto un altro passo indietro. Lui indossava la divisa ufficiale della Nazionale ed era lavato e profumato. Lei era tutta una chiazza di crema e cioccolato e aveva odore cattivo.

“Beh… che facciamo qui imbambolati?” disse lei” andiamo a svegliare Taro così almeno lo puoi salutare…. Tra poche ore hai il volo…..”

Kumiko si girò e  fece per andare nella sua stanza.

“Non prendo questo volo….ho chiesto tre giorni di permesso e me li hanno dati… ho molto da fare qui..” disse lui fissandola, ma rimanendo esattamente dov’era.

Kumiko si fermò e si girò, spiazzata e sorpresa.

“Ah sì?” chiese, per aver conferma.

“Sì…… devo convincere la mia ragazza a sposarmi…..” lo disse senza tradire nessun tremore nella voce. L’aveva detto senza pause ma lentamente.

Lei rimase di stucco.

“Pensa…. In questi tre giorni la devo prima convincere, poi la devo sposare e infine la devo portare a Barcellona…. Secondo te ce la faccio?” chiese lui, che ancora sembrava molto serio e convinto.

Kumiko ora era sbiancata e sembrava una statua.

“Non l’ha detto sul serio…. Non lo sta dicendo a me…” si disse fra sé e sé.

“Allora? Ce la faccio?”

“Credo…. Che … credo che dipenderà da quello che le dirai….” rispose lei.

Genzo le sorrise e fece un passo avanti. Lei di conseguenza uno indietro.

“Questa volta faccio le cose per bene. Mi sono preparato il discorso. Che poi, se ci pensi bene… è sempre lo stesso discorso che fa ogni uomo alla propria donna” disse Genzo.

Lei si mise in posizione di ascolto.

“Le dirò che l’amo, che l’ho sempre amata, come ha cercato di spiegarmi invano e più volte Misaki.”

Lei si sentiva svenire. Si stava sentendo male e avrebbe voluto tanto avere una sedia, lì a portata di mano.

“ma… non credo che sarà sufficiente…. Almeno per lei….” Disse Genzo.

“In fondo..” continuò “ se lei si guarda dentro ,lo sa bene che io l’amo. Lo sa già. Sua nonna era una strega… queste cose lei le sente prima degli altri….” Fece una pausa.

“Ma quello che non sa è che  l’amore che provo per lei mi ha sempre fatto troppa paura … il pensiero di dipendere da lei, mi fa venire voglia di scappare. Perché è questo che sta per succedere. Io la sposo e dopo dipendo da lei, dalla sua bellezza, dalla sua verità. Lei non lo sa che quando sono dentro di lei tutti i miei pensieri si sciolgono e diventano come un mare ….come può saperlo? Io non sono mai stato capace di dirglielo…dare un nome a questo, a questo mare… è difficile…che nome gli dai? Per tutti questi motivi, se io la sposo e poi lei se ne va, se lei un giorno smette di amarmi, io.. come farò? E’ questo il problema. Io senza di lei ormai non posso più stare….….”

Kumiko aveva ascoltato le sue parole. Erano molto di più di quanto lei avesse chiesto. Aveva chiesto un parola…. Ora lui gliene aveva riversate un’infinità e le pareva di aver ascoltato un brano musicale, di aver assaggiato un dolce che ancora non aveva inventato  o visto un petalo nuovo…

“Ma lei non se ne andrà….perchè tu le sei dentro. ….e una volta che sei entrato….non sei più uscito….anche questo è un problema….”

“Dici che allora si può fare?” chiese Genzo.

Ci fu un attimo di attesa. E silenzio.

“Ti voglio toccare…” disse lei.

Allora lui si avvicinò.

“No no… aspetta… prima… prima scusa ma mi devo lavare…”disse lei,ritornando sulla terra e scendendo dal mondo in cui lui l’aveva trascinata.

Ma Genzo ora era vicinissimo.

“Aspetta sai,…. ho odore cattivo… ho lavorato tutt…” il portiere non le diede il tempo di finire la frase.

“Ti lavo io…” disse lui, prendendola in braccio.

   
 
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