Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Me91    17/02/2010    1 recensioni
Inghilterra 1800. Edgar è un affascinante vampiro sadico e senza scrupoli, continuamente in cerca di divertimento. Da un po’ tempo, però, nei suoi sonni durante il dì, fa l’apparizione una donna bellissima; pare un angelo sceso in terra. Nel sogno, la bella è l’unico punto di luce in tanta oscurità e la visione è completamente immersa nel silenzio. L’unico suono che si ode è un nome pronunciato dalla stessa ragazza: Artemisia.
Il vampiro se ne innamora immediatamente e inizia a cercarla. Quando infine la incontrerà si presenterà a lei, proponendole di diventare a sua volta un vampiro per vivere per sempre insieme. Ma la giovane ha dei principi e, inizialmente, farà di tutto per liberarsi di quel mostro... fino a che si accorgerà di essersene innamorata.
Secondo posto nel contest "Original contest - vampiri e immagini"
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 2

Solo tu hai il potere di rendermi triste o donarmi gioia e conforto

(Eloisa a Abelardo)

 

«Mia cara, hai proprio una brutta cera questa mattina.» nota lord Green versandosi del caffé in una tazza «Sei stata male questa notte?» domanda poi con un tono preoccupato.
«Va tutto bene, padre.» sospira Helen, fissando senza appetito la sua colazione «Sono solamente un po’ stanca.»
Lord Green rimane a guardarla intensamente e, lisciandosi un baffo brizzolato, domanda con la sua voce profonda:
«Allora dimmi... E’ stata una bella cerimonia?»
«Come? Oh, ieri sera...» la giovane pare riscuotersi e quindi aggiunge con un’aria annoiata:
«Sai bene che non adoro particolarmente questo tipo d’eventi.»
«Invece la tua presenza era importante.» asserisce suo padre, deciso, afferrando con una mano la tazza e con l’altra il giornale appena portato da un suo servitore «Se non avessi avuto quel convegno sarei andato io stesso... ma credo che alla fine lord Baker abbia preferito la tua presenza alla mia.» increspa le labbra in un sorriso, un po’ nascosto dai folti baffi.
Helen preferisce non rispondere e allora lord Green, dispiegando il quotidiano, prosegue tranquillamente:
«Lord Baker è davvero un ottimo partito. Possiede molti terreni e la sua rendita è più che discreta; per non parlare dell’ottima famiglia da cui discende. Credo proprio che faccia al caso tuo.»
«Ti prego, padre, non voglio parlare di lord Baker.» lo interrompe la lady, storcendo le labbra «Sai bene quanto lo trovi insopportabile.»
«Questo non significa nulla, Helen.» insiste lord Green, continuando a leggere i titoli con noncuranza «Queste faccende vanno oltre certe formalità, quali la “simpatia” o la “piacevolezza”.»
«Ma io non lo amo, padre!» esclama allora Helen, con una punta di disperazione nella voce.
«Credi che sia questo ciò che conta?» lord Green abbassa di scatto il giornale rivolgendosi alla figlia con un’espressione dura e un tono autorevole «Il matrimonio va oltre l’amore! Credi che io amassi tua madre, o che lei amasse me, quando ci siamo sposati? In seguito, poi, abbiamo imparato a conoscerci e ad amarci; per te sarà lo stesso, se proprio desideri amare
«Ma voi due eravate straordinari, insieme! Eravate simili, vi capivate.» ribatte la ragazza «Mentre io so bene che non riuscirei mai ad amare un uomo come lord Baker.»
«Farai senza l’amore, dunque!» dichiara il lord con convinzione.
«Ma che cos’è un matrimonio senza amore, padre?» insiste Helen, con coraggio.
«E’ affari! E’ convenienza! Ecco che cos’è!» ribadisce lord Green con foga «Helen, queste non sono cose che tu possa gestire; non sei abbastanza matura per farlo. Perciò, lascia che sia io a dirigere le trattative; tu limitati a fare ciò che deve essere fatto. E’ solamente questo il tuo compito; abbandona questi tuoi sogni infantili e insensati, è il momento di crescere! Hai ormai vent’anni; dovresti sapere come funzionano certe cose.»
Helen abbassa lo sguardo, mordendosi un labbro e stringendo i pugni, frustrata.
«Parlerò oggi stesso con lord Baker. Organizzerò un incontro tra voi entro questa settimana.» decide lord Green, tornando alla sua rivista con calma «E ora va a cambiarti: ti aspettano i tuoi cugini per una cavalcata, non ricordi? Non farli attendere troppo.»
«Sì, padre.» mormora lei, alzandosi con un’aria incupita e allontanandosi dal grande tavolo.
«Ah, Helen...» lord Green alza gli occhi dal giornale per guardarla.
Anche lei gli rivolge lo sguardo, in attesa.
Sul volto di lui è dipinta un’espressione accurata quando si rassicura:
«Mi raccomando: non affaticarti.»
Lei annuisce con il capo ed esce dalla stanza.  

Helen si avvia lentamente per il prato dietro la villa, dirigendosi alle stalle.
I suoi passi frusciano tra l’erba armoniosamente, mentre il vento fa danzare il suo foulard di seta bianca al suono di quella musica.
Il suo cuore, stretto in una morsa ferrea, pare voglia scoppiare; non sembra essere più in grado di reggere così tante emozioni e sentimenti.
Helen tira le labbra, con lo sguardo puntato al suolo, proseguendo ad avanzare malinconicamente tra l’erba.

Non so che fare... vorrei solamente fuggire. Ma andare dove?
«Cugina Helen! Finalmente!» la saluta con eccitazione un’allegra giovane dalla chioma bruna e gli occhi di un verde intenso.
Helen si costringe a sorridere e si mostra a proprio agio, salutando a sua volta:
«Cugina Cecily, è davvero un piacere rivederti.»
«Perché, vedere noi non ti aggrada?» domanda un ragazzo fascinoso, sui trenta; cugino Gordon.
«Per caso non entriamo più nelle tue grazie?» aggiunge suo fratello minore Millard con un sorriso smagliante, mentre Cecily ridacchia divertita.
«Non sia mai, cugino.» Helen sorride affabilmente.
«Meno male; mi sarei offesa, altrimenti.» dichiara con sarcasmo Marion, la bella cugina maggiore; l’unica sposata tra i cinque.
Partono poi con i cavalli, galoppando per i boschi vicini della campagna inglese, chiacchierando con disinvoltura.
«Ah, fratello, il prossimo mese compirai ventisei anni... quando pensi di trovare moglie, eh?» chiede Gordon ridendo.
«Poni certe domande proprio tu, fratello, che di sposarti proprio non ne hai la minima intenzione?» lo sbeffeggia Millard, affiancando il proprio cavallo a quello dell’altro.
«Suvvia, non dirmi che la vita da scapolo non ti diverte!» esclama Gordon «Tu, tutto fissato con le donne, della vita non hai capito proprio nulla!»
«Senza amore non c’è vita.» asserisce l’altro con convinzione.
«Ah, stolto! Non hai ancora aperto gli occhi? Una donna ti taglia semplicemente le ali!» ribatte il fratello.
«Non è necessario che ti innamori di una donna, cugino Gordon.» fa notare Marion con un sorriso divertito.
«Non sia mai!» Gordon scuote il capo con disgusto.
«La verità è che non vuoi crescere.» afferma Cecily con un’aria furba «Non vuoi prendere in mano le tue responsabilità.»
«E’ ancora presto per prendere in mano certe responsabilità.» sbotta Gordon «Non intendo nemmeno pensarci!»
«Cambierai idea appena avrai trovato la donna adatta a te.» lo contraddice Millard annuendo con il capo.
«La donna che cerco non esiste.» sospira il fratello «L’unica che potrebbe soddisfare i miei canoni, è solamente cugina Helen.» sorridendo come gli altri, gira lo sguardo verso la suddetta, persa nei suoi pensieri, e dice ad alta voce per farsi sentire, sovrastando il rumore prodotto dagli zoccoli dei cavalli sul terriccio:
«Helen, accetteresti la mia mano?»
Lei alza lo sguardo di scatto, tornando in sé, e lo guarda confusa.
«Perdonami, non stavo ascoltando.» si scusa.
«Gordon si sta dichiarando.» ridacchia Millard.
«E non sarebbe la prima volta!» sospira Marion con gli occhi al cielo.
«Dunque, Helen? Vuoi essere mia sposa?» domanda ancora Gordon con il suo sorriso.
Lei scuote il capo e, sospirando con esasperazione, dice:
«Ti stancherai mai, Gordon? Fin da quando eravamo bambini non fai altro che chiedermelo... Mi spiace davvero, ma non sei il marito che desidero.»
«E nemmeno zio Arnold è mai stato d’accordo!» aggiunge Millard.
«In questo caso sono contenta, perché mio padre mi dà ragione.» commenta Helen, con un piccolo sorriso.
«Oh, beh, allora smetterò di chiedertelo.» sospira Gordon, poi rivolge lo sguardo alla cugina più piccola, dicendo con calore:
«Cecily, sono anni che non ci vediamo... direi che sei diventata a dir poco stupenda. Chiedo il tuo permesso per corteggiarti.»
«Uhm... non saprei... vediamo prima se riuscirai a raggiungermi!» Cecily, ridendo, sprona la sua cavalcatura e parte veloce per la strada.
Divertito a sua volta, Gordon si sbriga a seguirla, con alle spalle Millard, mentre Marion e Helen continuano a camminare tranquillamente in groppa ai propri destrieri.
«Non cambieranno mai...» commenta Marion.
«Infatti.» concorda l’altra.
Dopo qualche istante di silenzio, Marion si rivolge alla cugina con un tono più serio:
«Helen, va tutto bene? Sembri turbata.»
«Davvero?» fa la ragazza a mezza voce, con gli occhi fissi sulla criniera castana del suo cavallo.
«Ho saputo di lord Baker... tuo padre vuole davvero combinare il tuo matrimonio con lui?»
Helen si limita ad annuire appena con il capo.
Marion rimane silenziosa qualche istante, poi inizia a dire premurosamente:
«Helen, purtroppo non sono cose che possiamo gestire noi povere figlie di ricchi signori...»
«Parli proprio come mio padre.» sospira Helen, malinconica.
«Questa è la realtà.» le fa notare la cugina che, dopo una pausa, chiede a voce bassa:
«Per caso... sei innamorata di qualcuno in questo momento?»
Helen stringe con forza le briglie, adombrandosi.
Marion nota la reazione e, sorpresa, domanda subito:
«E tuo padre lo sa?»
«“Sa” cosa?» chiede l’altra, guardandola.
«Che nel tuo cuore c’è un altro uomo.»
«Non c’è nessun uomo nel mio cuore.» nega Helen, distogliendo di scatto lo sguardo. Ripensandoci, quella frase le sembra alquanto ambigua.

Lui non è più un uomo...
Scuote con forza la testa per scacciare quei pensieri.
Marion, preoccupata, insiste:
«Helen, sai che a me puoi dire ogni cosa... sono la tua più fidata amica, oltre che tua cugina.»
«Lo so.» calmandosi, la giovane torna a guardarla con uno sguardo confortato «Non temere, Marion, sarai la prima a sapere ogni cosa, appena ne saprò di più io stessa.»
«Sei così tanto confusa in questo momento?» si meraviglia l’altra.
«Eh... più di quanto tu creda.»  

*

Il vento continua a far danzare l’erba, nella notte, sempre nel più assoluto silenzio.
La bella lady è sempre lì, al centro; fulgida figura bianca nel buio.
I suoi occhi cerulei son sempre fissi in avanti; dolci; incantevoli.
Ed ecco: muove le rosee labbra.
Un sussurro trasportato dal vento.
... Artemisia.
 

Edgar si desta immediatamente, percependo la notte appena calata.
Si alza e si veste fissando il cielo stellato e la luna e intanto ripensa a lei e al suo sogno.
Perché mai quel nome? Artemisia... Quale significato cela la sua visione?

Eppure, nonostante la curiosità del mistero, tutto sta perdendo il suo significato, ora che finalmente l’ho trovata. Nulla vale più al suo confronto. Solo Artemisia, Helen Green, ha significato per me.
Esce poi dal suo castello, non curandosi nemmeno di partire alla ricerca di cibo, e si dirige alla villa di Artemisia. 

Helen si trova già sul balconcino della sua stanza con lo sguardo perso nel vuoto e un’espressione scura sul volto.
Posa le mani sulla balaustra e tira un po’ le labbra, a disagio.

Che sto facendo qui? Sto cercando una conferma che non sia stato solamente un sogno quello dell’altra notte? Spero forse che solo di un sogno si sia trattato per trovare così conforto? Forse non dovrei rimanere ancora qua fuori... sarebbe meglio rientrare.
Tesa, si volta di scatto, facendo frusciare la veste da notte, e si muove verso la porta a vetri aperta per tornare dentro, quando una strana e famigliare sensazione la invade improvvisamente e una voce, affascinante e tenebrosa allo stesso tempo, esordisce alle sue spalle con un tono piacevolmente sorpreso:
«Artemisia... mi stavi dunque attendendo?»
Helen si volta immediatamente, posando lo sguardo ceruleo su quello perlaceo dello scuro e freddo vampiro appoggiato tranquillamente alla balaustra di pietra del suo balconcino, e, tornando lucida dopo essere stata colta un attimo da un brivido, dice con calma:
«Credo che tu abbia frainteso. Sì, ti stavo aspettando, ma solamente per dirti di andartene e evitare di ripresentarti qui in futuro. Non ho alcuna intenzione di passare del tempo con te.»
«Per quale motivo, Artemisia?» chiede lui, rilassato «Non credo di darti alcun fastidio.»
«La tua presenza mi infastidisce. Il tuo odore, la tua persona.» ribatte lei con voce ferma «Che cosa vuoi da me, vampiro? Io non ti temo; temo solamente la tua condizione. Ma tu hai fatto voto che non mi avresti trasformata come te se io non avessi voluto, perciò posso evitare di temere anche questo perché non ti darò mai il mio consenso.»
Edgar increspa appena la fronte, rimanendo in silenzio, e Helen prosegue:
«L’unica cosa che potrai ottenere da me è la mia morte, se la desideri.»
«Come potrei desiderarla?» mormora lui, serio.
La giovane alza allora il capo, affermando:
«Dunque non avrai niente da me; preferirei morire che esaudire i desideri di un dannato. E la morte non la temo affatto.»
Edgar rimane silenzioso a guardarla qualche altro istante, poi dice con la sua voce piena:
«Sei la donna più coraggiosa che abbia mai incontrato. Non posso che stimarti, mia bella Artemisia. Ma allo stesso modo le tue parole mi feriscono: mi trovi davvero così terribile?»
«Vorresti negare di essere un mostro?» lo sfida lei con decisione.
«Come potrei negare un’evidenzia simile?» mormora allora Edgar, cupo «So bene in cosa mi sono trasformato.»
«E allora come puoi pensare che io possa trovarmi a mio agio con te?» gli fa notare, alzando un po’ il tono di voce.
Il volto di lui si trasfigura di colpo in una maschera sofferente, quando dice:
«Ti prego, non condannarmi prima ancora di conoscermi.»
Helen scuote il capo, asserendo:
«Io non intendo conoscerti, Edgar. Non intendo innamorarmi di te.»
«D’accordo, Artemisia.» rilassa i tratti del viso «Non ti costringo a far nulla. Ti chiedo solamente di passare del tempo con me. La tua presenza mi riempie di una gioia che non provavo da parecchio tempo... una gioia che forse non ho ma provato.»
Helen rimane a guardarlo, tornata a disagio, e lui la supplica ancora:
«Ti chiedo solamente questo. Nient’altro, se non vuoi che lo faccia.»
«Non vorrei nemmeno passare del tempo con te, in realtà.» dice lei, perdendo però un po’ di sicurezza.
«Suvvia, si tratterà solamente di parlare amabilmente qualche ora...» le sorride e lei si sente sciogliere dentro, colpita da quel fascino oltre misura «Davvero, nulla di più.»
Rimangono in silenzio qualche attimo, infine lei, con un mezzo sospiro, dichiara la resa.
Helen si volta ed entra in camera senza ancora parlare e Edgar, colto da incredibile felicità ed eccitazione, riesce a malapena a contenere le emozioni e rimanere tranquillo, mentre la segue all’interno. 

«Ma dimmi... come hai fatto a diventare un... vampiro?» si decide a chiedergli, con un tono un po’ esitante.
«Sai, non ricordo con precisione.» Edgar si porta una mano al mento, riflettendo «Il mio passato, in particolare quel giorno, è così... confuso. Una macchia indistinta di ricordi, qualche immagine, qualche emozione. Ciò che so con certezza è che ho provato un dolore inimmaginabile, pari forse solo a quello che si può provare alla nascita, quando entriamo in questo mondo ignoto abbandonando un confortevole riparo... Già, ho provato cosa significa morire.»
«Morire...» mormora Helen, corrugando lievemente la fronte.
Lui annuisce con il capo, dicendo:
«Sì, morire. Quando un vampiro ti morde, si muore. Se invece decide di farti diventare come lui, e dunque inietta il suo veleno in te, si muore comunque, per poi rinascere la notte successiva del tutto diverso.»
La giovane appoggia i palmi indietro, sulle morbide coperte del letto, inarcando così di un po’ la schiena, e continua a fissare intensamente l’altro, seduto a un paio di braccia da lei sulla sponda del materasso. Sono lì da qualche ora, a parlare e confrontarsi, oppure semplicemente a guardarsi negli occhi, in silenzio. Non sa di preciso che cosa sta facendo: si trova seduta sul proprio letto a pochi centimetri del predatore più letale del mondo. Eppure, non ha paura.
Helen storce un po’ le labbra e si ritrova a commentare:
«La morte non è così orribile come la descrivi.»
«Ma davvero... e tu, che l’hai già provata, sai bene di che parli, vero?» fa lui, ironico.
«Tu la morte la temevi.» ribatte lei, decisa «Ecco perché l’hai trovata orribile.»
Edgar alza un sopracciglio, affermando:
«La teoria sulla morte più affascinante che abbia mai udito... Davvero credi, quindi, che se non si teme la morte questa può divenire la cosa più dolce e bella a cui un uomo può aspirare?»
«Naturalmente sì.»
«E tu Artemisia? Dici di non temerla; perciò sei certa che sarà un’esperienza meravigliosa? La più bella?» la interroga lui, incuriosito.
Helen abbassa lo sguardo, pensierosa. Dopo una pausa, mormora:
«Semplicemente, per me la morte sarà un sollievo. Una liberazione. Andrò in posto migliore.»
«Una liberazione?» ripete Edgar, incupendosi.
Lei annuisce con il capo.
«Sono così stanca... il male che ho dentro mi sta distruggendo. La mia unica consolazione è che mi troverò meglio, dopo
«Artemisia, no...» Edgar le si fa più vicino e le prende delicatamente una mano, cercando il suo sguardo azzurro che è sfuggevole e triste.
«Se è una liberazione ciò che cerchi, ti prego... accetta quella che ti offro io.» le chiede a mezza voce, intensamente.
Lei si morde un labbro.
«Edgar... non posso.» ritira la mano e si alza in piedi, fermandosi davanti la finestra chiusa.
«Ma se non temi la morte, non temere ciò che ti sto offrendo...» insiste lui con lo stesso tono di prima, rimanendo sul letto.
«Ho paura, in realtà, del Giudizio Finale. Dio condanna i deboli di spirito, i dannati.» mormora lei, tremante e con le lacrime agli occhi.
«Artemisia, io voglio solamente salvarti. Puoi credermi: è così. Non desidero altro che tu viva... puoi anche non accettarmi, ma ti supplico: vivi.»
«Ti prego, smettila.» si porta di scatto le mani al viso, singhiozzando lievemente «Edgar... basta così...»
Lui, incupendosi, si alza quindi dal letto e le si fa vicino, per poi abbracciarle delicatamente la vita.
Lei singhiozza un po’ più forte, mentre le lacrime le rigano il volto.
«La mia proposta ti fa davvero così tanta paura?» sussurra Edgar, comprensivo.
Helen annuisce, tremando ancora.
Lui avvicina il viso ai suoi capelli, chiudendo gli occhi e assaporandone il buon odore. Lei continua a piangere, disperata.

Non piangere, Artemisia...
Il volto del vampiro si tira in un’espressione di sofferenza.
«Artemisia...» mormora, aprendo di un poco gli occhi «Non voglio che tu soffra per le mie parole. Perdonami.»
«Se non vuoi che soffra...» lei prova a voltarsi verso di lui che quindi la lascia per far sì che gli occhi lucidi di lei s’incontrino con i suoi addolorati.
Helen conclude con voce poco ferma:
«Allora non propormi più di diventare come te.»
Edgar tira le labbra, irrigidendosi.
«Se davvero mi ami come dici... devi farmi questa promessa.» ribadisce lei, mentre nuove lacrime le scivolano sulla pelle.
«Io...» il vampiro s’incupisce, esitando.
«Ti prego.» sussurra lei con occhi lucidi.
Dopo qualche istante di silenzio Edgar distoglie quindi lo sguardo e, con un’espressione amareggiata, dice a mezza voce:
«Va bene, Artemisia... se è ciò che vuoi...»
«Grazie...» sussurra lei, abbassando gli occhi e dirigendosi al letto.
Edgar si volta verso la ragazza, che si è seduta sulla sponda, e le chiede:
«Posso comunque continuare a farti visita?»
«Ci tieni così tanto?» gli domanda di rimando, asciugandosi gli occhi con un fazzoletto ricamato.
«Ma certo, mio angelo.» risponde lui con enfasi.
Lei lo guarda intensamente, per poi enunciare con dolcezza:
«
Solo tu hai il potere di rendermi triste o donarmi gioia e conforto. Il mio amore ha raggiunto tali vette di follia che rubò a se stesso ciò che più agognava... Ad un tuo cenno, subito cambiai il mio abito e i miei pensieri, per dimostrarti che sei tu l'unico padrone del mio corpo e della mia volontà...»
Edgar mostra un sorriso sghembo, commentando:
«Uhm... appropriato.»
«Sono parole che pronuncia Eloisa ad Abelardo.» anche Helen sorride lievemente «Possono perfettamente essere assegnate anche a te, non trovi? La passione che provava Eloisa è molto simile alla tua.»
«Ma nella vicenda, anche Abelardo è follemente innamorato...» fa notare lui.
«Quella è solo una storia, in fondo.» lo contraddice Helen.
Edgar sospira e poi recita con emozione:
«
Quanto più chiudo gli occhi, allora meglio vedono,
perché per tutto il giorno guardano cose indegne di nota;
ma quando dormo, essi nei sogni vedono te,
e, oscuramente luminosi, sono luminosamente diretti nell’oscuro

«Shakespeare...» capisce Helen, colpita.
«Anche questi versi sono molto appropriati, non trovi Artemisia?» sorride lui, volgendo intanto lo sguardo fuori.
Sta per albeggiare.
Anche Helen se ne accorge, quindi domanda:
«E’ quasi giorno... devi andartene?»
Lui dapprima abbassa lo sguardo, poi torna a rivolgerlo a lei, dicendo:
«Se vuoi che resti...»
«Ma cosa ti accade se ti esponi alla luce del giorno?» lo interroga, incuriosita.
Lui storce un po’ le labbra, rispondendo di malavoglia:
«Un dolore intenso, sulla pelle, come se un fuoco mi divori... come se improvvisamente mi ritrovassi all’Inferno tra le fiamme.»
«Ma è orribile...» fa lei allarmata.
«Poco m’importa, Artemisia, se, in cambio di questo dolore, posso passare più tempo con te.» la rassicura il vampiro con decisione.
«No... non voglio che resti. Non voglio che ti veda mio padre.» ribatte lei, lanciando uno sguardo alla porta della camera «E’ troppo rischioso.»
«Come vuoi...» cede lui, del tutto succube della ragazza «Tornerò appena farà buio.»
«Dovrei dormire, ogni tanto.» prova a dire lei, ma senza nemmeno troppa convinzione.
Edgar le sorride, dicendo:
«Dormi pure quando passo a trovarti, se vuoi; vederti dormire mi rende sereno.»
«Mi sentirei a disagio.» commenta lei storcendo le labbra.
Lui ride; una risata limpida e oscura allo stesso tempo.
Alla giovane manca quasi il fiato, colpita da quel meraviglioso suono.
«Stai bene, Artemisia?» lui, che sembra capire, le si rivolge con uno sguardo ironico.
«La tua presenza mi sta letteralmente annebbiando i sensi.» si porta una mano in fronte, presa da un lieve capogiro.
«Potrei dire lo stesso per te.» sorride lieve Edgar di rimando.
«Immagino sia una caratteristica di voi esseri.» lo ignora Helen «Così... affascinanti e ammalianti.»
«Caratteristica che usiamo in genere per confondere e stregare le nostre vittime, in effetti.» spiega il vampiro con disinvoltura.
«Sarei una tua vittima, dunque?» Helen sembra punta.
«Se potessi evitare di influenzarti in questo modo con i miei poteri, davvero lo farei, Artemisia. Purtroppo, non è una cosa che posso controllare.» sospira Edgar, spiacente.
Lei rimane a guardarlo in silenzio ancora un po’, infine si decide a chiedere, cupa:
«Sei mai stato attratto dal mio sangue?»
Edgar mostra un’espressione sofferta quando risponde:
«Non potrei mai farti una cosa simile.»
«Cosa accade se non ti... nutri?» pronuncia l’ultima parola con evidente disgusto.
Edgar abbassa gli occhi, adombrandosi e dicendo:
«Il mio corpo appassirà lentamente, finché, privo di gran parte delle forze, non sparirò per sempre, tramutandomi in cenere trasportata poi via dal vento.»
Helen non sa che dire. Si limita a continuare a fissarlo, pensierosa.
Non può quindi fuggire dalla sua condizione... In questo siamo davvero molto simili.
Il vampiro increspa un po’ la fronte, mentre il primo raggio di sole, filtrato attraverso le tende semiaperte della porta a vetri, va ad accarezzare la chiara pelle del suo volto.
Helen se ne accorge e quindi dice:
«Ora vai. Il tuo riposo ti attende.»
Edgar le sorride lievemente ed esce sul balconcino.
La ragazza si affaccia per vederlo salire sulla balaustra, girarsi verso di lei e pronunciare:
«Tornerò appena mi sarà possibile, mia bella Artemisia.»
Sta per saltare, quando lei lo ferma, chiedendogli d’impulso:
«Mi ami davvero come dici?»
«Non potrei mai mentirti.» dichiara Edgar, serio.
«Davvero non puoi vivere senza di me? Veramente sono ormai l’unica cosa che conta per te?» insiste lei, seria a sua volta.
«Non mi credi, Artemisia?» mormora lui.
Helen tira appena le labbra.
«Non capisco come tutto ciò sia possibile.» confessa a mezza voce.
Edgar le rivolge lo sguardo più intenso che mai, sussurrando:
«
Hai mai desiderato qualcuno al punto di smettere di esistere? Al punto di rifiutarti di fare qualsiasi altra cosa, di stare in qualsiasi altro posto, che non sia in sua compagnia? Ecco dunque, Artemisia, che da quando ti ho incontrata ho deciso di morire nuovamente, per rinascere ancora... per vivere una vita dove tu sei presente. E questa volta no, la morte non mi ha spaventato; sarà forse perché, come dici tu, l’ho intesa come la cosa più bella che mi sia mai capitata. Non esisto più in tua assenza, Artemisia: sei tu il mio punto di riferimento, ora. Perciò, credimi: non mentirò mai sui miei sentimenti in tua presenza.»
Helen rimane in silenzio, mentre il cuore pare non voglia smettere di rallentare i suoi battiti.
Edgar volge lo sguardo al sole nascente e nasconde a malapena una smorfia di dolore; colpito in pieno dalla luce. Torna quindi a guardare Helen, dicendo con un tono dispiaciuto:
«Perdonami, ora, ma devo andare.»
Senza attendere risposta, salta dal balconcino e sparisce in un istante.
Helen rimane sulla soglia della porta a vetri, cercando di respirare; è invasa dentro da una tale emozione che il corpo pare non risponda più alla sua volontà. E’ pietrificata, con lo sguardo nel vuoto, nel punto in cui, fino a poco prima, si trovava il vampiro; il vampiro che ha appena pronunciato delle parole bellissime.

Hai mai desiderato qualcuno al punto di smettere di esistere?
Si porta una mano al petto, sentendo chiaramente il cuore non rallentare la sua corsa.
Non so più cosa pensare...
Colta da un malore, torna lentamente in camera, lasciandosi cadere di fianco sul letto.
I suoi respiri sono faticosi, ora, e la vista si sta annebbiando, mentre nel petto infiamma il dolore per un cuore malato.
Tossisce un poco, poi rimane immobile sul letto, aspettando che passi.
Lentamente il dolore si placa e lei, sfinita, abbassa le palpebre, tremando un po’ per il freddo.
Credo di essermi innamorata di un mostro...
Una lacrima le riga la guancia, mentre sprofonda in un sonno agitato.

Continua...

Eccomi di nuovo qua! =)

Grazie tantissimo a tutti coloro che hanno letto e in particolare a chi ha recensito:

storyteller lover: Grazie tantissimo dei complimenti! Mi fa piacere vederti tra i lettori; dopo aver letto la tua fic e aver iniziato a stimarti per il tuo gran talento (anzi io! xD) mi sento onorata di leggere una tua rece. =) Sono contenta che la storia ti piaccia, spero sarà così fino alla fine (ancora altri due capitoli). ^^ Ah, no, le frasi in corsivo sono pensieri dei personaggi usciti dalla mia testolina bacata... le citazioni sono quelle in grassetto all'inzio dei capitoli e altre due citazioni si trovano in questo secondo capitolo (le ho indicate: una è di Eloisa ed Abelardo, l'altra è di Shakespeare). Beh, lo prendo come un complimento se ti piacciono così tanto! =) Ciao!

Achiko: Ciao! =) Sono davvero contenta che la storia ti piaccia; spero di non averti deluso in questo secondo capitolo. ;) Grazie tantissimo dei complimenti: è sempre un piacere riceverli! ^//^ Davvero sarai la mia lettrice numero 1? Wow, che bello! =) Allora alla prossima, ciao!

Grazie anche a chi ha aggiunto la storia alle Preferite e Seguite. ^^

Aggiornerò questo venerdì o sabato... a presto! =)

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Me91