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Autore: Shichan    21/02/2010    4 recensioni
Eppure Takeshi è lì: le scarpe da ginnastica si sono riempite d’acqua e probabilmente gli darebbe fastidio il rumore che fanno se non fosse totalmente inudibile a causa di quella stessa acqua che ora gli arriva sopra la caviglia bagnando i pantaloni, salendo sempre di più – perché sono le regole del gioco.
Quello suo e di Squalo, che sta ridendo di lui, sottolineando quanto sia ingenuo.

[Yamamoto centric]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi non sono mia proprietà e non sono sfruttati qui a scopo di lucro (solo per sadico divertimento personale)

Disclaimer: i personaggi non sono mia proprietà e non sono sfruttati qui a scopo di lucro (solo per sadico divertimento personale).

Tema: 19. Sgorgando dai miei occhi, quelle sono lacrime suppongo. (link tabella)

Note: prima fan fiction di un folle progetto che sicuramente sarà difficile portare a termine (e comunque ci metterò, tipo, una vita e metà della prossima), il quale prevede 80 citazioni su cui sviluppare altrettante storie, più cinque capitoli speciali – cosa avranno di speciale non lo so nemmeno io a dirla tutta, ma non diciamolo.

2. ambientata basandomi solo sull’anime; saga della battaglia per gli anelli.

 

 

Not a game anymore

Sgorgando dai miei occhi, quelle sono lacrime suppongo

 

Se c’è una cosa che ha stupito Tsuna, da quando Reborn ha avuto la folle idea di mettere in mezzo a questa storia della mafia persone che non c’entrano niente – compreso lui stesso – è stato il modo in cui tutti loro l’hanno presa.

Gokudera sembrava niente di diverso dall’entusiasta: bene inteso, più per la possibilità di “affiancare il Decimo come un braccio destro deve fare”, che non per il gusto di combattere in sé (forse).

Ma ancora di più – più di Haru e Kyoko che non hanno mai davvero realizzato la situazione, per fortuna – è stato Yamamoto a lasciarlo di stucco, affermando con quell’aria spensierata che lo ha sempre contraddistinto che, perché no, non era male giocare alla mafia.

Tsuna ha sorriso nervosamente quella volta, e si è ben guardato dal chiarire l’equivoco all’amico; ora lo rimpiange, il candidato al ruolo di Decimo.

Ora che quello stesso amico – quello che a volte può sembrare sciocco, superficiale, o come dice Gokudera nient’altro che un maniaco del baseball – respira affannosamente e non sa se uscirà dalla prigione d’acqua in cui combatte per un anello di cui non gli interessa nulla.

Solo perché sono amici.

Solo per orgoglio.

Yamamoto è così: è tranquillo, non si arrabbia mai, sorride sempre – a volte anche troppo, direbbe qualcuno.

Sembra che non prenda nulla seriamente, e che le cose gravi riescano ad avere per lui un lato positivo che la sua indole fin troppo ottimista trova sempre in qualche modo.

Una persona così, non dovrebbe impugnare la spada per causa sua, Tsuna se lo ripete mentre osserva l’amico combattere contro Squalo come prima di lui hanno fatto con altri avversari i suoi compagni – compagni di scuola, Tsuna non vuole giocare alla guerra, non gli è mai piaciuto nemmeno da bambino.

Eppure Takeshi è lì: le scarpe da ginnastica si sono riempite d’acqua e probabilmente gli darebbe fastidio il rumore che fanno se non fosse totalmente inudibile a causa di quella stessa acqua che ora gli arriva sopra la caviglia bagnando i pantaloni, salendo sempre di più – perché sono le regole del gioco.

Quello suo e di Squalo, che sta ridendo di lui, sottolineando quanto sia ingenuo.

Takeshi respira, un po’ affannosamente in verità; non è esattamente il tipo che va nel panico, ma deve ammettere che qualcosa che gli stringe un po’ lo stomaco al momento c’è.

Non che si sia soffermato troppo su pensieri che di certo non aiuterebbero, come ad esempio il fatto che l’ultimo colpo avrebbe causato danni ben più gravi se solo il suo avversario avesse voluto.

Yamamoto non è tipo da cadere nel panico completo, ma per un attimo il pensiero che l’abilità tramandatagli dal

vecchio sia inutile lo sfiora e lo lascia confuso, gli fa salire un sorrisetto fra le labbra che non è nemmeno l’ombra di quello rilassato che ha di solito.

Squalo lo richiama all’attenzione, con quel modo sguaiato che ha di parlare e Yamamoto scuote appena la testa: se si distrae, davvero, non sa se sarà in grado di vincerlo quel gioco dalle regole un po’ strambe e che non ha nemmeno afferrato del tutto.

 

Ah, ho capito!

 Si può andare pesanti, quando si gioca alla mafia!

 

Nel momento in cui si fa passare un braccio di quello che teoricamente è il suo nemico attorno alle proprie spalle, Yamamoto non ha la preoccupazione di dover dare spiegazioni quando uscirà da lì.

Sa che Tsuna capirà, perché l’amico di certo farebbe lo stesso.

Per questo si concede di prestare tutta la sua attenzione a sostenere non solo se stesso – il peso sulle gambe sembrava il doppio del solito anche quando non si era fatto carico di Squalo – ma anche dell’altro.

Oltre al problema chiamato “mostro” che gli sta andando incontro e al quale, seriamente, non sa come far fronte al momento; se si distrae, è solo perché vicino al suo orecchio arriva abbastanza chiara la voce di Squalo, anche se lì per lì non capisce nemmeno cosa stia esattamente cercando di articolare.

Sposta lo sguardo su di lui, Yamamoto, lo sente parlare di orgoglio di spadaccino e la risposta che gli dà alla sua richiesta è – prima ancora di vere e proprie parole – un sorrisetto nervoso come di chi non ci crede, che ha sentito avanzare una protesta del genere.

Dopotutto, con la mente semplice che ha o dimostra di avere, Takeshi si chiede fino a che punto l’orgoglio assuma più importanza di una vita.

La risposta se la dà da solo quando torna a guardare di fronte a sé, segno che non è propriamente intenzionato ad ascoltare i reclami di Squalo in merito.

Probabilmente anche lo spadaccino dei Varia se ne rende conto, perché rantola qualcosa dopo la quale ciò che Yamamoto avverte di più è il dolore nel punto in cui Squalo lo ha colpito così forte da sbalzarlo via.

Nonché il contraccolpo contro la superficie in pietra su cui si è letteralmente schiantato.

Porta lo sguardo sul punto in cui era prima; Squalo è seduto, o forse piegato sulle ginocchia, non lo distingue con precisione.

Fissa davanti a sé.

Yamamoto sa che non farà più in tempo, qualunque cosa decida di fare.

 

Gli schermi che da fuori permettono di seguire lo scontro, mostrano qualcosa che li ha lasciati tutti, in qualche modo, sotto shock.

Gli unici che sembrano aver assorbito l’accaduto facilmente sono Reborn e Colonnello – che ironia, che i nervi più saldi siano quelli di due bambini.

Gokudera è immobile, incapace di distogliere lo sguardo o di pronunciare qualcosa – proprio lui che in fondo qualcosa da dire ce l’ha sempre; è così preso da quello che lo schermo mostra, che non è nemmeno accanto a Tsuna i cui occhi sono appena sgranati mentre guardano e forse non vedono.

È come ricevere uno schiaffo quando non si aspettava niente di più violento di una spintarella, o un buffetto scherzoso.

Non si nota la differenza, quando Tsuna trema, perché è fifone e lo fa spesso: ma quella è la paura di una vita strappata davanti ai tuoi occhi.

 

Dunque, può finire anche in questo modo.

 

Yamamoto è fermo lì dove è finito a causa del colpo di Squalo.

La spada gli fa da sostegno, come il ginocchio poggiato sulla superficie di terra e pietra; le gambe sono doloranti, il braccio è ancora sotto l’effetto del fendente ricevuto.

A dire il vero, c’è anche l’occhio che gli fa male.

Takeshi trema, a vederlo di spalle si potrebbe dire di paura; forse si potrebbe scambiare anche per una risata sommessa e nervosa per una vittoria in cui inconsciamente non si credeva.

Ma il movimento delle spalle somiglia più ad un sussulto.

Somiglia più a dei singhiozzi.

 

Yamamoto non è cambiato: è ancora lo stesso che fa saltare i nervi a Gokudera perché niente più di uno stupido fissato del baseball, o che fa cadere le braccia a Tsuna per certe sue uscite che persino l’amico trova esageratamente ingenue.

È lo stesso che sorride sempre, quello dall’ottimismo incrollabile.

È lo stesso Guardiano della Pioggia che ha sconfitto Superbi Squalo; ma quella situazione non la chiama più a quel modo, non la definisce più scherzosamente “gioco”.

Non esiste nessun gioco, nella mafia.

   
 
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