Fanfic su attori
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Autore: _ether    28/02/2010    6 recensioni
Mi saluti e io ti sorrido. Mi riconoscerai senza più un filo di matita nera sugli occhi? Ci riconosceremo? Se solo sapessi quanto amo, come vivo, cosa diresti di me?
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima di iniziare vorrei mettere qui come si vestirà Keira in questo giorno (:

*la maglia bianca e la giacca:  http://img638.imageshack.us/img638/7819/normal026.jpg

  le vans rosa confetto: http://img198.imageshack.us/img198/1599/p1020136picnik.jpg  -sono le mie XD-

Buona lettura.

Normalità

-ottavo capitolo-

Per tutta la vita andare avanti,

cercare i tuoi occhi negli occhi degli altri,

far finta di niente, far finta che oggi sia un giorno normale.

Per tutta la vita – Noemi.

 

Ero immobile seduta sul letto, la schiena che dava alla porta e lo sguardo fisso sul sorgere del sole che lentamente saliva nel cielo. Come ogni mattina, dal giorno in cui la mia vita ebbe quell'orribile svolta, mi ero svegliata all’alba ed ero rimasta con lo sguardo vuoto a fissare il sole.

Non avevo voglia di fare niente, ma ormai era ora di andare a scuola, di affrontare tutto. I miei non si potevano permettere un istituto privato altrimenti me ne sarei andata il più lontano da qui.

Mi alzai di malavoglia dal letto e mi diressi in bagno per lavarmi il viso. Da quanto era che non mi guardavo allo specchio?

Troppo e non mi riconobbi nemmeno. Avevo un viso più scarno e scavato, gli occhi spenti cerchiati da delle profonde occhiaie. I capelli erano sporchi, arruffati e avevano perso la lucentezza che avevano una settimana prima. Ci avevo sempre tenuto molto hai miei capelli, era una specie di fissazione, ma in quei giorni mi ero abbandonata a me stessa non curandomi del mio aspetto esteriore. Che ci avrà visto Will in me, mi chiesi.

Storsi la bocca e constatando che era ancora presto mi avvicinai alla doccia e aprii l’acqua. Mi spogliai e quando vidi un po’ di vapore iniziare ad appannare il vetro della cabina entrai.

Mi sfregai con forza, quasi a farmi male, per mandare via tutto lo sporco che avevo. Abbandonai il volto indietro lasciando cadere le gocce d’acqua direttamente sul viso.

Mi lavai bene i capelli e quando finii tornai in camera con un asciugamano ben stretto e un turbante in testa per scegliere i vestiti.

Aprii l’anta dell’armadio e rimasi per un po’ a fissare indecisa i vari scomparti. Infine capii; non volevo più essere l’ape regina, la personificazione della trasgressione, ma una ragazza normalissima.

Presi una maglia larga e bianca, una giacca di jeans chiara, dei jeans stretti e le vans basse color rosa confetto che mi aveva regalato mia madre il giorno del mio sedicesimo compleanno, ma che non avevo mai messo*.

Mi vestii lentamente, poi andai ad asciugarmi i capelli e quando finii mi specchiai rimanendo senza parole.

Per un attimo ebbi voglia di cambiarmi totalmente, spogliarmi e mettermi le solite calze a rete e gli scarponi neri. Per non parlare dei capelli che avevo piastrato e ora cadevano lisci e voluminosi fino sotto le spalle e della faccia pulita che mi rendeva una vera bambolina.

Chiusi per un attimo gli occhi.

Andrà tutto bene, andrà tutto bene, andrà tutto bene, mi ripetei più volte sentendo la sicurezza crescere in me.

Presi la cartella e scesi al piano di sotto dirigendomi in cucina.

“Salve mamma” la salutai dirigendomi in frigo per prendere una mela.

Lei sobbalzò.

“Vai a scuola oggi? Ti senti meglio? Sei sicura? Guarda che se non te la senti chiamerò la preside, le dirò che è un periodo duro in famiglia e che per un’altra settimana non potrai andare”, non smetteva più di parlare, di trovare scuse, ma sorrisi confortata. Voleva solamente proteggermi.

“Sul serio mamma, sto bene. Voglio andare” risposi solamente.

Mi avvicinai a lei, le baciai la guancia e uscii di casa prima che il coraggio mi abbandonasse di nuovo.

 

Arrivai di fronte all’istituto della scuola, il vento mi scompigliava un po’ i capelli e l’aria era stranamente frizzantina.

Feci un bel respiro e attraversai la strada per entrare definitivamente dentro la scuola.

Non feci in tempo a finire il vialetto d’ingresso che mi trovai di fianco Lisa.

“Keira, da quant’è che non ti sento?! Sei sparita!” disse con voce stridula.

La conoscevo dalle elementari, eravamo “migliori amiche” o almeno così ci definivamo, ma in quel momento odiai la sua voce, la sua espressione stupida, i suoi capelli biondo ossigenato che la facevano sembrare ancora di più ad una Barbie senza cervello. Come avevo fatto ad essere amica di una ragazza del genere?

Ah sì, ora ricordo. Mi ero aggrappata a lei perché era il brutto anatroccolo con poco cervello che non mi avrebbe mai sorpassato. Se passavamo insieme nei corridoi della scuola la gente si voltava a guardarci, o meglio a guardare me. Nessuno si curava di lei e io volevo solamente questo. Volevo essere notata da tutti e non potevo essere amica di qualcuno più intelligente e bello di me.

Lei d’altra parte si aggrappò a me per essere popolare, per trovare conforto in qualcuno di apparentemente potente. Pensandoci meglio lei non sapeva nulla di me e io a mio volta niente di lei. Non sapevo se i suoi erano divorziati, se aveva dei problemi o se andava bene a scuola. Ricordo che lei ogni tanto me ne parlava, ma io neanche l’ascoltavo.

“Potevi chiamare” dissi atona, continuando a camminare senza rivolgerle nemmeno uno sguardo.

Lei rimase un attimo immobile, poi si riprese; “Ho provato, ma non rispondeva nessuno” provò a scusarsi.

“Non ti preoccupare” dissi indifferente, non mi interessava.

“Ma ti è successo qualcosa?” chiese curiosa, non mollandomi, sbavandomi sempre dietro come al solito.

“No”.

“Ma sei sparita!”

“Sì”.

“Allora ti deve essere successo qualcosa” insistette.

“No”.

Arrivammo al mio armadietto, lo aprii e presi diversi libri. Lisa intanto si appoggiò con una spalla all’armadietto vicino al mio.

“Allora non avevi voglia!” esclamò contenta di esserci arrivata, almeno secondo lei.

“Mi sai dire che vuoi? Che t’importa? Dio mio, sei ancora qui a leccarmi il culo!” urlai scocciata.

La vidi spalancare gli occhi e immobilizzarsi non credendo alle sue orecchie.

Notai un’espressione di sgomento dai suoi occhi scuri, quasi neri e le cadde improvvisamente i libri dalle mani.

Da quando Keira ha amici con cui non ha una tresca?

La sua voce mi rimbombò nella testa, così chiara e forte. Persi un battito e mi accorsi che così facendo stavo solamente allontanando una persona che potevo farmi amica. In fondo non lo eravamo perché a me non era mai interessato sapere qualcosa di lei o capirla. Sarebbe stato bello avere una persona del mio stesso sesso con cui sfogarsi, preparare dei dolci e vedere dei film.

Mi abbassai subito a raccoglierle i libri caduti, mentre lei era ancora immobile a fissarmi.

“Scusami”, dissi rialzandomi e ponendoglieli, “sono stati dei giorni duri, non volevo dire ciò che ho detto” e sorrisi cercando di essere convincente.

Lei prese lentamente i libri dalle mie mani, ponderando ciò che avevo detto.

“Ma l’hai detto”.

“Sì, ma..” provai a dire, ma la campanella suonò l’inizio delle lezioni.

“Perché non mi racconti tutto a pranzo, Keira?” mi chiese dolcemente Lisa.

Mi morsi un labbro, felice perché capii che non era vero ciò che avevo sempre pensato di lei. Ero troppo presa da me, dai miei problemi per focalizzarmi su qualcun altro.

Annuii grata e mi avviai dalla parte opposta per incominciare la lezione.

 

Le lezioni passarono lentamente, presi appunti e cercai di ascoltare attentamente le parole dei professori per non pensare ad altro.

Ogni tanto mi ritrovavo a disegnare scarabocchi e ad accorgermi di aver scritto il nome di Robert. Lo cancellavo subito, imbarazzata e arrabbiata allo stesso tempo. Doveva andarsene dalla mia testa.

Non aveva rapito solamente il mio cuore, ma anche il mio cervello perché quando una persona ama non può farlo solamente con il cuore, certamente il sentimento parte da lì, ma quando si ama si fa con tutto il corpo persino con la testa.

Quando suonò la campanella del pranzo fui immensamente entusiasta. Non ero mai stata abituata ad ascoltare, sinceramente non ero mai stata una brava studentessa.

Mi diressi fuori dall’aula e cercai con lo sguardo Lisa. La vidi in fondo al corridoio che si stava guardando introno per trovarmi. Le feci un cenno con la mano per farmi notare e le andai incontro.

“Che ne dici di andare nel giardino?” le chiesi subito. Non avevo voglia di andare nella sala della mensa, avrei potuto incontrare quegli occhi azzurri come un iceberg che mi avrebbero congelata e non volevo correre il rischio.

Lei ci pensò su, poi mi sorrise e insieme uscimmo da scuola per metterci sedute in una panchina lì vicino.

Iniziò subito lei, curiosa.

“Spiegami; perché non sei venuta più a scuola?” chiese tirando intanto fuori dallo zaino un panino con il tacchino.

Alzai lo sguardo al cielo limpido, stava arrivando la bella stagione.

“E’ una lunga storia” dissi semplicemente.

“Che vorrei ascoltare”.

Presi un po’ di coraggio e le raccontai tutto, dal giorno dell’accaduto alla sera prima e lei rimase zitta ad ascoltarmi attenta.

“E così eccomi qui” dissi infine.

Lisa aveva gli occhi velati dalle lacrime e non feci nemmeno in tempo a dire l’ultima frase che lei mi abbracciò subito.

Mi strinse a sé, così forte che mi mancò quasi l’aria. Non la sentii solamente sulla mia pelle quella stretta, la sentii dentro, fino al cuore.

Chiusi gli occhi e mi godetti quel momento di assoluto silenzio e intriso di calore, calore umano.

Un sorrisino mi apparve sul viso e mi appoggiai sulla sua spalla abbracciandola a mia volta.

“Grazie” farfugliai travolta dalle emozioni.

Rimanemmo per un po’ abbracciate, poi lei si scostò e rimase a fissarmi con un sorrisino felice.

“Stai veramente bene così, Keira, lasciatelo dire” disse sincera.

Abbassai lo sguardo, imbarazzata.

“E tu? Continui ad uscire con il solito gruppo?” chiesi curiosa spostandomi una ciocca di capelli che mi era finita davanti al viso.

“Tu non c’eri, non sapevo che fine avevi fatto e non ero neanche sicura che tu volevi la mia presenza” disse spostando lo sguardo altrove, di nuovo con gli occhi lucidi.

Tremai e la guardai compassionevole. La trovai improvvisamente fragile, non frivola come pochi giorni prima.

Lei in fondo era sempre stata una brava ragazza, mi aveva sempre assecondato ed era entrata nel giro della droga per colpa mia.

Mi aveva da sempre visto come un idolo, qualcuno da imitare e così da piccolo angioletto dai capelli biondi diventò frivola e facile per piacere ai ragazzi, sapendo che solamente così ne avrebbe avuto qualcuno. Ebbi un sussulto ripensando a tutti i ragazzi che le erano piaciuti e che io le avevo rubato senza nemmeno dirglielo.

“Mi dispiace, Lisa!” le dissi allungando una mano verso la sua, rassicurandola.

“Ora ci sono, ora possiamo uscire da quel giro insieme. Sai ho anche smesso di bucarmi, prendere pasticche e fumare delle canne” le spiegai raggiante, cercando di farle mettere il sorriso, ma lei si era incupita improvvisamente.

Scosse il capo e una lacrima le scese dagli occhi.

“Non posso”.

“Come no?” chiesi non capendo.

“No”, continuò a scuotere il capo, “mi sono indebitata troppo con Adam, devo dargli troppo e lui, da solito pervertito vuole che lo ripaghi in un altro modo” disse scoppiando in lacrime dopo aver sottolineato l’ultima parte del suo discorso.

Questa volta fui io ad avvicinarmi ed abbracciarla.

“Non glielo permetterò, non può, quel bastardo..” dissi non vedendoci più dalla rabbia.

Adam. Se solo avessi avuto il coraggio gli avrei spaccato la faccia con le mie stesse mani.

“E come? Lui..” provò a dire.

“Troveremo un modo” la interruppi cullandola dolcemente tra le mie braccia.

Le baciai il capo e le accarezzai i capelli. Feci quello che avrei avuto bisogno io e funzionò, perché piano piano si calmò.

“Come mai io non ho mai pagato?” le chiesi, quando si riprese del tutto, ripesando alle sue parole di poco prima.

Lei sorrise malinconica, “Tu sei Keira!”

“E allora?”

“Nessuno ti avrebbe mai fatto pagare qualcosa” spiegò.

Annuii e addentai finalmente il mio panino quando sentii qualcuno sedersi vicino a me.

Lisa si irrigidì improvvisamente e io ebbi un brutto presentimento.

“Ciao, Keira, finalmente ci onori della tua presenza” mi disse una voce familiare all’orecchio.

Mi immobilizzai immediatamente mentre il panico si prese possesso del mio corpo.

“Che vuoi?” chiesi nel panico.

“Solo salutarti, tesoro” e mi spostò i capelli dal collo.

Mi scansai da quel contatto, rabbrividendo.

“Non mi toccare” dissi tra i denti.

“Altrimenti? Chiamerai il tuo ragazzo? Ah, giusto, tu non hai più un ragazzo!”

Il panico si trasformò in rabbia appena sentii quelle parole piene di acidità.

Deglutii, “altrimenti ti denuncio alla polizia”.

Lui scoppiò a ridere, “ah, sì? Oddio, allora è meglio se me ne vado”.

Keira, calma, mi dissi.

“Sì, è meglio se te ne vai!” disse un’altra voce a me molto familiare. Era roca e bassa, ma piena di sdegno.

Mi voltai a guardare Robert sconcertata. Era l’ultima persona che mi sarei aspettata.

Lui si alzò e gli si avvicinò.

“Lo sai che io alla tua ragazza me la potrei sbattere quanto mi pare? E le è sempre piaciuto, credimi!” lo stuzzicò ridendo.

Robert rimase fermo a fissarlo con indifferenza. Le mani strette in pugni e i muscoli tirati sotto la camicia a scacchi.

“E lo sai che la prossima volta che la tocchi anche solo con un dito io non mi limiterò semplicemente a romperti il naso?” e si mise le mani in tasca guardandolo in tono di sfida.

Adam si zittì.

“Non avete un minimo di umorismo” disse infine.

“Oh, hai ragione”, scoppiai a ridere, “è così divertente essere stuprata da te!” esclamai alzandomi in piedi. La vista di Robert mi aveva fatto provare uno strano coraggio. Due contro uno.

Lui si girò per guardarmi, ma si irrigidì. Forse non si aspettava una mia reazione.

Sentendosi messo alle strette se ne andò immediatamente.

“Dai Lisa, vieni!” la chiamò scocciato, ma lei non si mosse di un centimetro.

Era rimasta tutto il tempo zitta ad osservare la scena. Il viso tirato e un’espressione di sgomento le si leggeva negli occhi.

Lui le si avvicinò e cercò di prenderla per un polso.

“Hai sentito cosa ho detto? Vieni!”

“Se non vuole venire non puoi costringerla” dissi io in sua difesa.

Lui mi guardò accusatorio e quegli occhi mi inchiodarono al mio posto facendomi ritornare la sensazione di panico.

Lisa infine si alzò e senza dire nulla lo precedette e si allontanò per il vialetto con lui alle spalle.

Lo vidi raggiungerla, accarezzarle una guancia e ridere con la sua solita risata nauseabonda.

“Dove preferisci andare?” chiese lei senza nessun sentimento nella voce.

Fu l’ultima cosa che sentii ed ebbi voglia di inseguirli, di prendere Lisa per un braccio, strattonarla e portarla via da quelle mani animalesche. Portarla via dall’animale che da lì a poco avrebbe toccato il suo corpo.

Feci un passo avanti, ma la voce di Robert alle mie spalle mi bloccò.

“Come stai?” chiese. Il suo tono apparentemente tranquillo.

“Bene” dissi senza voltarmi.

Lo sentii accendersi una sigaretta e corrugai la fronte.

“Fumi ora?”

“Me l’hai insegnato tu” rispose e fece il primo tiro, “ne vuoi una?” chiese cortese.

“No” e mi avvicinai alla panchina per mettermi di nuovo seduta e finire definitivamente il panino.

Lui mi seguì e mi si mise seduto vicino. Lo stomaco ormai in subbuglio.

“Lo sai che se vuoi sfogarti io sono qui” disse poco dopo.

Iniziai a torturarmi il labbro inferiore nervosa.

“No, non lo so” dissi secca.

“Ora sì” e sorrise facendo un altro tiro di sigaretta.

Il silenzio si impossessò di noi per un po’ finché io non iniziai.

“Mi sento come se nessuno mi capisce veramente, non intendo solamente per i fatti che sono successi ultimamente, ma in generale”.

“Prima ne avevi uno”.

“Di cosa?”

“Di persona che ti capiva”.

Sorrisi, “intendi te?” chiesi sapendo già la risposta.

“Esattamente” e buttò la sigaretta ormai finita.

“Appunto, mi capiva” dissi amaramente.

“Di solito non torno mai indietro”.

Quella sua frase provocò una mia reazione inaspettata e piena di rabbia.

Mi alzai di scatto e gli urlai contro.

“E allora che ci fai qui? Vattene!”

Lui rimase sconvolto non aspettandosi quella reazione.

“Anzi, me ne vado io” e così dicendo presi la mia cartella e rientrai nervosa a scuola.

 

Camminai spedita e senza guardarmi indietro fino alla sala della mensa. Una volta dentro cercai Will e lo trovai seduto ad un tavolo verso l’angolo destro con i giocatori di basket della scuola.

Mi avvicinai e mi sedetti vicino a lui.

“Posso?” gli chiesi.

Lui si voltò a guardarmi e appena mi vide sorrise solare. Oh, quanto amavo quel sorriso!

Mi fece spazio e io mi accomodai salutando gli altri. Conoscevo di persona solamente Anthony con cui ci ero uscita un paio di volte l’anno precedente.

“Non credevo che venivi oggi” mi disse Will guardandomi con quei suoi occhi che scintillavano sotto la luce dei neon.

“L’ho deciso ieri sera a cena” gli spiegai.

Lui mi si avvicinò e mi diede un sonoro bacio sulla fronte.

Gli sorrisi complice, poi mi allungai e gli presi lo yogurt che aveva nel suo vassoio.

“Te lo rubo, eh?” gli dissi ridendo e prendendo anche il cucchiaino, lo aprii e lo iniziai a mangiare.

Rimasi zitta ad ascoltare i discorsi degli altri mentre finivo il mio yogurt. Ogni tanto ridevo di alcune battute e fui contenta che mi fecero anche partecipe di alcuni discorsi.

Poco dopo la campanella suonò, ci furono alcuni “no” generali e tutti si prepararono a continuare le lezioni.

Will, insieme agli altri amici, posò il vassoio e mi si avvicinò per mettermi un braccio intorno alle spalle.

Mi accompagnò fino alla porta e mi ricordai che avrei avuto chimica con Robert e come non detto appena arrivai insieme a Will, lui mi vide.

Will non curante di nulla mi diede un bacio sulla guancia e mi disse di aspettarlo alle quattro e mezza all’uscita. Robert rimase un po’ a fissarci con un’espressione incomprensibile poi entrò.

Per tutta la lezione non si voltò a guardarmi. Cercai di non pensarci ma fu del tutto inutile, ero ancora scossa dalla discussione di poco prima con lui.

 

Passarono due settimane, del tutto normali, forse dei giorni così normali non li avevo mai vissuti.

Passavo le giornate scolastiche con Lisa, Will e i giocatori della squadra di basket che erano sempre molto carini con noi due.

Il resto dei pomeriggi li passavo ugualmente con loro, ogni tanto andavo a guardare i loro allenamenti e scoprii che anche Will ne faceva parte. Altre volte andavo a fare shopping con Lisa oppure guardavamo un film.

Un giorno presi dei grandi scatoloni e ci buttai dentro tutte le cianfrusaglie, i vestiti e le collane che mi ricordavano la vecchia Keira. Non ero più quella di prima e mi veniva la nausea solamente a pensarci.

Ora ero responsabile, non mi piangevo addosso, sicura di ciò che avrei fatto. Mi sarei diplomata e poi sarei andata in America per laurearmi a Yale o in qualche università importante.

Eppure la vecchia Keira era una parte di me, la sentivo ancora dentro, pesava e la fragilità ogni tanto riaffiorava. Per quanto tempo sarei riuscita a recitare la parte della brava ragazza che non ero?

Ogni tanto, la sera, uscivo fuori in giardino e mi sedevo sul dondolo. Lasciavo che l’aria fresca della notte mi avvolgeva e guardavo le stelle brillare nel cielo scuro. Erano in quelle sere che tutto vacillava, perché una brava ragazza poteva sempre diventare cattiva, ma una cattiva ragazza sarebbe mai riuscita a diventare brava?

Le mie domande non avevano mai risposta, continuavo giorno dopo giorno senza sapere che cosa mi sarebbe successo, augurandomi solamente il meglio.

Fortunatamente la scuola andava meravigliosamente bene, mi ero fatta interrogare di varie materie per recuperare diversi voti ed erano andate più che discretamente.

Robert? Nemmeno l’ombra. Quando lo incontravo non mi salutava neppure, non mi guardava, non esistevo ai suoi occhi.

Dopo quella breve discussione non ci eravamo più rivolti parola ed avevamo lasciato tutto così, senza una spiegazione precisa. Avevo ancora mille domande da fargli e forse lui a me, ma mi conoscevo e conoscevo anche lui. Eravamo troppo orgogliosi per dirci realmente come stavano le cose.

Stavo male, ma non volevo darlo a vedere. Con Lisa non parlavo mai di lui, non mi scappava mai di bocca il suo nome e lei da brava amica non ne parlava. Con Will invece cercavo di non pensarci, mi divertivo, ridevo e scherzavo. Forse nell’abisso di quegli occhi scuri come la pece immaginavo l’abisso degli occhi chiari e limpidi di Robert, forse nei suoi abbracci sentivo sulla mia pelle le braccia di Robert, forse nei suoi dolci baci immaginavo le tenere labbra di Robert, però andavo avanti, soffrivo in silenzio.

Ma quando una persona cova dentro così tanta delusione, rabbia, desiderio e amore, tutti questi sentimenti sono destinati ad uscire prima o poi; sfortunatamente con me vennero a galla nel modo peggiore.

Gliel’avevo detto a Lisa che non era una buona idea, gliel’avevo detto che non avevo voglia e che era meglio se rimanevo a casa a leggermi un buon libro, ma lei insistette e io dovetti seguirla.

Gliel’avevo detto che era meglio se non bevevo più del dovuto, gliel’avevo detto che non volevo ubriacarmi, che non volevo diventare, neanche per una sera, la Keira casinista e senza regole di un tempo, ma lei mi disse che una birra non mi avrebbe fatto nulla, che era un posto tranquillo, che non sarebbe successo niente.

Sfortunatamente accadde tutto il contrario di come mi ero promessa.

 

Ed eccomi qua. Questa storia mi ha preso completamente e lo so che voi parteggiate per il caro Rob, ma aimè per ora non ha la meglio. Chissà forse più avanti u_u

In ogni caso vorrei ringraziare tutte le persone che seguono questa storia, che l’hanno messa tra i preferiti e le fantastiche ragazze che la recensiscono. Grazie mille! (:

Spero che questo capitolo non vi abbia deluso, sono moolto nervosa al riguardo.

Piccola Ketty: Questo capitolo ho cercato di renderlo più lungo, visto? :D Comunque sì Robert era rimasto sconvolto dalla dichiarazione di Keira, ma ha anche deciso di non tornare indietro, di non volersi rimettere con lei. Insomma il suo comportamento è alquanto ambiguo. Credo che si riuscirà a capire tutto tra due capitoli (:

Grazie mille per i complimenti, sei veramente troppo dolce con me! <3

Per quanto riguarda il gruppo su EFP il prima possibile ci vado a fare un giretto! Grazie per avermelo detto :D

Ire: AUUUUUUUUUUUGGGGUUUUUUUUUUUUURRRRRRRRIII! Auguri, auguri, auguri e come regalo ti posto un nuovo capitolo di Black (: <3 <3

Mi dispiace per la canzone che ho usato ç_ç l’adoro e mi sembrava molto adatta per quel capitolo, sorry!

Robert è veramente ambiguo e si sta comportando da vero cazzone ._. (quando ho iniziato la storia non l’avevo pensata così, sinceramente ahahah), ma sono sicura che si riprenderà qualcosa anche perché nel prossimo capitolo succederà una cosina che forse li farà rilitigare, ma anche avvicinare di nuovo (: -dipende tutto come mi gira quel giorno! XD-

In ogni caso io più brava di te? Ma che cavolata è questa? Grossa, grossa, grossa! Tu sei troppo brava *-* BTMYH è divinaaa! Mi fa sognaree **

Rorò: Grazie, seriamente grazie. Sei sempre così dolce nei miei confronti! Non me lo merito ç_ç non credo proprio di scrivere così bene come dite tutte e mi rende veramente orgogliosa sentirlo dire anche se so che stata esagerando u_u

La ff di Allison.. mm, sarà complicatissima, è da così tanto che non la prendo, ho così paura che il capitolo che posterò sia una delusione paradossale, anche se ne ho già scritto metà. Ma è difficile, dopo che ti sei fermata per così tanto tempo è difficile prendere le fila di una storia ç__ç

Poi ultimamente Black mi sta prendendo anima e corpo, voglio finirla! Perciò mi sto concentrando interamente a lei e alla nuova one-shot, anche se ancora non so se la posterò (:

Comunque grazie mille, ti voglio bene <3

Doddi: Ci sentiamo così poco ç_ç mi manchi sempre! Però quando leggo le tue recensioni il mio curicino fa bum-bum talmente forte che ho paura possa scoppiare, seriamente *-* ti voglio taaanto bene!

Mi rende veramente orgogliosa leggere che ritrovi un po’ di te in Keira e anche un po’ di me. Sul serio (:

ti voglio tanto, tanto, tanto bene! <3 <3

  
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