Anime & Manga > Lady Oscar
Ricorda la storia  |       
Autore: Tetide    03/03/2010    20 recensioni
Un tormento sconosciuto, un richiamo dal passato; le due metà di un'anima sola che si trovano riunite, dopo millenni. Detto così sembra facile... in realtà, il travaglio di queste due anime prende le mosse da ragioni ben più presenti e concrete. Oscar ed André, ancora una volta, si confermano uniti da un legame indissolubile, un legame più forte anche della morte. Questa storia è dedicata a Ninfea 306.
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Una vita nell'Atlantide



UNA VITA NELL’ATLANTIDE



Disclaimer: I personaggi presenti in questa storia non mi appartengono, ma sono di proprietà dell’autrice Riyoko Ikeda, della casa editrice Shueisha e della Tokio Movie Shinsha. Questa storia non è stata scritta a fini di lucro, ma con intento esclusivamente amatoriale. Il diritto d’autore dei personaggi originali appartiene all’autrice Tetide.

Premessa: il mito dell’Atlantide mi ha sempre affascinata. L’idea di un continente perduto, che con la sua civiltà ha anticipato di millenni la nostra, è radicato da sempre nella mitologia di ogni Paese Europeo; esistono addirittura teorie (alle quali confesso di credere) che collegano questo antichissimo mito (le cui origini si perdono nella notte dei tempi) al mistero del Triangolo delle Bermuda, sotto il quale alcuni ritengono possano trovarsi i resti dell’antica civiltà scomparsa, che per qualche sconosciuta ragione risucchia le esistenze dei malcapitati che si trovino a passare da quelle parti in un’altra dimensione, parallela alla nostra, forse per effetto di una qualche avanzatissima tecnologia scoperta dagli Atlantidei e a tutt’oggi incontrollata, che continuerebbe ancora ad agire dopo millenni.
Senza entrare nel merito di teorie troppo complicate, che non conosco più di tanto, mi limiterò ad intrecciare questa affascinante leggenda con le vicende sentimentali dei nostri eroi, aggiungendovi un po’ di fantasia qui e là.
Prima di iniziare, un’ultima notazione: gli studi ed esperimenti sull’ ipnosi, al tempo di Oscar ed André, non erano ancora effettivamente nati, ma era presente il loro precursore, il mesmerismo (che suscitò l’attenzione dello stesso Luigi XVI al punto da fargli nominare una commissione per esaminare questa teoria un po’ troppo fantasiosa), così chiamato dal nome del suo fondatore, il Tedesco Mesmer, che, pur partendo da presupposti medici totalmente assurdi, elaborò le basi per quella che sarebbe poi divenuta la terapia dell’ipnosi nel secolo successivo.
Premesso ciò, buona lettura a tutti.



CAPITOLO 1

Per l’ennesima volta quella notte, Oscar si rigirò nel letto.
E per l’ennesima volta, smaniò.
Non era quasi riuscita a chiudere occhio, quella notte, quella dannata notte; come tutte le notti da un mese e mezzo circa.
Da quella notte.
Non poteva più dimenticarla: era diventata il suo tormento.
La notte in cui Fersen aveva brutalmente respinto i suoi sentimenti a quel dannato ballo, quel ballo che aveva spezzato per sempre le timide speranze del suo fragile cuore di donna che per la prima volta si affacciava al mondo, senza nascondersi.
Si portò una mano alla testa, smaniando ancora una volta, e si trovò madida di sudore; si sentiva come se avesse avuto la febbre, la gola secca, il respiro corto, un peso al centro del petto, giusto sopra il cuore… ma perché non la lasciava mai, quel tormento?
Eppure, lei e Fersen avevano avuto un franco colloquio, sere dopo: un colloquio nel quale si erano entrambi confessati apertamente ed onestamente, lui dichiarandole (se mai ce ne fosse stato bisogno) che il suo cuore sarebbe sempre appartenuto soltanto alla regina, e lei rinunciando per sempre alle sue folli speranze d’amore.
Rinunciare, sì: era questa la sola cosa da fare, per lei; lei che né Fersen, né nessun altro aveva mai visto come una donna, nemmeno sotto un quintale di belletto e fasciata dentro ad un abito che somigliava più ad un’armatura, aveva dovuto ascoltare dalla voce di colui che amava follemente quelle parole atroci: “Se avessi saputo prima che donna meravigliosa siete…”.
Donna? Come poteva sperare che lui l’avesse mai vista sotto una tal luce? Per lui, lei era stato solo e sempre un amico, un amico maschio, per di più! Era folle anche solo il voler credere diversamente!
E di colpo, come una pugnalata, le tornarono alla mente altre parole…
Mi chiedo perché Dio vi abbia fatto nascere donna!
Ma perché una donna non poteva essere capace di vivere liberamente, come faceva lei? Perché, per farlo, per esercitare questo suo naturale, sacrosanto diritto, il più consono alla natura umana che esista, doveva rinunciare alla sua femminilità, all’esser donna, all’amore? Perché, perché il mondo, la società, Versailles erano così crudeli ed inumani da imporre una scelta simile ad una persona?
Si rigirò nel letto, mentre una lacrima le scendeva giù per la guancia, suo malgrado.
Non pensare a lui! Dimenticalo!, si disse.
Già, dimenticare: erano questi i patti, i patti che aveva fatti con sé stessa, quando, quella sera, era ritornata, sconfitta, a palazzo Jarjeays. Un impegno che aveva preso con tutto l’impegno di cui era capace; ma, a dispetto di ciò, non era stata in grado di mantenervi fede.
Ed ora, il suo corpo si ribellava.
Da circa un mese, infatti, non riusciva più a dormire bene; andava a dormire sempre prima, attendendo un sonno che non voleva saperne di venire; allora, si alzava, scendeva nel salone divenuto freddo e buio a quella solitaria ora della notte, prendeva una bottiglia ed iniziava a bere. Da sola: non voleva che qualcuno la vedesse in quelle condizioni, nemmeno il suo caro André, il suo fratello, il suo amico da una vita. Per tutti, lei era e doveva rimanere il gelido ed intoccabile comandante Oscar.
Eppure, a palazzo Jarjeays, il suo precario stato di salute non era passato del tutto inosservato: tutti, a partire da Nanny fino a sua madre, si erano accorti che qualcosa non andava; persino suo padre, in una sera di folle sensibilità, le aveva chiesto come mai avesse quel colorito così pallido e quelle occhiaie bluastre sul viso.
Ma lei si era limitata a rispondere a tutti che si trattava solo di stanchezza, che i turni a Versailles erano molto pesanti di quei tempi, a causa delle minacce ricevute dai sovrani, e che non c’era nulla di cui preoccuparsi.
Non che a Versailles il suo stato fosse sfuggito: la regina Maria Antonietta e lo stesso re le avevano consigliato di prendersi una pausa, ma lei aveva sempre declinato l’offerta, dicendo che il suo posto era accanto a loro, per proteggerli.
Ma tutto questo, naturalmente, le costava: l’aver voluto ricacciare in fondo al suo cuore l’amaro dolore ricevuto a quel ballo come donna le aveva aperta una ferita interiore che ora stava riaffiorando in altra maniera, vale a dire sul suo corpo.
La mancanza di sonno e la continua oppressione che sentiva sul petto erano causa di ricorrenti e pesanti fastidi: una volta, poco mancò che Girodel la sorprendesse nelle scuderie semisvenuta, di fianco al suo cavallo.
Possibile che solo André non si fosse accorto di niente? Proprio André, che le era accanto da sempre, che conosceva tutto di lei, che conosceva i suoi pensieri  prima ancora che lei li formulasse? No, non poteva essere. Allora perché era l’unico a non chiedere nulla, quando perfino Fersen si era preoccupato nel vederla in quelle condizioni ad un’udienza delle loro maestà?
Ma la risposta è ovvia, si disse Oscar: proprio perché la conosceva da sempre come e forse anche di più di sé stesso, André capiva benissimo che lei non apprezzava che le si facessero delle domande sul suo stato di salute; e, discreto e comprensivo come sempre, taceva per compiacerla.
Come farei senza di te, André… grazie amico mio!, pensò, con il cuore pieno di tenerezza ed affetto.

                                     **********

Il sole stava calando; lo poteva vedere ancora bene, dal suo unico occhio, André; aveva appena finito di pulire la stalla, ed ora con in mano un secchio ed una pezzuola fradicia, si avviava all’uscita, verso il cortile, inondato dalla luce rossastra del tramonto.
Tra non molto, Oscar sarebbe rientrata; si rallegrò al pensiero di rivederla, ma un attimo dopo si rattristò, pensando alle sue deplorevoli condizioni di salute: era da un mese e forse anche più, ormai, che Oscar non stava bene.
In silenzio, dal suo oscuro cantuccio di servitore-amico-fratello, l’aveva osservata bene; e non gli erano sfuggiti i suoi continui mal di testa, la sua stanchezza persistente; non gli era sfuggito che, ultimamente, la vista del cibo le provocava ribrezzo: persino la sua amata cioccolata non le era più gradita come un tempo.
Ed il suo cuore pianse.
Sapeva benissimo cosa, anzi chi, fosse la causa di tutto ciò: quella dannata sera l’aveva vista, lei, Oscar, rientrare a palazzo con gli occhi gonfi di un pianto a stento trattenuto; aveva visto con quanta furia, ancora sulle scale, si era strappata dai capelli il diadema, e poi gli orecchini: quegli scomodi orpelli, ora che tutto era finito, non facevano che apparire, agli occhi sconvolti di lei, come una beffa, la quale non faceva altro che rimarcare il dolore appena ricevuto.
Dal modo brutale in cui Oscar si era accanita sui suoi abiti da donna, emergeva chiaramente quanto odiasse la sua parte femminile, quella parte che, uscendo alla luce, l’aveva resa fragile, esponendola così ad un colpo più mortale di qualunque stoccata avversaria all’arma bianca: aveva lacerato quei poveri abiti (per lo meno, così Nanny li aveva trovati la mattina successiva, sul pavimento della sua stanza) come avrebbe voluto fare con la sua femminilità, appena nata, eppure già così barbaramente assassinata.
E da allora, dentro di lei era nata una lotta.
Ma a differenza delle precedenti battaglie, questa non l’avrebbe vinta tanto facilmente: perché era la battaglia contro sé stessa.
Da una simile battaglia, l’unico ad uscirne sconfitto sarebbe stato soltanto il suo corpo, ed ora così era, martoriato da una malattia di origine psicosomatica che Oscar si rifiutava di credere di avere.
André abbassò il suo sguardo smeraldino, ed una lacrima gli corse giù da una guancia.
Perché non mi vedi, Oscar? Non mi hai mai visto davvero, non hai mai visto il mio amore, che pure sarebbe stato l’unico amore in grado di sanare la lacerazione che vive dentro di te e che ti sta succhiando via la vita! Io ti amo, Oscar! Ti amo da sempre, non ti ho mai visto diversa dalla donna meravigliosa che sei; perché tu sei una donna, Oscar, e solo il mio amore ti avrebbe dato il coraggio di accettarlo, perché io, per primo, non ho mai voluto cambiarti: ti amo per quella che sei, e sei sempre stata. Certamente, non ho mai avuto bisogno di un corsetto o di una bella acconciatura per vedere in te una donna: tu sei te stessa, sei una donna ed un soldato insieme, tu sei Oscar. Non vi è nulla di inconciliabile in questo!
Non è certo la remissività o la debolezza a rendere una donna tale ed attraente agli occhi di un uomo!
Perché, perché hai preferito rivolgere il tuo sguardo ed il tuo cuore ad un uomo che non riesce a vedere al di là degli stupidi pregiudizi che questa società corrotta impone alle donne, facendone le serve ed il sollazzo degli uomini?
Io sarei stato diverso, Oscar.
Io ti avrei amata davvero.
Per quello che sei.
E ti avrei manifestato il mio amore nel modo più giusto che esista: lasciandoti essere te stessa.
Tu, una donna ed un soldato.
Libera di vivere.
Se avessi contraccambiato il mio amore, la tua lacerazione si sarebbe sanata.
Così come la mia, il dolore senza fine di vederti lontana da me mille miglia, anche se così vicina.
Ma il destino ha voluto diversamente.
Ed ora stiamo qui, a consumarci, schiavi dei nostri rispettivi tormenti.
Io, mangiato vivo dal mio amore non corrisposto, e tu squartata dalla tua personalità divisa tra l’essere uomo e l’essere donna.
Due anime in pena, sospese nel nulla.

La vide rientrare mentre attraversava il cortile; nella luce incerta del crepuscolo, si voltò verso di lui, e gli sorrise.
Poi, tornò a guardare verso l’ingresso del palazzo, ed entrò.
Ma dopo poco, dovette appoggiarsi ad una colonna, sfinita.
E dare di stomaco sul pavimento.

Ciao a tutti, sono  tornata nella sezione di Lady Oscar!! E spero proprio che questa nuova storia vi piaccia!
E' una storia ricca di sorprese, anche se più "canonica" delle mie precedenti su questo bellissimo anime, ed ho voluto intrecciarla con un tema che da sempre mi ha affascinata.
I personaggi, per lo più, seguono il carattere originario, con solamente qualche differenza in senso, spero, migliorativo... soprattutto, André NON strappa la camicia ad Oscar, facendo l'uscita peggiore della sua vita!
Non so come riuscirà questo esperimento... me lo farete sapere voi, O.K.?
Ninfea 306: ho scritto questa storia pensando a quando, tempo fa. mi chiedesti di scrivere una fic più classica su Oscar ed André, quindi posso tranquillamente dedicartela; attendo il tuo giudizio, che qui più che mai mi sarà prezioso;
Vitani: ecco un'altra delle mie "stramberie" di intrecci: a volte mi vengono fuori da sé... ma non dimenticarti di lasciarmi un commento, sai quanto ci tengo!
Bay: ehi, fatti viva!! Sbaglio, o una volta mi hai detto che questo anime ti piaceva? 
A tutti gli altri fan di Lady Oscar: buona lettura!


 

 
 


  
Leggi le 20 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Tetide