A Carnevale ogni scherzo vale, no? E infatti a me stasera lo scherzo l'ha fatto Libero che mi ha lasciata senza connessione... se pubblico è solo grazie alla chiavetta ADSL che ho 'di scorta'!!! GRRR!!!
Vorrà dire che invece di aggiornare la pagina per vedere se avete letto o chattare, mi guarderò Sahara... :-P
Alcune news al volo:
-SONDAGGIO SU CARL: dai risultati sul Blog posso dire che il pubblico acclama Matthew McConaughey. Io avevo la mia idea e qualla resta... per scoprire chi sarà... io direi che dovrete aspettare ancora un po'... (come sono perfidaaa!!! muahahahhahahahaha)
-Nuovi volti sul BLOG: dopo Rosalie/Charlize Theron, ho pubblicato una Gianna vampirizzata e (finalmente) un bel Felix x voi!!! Che vene pare? COmmentate pure sul BLOG!
-Ho creato un nuovo gruppo su Facebook, 'Italiano, questo sconosciuto' perché avevo le OO piene di leggere ff piene di errori grammaticali e sintattici. Iscrivetevi al gruppo, contribuite con domande o post e fatemi sentire la vostra voce! Ovviamente sono tutti invitati a partecipare con nuovi contenuti! [se non fa il link di questo gruppo è perché non sono riuscta a metterlo causa connessione bislacca: provate a cercarlo nella mia pagina di fb (Florence Maxwell) oppure lo trovate nell'ultimo capitolo della ff di sarapastu 'Desiderio d'amare']
-SPOILER: li metto sul BLOG tra una pubblicazione e l'altra: ogni tanto fateci un passaggio per controllare!!!
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CONSIGLI PER LA LETTURA DI QUESTO CAPITOLO:
Non dovrebbe esserci bisogno di spiegarlo, ma la prima parte (il primo POV) è un 'flash forward' di qualcosa che avverrà tra qualche tempo!
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PROIBITO
114
- L'inizio della fine - PARTE 1/2
***
***
Ormai non pensavo che
l’avrei stretta ancora tra le mie
braccia, ubriacandomi del suo profumo più dolce che mai. Credevo che
non avrei
più rivisto i suoi occhi, rapiti da altro oro, da altri sorrisi più
solari e
genuini: non speravo più di poter essere io proteggerla come una cosa
preziosa.
Ormai ho smesso di
sperare, anche se dentro di me scalerei le
montagne pur di tornare all’attimo in cui ho rovinato tutto, non
fidandomi di
lei. Perché la verità è solo quella: tutto quello che è accaduto è
stato solo
colpa mia.
Cupe colonne di fumo si
alzano dalle pire dove ardono i corpi
dei nemici, confusi con quelli dei nostri fratelli. Tutto è come nella
visione
di Alice: tutto è andato perduto.
Se solo non avessi ceduto
alla mia disperazione e non avessi
compiuto il viaggio a Volterra… se solo non l’avessi abbandonata al suo
destino… chissà dove saremmo stati, chissà se lei avrebbe potuto essere
felice.
-Dov’è?-, la sento
mugolare sul mio petto e pormi la domanda
più difficile di tutte, perché non ha una risposta che non faccia male.
Non ne ho diritto, ma non
posso farne a meno. E mentre una
lacrima, l’ultima che io potrò mai versare, scivola dalla mia guancia
sul suo
viso, mi chino su di lei e la bacio sulle labbra, per l’ultima volta,
incidendo
nella mia mente e sul mio cuore la sensazione indescrivibile che provo.
Non sei più mia, Isabella.
Forse non
lo sei mai stata.
C’è ancora qualcuno da
salvare, qualche compagno ferito da
aiutare.
-Perdonami-, le dico in un
soffio, asciugandomi con il dorso
della mano il viso e sforzandomi di sorriderle ancora.
E vado via.
*
***
*
***
***
Isabella Swan.
Ancora una volta era lei
la causa e il fine di tutto.
Edward era stato colpito
da un’altra ondata del potere
malefico di quella serpe di Alec, ancora una volta per lei.
Era prigioniero a Volterra
per lei, da dieci lunghi anni e
ancora non era riuscito a dimenticarla.
Tutto ruotava attorno a
Isabella Swan e adesso che anche Aro
si era mostrato interessato a lei, la sua centralità nei nostri destini
mi
appariva lampante.
E questo era ancora più
grave…
Se Bella Swan era a
Volterra, ci avrei scommesso, presto
sarebbe arrivato anche Carlisle. Grazie a quello che mi aveva detto
Jane, il
legame che li univa mi era parso più che evidente: quei due si amavano
alla
follia, nonostante i sensi di colpa, nonostante l’ombra onnipresente
dei loro
rispettivi ex, nonostante tutto potesse volgere contro di loro. Se
neanche
Jane, la ‘terribile Jane’, era riuscita a fermare quello che Alice
voleva fosse
fermato, allora significava che Carlisle e Isabella avevano davvero il
Destino,
dalla loro parte.
Potevano provare a
dividerli in diecimila modi diversi, ma, a
meno di non ammazzarli, si sarebbero sempre ritrovati e, anche in quel
caso,
l’avevo capito, lui avrebbe potuto ancora fare qualcosa per non perdere
la sua
amata.
Trasformandola nella sua
compagna per
l’eternità.
Soltanto lui le avrebbe
potuto donare la vita eterna, senza
perdere la sua, ma se si fosse presentata la necessità, cosa ne avrebbe
fatto
di Isabella Swan? L’avrebbe davvero morsa e trasformata in una vampira,
venendo
meno alla promessa fatta a suo figlio?
Edward non avrebbe
accettato anche questo tradimento… non
dopo che aveva compreso di essere stato raggirato per tutti quegli anni
dal
crudele signore di Volterra, non dopo aver rinunciato al suo grande
amore e
anche ad Alice.
Lì per lì non avevo
compreso il motivo di tanta agitazione da
parte di Ed, nella sala del Consiglio e avevo dovuto attendere le
parole
chiarificatrici di Aro in persona: “Trova Isabella Swan”, mi aveva
detto dopo
aver messo KO il giovane Cullen, “Portamela e avrai una nuova regina e
un posto
importante nella futura organizzazione di Volterra”
Ero rimasto basito, non
pensavo assolutamente che anche Aro
avesse mire su quella povera umana, né che avesse calcolato fin da
subito di
aspettare tutti questi anni per poi riprendersela. E se Aro voleva
Bella,
allora l’uomo che lei amava era in pericolo… Non si sarebbe fatto
alcuno
scrupolo ad usare il potere di Carlisle per poi ucciderlo e prendersi
la sua
donna.
Il modo in cui mi aveva
chiesto di portargliela e il suo
sorriso sinistro mi avevano fornito un’ottima motivazione per lasciare
Volterra
e cercare di rendermi utile, in qualche modo, al mio vecchio amico
Carlisle.
In fondo, glielo dovevo…
Anche se ammetterlo era
difficile, in cuor mio avevo compreso
che mi stavo innamorando di sua moglie: gliela stavo portando via con
la mente
e speravo sinceramente che la sua storia con Bella andasse a buon fine,
per
togliermi i sensi di colpa e farmi avanti con Esme.
E poi, il legame che lo
univa a Bella era fortissimo ed io
non potevo non desiderare tutto il bene possibile per loro due,
nonostante
sapessi quanto questo avrebbe fatto soffrire Esme ed Edward, che amavo
come un
figlio.
Ipocrita… Sono solo un
ipocrita…
In fondo, per me, Carlilse
Cullen rimaneva un amico. Forse
l’unico che avesse mai calcato il suolo di Volterra, il solo a capirmi
con uno
sguardo e a comprendere davvero le mie sofferenze. Altro che Aro, che
leggeva
la mia mente…
Per questo mi ero
inventato una scusa con Edward e Alice e
avevo apertamente sfidato ‘il grande capo’, lasciando la città e
andando a
cercare Carlisle, prima che si gettasse da solo nelle fauci del caimano.
Purtroppo per lui,
inaspettatamente, avevo trovato solo Bella
Swan e quel suo profumo estremamente familiare, come se, anche nella
mia mente,
quella ragazzina magra che si era presentata a Volterra dieci anni
prima, fosse
rimasta incisa in ogni suo dettaglio. Avevo organizzato tutto per far
fuggire
Esmeralda, ma l’arrivo inatteso dell’umana aveva rovinato i miei piani:
non
potevo lasciarla nelle mani di Aro e l’unico modo in cui potevo
aiutarla era affidarla
alle cure di Esme. In fondo l’aveva amata come una figlia ed ero certo
che quel
sentimento fosse così profondo, che neanche la gelosia avrebbe potuto
sovrastarlo. Esme era la dolcezza fatta donna, la comprensione in carne
e ossa:
non le avrebbe fatto del male. Ero sicuro di potermi fidare di lei e
lasciarle
la cura di Bella, mentre io cercavo l’uomo che avrebbe potuto
dividerle. O riportare sulla terra le mie fantasie che
stavano prendendo il volo…
Avevo cercato Cullen
ovunque, inventando che avevo urgenza di
andare a caccia, infilandomi nelle strade del paese, viaggiando verso
le più
grandi città limitrofe, diretto agli aeroporti, chiedendo di lui o di Carl Maxwell, nelle liste dei passeggeri
in arrivo da Parigi o da Berlino, dove avrebbe dovuto essere, o da
qualsiasi
altro punto del globo!
Ma di Carlisle, neanche
l’ombra.
Il mio pensiero aveva
continuamente vagato alla buia cella
dove avevo lasciato Esmeralda, senza una spiegazione logica al mio
comportamento, senza un saluto, senza avvertire che stavo per chiuderla
in una
cella con la donna che aveva preso il suo posto nel cuore di Cullen.
Senza
poter evitare di far sparire ogni traccia della sua presenza in città…
Sapevo solo che Esme non
poteva non aver intuito il crimine
di cui mi ero macchiato e mi avrebbe considerato un assassino… ma se
avessi
lasciato in vita la guardia che aveva con sé Bella, se lui avesse
parlato ad
Aro, adesso l’umana sarebbe stata spacciata ed Esmeralda esposta al
pericolo.
Dovevo assolutamente ucciderlo,
portare via
il suo corpo e bruciarlo nell’antica fucina, dove finivano tutti i
condannati
di Aro.
Però adesso Esmeralda sa
che sei
capace di ammazzare con le tue mani un vampiro, complimenti Marcus!
Sospirai e uscii anche
dall’ultimo aeroporto dove avrei
potuto rintracciare Carlisle. Avevo fallito e avevo ucciso.
Ma, in fondo, ero un
assassino nato,
una vita in più o in meno sulla coscienza non mi avrebbe aperto le
porte del
paradiso…
Presi a vagare senza un
motivo tra le strade della città,
nella vana speranza di trovare una persona che forse non era neanche
lì. Il
sole era nuovamente sprofondato oltre l’orizzonte e la notte reclamava
i sogni
degli umani, che rientravano a casa e, lentamente, spegnevano le luci
nelle
loro abitazioni.
Avevo sprecato un giorno
intero a cercare Cullen, in mezzo
alla gente, viaggiando tra città diverse, sperando di non trovarlo, ma
sapendo
che presto lo avrei comunque rivisto. La mia gola iniziava a bruciare
seriamente. Avevo detto che sarei andato a caccia e dovevo
tornare sazio o dal colore miei occhi si sarebbero accorti
che avevo mentito. Erano passate due settimane dall’ultima volta che
avevo
cacciato… o meglio, che avevo bevuto…
Sangue umano, sangue caldo e profumato, sangue a portata di mano.
Solo due settimane… per un
vampiro della
mia età, era un tempo breve: secolo dopo secolo le giornate diventavano
ore e
le settimane giorni; era facile aspettare anche un mese prima di bere
e, quando
avveniva, era sempre una carneficina perpetrata nella sala Rossa del
Palazzo,
dove Heidi conduceva le comitive di turisti.
Solo due settimane… eppure
erano successe
così tante cose, che io… mi sentivo un altro uomo.
Merito di Esmeralda?
Merito di Alice ed Edward o forse solo
del caso, che stava facendo convogliare tutte le più forti potenze a
Volterra?
Avevo bisogno di bere, uno
stramaledetto bisogno di affondare
i denti in un collo morbido e di succhiare, succhiare…
Ma lei lo troverebbe
disgustoso…
Mi allontanai dalla città,
spingendomi ai bordi boscosi, dove
le case coloniche dormivano, rischiarate dalla luce della luna che
filtrava
dalla bianca coltre di nubi. Era molto freddo, ma sui tetti di cotto e
ardesia
della città, ancora non era scesa la neve, diversamente da quello che
era
avvenuto a casa.
Casa… cos’è che chiamo
‘casa’? Una
prigione d’oro in cui sono costretto da secoli, perso nella mia
solitudine,
illuso che ancora qualcosa possa cambiare, ma troppo codardo per
prendere la
spada e contribuire a questo cambiamento.
Iniziavo a vaneggiare, se
non mi fossi allontanato al più
presto dagli umani, sarei caduto in tentazione e ne avrei ucciso uno,
forse
due. Probabilmente tre…
Iniziai a correre,
saltando le recinzioni delle ville e delle
coloniche, cercando una preda, qualcosa che si muovesse su quattro
zampe e che
non parlasse, un animale qualsiasi… qualcosa senza anima.
Uccisi due cavalli, presi
da un maneggio quasi incustodito e
un cinghiale che si era spinto troppo vicino all’abitato, ma la sete
rimaneva
ardente… Come avevo potuto pensare che un misero agnellino sarebbe
potuto
essere sufficiente per Esme? Sicuramente aveva sofferto molto per la
fame, i
suoi occhi infossati e le occhiaie scure parlavano per lei, eppure,
nonostante
ciò, lei era… bellissima…
L suo sguardo fiero e le
labbra rosa,
la pelle di seta e il profumo paradisiaco… il suo corpo, così
femminile, così
morbido, così…
Senza un motivo, nella mia
mente si formarono le immagini di
Esme assieme a Carlisle Cullen: i suoi sguardi dolci solo per
lui, le sue labbra rosa sorridenti per lui, gli
occhi brillanti posati su di lui.
E poi baci, carezze,
gemiti, l’espressione di godimento sul
volto perfetto di Esme e…
-Ah, deficiente di un
Cullen, dove sei?-, imprecai al cielo,
tornando rapidamente in me e correndo verso la città: avevo deciso di
portare a
termine il mio piano e far fuggire Esme da quella maledettissima cella,
darle
da bere a sufficienza, per metterla in forze e nasconderla in un luogo
sicuro,
assieme alla loro umana.
Ai miei sentimenti ci
avrei pensato in un altro momento.
Dovevo rimanere lucido per proteggere i miei compagni, sostenere i miei
ideali
e vincere. Contro Aro, contro Caius, contro i Romeni e contro chiunque
avesse osato
portare ancora dolore e acredine nel mio mondo.
Dopo me ne sarei andato.
Per sempre.
Non potevo pensare ad Esme
in quel
momento…
Corsi più veloce che mai a
fianco della Via Volterrana, che
si snodava con le sue curve morbide nella campagna toscana. Mi fermai
solo
quando raggiunsi la collina che, oltrepassata, mi avrebbe precluso la
vista
della conca dove Firenze dormiva. Continuavo a sperare che il mio
vecchio amico
non avesse preso la decisione di raggiungere Isabella a Volterra, ma in
cuor
mio sapevo che io sarei stato il primo a buttarmi nelle fauci del leone
pur di
salvare la donna che amavo.
E mentre la città si
svegliava, un aereo che atterrava in
lontananza rifletté sulla sua carlinga argentata i raggi freddi e
timidi del primo
sole.
Mi voltai e ripresi a
correre.
Carlisle Cullen si sarebbe
dovuto arrangiare da solo: era
forte a sufficienza da sopravvivere ad un attacco. Forse nessuno lo
sapeva, ma
io che l’avevo visto combattere secoli prima contro i Romeni, sapevo
cosa era
in grado di fare quel vampiro dall’aria mite e dai modi di altri
tempi...
Io ci ho provato, Carl…
adesso tocca
a te tirare fuori le unghie e mostrare al mondo le tue capacità…
***
***
Adesso sì che ero nei
guai. Correvo veloce per tornare alla
Cantina, dovevo parlare con Alice, assolutamente, o ancor meglio con
Marcus: avevo
bisogno di un consiglio su come comportarmi… sempre che la richiesta di
Aro
avesse un fondamento di verità. I loro
cellulari erano muti, quindi dovevano essere ancora lì, dentro quei
muri spessi
dove non arrivava il segnale.
“Segui Marcus e scopri
dove è stata nascosta Isabella Swan.
Trovala e portala da me”: e con queste parole Aro si era guadagnato la
mia
riverenza e tutto l’odio che potevo riservargli!
Trovala e portala da me!
Fosse stato per me, avrei
ubbidito ad occhi chiusi! In fondo
quell’umana io la odiavo… Lei era la causa di quel che era accaduto ai
Cullen,
lei aveva tradito Edward e lo aveva fatto soffrire, lei aveva rubato
l’amore
della sua vita ad Esme… Sempre e solo lei! E ancora quel tonno di
Edward le
andava dietro, ancora la desiderava, ancora piangeva per lei! La
gelosia che
aveva sviluppato avrebbe portato alla rovina quella famiglia, la
famiglia in
cui io…
-Accidenti alle idee che
mi hai ficcato in testa, Alice!-,
imprecai da sola, quando, dopo aver bussato per la terza volta, trovai
la
Cantina vuota.
Nessuno: restavo sola a
dover sbrogliare la matassa, e che matassa…
A quanto avevo capito,
Sulpicia era morta, Athenodora era
scappata con Caius e Aro restava il padrone incontrollato delle vite
altrui.
Evidentemente, prima di andarsene,
Sulpicia aveva confidato ad Aro quello che lui voleva sapere riguardo
alla
prigioniera: quella volpe dell’arpista l’aveva nascosta nell’unico
posto al
quale Aro era decisamente ‘allergico’ e quindi toccava a noi, suoi
galoppini,
portargli il giocattolo nuovo a domicilio.
E io, ovviamente, ero da
sempre la sua galoppina preferita… Ero l’unica che si
fosse mai ribellata alla
sua volontà, l’unica che avesse sperimentato il proprio potere su di
lui…
Oh, quanto ci avevo
goduto… avevo ancora il ricordo vivo
nella mia testa e nelle mie mani. Lui aveva sofferto, si era ripreso
dal dolore
e dopo mi aveva guardata con ammirazione e lascivia: ‘Brava, Jane’, mi
aveva
detto, ‘Sai come difenderti. Anche da me… hai un grande coraggio e una
bella
faccia tosta. Dovrei punirti e metterti al rogo, ma non avrebbe avuto
senso
salvarti dal rogo… quando eri umana. E poi sarebbe uno spreco… Ad ogni
modo il
messaggio è stato chiaro: io non ti sfiorerò più e tu rimarrai fedele
al mio
comando, usando il tuo potere su chi ti dirò io, ogni volta che te lo
dirò,
ogni volta che mi andrà. Se non mi ubbidirai potrai scegliere me o le
fiamme. E
se intanto cambiassi idea… non se ne trovano tante di vampire così
fresche e
giovani come te: saprei ricompensarti…’
Dovevo immaginarlo subito
che una ‘fresca e giovane’ umana
con la capacità di resistere a tutti i nostri poteri non poteva non
entrare
nelle sue mire! Ma non pensavo che
l’avrebbe fatto davvero…
Maledizione… quella sciocca umana… la
tentazione
di consegnarla al suo carnefice era forte…
E poi, se Bella Swan fosse
sparita, quante cose si sarebbero
sistemate! Edward si sarebbe finalmente messo l’anima in pace e la sua
gelosia
sarebbe andata affievolendosi, facendolo riavvicinare al padre, Esme
avrebbe
potuto ritrovare suo marito, lo scopo comune sarebbe stato scappare da
Aro e
ricostruire la loro unione, invece…
Maledizione a chi mi ha
fatto capire
che possiedo una coscienza…
Mi arrampicai su ogni
pietra intagliata, su ogni architrave,
sotto ogni galleria, ma di Bella Swan, nelle rovine romane di Volterra,
non
c’era traccia, tantomeno di Marcus. Evidentemente il buon vecchio
Marcus ci
nascondeva qualcosa…
Ero ad un vicolo cieco.
Se non avessi ubbidito al
suo comando, come avrebbe reagito
Aro? Sarebbe stato un fallimento… il mio primo fallimento in più di tre
secoli
di servitù alla casata di Volterra.
‘Se
non mi ubbidirai potrei scegliere me o le
fiamme’
Riflettei sulle mie azioni
e sulle decisioni che avevo preso
prima di mettermi a cercare la Swan: era un fallimento… oppure stavo disubbidendo?
L’idea mi solleticò la
mente: in fondo stavo ‘tradendo’ Aro
già da anni, da quando mi ero legata ai Rossi e avevo maturato
l’intenzione di
dare anima e corpo per sconfiggerlo del tutto… ma finché non fosse
accaduto,
lui era e rimaneva il mio capo. Colui la
cui minaccia pendeva sulla mia testa da sempre…
Dovevo assolutamente
parlarne a Marcus o Alice: dove diavolo
si erano cacciati?
Decisi di andare alla casa
del mio ‘mentore’ e, se non li
avessi trovati là, di provare da Esme… qualcosa nella mia testa mi
diceva che
Marcus passava molto tempo con lei… troppo
tempo, forse…
E se Bella Swan fosse
stata uccisa, se Cullen fosse tornato
da Esme, come l’avrebbe presa Marcus? Non mi era sfuggita l’espressione
a metà
tra l’estasiato e l’imbambolato che assumeva in sua compagnia…
-Ho già i miei problemi di
cuore, al diavolo quelli degli
altri!-, borbottai tra me e me, lasciando alle mie spalle il teatro
Romano e
rientrando verso il Palazzo.
Come avevo temuto, la casa
di Marcus era vuota. Nell’aria
aleggiava ancora il profumo di Alice, misto a quello di Edward, ma di
Marcus
nessuna traccia. Per colpa di Aro avevo disertato l’ultimo allenamento
prima
della battaglia: tutti gli altri dovevano essere già scesi al fiume,
dove, nel
bacino di allagamento ancora vuoto, avevano deciso di affinare le
tecniche di
guerra. Probabilmente erano andati via da un pezzo e avevano già
iniziato a
prepararsi. Immaginai Felix ancora alle prese con l’insistenza e le
attenzioni
profuse da Edward nell’impartirgli insegnamenti che gli sarebbero stati
‘vitali’… ma Felix aveva sempre combattuto, da secoli prima che Edward
arrivasse tra noi e aveva sempre sconfitto guerrieri piccoli e grandi
che avevano
intrecciato la sua strada: cosa sperava di insegnargli, ancora, Edward,
che lui
non sapesse già?
Tutto il suo accanimento
mi aveva angosciata, lasciandomi
attaccata addosso una patina di incertezza e di preoccupazione… sapeva
forse
qualcosa che io non sapevo? Se mi avevano tenuto nascosto qualcosa
sulla sorte
di Felix io…
Ingoiando un’imprecazione,
decisi di raggiungerli e lasciar
perdere la richiesta di Aro, quando scorsi un biglietto attaccato alla
porta,
nella parte interna, scritto dalla mano elegante di Alice.
Speed
Fiumi
di Porpora (fra)
Salvate
il soldato Ryan
L’ultimo
Bacio (ita)
Dal
tramonto all’alba
Una lista di film,
all’apparenza: chiari messaggi in codice
che stavano ad indicare che era tardi e i Rossi si erano già riuniti al
fiume,
prima della battaglia. Non ci sarebbe più stato tempo per saluti o
incertezze:
quella notte avrebbe segnato le nostre vite.
Per sempre.
Fui assalita di nuovo da
una cupa ondata di magone che mi
portò a sperare che tutto potesse iniziare e finire in un attimo e che
nessuno
di noi avrebbe dovuto soffrire. Avrei tanto voluto poter parlare a
Felix e
dirgli finalmente quello che provavo, ringraziare Alice e anche Edward,
per
l’amicizia che eravamo riusciti a costruire, abbracciare ancora una
volta Esme,
che aveva illuminato con la sua dolce luce gli ultimi giorni.
Ma forse non avevo più
tempo…
E se Marcus fosse andato
proprio da
lei, per un ultimo saluto prima di metterla in salvo e combattere?
Mi chiusi alle spalle la
porta della sua abitazione e corsi
verso le segrete: se mi era rimasta almeno una briciola di fortuna,
forse avrei
potuto trovare Marcus proprio da Esme.
Corsi più veloce che mai
verso le prigioni, pregando in cuor
mio di trovarlo là con buone notizie per tutti noi.
Aprii senza grazia la
porta delle carceri, seminascosta dalla
boscaglia cresciuta in secoli di incuria e camminai rapidamente lungo
il
corridoio stretto e buio. Arrivai davanti alla porta e infilai nella
toppa la
chiave di scorta che mi aveva dato Alice qualche giorno prima.
Dalle fessure tra la porta
e la pietra proveniva un profumo
fortissimo, tanto dolce, quanto pungente. Udii Esme che parlava
rapidamente e a
bassa voce a qualcuno, rumore di mobili spostati in fretta e furia, poi
il
silenzio.
Aprii lentamente la porta
che cigolò in maniera sinistra,
procurandomi un brivido lungo la schiena e guardai nella cella,
illuminata
dalla debole luce che entrava dalla feritoia.
La prima cosa che sentii,
oltre a quel profumo amplificato e
violento, fu il battito di un cuore terrorizzato.
Fu più forte di me e urlai.
-Esme! Che sta succedendo
qua?-
***
***
Era accaduto tutto
all’improvviso: Esme mi stava
abbracciando, mi aveva appena detto una cosa… bellissima ed io ero
volata con
la testa altrove, insieme al mio amore, con tutta la famiglia e…
insomma, era
accaduto tutto così rapidamente che neanche avevo sentito la porta
aprirsi.
D’un tratto Esme mi aveva
allontanata da sé, parandomi col
suo corpo e spingendomi verso la parete, facendomi sbattere contro una
poltrona
che cadde a terra con un tonfo. Compresi che stava cercando di proteggermi, quando vidi la porta aprirsi e
sentii chiaramente il mio cuore perdere un battito.
-Esme! Che sta succedendo
qua?-
Quando vidi chi aveva
urlato, per poco le mie gambe non
cedettero, il mio cuore perse un altro colpo. Ecco chi aveva
imprigionato Esme
in quella brutta cella…
Può la paura uccidere? Sì,
se la
paura assume l’aspetto di una ragazzina bionda e apparentemente
innocente…
Istintivamente mi
rannicchiai dietro Esme: non ero pronta a
quello, non ero pronta a lei… non
potevo pensare che… I ricordi mi travolsero come poche altre volte mi
era
accaduto da quando avevo riacquistato la memoria: nitida come se fosse
stata la
sequenza di un film appena visto, tornò alla mia mente la scena vissuta
proprio
in quel palazzo dieci anni prima e, con essa, tornò prepotente il
terrore, lo
sgomento, la sensazione della fine.
Rividi la biondina
strizzare leggermente gli occhi e subito
dopo Edward, il mio Edward, piegarsi
dal dolore inflittogli da quella strega, ricordai le sue urla
soffocate, i
tendini del collo tesi per gli spasmi e il suo sforzo per non urlare,
per non
darla vinta a lei, ad Aro, per non spaventare me…
La bionda mi guardò torva,
poi rivolse lo sguardo alla sua
prigioniera, strizzando appena i suoi occhi arancioni…
-No!-, urlai e, senza
averne coscienza, sorpassai Esme,
incurante della paura che mi aveva spinta a nascondermi dietro a lei e
mi
scagliai contro la piccola vampira, per fare da scudo contro il suo
potere
maligno, prima che colpisse la dolce Esme. La strega ci fissava con i
suoi
occhi color mandarino, ma la loro espressione… poteva non apparire
perfida,
piuttosto confusa, ma io lo sapevo quello di cui era capace…
-Non farai del male anche
a lei!-, ruggii rimanendo davanti
ad Esme. Invece di attaccare, la vampira alzò le sopracciglia, sorpresa
e fece
un passo indietro, prendendo a squadrarmi come se fossi stato in pezzo
in un
museo, annusando il mio odore nell’aria e iniziando a ghignare.
-Bella Swan…! Così,
finalmente, ti vedo vestita…-, disse con quella vocetta stridula che
era
rimasta marchiata a fuoco nella mia memoria, provocandomi un brivido di
terrore. Ignorai le sue parole e, con un braccio, spinsi Esme più
indietro.
Se mi fossi voltata in
quel momento, se avessi intuito
qualcosa, avrei visto dipinta sul volto di colei che avevo considerato
come una
madre la stessa espressione stupita della piccola vipera davanti a noi.
Invece
sentii solo il tocco gentile della sua mano sulla mia spalle e la vidi
scansarmi, per mettersi tra me e la bionda.
Si avvicinò a lei e pose
sulla sua spalla l’altra mano:
-Bella, lei è Jane-, disse in un sorriso, -Jane, lei è Bella e ha
urgente
bisogno di qualcosa da mettere sotto ai denti-
-Che cosa?-
Lo urlammo in
contemporanea: la piccola strega ed io. Usammo
lo stesso tono, mostrammo la stessa espressione sconvolta, reagimmo
allo stesso
modo.
Un istante dopo iniziammo
a parlare entrambe sovrapponendoci,
concitatamente, all’indirizzo di Esme.
-Che ci fa lei qua?-
-E’ pericoloso!-
-Non puoi fidarti di lei!-
-Deve andarsene!-
-Lei… ti nasconde chi è
veramente, Esme!-
Ci guardammo seccate e
piccate, come due bambine che stanno
bisticciando: Esme guardò noi e sorrise.
-So chi è Jane e cosa ha
fatto. Ma tu sai perché lo ha fatto,
Bella? E tu, signorina, che ci fai ancora
qua? Bella ha fame e lei… deve mangiare…-,
abbassò lo sguardo per un istante e un’espressione dolce si dipinse sul
suo
viso. Contemporaneamente portò una mano alla sua pancia, quasi in un
gesto
istintivo e subito dopo la spostò. Si avvicinò alla piccola strega e
posò le
mani sulle sue spalle. Iniziarono a parlare tra loro, in quella maniera
tipica
dei vampiri, che precludeva ai miseri mortali di comprendere i loro
discorsi.
-Oh!-, fu l’unica
esclamazione di Jane, immaginai causata da
quale scoperta.
Esme la guardava
tranquilla e nei suoi occhi potevo scorgere
lo stesso affetto che riservava a tutti i suoi figli; le fece una
carezza sulla
testa e Jane si voltò, uscendo dalla cella e lasciandoci le chiavi.
Lasciandoci le chiavi!
-Non è una ragazza
cattiva, Bella… Jane paga per le scelte di
altri ed è condannata a portare sulle sue spalle la nomea di ‘perfida
strega’,
ma ha un cuore d’oro… Puoi credermi?-, i suoi occhi dorati, dalla
leggera
sfumatura ambrata, scavarono nella mia coscienza, sgretolando un
granello alla
volta la scorza di pregiudizio che mi ero costruita attorno alla figura
della
‘Malefica Biondina’.
Deglutii e un gorgoglio
imbarazzante provenne dal mio stomaco
vuoto.
-No. Esme, perdonami, ma
non riesco a crederti. Però ho
fiducia in te e se dici che ora lei
non ci farà niente e ci aiuterà, ti darò ascolto-, mi avvicinai a lei e
sfilai
dalle sue mani il mazzo di chiavi tra cui c’era quella della cella:
-Scappiamo?-, domandai, sorridendo furbescamente.
Esme scosse la testa,
sconsolata: -No, Bella, non scapperemo,
perché ci catturerebbero subito. Il tuo odore è fortissimo… Aro ti
cerca, Jane
mi ha detto che Aro… Aro ti vuole e
ti troverà. Non gli permetterò di farti del male e non permetterò a te
di
buttarti ad occhi chiusi nella bocca del mostro. Aspettiamo che torni
Jane…-,
prese la mia mano e la strinse tra le sue.
-Ti prego…-, sussurrò e
posò il volto sul mio palmo,
chiudendo i suoi occhi d’oro.
***
***
Per fortuna ero arrivato
in tempo, altrimenti Jane avrebbe
avuto seri problemi a giustificare quel sacco di cibo che trasportava
furtivamente nella boscaglia.
Avevo corso a perdifiato
fino a Volterra, cercando di
dimenticare le immagini che mi avevano percorso la mente come meteore
infuocate
e ripetendomi che non potevo fare di più per aiutare i Cullen e
Carlisle,
finché non avevo dovuto per forza rallentare il mio ritmo: c’era
qualcosa di
strano nell’aria ed era l’odore diffuso eppure pungente di un grande
gruppo di
vampiri che si erano accampati a nord-est della città. Mi ero
intrufolato tra i
boschi e avevo potuto vedere il potenziale bellico della piccola armata
radunata per distruggere quello per cui avevo vissuto da secoli.
Avevano armi
con sé e non potevano di certo essere armi normali, perché i Romeni
erano
pazzi, ma non idioti…
C’era una sola lega capace
di rivestire una certa importanza
in una guerra tra vampiri e non era più stata utilizzata dalle guerre
del
cinquecento in Germania: denti di neonato e solfato d’argento, tanto
disgustosa
da creare, quanto efficace nell’uccidere un vampiro ferendolo e
avvelenandolo.
Così come il mercurio era letale per l’uomo se entrava in circolo nel
sangue o
veniva inalato, così l’argento inoculato tramite le ferite provocate
dai denti
presso-fusi poteva distruggere dall’interno la materia di cui sono
fatti i
vampiri.
Portavo una cicatrice da
allora, lunga e sottile, che segnava
il mio petto trasversalmente: solo le cure di Dydime, il suo sangue e
le sue
lacrime mi avevano salvato. Forse era stata proprio quella cura a base
d’amore
a rafforzare il mio potere e renderlo capace di scavare oltre ‘i
bagliori’ e
‘le luci’ che aveva visto anche Jane: da allora avevo scoperto tante
verità sui
vampiri, sul fatto che ci è concesso di piangere, alle volte e di
dormire, in
condizioni particolari. Più la morte è vicina, più torniamo come essere
umani.
Più siamo vulnerabili, nel corpo e nello spirito, più riusciamo a
cementare i
legami con gli altri, donando parte di noi e vivendo negli altri.
Dydime era
sempre dentro di me, come le gocce del suo sangue non si sarebbero mai
staccate
dalle mie cellule, come quello che mi aveva trasmesso col suo gesto non
sarebbe
mai stato lavato da diecimila lacrime e gocce di pioggia.
Avevo sfiorato con la mano
la cicatrice ed ero rabbrividito,
quando dalla postazione dei romeni si era levato un clangore causato
dalle
spade brandite e fatte cozzare tra loro, per prova.
Avevo udito un urlo, visto
un corpo cadere e il sangue spillare:
prove di morte, prove di esecuzioni che, prima o poi, avrebbero colpito
anche
qualcuno dei nostri, me lo sentivo.
Ero rimasto sconvolto da
quella visione: se non fossimo
riusciti a procurarci armi simili, saremmo stati spacciati…
Avevo deciso di
allontanarmi subito dalla zona limitrofa al
battaglione che incedeva lento e pulsante verso la città per non
sperimentare ancora
sulla mia persona il potenziale di quelle malefiche armi ed ero corso
verso le
segrete.
Ero un folle, ma,
nonostante le mie promesse di lasciar
perdere quello che mi sentivo nel petto, avevo bisogno di controllare
come
stesse Esmeralda. Forse non era amore
–ma avrei potuto prendere in giro tutti, tranne il sottoscritto-, ma
provavo
nei confronti di quella donna un grande affetto, sentivo in me la
necessità di
proteggerla a qualunque costo.
Per questo mi ero avviato
a passo sostenuto verso la parte
più bassa del Palazzo, passando vicino alle casette basse dove
alloggiavano le
Guardie e i collaboratori più stretti di Aro, Caius ed io. Proprio lì
avevo
udito un’animata discussione tra Jane, munita di un sacchetto pieno di
roba
maleodorante, e suo fratello Alec.
-Che ci fai nella casa di
Gianna?-, aveva tuonato lui,
rivolgendosi alla sorella, letteralmente colta con le dita nella
marmellata.
L’avevo vista in difficoltà, guardarsi a destra e sinistra per trovare
una via
di fuga, mentre continuava a tenere stretto il sacchetto.
-Come hai fatto a
riprenderti così velocemente?-, aveva
sibilato lei, affilando lo sguardo e tenendosi pronta a colpirlo di
nuovo.
-Cosa c’è? Sei forse
preoccupata per me, stupida papera?-, Jane aveva
soppresso un ringhio
appena sbocciato nel suo petto e aveva deglutito un fiotto di veleno.
-Affatto-, aveva risposto,
-Solo meravigliata che Edward si
sia limitato a picchiarti, quando avrebbe potuto vendicarsi per tutto
quello
che hai fatto passare ad Alice, rendendoti… incapace
di violentarla ancora-, nelle sue parole c’era tutto il disprezzo per
le scelte
di vita fatte dal fratello, tutto l’astio taciuto e il disgusto per la
sua
persona.
-Fammi passare-, aveva poi
aggiunto, colpendo con la sua
spalla quella di Alec.
-Ehi, calma papera! Dove
vai di bello con la borsa della
spesa?-, le aveva domandato indicando quello che Jane teneva in mano.
L’avevo vista indugiare,
per un attimo e poi riprendere il
suo solito piglio sicuro si sé: -Aro mi ha chiesto di liberare la casa
di
Gianna-, aveva risposto e aveva iniziato ad allontanarsi.
-Dalla a me, la butto via
io-, Alec aveva fermato la sorella
afferrandola per un polso.
-Lasciami, Alec-, con uno
strattone, la ragazza si era
liberata dalla presa e aveva ripreso a camminare.
Perché Jane aveva quella
roba in mano? Erano senza dubbio i
dolciumi che Gianna teneva a casa e che spesso, quando ci ritrovavamo
alla
Cantina o quando pensava di non esser vista a lavoro, gustava come se
fossero
delle reali prelibatezze. Diceva sempre: ‘Quando sarò una vampira,
rimpiangerò
queste squisitezze al cioccolato’ e ogni volta provava a farle
assaggiare a
qualcuna delle ragazze. Se le mangiava quando aveva fame e se si
sentiva
debole. Diceva che la rimettevano in forze e le davano l’allegria.
Jane le rispondeva sempre
che a lei dava allegria ‘un bella
ragazzina dal collo tenero e fragrante’ e Gianna fingeva di
rabbrividire.
Povera Gianna… non se lo
meritava,
non lo voleva davvero… non se lo sarebbe mai perdonato…
Mi sforzai di restare
lucido, nonostante la gravità di ogni
singola cosa che incontrassi mi mandava in tilt il cervello. Perché
Jane aveva
con sé i dolci di Gianna?
In quel momento c’era
un’unica persona in tutta Volterra, in
qualche modo connessa a noi vampiri, che poteva aver bisogno di
rimettersi in
forze: la prigioniera che avevo rinchiuso con Esme, Isabella
Swan…
In qualche modo Jane
doveva aver scoperto la Swan e aveva
deciso di portarle quella roba, non avrebbe potuto essere altrimenti…
Ma se lei
stava dirigendosi da Esme, Alec la avrebbe seguita, ne ero certo.
Alec non doveva
assolutamente scoprire il loro nascondiglio,
per questo ero intervenuto mostrandomi ai due.
-L’hai presa tu?-, avevo
detto alla ragazza, come se fossimo
entrambi a conoscenza di un comando proveniente da Aro. Avevo
volutamente
evitato di salutare Alec: sapeva che non avevo mai approvato il posto
che si
era conquistato sotto Caius e, visto tutto quello che aveva fatto
passare ad
Alice, avevo voluto infierire su di lui.
-Cosa farai, Alec, ora che
Caius se n’è andato?-, gli avevo
domandato pregustando la sua espressione di sconcerto. Lui mi aveva
guardato,
per niente irritato dal mio tono.
-Continuerò a fare quello
che facevo prima, dal momento che
Aro in persona mi ha voluto al suo fianco. Sai, Marcus, non si fida più
di
Renata…-, aveva insinuato, lasciando me,
sconcertato. Era la verità?
-Comunque, cara la mia
piccola papera, attaccami pure quando
vuoi: mi rimetterò subito in forze come un umano con quello stupido
cioccolato,
perché io sono abituato alle tue torture e perché Caius mi ha fatto
scoprire il
potere del sangue della mia cantante, prima di andarsene.-
Aveva fissato Jane
gongolante: -Oh, dimenticavo! Tu non hai
mai incontrato una cantante! Un vero peccato che non esista nessuno al
mondo in
grado di aiutarti... Sai, bere quel sangue è davvero un toccasana
contro le
punture dei parassiti…-, l’aveva
guardata con disprezzo ed era andato via.
Avevo atteso qualche
istante, assicurandomi che quel viscido
ragazzo fosse lontano, e avevo rivolto lo sguardo a Jane: era basita.
-La sua… cantante?-, aveva
sussurrato, sconvolta. Aro
conservava dei campioni di sangue di tutti gli umani speciali che si
erano
imbattuti sul cammino degli appartenenti alla sua Guardia. Aveva il
sangue di
Dydime e quello di Athenodora, quello di Heidi e anche quello di Afton,
prima
che Chelsea lo scegliesse per sé. Evidentemente anche Caius condivideva
o
stesso hobby di mio cognato e aveva la sua piccola collezione privata,
perché
dubitavo seriamente che Aro in persona avrebbe scelto di sacrificare
dei
campioni di preziosissimo sangue per uno come Alec. Inoltre non avevo
mai
saputo che anche Alec avesse incontrato una cantante, nella sua vita e
neanche
sua sorella, a giudicare dal suo stupore.
-Il sangue di una cantante
può fare… questo?-, aveva domandato
timidamente la ragazza.
-Sì-, le risposi,
rivelandole la verità che con il suo amore
Dydime mi aveva svelato, -Ma anche quello di un vampiro particolarmente
affine può aiutare in caso di ferite
particolarmente gravi o di incidenti di altra natura. Non è il sangue
in sé, a
curarci, ma il fatto che provenga da qualcuno cui siamo legati. Che sia
amore,
che sia attrazione, che sia… ‘parentela’. Aro stesso si è salvato dalla
morte,
quando combattemmo in Romania, due secoli fa, grazie ad una cosa del
genere.
Anche io…-, avevo confessato, ricordando ancora come mia moglie si era
presa
cura di me, per ben due volte: durante la battaglia e quando ero stato
ferito
da uno squilibrato, in un attentato ai Signori di Volterra.
-Con gli umani… è più
facile, nel senso che possiamo bere il
loro sangue senza problemi-, avevo spiegato, -Mentre tra vampiri… le
ferite
inflitte al ‘donatore’, venendo in contatto con il vampiro offeso,
tendono ad
impiegare più tempo per risarcirsi… un po’ come è accaduto a te, quando
hai aiutato
Edward, ricordi?-, le avevo chiesto e lei, se avesse potuto, sarebbe
arrossita.
Avevo forse insinuato che
tra lei ed Edward ci fosse un
qualche legame speciale?
Sì, lo avevo fatto, ne ero
convinto ed era l’ora che anche
loro due se ne rendessero conto. Non avrebbe fatto male alla ragazza
scoprire
che c’era qualcun altro, oltre ad Alec, che avrebbe potuto assicurarle
un po’
di affetto.
E poi, io, grazie al mio
potere, sapevo…
Interruppi i viaggi
mentali di Jane e la riportai alla nostra
tragica situazione: mancava davvero poco all’inizio della festa e Alice
aveva
predetto che la battaglia sarebbe divampata poco più di un’ora dopo.
-Questo cibo è per Bella
Swan?-, le avevo chiesto, sapendo
che potevo fidarmi e intuendo che sapesse già tutto: aveva addosso a sé
l’intenso
e dolcissimo profumo di Esme, dunque era stata da lei e aveva visto
l’umana.
-Queste immonde
schifezze sono per Bella Swan, sì: Esme mi ha pregata di portarle
da
mangiare, visto che lei…-, si era azzittita e aveva abbassato il viso
imbarazzata.
-Visto che lei…?-
-Senti, Marcus… Esme è una
donna splendida, coraggiosa e
forte… ma non so se sarà davvero così forte come vuole apparire. Ho
paura che
tutta questa situazione la porti a compiere gesti di cui potrebbe
pentirsi e,
nonostante non credo che piangerei sulla tomba di Bella Swan, forse è
il caso
che qualcuno intervenga e allontani quelle due prima che accada
qualcosa di
brutto…-, non stavo capendo a cosa
alludesse Jane e la mia espressione confusa e preoccupata l’aveva
spinta ad andare
avanti.
-Bella Swan è incinta ed
Esme si preoccupa che il suo digiuno
forzato possa nuocere al bambino-, mi aveva preso per entrambe le
braccia,
attirando totalmente tutta la mia attenzione su di sé: -Bella Swan è
incinta di
Carlisle Cullen ed Esme lo sa-, aveva detto tutto d’un fiato, poi,
prima che
potessi fermarla, era corsa via, dicendo solo: ‘Vado a portare questa
roba
all’umana e ad informare Alice. Accendi il tuo cellulare, per Dio,
Marcus!’
La seguii a distanza,
senza pensarci due volte: il messaggio
di Alec era stato chiaro e Jane era una potenziale vittima della sua
sconfinata
boria.
Aro si era rivolto a lui e
al suo potere, prendendolo sotto
la sua ala protettrice. Questo avrebbe significato soltanto altro
dolore per
tutti coloro che fossero passati contro di lui.
Dovevo assolutamente
avvertire Edward del pericolo cui andava
incontro: ero certo che le prime vittima dello strapotere di Alec
sarebbero
stati lui ed Alice, perché era chiaro che Alec non l’avrebbe lasciata
andar via
così facilmente. Caius era stato ripreso da Aro per l’atteggiamento
licenzioso
del suo protetto, ma dal momento che se l’era data a gambe, dopo gli
ultimi
avvenimenti, chi avrebbe controllato il controllore di Alec?
Qualcosa mi diceva che
Aro, in fondo, approvava il comportamento
meschino e viscido del ragazzo, anzi, lo invidiava. E quel che Aro
invidiava,
Aro lo otteneva…
Avrei dovuto raggiungere i
ragazzi da ore, ma ritardai
ancora, assicurandomi che Jane potesse portare a termine il suo compito
senza
pericolo. Guardai distrattamente l’orologio: la caccia mi aveva fatto
perdere
la cognizione del tempo, così come la necessità che sentivo crescere
dentro di
me di assicurare ad Esmeralda, ad Alice e anche all’umana, che il loro
amato
Carlisle stava bene, possibilmente a migliaia di chilometri
dall’epicentro
dello scontro più importante del mondo dei vampiri che si fosse visto
da secoli
e secoli.
Ma ero sicuro di ciò? Ero
sicuro che
Cullen non avrebbe agito come me, buttandosi nella battaglia alla
ricerca della
sua Bella?
I ragazzi avrebbero atteso
qualche altro minuto: Demetri
sapeva cosa fare, anche in mia assenza e Felix gli sarebbe stato
d’aiuto, ma
cosa avrebbero pensato Edward ed Alice? Forse avrebbero creduto che
fossi un
codardo, pronto a scappare piuttosto che a rischiare la vita per una
sciocca
vendetta.
Sperai che i miei compagni
fossero ancora al fiume e, una
volta vista Jane entrare senza ostacoli nelle segrete, mi diressi verso
il
luogo concordato per gli ultimi allenamenti e la caccia.
Edward era consapevole che
molti dei suoi non avrebbero
seguito la sua dieta e avrebbero fatto scorta di energie attaccando
l’uomo, ma,
in quell’occasione, non aveva saputo trovare le parole per dissuaderli
dal
farlo: sapevamo bene entrambi che molti di loro non ce l’avrebbero
fatta,
quelli più deboli, quelle più spaventate, i più pericolosi e per questo
bersagliati dal nemico.
Mi ero accorto della
particolare attenzione che il ragazzo
aveva impiegato nell’allenare Felix ad un combattimento meno istintivo
e più
ragionato. Era come se Edward avesse paura per lui, il più grande e
grosso di
tutti: come se avesse letto nel suo futuro e avesse visto disgrazie.
Non potevo pensare in
negativo in quel momento… non con lo
scontro imminente, Carlisle disperso, Caius fuggito, Aro decisamente
incazzato
e i Romeni alle porte!
Ma c’era qualcosa che mi
turbava sottilmente, forse più di
ogni altra. Negli ultimi giorni, Alice aveva insistito perché tutti
indossassimo delle particolari divise, prima della battaglia; diceva
che
‘l’aveva visto’. Aveva visto anche qualcosa di brutto su di noi, ne ero
certo,
qualcosa di terribile per Carlilse e aveva predetto la scomparsa di
Isabella
Swan: ma la Swan era a Volterra e Alice non aveva mai fatto parola di
questo
particolare importantissimo a fini strategici.
Io l’avevo vista, toccata,
annusata: sembrava di avere
accanto Carlisle Cullen, addolcito dall’intenso profumo di sangue umano
che
emanava e da quell’aura tutta speciale che aveva già colpito tutti noi
la prima
volta che era apparsa a Volterra. Eppure io non avevo capito niente,
era stata
Jane a riferirmi la reale condizione della Swan… a dirmi che era
incinta!
Com’era possibile che proprio lei
fosse incinta di Carlisle?
Sapevo segretamente da
dieci anni quello che era accaduto tra
Aro, Isabella e Leonardo, la notte che Edward rinunciò al suo amore.
Avevo
scoperto che la piccola eroina aveva il sangue malato e che era
velenosa per
quelli della nostra specie, ma la stanchezza, la noia, il disinteresse
mi
avevano fatto rimuovere quel dettaglio per tornare a sprofondare nella
mia
inedia.
Ma quando ero venuto a
conoscenza del legame che univa la
donna al mio vecchio amico, non avevo potuto non ricordare quel fatto,
né
evitare di ricollegarlo a ciò che lui aveva fatto a quella ragazza
romena, in
un passato senza tempo.
Bella Swan era come
Helejna Batori, entrambe baciate dall’unico vampiro
che le
avrebbe potute tramutare. Entrambe capaci di generare figli con quelli
della
mia specie, come aveva fatto Helejna, dopo le violenze subite da Aro.
Ma Carlisle mi aveva
confidato un’altra cosa, prima di
abbandonare Volterra, dopo aver salvato la Romena: mi disse che adesso
lei era
in grado di avere figli da Aro e che qualcuno avrebbe dovuto
proteggerla da ciò
che le sarebbe potuto accadere. Non sapeva cosa avrebbe potuto
comportare per
una donna umana portare in grembo il figlio di un vampiro e temeva per
la salute
di colei che aveva salvato e che era prigioniera a Volterra, mentre lui
doveva
andare via, dopo che Aro l’aveva cacciato.
Il nostro capo non aveva
mai accettato il fatto che Carlisle
si fosse legato ad Helejna con il suo potere, divenendo il solo capace
di
disporre della sua vita e rendendola pericolosa per tutti. Aro la
voleva
mordere, succhiare, sfinire, lo sapevo bene, ma da quando lei era stata
salvata, non avrebbe più potuto farlo: gli era stato tolto il giochino
preferito.
Così, prima di andare via,
Carlisle chiese di affidarla a
lui. Caius ed io obiettammo che se se ne fosse innamorato, per la donna
sarebbe
stato lo stesso un pericolo, ma lui spiegò che lui non avrebbe potuto
metterla
in pericolo, perché gli era precluso quel miracolo. Come suo
‘salvatore’ era
semplicemente il solo ad essere totalmente padrone della vita umana
della
donna, da quel momento in poi. Gli altri sarebbero stati per lei tutti
uguali,
umani o vampiri che fossero. Ma io non mi interessai alla sua causa e
l’osservai partire e andare via per sempre dalla mia terra.
Quindi, alla luce di tutto
ciò, com’era possibile che Bella
Swan fosse incinta proprio di Carisle? Occasioni per far avvenire il
miracolo
ne avevano certamente avute e il suo odore così simile a quello del mio
amico
non poteva che darmi la conferma di tutto ciò… ma com’era possibile?
Cos’era
realmente Isabella Swan e come mai Alice non aveva predetto il suo
arrivo?
Tutto ciò era ben chiaro
nella mia mente, anche se avrei
evitato di parlarne a Edward: non avrebbe cambiato la sua situazione,
l’avrebbe
solo fatto rammaricare ancora di più. Avrei dovuto sforzarmi di
nascondere
quella verità in un altro degli innumerevoli cassetti della mia mente,
come
ormai facevo da secoli.
Ma Alice doveva sapere e
capire cosa fosse a turbare le sue
visioni. Il suo potere era indispensabile e dovevo aiutarla ad
utilizzarlo al
meglio.
Presi il mio cellulare,
che Jane mi aveva intimato di accendere
e osservai il display: c’erano decine di chiamate senza risposta, ma
non me ne
curai. Composi il numero di Alice e pregai che almeno lei fosse più
affine alla
tecnologia di quanto non lo fossi io.
-Pronto?-, rispose
immediatamente.
-Alice, devo parlarti: è
importante!-, le dissi e attesi
impaziente di raccontarle tutta la verità su Bella Swan.
***
***
Passarono minuti
interminabili: io seduta sul letto, rigida
come un manico di scopa, Esme seduta vicino a me, che mi carezzava i
capelli,
cercando di sistemarli in qualche modo, il mio stomaco che brontolava,
il
bambino che stava placido e tranquillo.
-Riesci a sentirlo
ancora?-, chiesi ad Esme, interrompendo la
sua vana opera sulla mia testa, indicandomi la pancia e tirando su il
golf di
Carlisle e la maglietta, per scoprirla.
Esme annuì in un sorriso
soddisfatto ed io mi sentii inutile,
dal momento che non riuscivo neanche a sentire il suo piccolo cuore
battere.
-Vorrei tanto sentirlo
anch’io-, mormorai, accigliandomi e
ricoprendo la mia pancia infreddolita, lasciando che Esme vi posasse la
sua
mano.
Iniziò a picchiettare con
estrema delicatezza su di essa con
le dita: non me ne resi conto subito, ma quando i colpetti crebbero di
intensità e sorpassarono la stoffa del maglione, compresi cosa stesse
facendo.
-E’… il suo battito?-,
domandai estasiata e lei sorrise con
gli occhi, confermando la mia supposizione.
Tu-tum, tu-tum, tu-tum…
Tanti piccoli rintocchi
delicati come quelli del suo piccolo
cuore ebbero la forza di farmi rilassare, pur nella tragica e
paradossale
situazione in cui ci trovavamo.
Tu-tum, tu-tum,
tu-tum…
Era il mio bambino che mi
parlava e che mi chiedeva di
volergli bene, di stare calma, di pensare solo alla nostra salute di…
-Bella-, il battito si
interruppe e la voce ansiosa di Esme
spezzò l’incantesimo. Mi voltai verso di lei e scorsi il dubbio sul suo
viso.
-Io… sto facendo mente
locale solo adesso, ma… Bella, come fa
a battergli il cuore? Lui… cos’è? Perché, se è umano, lui…-, sembrava
spaventata, oppure era il sospetto che era fiorito in lei?
Stai insinuando che non
sia figlio di
Carlisle? Lui è suo figlio, suo e soltanto suo, a meno che non mi
abbiano
rapita gli alieni e… e…
-Bella! Calma! Non
agitarti adesso, che anche lui si agita!-,
mi ero rannicchiata sul letto, mettendoci i piedi sopra e spingendomi
verso il
muro.
-Che cosa vuoi insinuare,
Esme?-, sibilai, di rimando,
rimanendo nel mio angioletto e lei abbassò la testa, rassegnata.
-Allora?-, strillai. In
quel momento mi sentivo sola,
completamente abbandonata dalla fiducia di tutti, anche da lei.
Il viso dolce di Esme si
indurì appena, mettendomi paura.
-Tu odori di lui e non
solo perché indossi il suo maglione.
La tua pelle odora di lui, i tuoi capelli odorano di lui, perché lui è dentro di te, perché il bambino è suo, è
carne della sua carne e porta il suo odore e così anche tu porti il suo
odore.
Tu non senti… non puoi capire… ma stare vicina a te adesso per me è…
bellissimo
e atroce, allo stesso tempo, perché è come stare vicina a lui. Il
figlio è suo,
lo so, l’ho letto nei tuoi occhi e lo capisco da questo odore. Solo mi
domando:
lui è un vampiro… tu sei umana… cos’è il tuo bambino?-, si strinse
nelle spalle
e mi accorsi di aver reagito troppo impulsivamente. Le mie paure mi
avevano
condizionata… ancora una volta.
Sbuffai l’aria trattenuta
nei polmoni come un palloncino che
si sgonfia e mi ingobbii nella mia posizione, affondando nel letto.
-Marie dice che è un
bambino normalissimo e in salute. Un
bambino umano…-, spiegai, senza
guardarla negli occhi.
-E… Marie…
sa anche
che il suo papà non è un papà
normalissimo e in salute?-, la
guardai con un grande punto interrogativo dipinto sul viso e la feci
ridere:
–Bella… l’ultima volta che ho visto Carlisle era piuttosto
morto…-, scherzò e mi strappò un sorriso.
L’ultima volta che lo
avevo visto io,
nel suo studio, invece, era tutt’altro che morto…
Mi tirai su e ripresi a
camminare, dandole le spalle: da
quando ero lì era come se non riuscissi a parlare stando ferma, avevo
bisogno
di un diversivo che mi impedisse di mostrare quanto ero agitata e anche
eccitata, dopo quello che era riaffiorato alla mia mente… sicuramente
ero anche
arrossita!
-Forse… il bambino è normale,
perché… quando…-, oh, che vergogna, che vergogna parlare con Esme di quegli argomenti!
-Bella, lo so come si
fanno i bambini…-, mi esortò e le mie
guance presero ancora di più fuoco.
-Insomma… ecco… tu prima
sei svenuta, più o meno… Non accade ai vampiri, no?
Penso che sia a causa mia…
quando lui… mi… sta vicino… sembra
più… umano… insomma, diventa caldo, è strano
e…-, mi stavo incartando… Dovevo trovare quei maledettissimi sinonimi che accorressero in mio aiuto.
-… e?-, mi incitò a
parlare ancora ed io sbottai.
-Oh… insomma, Esme, capisci!-,
la rimbrottai spalancando eloquentemente gli occhi, ma lei non colse…
ed io
capitolai, come una ragazzina che confida alla madre di aver fatto
l’amore con
un uomo per la prima volta. Mi sedetti a terra in mezzo alla stanza in
ombra e
confessai.
-Uffa… ecco,
quandofacciamol’amoreluitornaumanoilsuocuorebatteeluidiventacaldocomemee…-
-Ehi, ehi, ehi, frena!
Vuoi fare concorrenza a noi sulla
parlantina?-, mi sorrise, mi fece una carezza e per un po’ non tornò
più
sull’argomento. Aveva capito.
Esme era così: incapace di
provare rancore o gelosia.
Incapace di odiare e di farsi odiare.
-Bella… permettimi la
domanda... Lui com’è? Com’è da umano?-, mi chiese dopo
una lunga
pausa durante la quale avrei potuto udire cigolare gli ingranaggi della
sua
testa, indecisa se pormi quella domanda oppure no.
Espirai sorridendo,
perdendomi nei ricordi di quegli attimi
di perfezione vissuti con Carl: il suo cuore che batteva, la pelle
morbida e
calda, un rifugio per me, che non mi sarei mai staccata da lui, le
labbra dolci
così tenere da chiedere di essere morse e quegli occhi…
-E’ perfetto…-, le dissi
in un sospiro e la vidi sorridere.
-E’ buffo, sai?-, i suoi
occhi si offuscarono appena, come se
fosse volata lontano da lì.
-Cosa?-, domandai. Si
voltò verso di me, la sua espressione
era imperscrutabile.
-La prima volta che
Carlisle mi parlò di te, quando eri
ancora una ragazzina e ti avevano portata all’ospedale da lui, disse la
stessa
cosa di te. Disse che eri perfetta-, mi sorrise e abbassò gli occhi,
-Ed era
vero: tu sei perfetta, voi due siete perfetti, Bella…-, la sua voce si
incrinò
appena, poco prima di pronunciare il mio nome. Mi sporsi verso di lei,
sfiorando la sua spalla con la punta delle dita, sentendomi ancora una
volta
una ladra. Avrei dovuto consolarla? Rassicurarla?
-Esme…-, inziai, ma lei
tornò a guardarmi e parve felice. Nonostante tutto.
-No-, mi fermò con dolce
autorità, -Dimmi… di che colore ha
gli occhi Carlisle?- e parve vergognarsi della sua richiesta infantile.
-Blu. Sono blu. Come il
cielo quando il sole sta per
tramontare, o l’oceano quando non c’è la tempesta. A volte sono più
chiari, se guarda
verso il sole, a volte sembrano verdi, come quando si sveglia ed è
ancora
assonnato. Sembra un altro uomo quando i suoi occhi hanno il loro vero
colore…-,
mi lasciai trasportare dalla descrizione e la paura di ferirla si fugò
immediatamente,
quando si aprì in bel sorriso.
-Non riesco ad immaginarlo
così-, confessò, -Per me lui può
essere solo un vampiro dagli occhi d’oro... ma vorrei tanto vederlo in
questa
versione ‘morbida e calda’-, scherzò, passandosi la lingua sulle labbra
e mi
abbracciò.
Il suo sforzo era evidente
e gradito, eppure non potei fare a
meno di percepire la sua disperazione nel modo in cui mi strinse a sé.
Una
disperazione che lei avrebbe saputo sconfiggere e sorpassare, perché
era
determinata ad essere felice, in un modo o nell’altro.
-Sarò felice-, mi disse,
scostandosi da me e in quel momento,
per la prima volta, compresi quanto fossimo simili e affini. L’avevo
sempre
vista solo come una madre, per me, ma Esme nascondeva di più: era una
confidente ed un’amica, una guida e un riferimento. Mi lasciò
nell’angolo buio
della cella dove avevo ormai preso fissa dimora e vagò per la stanza,
ascoltando il silenzio della sera crescere attorno a noi.
-Posso?-, mi chiese dopo
un po’, raggiungendomi all’ombra e
abbracciandomi da dietro, come se fosse un amante. La guardai
incuriosita e
subito dopo sentii di nuovo le sue mani tamburellare al ritmo fragile e
magico
del piccolo cuore del mio bambino, mentre una coperta mi teneva al
caldo. Era
facile rilassarmi in quel modo, facile cedere al sonno che mi
intorpidiva la
mente e ai segnali del mio corpo.
Il mio stomaco brontolò e
Esme scosse la testa, emettendo un
breve gemito sconfortato.
Avevo molta fame e sapevo
che dovevo mettere qualcosa sotto ai denti,
assolutamente, a meno di
non privare anche il mio piccolo delle sostanze per restare in vita.
Avrei
tanto voluto avere qualche segnale da lui, sentirlo vivo dentro di me,
ma era
troppo presto: sapevo che prima di sedici, diciotto settimane non avrei
potuto
sentire nulla e a me ne mancavano almeno altre dieci…
In seguito non so quanto
tempo trascorse: forse pochi minuti,
forse ore. Ero troppo stanca per rendermi conto delle variazioni della
luce in
quella cella ed era inverno, il periodo in cui al sole è concesso
andare a
letto presto per non osservare le brutture che avvengono sulla terra…
Io invece
ero nel bel mezzo di quelle brutture, umana, incinta, affamata come un
branco
di leoni e sola, in una città di soli Vampiri.
Una prospettiva che
avrebbe fatto inorridire chiunque. E
quando dal corridoio davanti alla cella provennero nuovamente sinistri
ticchettii di passi, quando udii chiaramente qualcosa avvicinarsi alla
porta di
ferro e sette brevi rintocchi cadenzati, chiunque sarebbe morto dalla
paura.
Invece io mi alzai e
seguii Esme che aprì la porta e fece
entrare la odiosa psicobiondina: quando vidi che teneva in mano un
sacchetto di
plastica, di quelli che ti danno ai supermercati, dal quale in
trasparenza si
vedevano disegnini di biscotti e snack al cioccolato, mi ricredetti e
pensai a
lei come alla mia più cara amica.
-Oh Signore! Esme, questa
qua ha la faccia più famelica di un
vampiro tenuto a digiuno per tre mesi e messo davanti ad una gita
scolastica di
novizie!-, alzò il sacchetto, perché non lo prendessi e, con aria
disgustata,
mi apostrofò: -Fai paura Isabella Swan: dovresti vederti e ti
spaventeresti da
sola! Credimi!-
Poi lasciò letteralmente
cadere a terra, svuotandolo con aria
di sufficienza, il contenuto del sacchetto: c’erano due pacchetti di
wafer
aperti, dai gusti diversi, delle barrette ai cereali e miele, delle
crostatine
alla marmellata e svariati tipi di snack al mou o cioccolato; dei
biscotti
bicolori, alcuni crackers e dei cioccolatini italiani.
-Dove hai preso tutto quel
ben di Dio?-, domandò Esme, avvicinandosi
a me e porgendomi i crakers e i biscotti bicolori.
-Tutte quelle schifezze
le ho prese da Gianna, una nostra alleata… tanto ormai a lei non
servono più…-,
disse con voce mesta, ma io ero troppo presa a divorare quel
meraviglioso cibo
che le sue parole mi sfiorarono appena, così come il pensiero sempre
costante
in quelle occasioni dei miei pannicoli adiposi che applaudivano
all’arrivo di
nuovo amici.
Al diavolo il grasso e la
cellulite!
Spazzolai le due scatole
di wafer, due pacchetti di crakers,
mezza confezione di biscotti, due barrette alla cioccolata e mezza
crostatina.
Solo quando fui realmente sazia e la sete mi avviluppò la lingua e la
gola, mi
accorsi che Esme e Jane stavano ancora parlottando tra loro, ad una
velocità
assurda per le mie orecchie ipercaloriche. Udii chiaramente solo tre
nomi:
Gianna, Edward e Marcus, dopo la biondina fece una riverenza
assolutamente
strafottente e annunciò che se ne sarebbe andata, dicendo che aveva un
costume
in maschera da indossare.
-Noi stiamo chiuse qui e
tu pensi ad una stupida festa?-, mi
lasciai sfuggire dalle labbra e vidi il suo volto infantile contrarsi
in un
moto d’ira.
-No, penso a come
affrontare la battaglia che sta per
scoppiare e a come salvare la mia vita, quella di Alice, di Esme e
anche di
quell’incosciente di suo marito, che verrà
qua e troverà un Edward molto, molto
incazzato per il fatto che suo padre si scopi la sua ragazza!-, il
ghigno di
perfidia smascherò il suo bluff.
-No… tu menti!-, gridai,
più impaurita di quanto volessi
apparire. Jane fece un passo verso di me, puntando i suoi occhi nei
miei.
-Edward vuole punire
Carlisle per quello che tu hai combinato. Alice ha
visto tutto-,
sibilò tra i denti con atroce lentezza.
-Ca… Carlisle…-, riuscii
solamente a mormorare e la bionda
annuì, soddisfatta e perfida e se ne andò.
In quel momento sentii
chiaramente il mio stomaco contrarsi e
a nulla valse la fame: corsi verso il bagno e vomitai ogni cosa che
avevo
appena mandato giù.
-Dimmi che non è vero… ti
prego, dimmi che non è vero!-, belai
appoggiata di schiena al petto di Esme, dopo che mi aveva aiutata a
pulirmi il
viso.
Lei mi fece una dolce
carezza e mi aiutò a tornare sul letto.
Non rimaneva che aspettare
la battaglia prevista, pregare il
Signore perché tutto andasse bene e chiarire giusto alcuni dettagli
con Esme e suo figlio.
-Voglio parlare con
Edward-, sussurrai spezzando il silenzio
che ci aveva avvolte, -Lui non deve fare del male a Carlisle… Io…
voglio
spiegargli ogni cosa e dirgli che… non mi sono dimenticata di lui…-
***
Disclaimer: i personaggi e gli argomenti trattati appartengono totalmente a S. Meyer. La storia è di mia fantasia e non intende paragonarsi a quella concepita e pubblicata da S. Meyer.
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Twilight, New Moon, Bella Swan, i Cullen, i Volturi, Stefan e Vlad, il Clan di Denali, il Wolf Pack dei Quileute sono copyright di Stephenie Meyer. © Tutti i diritti riservati.
La
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Eccomi qua a ringraziarvi, come sempre: grazie davvero a tutte!!!
Intanto, ecco i ringraziamenti!!!
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