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Autore: Sammael    26/02/2010    0 recensioni
Li attraggo, li affascino, li attiro intorno a me come se fossero insetti, e io il fiore. Un fiore che non ha spine, è appena nato, ma crescerà. Obbediscono a tutto ciò che dico, fanno ciò che desidero. Mi seguono correndo nel mercato, ma le mie gambe sono più lunghe, più svelte, più bianche delle loro. Li semino e li riprendo, li scaccio e li accolgo, a mio piacimento.
Ho sette anni, e mi sento il padrone del mondo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Terrore e Salvezza

«Cosa state facendo?!».
Io e Adel ci ricomponiamo in fretta e chiniamo il capo seguendo l’esempio di Aram. Non è il sovrano, ma un suo consigliere – “intimo” direbbe mio padre – ed è giovane e bello, anche se il suo tono di altezzoso rimprovero me lo rende subito antipatico. Ci ordina freddamente di continuare il nostro lavoro, prima di sferrare un duro colpo ad Adel, ancora al mio fianco. Lo colpisce su una spalla.
A me sembra che per un secondo tutto si faccia bianco e oro, e forse è il riflesso dei gioielli preziosi nella sala, forse è la luce del mattino che colpisce i mosaici sulle pareti, forse sono talmente in collera con quel lurido leccapiedi da non vederci più.
È più alto, più forte, più robusto di me e sicuramente mi supera anche in età, di dieci anni più adulto. Praticamente un uomo. E io, praticamente un bambino.
Ma non m’importa, perché Adel è stato colpito anche per colpa mia, ed è il mio migliore amico e gli voglio bene, e non posso tollerare la vista della sua pelle serica che è più scura del solito per colpa di quell’uomo.
Lancio il mio urlo di guerra, schiantandomi contro le sue gambe, e mi faccio male. Mi fanno male anche le mani, quando comincio ad usarle per prendere a pugni ogni spazio di pelle che riesco a raggiungere. Ovviamente, quell’uomo non impiega molto tempo a prendermi per i capelli e a fermarmi. Urlo, perché mi sembra che lo scalpo mi si stia staccando dal resto del corpo, però non smetto di dimenarmi, artigliando l’aria e scalciando come un impiccato. Mi lancia via con facilità e atterro sui mosaici del pavimento, duri e dolorosi almeno quanto sono belli. Gemo, mi fa male un braccio, e mi sembra di avere la testa spaccata in due. L’ultima cosa che penso è che per la mia impulsività, Adel e Aram adesso debbano pulire tutto il sangue che ha macchiato il pavimento. 

Sento delle voci. Mia madre sta supplicando. C’è qualcuno che mi tiene la testa, la sento poggiare sul morbido. Apro gli occhi e a fatica distinguo il viso di Adel, al contrario, che sta guardando dritto davanti a sé con quello sguardo troppo serio per un bambino di dieci anni. Però ha le fossette sulle guance, perché le sue labbra sono strette e serrate. Con il forte desiderio che lui faccia altrettanto, sorrido, prima di rendermi conto di quello che è appena successo, di quello che ho appena fatto.
«È solo un bambino, per favore...» sento dire mia madre. Sta piangendo. Mia madre sta piangendo. E il motivo può essere uno e uno soltanto.
Mi faranno del male.
Mi faranno del male, e la botta che ho preso rovinando a terra potrà essere comparata al solletico di Adel. Lo so. Me lo sento nelle mani, che cominciano a tremare. Ho attaccato il prediletto del dio sovrano e, malgrado abbia solo nove anni, malgrado non gli abbia fatto assolutamente nulla, sarò punito.
Trovo la forza, nonostante la paura, di alzare il viso per guardare chi altro c’è nella stanza. Il cortigiano sta sbraitando, mia madre continua ad implorare, Adel osserva la scena con estrema serietà. Io non riesco a capire cosa stanno dicendo, cosa quell’uomo stia decidendo sulla mia vita, e la cosa mi getta ancor più nel panico.
E poi, cala il silenzio.
«Hesìam, cosa succede?».
Questa voce, me lo sento, è la mia salvezza. Volto la testa giusto in tempo per vedere il re, il dio, il sovrano di Persia, scendere i gradini con calma ed eleganza. E la cosa mi stupisce, come sorprendente è anche il suo aspetto semplice, pulito, gradevole. E la sua voce, così gentile.
«Nulla, Kiyan» risponde il cortigiano, chinando il capo.
Sento le mani di Adel tremare sulle mie spalle. Vorrei dirgli di stare tranquillo, che il re è giusto e che andrà tutto per il meglio, ma gli occhi scuri del cortigiano mi inceneriscono non appena apro la bocca, neanche mi avesse letto nel pensiero. Mi vuole morto, quella lama arrugginita*.
Poi anche il re si volta a guardarmi, con calma, come se il suo fosse un gesto casuale. La sua veste bianca e dorata ondeggia dolcemente, mossa dal suo movimento.
Mi guarda, e sorride.

Kiyan è l'appellativo del sovrano. L'insulto "lama arrugginita" è dovuto al significato del nome Hesìam: "spada affilata". ^.^ Me la merito una recensione? *w*
  
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