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Autore: hwoary    23/02/2010    1 recensioni
Alexia è la figlia di Paul Phoenix, che non ha mai voluto introdurla nel mondo delle arti marziali. Per la prima volta il padre la porta con sé al King of Iron Fist Tournament 3, ma solo come spettatrice. Ben presto Alexia scoprirà di non essere ciò che aveva sempre creduto...
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hwoarang, Jin Kazama, Paul Phoenix, Steve Fox
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7. A New Feeling


Arrivati al Dojo fui sorpresa di quanto all’avanguardia ed esteticamente fantastiche fossero le palestre e le attrezzature della Zaibatsu. Mi guardavo intorno e non potevo fare a meno di notare l’infinità di macchinari che circondavano l’enorme spazio con il tatami.
“Aspettami qui che vado a cambiarmi” mi comunicò Hwoarang ed io annuì con la testa.
Mi fece ricordare che non avevo nemmeno badato a cosa avessi indossato e se fosse stato idoneo ad un allenamento; ovviamente il verdetto era negativo, ma d’altronde non avevo previsto alcun tipo di allenamento e dovevo accontentarmi dei piuttosto scomodi bermuda di jeans. Passeggiavo attorno al tatami quando Hwoarang tornò. Ed era a torso nudo.
“Avevi detto che ti cambiavi, non che ti spogliavi” non potei fare a meno di commentare, e mi accorsi di essere diventata infantilmente rossa per l’imbarazzo. Cosa che non mi era mai successa, ero sempre riuscita a controllare le emozioni e la gente mi rimproverava di essere fin troppo fredda. Stavolta no, mi stavo comportando come una ragazzina in piena tempesta ormonale e non andava affatto bene. Non era assolutamente da Alexia. Il bello è che non avevo badato mai all’aspetto di Hwoarang, nemmeno quella volta al mare. Continuavo a chiedermi perché la vista del suo corpo mozzafiato mi facesse un tale effetto, così da un giorno all’altro. Cioè a me, Alexia Phoenix, quella che ai ragazzi non pensava ed era completamente immune al fascino dei bei bambocci (come Steve) che le si avvicinavano. Sentii come una sirena di emergenza suonare al massimo volume nella mia testa. Mayday, mayday. Qualcosa non va, deve esserci qualche guasto al sistema di autocontrollo. Scossi la testa come per liberare la mente e Hwoarang mi umiliò per l’ennesima volta con una delle sue risate di compassione.
“Smettila di ridere mi dai sui nervi!” mi lamentai come una mocciosa che cerca di difendersi da un imminente figura di niente.
“Va bene non parlo” fece lui, simulando la chiusura di una lampo sulla bocca. Ma i suoi occhi continuavano a ridersela con goduria.
Quando riacquistai la mia normale temperatura corporea, Hwoarang mi ordinò di togliermi le scarpe e cominciare a scaldarmi. Ma sinceramente non ce n’era bisogno, avevo raggiunto temperature già piuttosto alte con il suo stramaledetto striptease. Ovviamente però non osai oppormi e cominciai a fare giri di campo sul tatami con la grazia di un toro e dopo poco me lo ritrovai affianco, a correre insieme a me.
Questo secondo allenamento andò meglio; avevo imparato a prendere ogni suo ordine come parola santa, a non oppormi mai e a non dire niente che potesse farlo alterare. Ma nonostante i miei sforzi, mi beccai la solita scarica di calci sulle gambe e un diluvio di rimproveri. Finalmente cominciavo a gestire meglio la mia forza, a catalizzarla su calci e pugni mirati, e iniziavo ad avere un po’ di stile ed eleganza nei movimenti, anche se somigliavo comunque a un bufalo della prateria che cerca di imparare le arti marziali. Poi ci sedemmo per fare un po’ di stretching ed ero incantata dalla sua incredibile scioltezza e dalla facilità con cui eseguiva esercizi per me assurdi che richiedevano il massimo dello stiramento dei muscoli.
“Ecco, io non sono fatta di gomma, ma ho qualche sospetto che tu invece lo sia” commentai continuando ad osservarlo.
“Invece di dire queste boiate, perché non continui ad allungarti?” rispose lui spietato con un sorrisetto sulle labbra, pungente quanto un bel cespuglio di rovi. Avevo perso il conto degli strappi alle gambe che avevo preso, ed ormai quasi non ci facevo più caso….
“Come va il braccio?” gli chiesi indicando con un cenno della testa la sua fasciatura.
“Un graffietto” rispose, sbruffone come sempre…
“Sì come no, un graffietto che stenderebbe un cavallo!”
“Tsk”
Non avrebbe mai ammesso che gli faceva ancora un male cane e si limitò quindi a fare quel versetto da spaccone. Poi afferrò l’asciugamano accanto a lui , la mise attorno al collo e scattò in piedi con un movimento quasi impercettibile.    
“Dovresti fare una doccia” mi disse , al che cominciai ad odorarmi, ma non mi sembrava di essere TANTO maleodorante …
“Non lo dico perché puzzi, scema” intervenne lui di fronte alla mia patetica scena.
“Ah” risposi io sollevata e mi alzai anche io.
“Appena uscita fuori, volta a destra e segui le indicazioni per gli spogliatoi”
“Ah” risposi ancora , decisamente ripetitiva. Ero sicura che Hwoarang ormai credesse che il mio vocabolario si fosse ridotto a una sillaba nel giro di un allenamento.
“A dopo” Mi disse guardandomi come se fossi una svitata e io annuì con la testa, recuperando la mia felpa.
Mentre uscivo dalla palestra continuavo ad odorarmi e per la prima volta non ebbi difficoltà a trovare quello che cercavo. Entrai in un altro edificio adiacente alla palestra, ultramoderno e futuristico come era tutto in quel luogo e una volta raggiunti gli spogliatoi sfortunatamente scoprii che era pieno zeppo di ragazze. E che ragazze; quasi mi vergognavo a trovarmi nello stesso posto dove erano loro. Erano tutte troppo belle. E poi ho sempre odiato i luoghi affollati, in particolare quelli pieni di oche starnazzanti…
Vidi uscire da uno spogliatoio Xiaoyu che appena mi notò corse verso di me come una furia. “Ciao Alex!” esclamò con aria preoccupata mentre correva ancora.
“Hola Xiao, è un po’ che non ci si vede” le risposi quando frenò bruscamente a pochi millimetri da me.
“Hai per caso visto Jin?! E’da tre giorni che è sparito!” Mi domandò ansiosa e angosciata. Ignorò completamente il fatto che avessi dormito per 2 giorni di fila come un bebè e non si preoccupò nemmeno di chiedermi come stavo. Ero lusingata dalla considerazione che avevano di me. 
“No in realtà no, non l’ho visto nemmeno io, ma stai tranquilla, direi che sappia cavarsela bene …ovunque sia andato” le risposi con tono più pacato e tranquillo possibile, dal momento che lei era piuttosto inquieta.
“Sono troppo preoccupata! Grazie lo stesso!” mi disse giocherellando nervosamente con le dita.
“Di nulla, se lo rivedo sarai la prima ad essere informata” mi interruppi e ci pensai meglio “anche se preferirei non incontrarlo, l’ultima volta mi è rimasta piuttosto impressa” continuai.
“Ah già, brutta storia” commentò lei, senza però fare altre domande. “Spero che stia bene e che non si sia più trasformato in quell’essere diabolico”
“Oh lo spero anch’io” replicai ironica.
“Allora alla prossima!” mi congedò lei, con la solita vivacità in ogni suo movimento.
“Sì, ci si becca” sorrisi e lei mi superò per poi uscire dall’edificio. Era incredibile come riuscisse a pensare solo e unicamente a Jin e non avere nessun interesse per la sottoscritta donna-faro-generatore elettrico.
Sospirai e mi avvicinai alla prima panca per poi sedermi e cominciare a sfilare scarpe e calzini.
Mi seccava la situazione. Sentii qualcuno alle mie spalle e quando mi girai vidi Julia Chang che mi sorrideva. Ricambiai il sorriso, il suo era davvero contagioso.
“Tutto bene?” mi chiese lei, con la sua infinita dolcezza.
“A dire il vero non lo so!” le risposi, e davvero non sapevo come mi sentissi. Erano cambiate così tante cose, e ancora non mi rendevo conto di cosa stessi effettivamente facendo.
Lei ridacchiò mentre si sedeva accanto a me.
“Sei riuscita a capire cos’è stato?” mi chiese con la giusta delicatezza. Era la prima che riusciva a porsi nel modo giusto.
“No a dire il vero no, solo tanta confusione” le risposi , deludendo le sue aspettative. E non le rivelai niente di Lee.
Restò in silenzio.
“Sai, partecipo al torneo però” le comunicai e lei sembrò esserne felice.
“Wow!” esclamò, entusiasta. “Chissà magari ci scontriamo anche!”
“Ehm, preferirei di no, non sono abituata a prendere a calci gli amici, sarei in grosse difficoltà!” le confessai, ed era vero. Non avevo mai combattuto in vita mia e mi rimproveravano tutti di non essere abbastanza bastarda.
“Ooook, allora speriamo di no! Non vorrei causarti un conflitto interiore!!” ironizzò.
“Sì, però fai in modo che la voce non arrivi a Paul, o mi porterà via di qui prima che possa mettere piede su un ring!” le chiesi, mettendola sullo scherzo, anche se non c’era niente da scherzare visto che papà era capace di tutto. Lei afferrò il messaggio al volo, sorridendo.
“Terrò la bocca chiusa, lo prometto!” mi rassicurò doppiamente, e sentivo che di lei potevo fidarmi, lì in mezzo era l’unica persona davvero equilibrata e matura; non parlava molto, né faceva troppe domande e soprattutto era l’unico essere umano discreto e che si faceva i fatti suoi, al contrario di quel pettegolo di Steve o quella piccola schizzata di Xiaoyu.
“Ok ti lascio alla tua doccia rigenerante, ci vediamo presto!” si alzò.
“Certo, è un piacere chiacchierare con te Julia” le risposi ricambiando il suo sorriso.
“Ah! Un ultima cosa!” si fermò e si girò di nuovo verso di me. “Le ragazze qui in giro sono molto curiose di sapere come mai passi così tanto tempo con Hwoarang, e secondo me sono piuttosto invidiose” mi comunicò lei facendomi un occhiolino di complicità.
“Non c’è niente da sapere, è lui che mi sta allenando” la informai. “Odio le pettegole” bofonchiai scocciata.
“Ci tenevo a dirtelo casomai notassi qualche sguardo curioso!” scherzò lei e la ringraziai per il pensiero.
Finalmente potei dedicarmi alla mia doccia, e Julia aveva ragione, all’improvviso mi ritrovai puntati addosso gli sguardi di tutte le conigliette di playboy presenti nello spogliatoio e desiderai di eclissarmi all’istante. Ma cercai di ignorarle e mi fiondai sotto la doccia per trovare un po’ di pace…
Mentre l’acqua mi rinfrescava da cima a piedi, non potevo fare a meno di pensare al fatto che dovessi ancora andare da Lee…ma soprattutto a cosa stavo provando…amore forse? Io? Per Hwoarang? L’amore era stato fino ad allora un sentimento a me estraneo e quindi non sapevo riconoscerlo. Da un lato non mi dispiaceva, dall’altro avevo paura e volevo tenerlo lontano, come se fosse qualcosa che non mi si addicesse, che non mi calzasse bene. Come se fosse stato qualcosa che non mi appartenesse, non sapevo come comportarmi e la mia mente dannatamente razionale prevaleva sempre su tutto e rendeva tutto più difficile dal momento che non c'era niente di logico in ciò che sentivo. Alexia innamorata? Naaa, impossibile. Non l’avrei mai ammesso, ma mi sentivo decisamente strana...diversa. Mi chiedevo come fosse possibile che fosse arrivato tutto insieme a stravolgere la mia vita. Non potevano fare uno alla volta? Doveva per forza succedere tutto insieme? Era chiaro che non riuscivo a gestire due novità del genere contemporaneamente e con lucidità. Uscì dalla doccia più depressa e confusa di prima, e mi vestii in fretta per tornarmene a “casa”, sperando che Paul non si mettesse a fare troppe domande per la mia assenza e non cominciasse ad assillarmi con la storia dei Law: i miei nervi erano già abbastanza provati e tesi, non sapevo come avrei potuto reagire. Recuperata tutta la mia roba, uscì fuori e mi incamminai….e chi incontrai? Steve ovviamente. O era diventato il mio stalker personale, o semplicemente non faceva altro che vagare senza meta…oppure, era interessato agli spogliatoi delle donne.
“Speri che esca qualcuna nuda da lì dentro?” lo sorpresi io visto che era di spalle.
“Santo cielo! Mi hai fatto saltare! Non puoi comparire così all’improvviso!” si lamentò dopo essere letteralmente saltato sul posto.
“Senti chi parla! E poi se ti ho spaventato vuol dire che ti ho sorpreso mentre facevi qualcosa che non dovevi fare!” lo stuzzicai io, toccava a me adesso.
“Non è vero!” si oppose. Continuavo a scrutarlo con occhi inquisitori e rimanemmo in quel testa a testa di sguardi per alcuni istanti.
“Però carina proprio Julia” interruppe lui la “gara” riassumendo il suo solito atteggiamento da playboy fallito e svampito.
“Come come?” feci finta di non aver capito. Se stava prendendo in giro mia sorella, beh sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe fatto in questo mondo.
“No aspetta, era giusto così, un innocente osservazione!” Si difese il mollusco di mare, e fu lì che lo inchiodai al muro più vicino.
“Ascoltami bene cetriolo sottovuoto, fai soffrire mia sorella e ti inverto l’ordine delle cose lì sotto!” lo minacciai e lui era piuttosto shockato e deglutì. Ma era così buffa la sua faccia terrorizzata dal mio gesto imprevisto e impetuoso che non riuscii a trattenermi dallo scoppiare a ridere e lui mi osservava confuso come se fossi stata una psicopatica. In effetti ero molto vicina al diventarlo…
“Se prima avevo dubbi sulla tua integrità mentale adesso ho delle certezze!” scherzò lui con gli occhi ancora spalancati dalla meraviglia.
“Non scherzare troppo che facevo sul serio prima che la tua faccia da pesce lesso mi ispirasse la risata del secolo!” lo misi sull’attenti di nuovo. In effetti però Steve era un buon anti-stress.
“Ma mi hai fatto male!” si lamentò massaggiandosi la spalla.
“ Sì ed era quello che volevo ottenere” risposi sfrontata.
“Ah, e non far finta che partecipi al torneo solo per farti bello agli occhi di mia sorella!” lo provocai ancora, anche se me ne pentii subito dopo perché in fondo mi faceva tenerezza. Sembrò essersi offeso, allora intervenni di nuovo:
“E’ solo un consiglio, Jennyfer è piuttosto…volubile, se lo venisse a sapere ci rimarrebbe parecchio male”
“Ok allora dirò a Paul che TU partecipi al torneo!” mi incastrò lui.
“Come lo hai saputo?!” stavo per riprenderlo per il collo della camicia hawaiiana intenzionata a sbatterlo di nuovo contro il muro, ma lui evitò la mia presa.
“No no no! Non di nuovo!”
“Grrrr….” Ruggii.
“L’ho capito da solo, ti stai allenando con Hwoarang!”
Steve era più intelligente di quanto pensassi. Era ufficiale.
“Ok ok…però, attento a come ti comporti con mia sorella.” Lo minacciai ancora lanciandogli un’occhiataccia fulminante e simulando uno sgozzamento. Lui però sembrava meno impaurito visto che ora aveva un’arma a suo favore.
“Qui ho finito, me ne vado” gli comunicai.
“Bye bye!” mi salutò spavaldo ed io gli lanciai un’altra occhiataccia prima di avviarmi verso il mio alloggio.

  
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